4 1 - Introduzione
che presenta un tasso di cambio considerato unanimemente sottovalutato.
Essenzialmente, dato oramai per scontato il fatto che la Cina sia anche e soprattutto un
mercato di sbocco dalle potenzialità immense, si è voluto capire se per le multinazionali
occidentali, abituate ad operare in mercati globali e all’avanguardia, e spesso sinonimo di
successo nei rispettivi business, trovare il migliore e più redditizio posizionamento nel
mercato cinese non nasconda difficoltà non ancora semplici da superare, magari per la
loro peculiarità o soprattutto perché non vi è piena consapevolezza di esse.
La ricerca bibliografica si è rivelata complessa, innanzitutto perché, come detto, il termine
“China” compare ormai con una frequenza notevole in pubblicazioni di ogni tipo. Inoltre,
per la sua lontananza e situazione di crescita, spesso le informazioni che “arrivano” dalla
Cina, siano esse opinioni, ricerche di mercato, ma perfino bilanci societari e dati
macroeconomici, sono spesso distorti ed ampliati, contribuendo a far si che l’opinione
pubblica, tanto degli “entusiasti” quanto dei “detrattori” di questo Paese, abbia di che
saziarsi. Ad aggiungere complessità il dover parlare di una realtà che cresce e cambia ad
una velocità mai vista in passato. Ad alcuni libri si sono affiancati paper economici e molti
articoli che studiosi, ricercatori e professionisti hanno pubblicato sul tema.
A supporto empirico mi sono avvalso di un questionario, sottoposto con l’aiuto di diversi
contatti mantenuti nella RPC a molti cinesi, per lo più giovani e residenti nei principali
centri urbani. Supporto rilevante è risultato dalle opinioni espresse da alcuni di loro. Lo
scopo era indagare la percezione che i cinesi hanno dei brand, occidentali e cinesi, che
affollano da diversi anni il loro mercato.
In una seconda fase dello studio si è deciso di sottoporre il questionario di analisi della
percezione dei brand anche ad un campione di giovani italiani. Attraverso il confronto dei
risultati si è potuto valutare l’aspetto della coerenza dell’immagine di queste aziende
multinazionali fra i due Paesi.
Dall’altro lato, con interviste e l’analisi delle informazioni disponibili, si è cercato di
comprendere come alcune multinazionali occidentali stanno vivendo la sfida cinese, in
termini di ricerca di un valido posizionamento competitivo e di un branding appropriato in
un mercato così complesso e dinamico.
Contributo non marginale è emerso dall’esperienza di quattro mesi in Cina, principalmente
nella capitale, ma anche in altre aree geografiche (dalla ricca Shanghai alla lontanissima
Lhasa, fino al Guandong e alle regioni autonome di Hong Kong e Macau). Ha offerto
inoltre l’opportunità di frequentare cinesi di diverse provenienze e esperienze, il tutto
vissuto costantemente con occhio critico.
2 - Perché la Cina 5
2 - PERCHÉ LA CINA
2.1 - La Cina oggi
Con un prodotto interno lordo nel 2007 di 24.662 miliardi di Yuan Renminbi (circa 3.250
miliardi di dollari) [fonti: FMI, Banca Mondiale, CIA] la Cina è oggi la quarta economia del
pianeta, tallonando da vicino la Germania, in termini nominali, mentre in termini di PPA
(con circa 7.000 miliardi di dollari) supera Germania e Giappone per portarsi al secondo
posto, dietro ai soli Stati Uniti. Parlando di Cina e di scelte economiche non si può
trascurare che si parla del quarto Paese a livello mondiale per estensione e, soprattutto,
del più popoloso, con oltre 1,3 miliardi di persone. Per dare un’idea, considerando le stime
ONU di una popolazione mondiale di 6,67 miliardi nel 2007, significa che circa un abitante
su 5 del nostro pianeta vive nella RPC. Insomma, come si sente dire ogni tanto:
“basterebbe guadagnare un solo dollaro da ogni cinese per essere più che miliardari (in
dollari)”.
Certo, bisogna fare i conti con un PIL procapite che comunque (proprio in virtù della
incredibile popolosità) non consente alla Cina nemmeno di entrare nella top 100 mondiale,
con meno di 2.500 $ nominali, che pur aggiustati per la PPA diventano poco più di 5.000,
classificando la Cina proprio al centesimo posto nel 2007, relegandola ancora saldamente
fra i cosiddetti Paesi in via di sviluppo [Fondo Monetario Internazionale, World Economic
Outlook Database, aprile 2008].
Figura 1 – Pil Procapite nel Mondo, FMI
6 2 - Perché la Cina
Questi dati da soli (più quelli “assoluti” che quelli relativi, ad essere sinceri) basterebbero a
far capire che la Cina, già da qualche tempo, non può che essere annoverata fra i Paesi
da prendere in forte considerazione nelle decisioni strategiche, economiche e politiche del
mondo attuale. Il tasso di crescita è stato inoltre superiore all’11% nel 2007, trascinato
dall’entusiasmo e dalla frenesia per l’organizzazione dei Giochi Olimpici del 2008.
Parlare di Cina oggi significa anche parlare del Paese dinamico, che vanta il treno più
veloce al mondo (il Maglev, che collega il quartiere finanziario di Shanghai al nuovo
Pudong International Airport), che con la nuova tecnologia a lievitazione magnetica (Mag-
Lev, appunto) permette di percorrere 30 km in poco più di 7 minuti (250 km/h la velocità
media, 431 la massima). Ma anche la nuova contestatissima Linea del Cielo, ferrovia più
alta del mondo, che permette in 47 ore di arrivare dalla capitale cinese alla lontana Lhasa,
correndo per metà del percorso oltre i 4.000 metri sul livello del mare e superando a tratti i
5.000. Un’opera di ingegneria senza uguali, costruita malgrado lo scetticismo del mondo
occidentale, grazie ad accorgimenti quali la presenza di erogatori di ossigeno all’interno di
ogni carrozza e schermi a protezione UV sui vetri.
La Cina sta mettendo sempre più in difficoltà i suoi interlocutori occidentali per problemi
politici quali la “non democrazia”, la repressione di alcuni diritti umani, la questione
tibetana e quella di Taiwan.
Sempre più, tuttavia, sembrano essere gli interessi economici ad avere il sopravvento,
mettendo la Cina in una situazione di sostanziale immunità nei confronti della comunità
economica internazionale.
Se è vero infatti che talvolta alcuni gesti dei politici occidentali sembrano mandare
messaggi alla nomenklatura cinese perché modifichi i suoi atteggiamenti con riguardo ad
alcune problematiche, sempre più spesso a tali gesti seguono parziali smentite quando
non scuse. È stato il caso del premier francese Sarkozy, che ha mandato tre
rappresentanti istruiti nell’arte del “kow tow” (antico inchino cinese da effettuarsi di fronte
all’imperatore) a scusarsi con Hu Jintao (胡 锦涛) per le manifestazioni anti-olimpiche a
Parigi [Rampini.blogautore.repubblica.it, 23 aprile 2008]. Eccessive attenzioni verso il
Dalai Lama sono state successivamente oggetto di smentite o velate scuse da parte di
diverse istituzioni e organizzazioni, come la London Metropolitan University, dettasi
dispiaciuta per “qualunque malcontento” provocato dal conferimento di una laurea honoris
causa al Dalai Lama [Rampini.blogautore.repubblica.it, 10 luglio 2008]. Dichiarazione
simile quella rilasciata da Fiat Spa, in seguito all’advertising della nuova Lancia Delta,
2 - Perché la Cina 7
ambientato proprio di fronte al Potala Palace, con un testimone (Richard Gere) da sempre
schierato a favore della causa Tibetana. Non è sfuggito alla tentazione dell’adulazione del
potere del Partito Comunista nemmeno il Papa, che, in una fase di dialogo con la Chiesa
Cristiana Patriottica, “non è riuscito” a concedere udienza a Tenzin Gyatso (nome di
battesimo del Dalai Lama) in visita in Italia (come non ci sono riuscite le principali cariche
politiche italiane al tempo).
Un atteggiamento particolarmente accondiscendente nei confronti del Governo Cinese lo
hanno sempre avuto gli Stati Uniti, proprio la nazione che rischia di vedersi sfilare lo
scettro di guida per il resto del Mondo dal gigante rosso.
Nella fase di campagna elettorale, il candidato Repubblicano McCain non ha mancato di
sottolineare come “La recente prosperità in Cina ha sollevato più persone dalla miseria
che in qualunque altro periodo della storia umana” e “la Cina e gli Stati Uniti non sono
condannati ad essere avversari. Abbiamo molti interessi in comune. Le nostre relazioni
bilaterali possono portare benefici a molti altri paesi e al mondo intero”.
In risposta, ha chiosato la democratica Clinton: “la nostra relazione con la Cina sarà la più
importante relazione bilaterale del mondo in questo secolo. Gli Stati Uniti e la Cina hanno
valori e sistemi politici assai diversi, ma anche se divergiamo profondamente su temi come
il commercio, i diritti umani, la libertà religiosa, le condizioni di lavoro, il Tibet, tuttavia gli
Stati Uniti e la Cina possono fare molte cose insieme”. [Foreign Affairs, Volume 86, n.6,
novembre-dicembre 2007].
Il perché di tanta attenzione lo sottolinea tra gli altri il giornalista inviato a Pechino Federico
Rampini, in un articolo su Repubblica del 28 marzo 2008: a fronte della sorte di 6 milioni di
tibetani ci sono sul piatto 1.600 miliardi di dollari (a luglio 2008 erano già diventati 1.800): a
tanto ammontano le riserve valutarie ufficiali della Banca Centrale Cinese. Per rendere
l’idea, “nel corso dell’ultimo decennio in media ogni cittadino degli Stati Uniti ha preso in
prestito – letteralmente – 4.000 dollari da un cittadino cinese. E che gli abitanti della
nazione più popolosa del pianeta hanno consumato solo metà della ricchezza che
producono, per permettere a noi di mantenere il nostro tenore di vita. Tutti questi
paradossi si riassumono in una gigantesca anomalia: la Cina, che a tutti gli effetti si deve
ancora considerare come una superpotenza “emergente”, da molti anni trasferisce capitali
a Paesi più ricchi di lei, i Paesi di più antica industrializzazione. In particolare, trasferisce
fondi all’America. E’ una situazione che, in queste proporzioni e a questi livelli, non ha
precedenti nella storia dell’umanità.” Insomma, mentre fondi sovrani cinesi contribuiscono
a salvare banche occidentali dal fallimento, ogni giorno le riserve cinesi crescono di 1
miliardo di dollari, controllando un fragile equilibrio macro-economico e mantenendo un
8 2 - Perché la Cina
regime di “terrore finanziario”, tanto più in una fase di crisi economica e finanziaria come
quella che sta sconvolgendo il Mondo in questi mesi.
2 - Perché la Cina 9
2.2 - Cenni di storia economica della Cina
La Cina stupisce ogni giorno per la posizione centrale che sta assumendo nell’economia
mondiale.
Si dimentica spesso tuttavia che quella cinese non è tanto una sorprendente ascesa,
quanto piuttosto il cercare di riappropriarsi di una posizione che ha mantenuto per secoli,
come peraltro da molti preannunciato.
Alcuni dati spiegano meglio questo concetto: nel suo più importante libro, The World
Economy: A Millenial Perspective, Angus Maddison afferma che, secondo calcoli prudenti,
duemila anni fa la Cina rappresentava il 26% della ricchezza mondiale (preceduta solo da
un altro gigante della crescita odierno, l’India, con addirittura il 33%). E’ vero tra l’altro che
a quei tempi (sempre secondo le stime di Maddison) Cina, India e Giappone
rappresentavano i tre quarti della popolazione mondiale. La Cina avrebbe poi effettuato il
sorpasso sull’India tra il 1000 e il 1500, ed insieme continuavano a rappresentare circa
metà della ricchezza mondiale. Poi le cose sono cominciate ad andare in peggio. Già
Smith, nel suo La Ricchezza delle Nazioni, del 1776, notava come “la Cina è stata per
lungo tempo una delle nazioni più ricche […] del mondo” [libro 1, cap. 3] ma il suo sviluppo
economico “sembra tuttavia essere rimasto per molto tempo fermo”.
E’ il 1820 la data in cui la Cina comincia seriamente il suo declino economico, soprattutto a
fronte di un occidente che si avvantaggia pienamente di una rivoluzione industriale che
sembra essere stata posticipata di oltre un secolo dall’Impero Celeste. A quei tempi la
Cina guidava ancora con il 33% l’economia mondiale (per avere un’idea, l’India era già
scesa al 16%, l’Europa aveva raggiunto il 24% e gli Stati Uniti… arrancavano al 2%
[Maddison, 2001, pag. 264]). Da lì molte cose sarebbero cambiate e molto in fretta. Il XIX
secolo sarebbe stato guidato dall’Europa, il XX avrebbe sancito il dominio degli USA.
Si è entrati in quella fase di storia i cui equilibri ci sono più familiari, con cui siamo più
abituati a confrontarci: una politica ed un’economia dirette dall’Europa (il Vecchio Mondo)
e Washington (il Nuovo Mondo) con il Giappone accolto solo in tempi più recenti tra le
potenze industriali. La Cina era diventata un mondo a sé, ai margini delle dinamiche
mondiali: in declino fino a toccare nel 1973 (“grazie” anche a quello che viene tuttora
osannato come “il Timoniere”, Mao, un autentico paradosso questo!) il punto più basso:
l’economia Cinese (che restava la nazione più popolosa del pianeta) rappresentava circa il
4,5% di quella mondiale. Solo l’India sembrava aver fatto peggio: sommate, queste due
economie rappresentavano un misero 8%. Questo spiega perché queste due nazioni, il
10 2 - Perché la Cina
Dragone e l’Elefante [Smith, D., 2007], o Cindia [Rampini, F., 2006] se preferite, sono
spesso considerate insieme le vere scommesse dell’economia mondiale; rispetto agli altri
Paesi emergenti, ed anche rispetto agli altri BRICs (ovvero Brasile e Russia), possono
vantare un prolungato e brillante passato ai vertici dell’economia mondiale, accumunate
da un periodo incredibilmente buio durato meno di due secoli.
Figura 2 - Elaborazione personale, dati tratti da Maddison, IMF
Insomma, il loro ritrovato peso nell’economia mondiale non dev’essere una novità, molti
indizi fanno pensare al ripristinarsi di uno status quo. Quello che, soprattutto nel caso
Cinese, sembrerebbe essere un fenomeno senza precedenti, è la tumultuosa rapida
crescita (sia in termini assoluti che relativi) che sta vivendo.
Ciò che ha determinato questa improvvisa
impennata dopo anni di declino economico che
avevano spinto la Cina ai margini dell’economia
mondiale ha secondo i più un nome e cognome:
Deng Xiaping (邓 小平).
A partire dal 1978, messa alle spalle la devastante
“Rivoluzione Culturale”, Deng, ha attuato un’efficace
riforma economica, basata essenzialmente sulla
privatizzazione delle aziende statali (SOE, al tempo
praticamente lo erano tutte le istituzioni economiche)
e una open-door policy, che ha permesso in pochi
anni alla Cina di diventare il principale ricettore di
Figura 3 - Deng Xiaoping