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1.1 QUALCHE DEFINIZIONE DI E-BOOK
Quella odierna è un’epoca in cui la maggior parte di ciò che ci
circonda è frutto della tecnologia, le vecchie invenzioni si
perfezionano con le nuove, qualsiasi oggetto diventa di colpo
obsoleto e cede il passo ad uno nuovo dalle dimensioni ridotte
all’inverosimile. E’ in questo scenario che si assiste al
progressivo tramonto del superato “libro cartaceo” che lascia
spazio al nuovissimo “libro elettronico”, meglio conosciuto col
nome di “e- book”.
In questo capitolo saranno evidenziate le caratteristiche, i
vantaggi e i limiti del prodotto dell’editoria multimediale
classificabile come ibrido: l’e-book. Ibrido in quanto è disponibile
ON-LINE ma fruibile anche in modalità OFF-LINE.
L’uso dell’espressione “libro elettronico”, o del più diffuso
anglismo e-book, è tutt’altro che univoco e le definizioni
proposte non sono prive di aspetti problematici. Il tentativo di
definizione probabilmente più rigoroso è quello fornito dal
documento “A Framework for the Epublishing Ecology”, redatto
dall’Open e-book Forum secondo cui l’e-book (contrazione di
electronic book) è:
“a Literary Work in the form of a Digital Object, consisting of one
or more standard unique identifiers, Metadata, and a
Monographic body of Content, intended to be published and
accessed electronically”.
Più concisa, ma non proprio illuminante, è la definizione fornita
dall’EBX working group (Electronic Book eXchange), che fino alla
fusione con l’Open e-book Forum era stato un altro fra gli
organismi di riferimento del settore, il quale nel draft 0.8 delle
EBX system specification ha riconosciuto l’e-book come:
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“a digital object that is an electronic representation of a book”.
Le differenze fra queste definizioni, e fra le molte altre proposte
in letteratura, potrebbero essere oggetto di lunghe discussioni.
In alcuni casi l’accento è posto prevalentemente sul contenuto in
formato digitale, in altri sull’unione di contenuti digitali e
strumenti hardware di lettura.
Alle volte, come nella ricordata definizione dell’Open e-book
Forum, si sottolinea l’importanza di una organizzazione
“monografica” del testo e della presenza di metadati descrittivi,
altre volte il riferimento sembra essere genericamente a
qualunque tipo di testualità elettronica. Mentre in alcuni casi
l’idea di libro elettronico sembra presupporre la disponibilità del
testo anche in forma cartacea, in altri invece l’accento è posto
sull’esplorazione delle peculiari caratteristiche di multimedialità e
interattività associabili alla testualità elettronica; anche il
riferimento al Web, come canale privilegiato di distribuzione, è
presente in alcune definizioni e totalmente assente in altre.
Nel complesso, comunque, chi parla di e-book sembra fare
spesso riferimento ad un’accezione assai estesa del termine,
attribuendo la qualifica di libro elettronico a qualunque testo
compiuto, organico e sufficientemente lungo (“monografia”),
eventualmente accompagnato da metadati descrittivi, disponibile
in un qualsiasi formato elettronico che ne consenta, tra l’altro, la
distribuzione in rete, e la lettura attraverso un qualche tipo di
dispositivo hardware, dedicato o non.
E’ importante notare come, nell’accezione sopra considerata,
nessun vincolo particolare sia posto né sui dispositivi di lettura,
né sugli strumenti software utilizzati per accedere ai testi.
Apparentemente, per molti fra gli operatori del settore, anche un
documento scritto con un qualunque word processor o una
normale pagina Web potrebbero dunque, purché conchiusi e
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sufficientemente lunghi, essere considerati “libri elettronici”.
Al variegato ma, come si è visto, almeno per qualche aspetto
convergente panorama delle definizioni di e-book fin qui discusse
si contrappone una posizione forse minoritaria, ma non per
questo meno interessante: quella di chi rifiuta la stessa idea di
libro elettronico, considerandola una sorta di ossimoro e
difendendo la tesi secondo la quale può dirsi legittimamente
“libro” solo il libro a stampa, con cui i prodotti dell’editoria
elettronica sarebbero, considerate le loro peculiari caratteristiche
e potenzialità, in linea di principio non confrontabili. Nel suo
intervento al convegno dedicato agli e-book dall’Università della
Tuscia, l’editore Giuseppe Laterza ha difeso una tesi di questo
tipo, sottolineando le differenze esistenti fra “assemblaggio
digitale” di contenuti multimediali e realizzazione di un libro
destinato alla stampa. Strumenti utilizzati e possibilità espressive
sono a suo giudizio talmente diversi nei due casi, da rendere non
solo difficile ma anche sbagliato utilizzare in maniera troppo
diretta il modello “libro” nel mondo dei nuovi media digitali. Nel
sostenere che i libri elettronici siano cosa radicalmente “altra”
rispetto a quelli a stampa, la preoccupazione è evidentemente
anche quella di conservare all’editoria tradizionale un proprio
spazio autonomo e non riducibile. Interesse dunque per le nuove
realizzazioni rese possibili dall’uso degli strumenti elettronici,
accompagnato però dall’invito a lasciare al libro su carta, e a chi
lo pubblica, la funzione di trasmissione e mediazione culturale da
essi tradizionalmente svolta: funzione certo non più esclusiva,
ma non per questo meno importante.
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1.2 LIBRO ELETTRONICO O CARTACEO? LA POSIZIONE
INTERMEDIA
In questo paragrafo è analizzata la posizione intermedia fra le
due tesi appena riassunte. Il rifiuto delle posizioni “estreme”
nasce da un’assunzione di fondo: l’idea secondo cui l’insieme di
pratiche e di modelli teorici che costituiscono l’eredità di
(almeno) cinque secoli di “cultura del libro” non vada né
dimenticata o abbandonata, né considerata un dato non
modificabile, ma possa e debba invece continuare la propria
evoluzione in forme certo in parte nuove e inattese, anche
nell’era dei media digitali.
Da questo punto di vista la prima posizione, che si potrebbe
caratterizzare come tesi dell’ubiquità dell’e-book nell’ambiente
elettronico, ha il difetto di dimenticare che un ‘libro” non
corrisponde solo a un particolare modello di organizzazione
testuale (un testo di norma lineare, unitario, chiuso,
sufficientemente lungo…) ma anche allo strumento fisico che ne
consente la fruizione: un oggetto che ha determinate dimensioni,
una certa forma, un certo peso, un determinato numero di
pagine, usa un certo tipo di carta e un certo tipo di caratteri
tipografici, ha una particolare rilegatura. Naturalmente, il libro
come testo e il libro come oggetto fisico non vanno confusi:
semiologi e storici dei media insegnano a distinguere con cura
queste due accezioni del termine “libro”, ed anzi ad individuarne
altre in qualche misura intermedie (si pensi ad esempio al
concetto di “edizione”). E tuttavia quando si parla di cultura del
libro si fà riferimento proprio allo spazio storico e teorico di
interazione fra questi concetti, sì che, nel senso forse più diffuso
del termine, un “libro” è l’unione di scrittura, testualità, da un
lato, e supporto, interfaccia di lettura, dall’altro.
Si obietterà: perché questo genere di considerazioni, e in
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particolare la dimensione dell’interfaccia fisica di lettura propria
del tradizionale libro a stampa, dovrebbe conservare un peso
anche nel campo dell’editoria elettronica, per sua natura
apparentemente lontano dalla fisicità della carta e
dell’inchiostro? Il punto fondamentale è che, come ben noto, le
caratteristiche dell’interfaccia utilizzata per la lettura non sono
affatto “neutrali”, e non mancano di influenzare né le strutture
testuali, né i modi di fruizione del testo. Un libro su carta può
essere letto con facilità in scrivania o in poltrona, a letto o sulla
sdraio sotto l’ombrellone; può essere sottolineato e annotato
(come ricorda l’esempio di Fermat, nei limiti spesso tiranni dello
spazio bianco disponibile a margine del testo); può essere
conservato in uno scaffale o preso in prestito da una biblioteca;
richiede specifiche procedure di stampa, immagazzinamento e
distribuzione, e così via. Queste caratteristiche non sono
accessorie e accidentali: al contrario, sono una componente
importante, talvolta essenziale, del concetto di libro. La storia
della “cultura del libro” è anche la storia del loro sviluppo e della
loro progressiva trasformazione.
L’editoria elettronica può, volendo, disinteressarsi di questa
storia, e preoccuparsi solo delle caratteristiche intrinseche dei
suoi peculiari “oggetti digitali”, ma non sarebbe una scelta
saggia. L’obiezione principale (per molti versi assolutamente
fondata) mossa ai profeti della nuova editoria digitale dai
difensori del libro a stampa è che leggere un libro su carta è
“molto più comodo” che leggere sullo schermo di un computer.
Questa “comodità” è frutto di una lunga evoluzione, che ha reso
il libro a stampa un oggetto ergonomicamente quasi perfetto e
ha creato nell’utente abitudini e aspettative che potranno certo
progressivamente cambiare, ma che non sarebbe sensato voler
mutare nello spazio di pochi anni, soprattutto se il mutamento è
percepito dall’utente stesso come faticoso e poco o per nulla
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vantaggioso.
Il solo testo elettronico, dunque, anche se corrisponde al
contenuto testuale di un libro a stampa, non è di per sé un libro
elettronico: perché si possa parlare di e-book occorre che esso
possa essere fruito attraverso interfacce adeguate, che
rappresentino un’evoluzione naturale di quelle alle quali ha
abituato il libro su carta (e quindi non solo un’evoluzione
tecnologica del PC da scrivania): strumenti portatili, leggeri,
poco stancanti per la vista, privi di cavi e fili elettrici,
possibilmente non troppo costosi e non troppo fragili. L’esistenza
di buoni (e comodi) strumenti per la lettura di testi elettronici è,
da questa prospettiva, un prerequisito indispensabile non solo
per la diffusione commerciale dei libri elettronici, ma per la
stessa riflessione teorica sulle loro caratteristiche. La tesi
dell’ubiquità dell’e-book nell’ambiente elettronico, evitando di
fare assunzioni sugli strumenti di lettura o, peggio, considerando
scontato che il normale computer da scrivania costituisca
l’interfaccia “naturale” per la lettura di libri elettronici, manca di
prendere in considerazione una dimensione fondamentale del
concetto di libro e delle pratiche di lettura.
Alla seconda posizione, che potrebbe essere etichettata come
tesi della radicale eterogeneità di libro a stampa e media digitali,
per essere giustificata viene solitamente addotta una (e talvolta
entrambe) delle due assunzioni seguenti:
1) l’idea che le interfacce informatiche, considerate
evidentemente a partire dal modello rappresentato dal
computer da scrivania, siano inevitabilmente scomode,
stancanti e comunque incapaci di raggiungere la portabilità
e l’ergonomia del libro a stampa;
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2) l’idea che la possibilità offerta dai media digitali di
integrare contenuti multimediali e di organizzarli in
maniera ipertestuale e interattiva porti inevitabilmente alla
realizzazione di “oggetti informativi” assai lontani dal
modello chiuso, lineare e basato principalmente sulla
testualità scritta proprio del libro a stampa.
Si tratta di due assunzioni diverse, che è bene non confondere.
La prima non tiene conto dell’assoluta “gioventù” delle interfacce
informatiche. L’evoluzione tecnica è in questo campo
rapidissima, e anche se lo sviluppo di interfacce
ergonomicamente valide richiede un lavoro di studio e ricerca
che va ben oltre la mera disponibilità delle necessarie risorse
tecnologiche, non c’è motivo per ritenere che questo lavoro non
debba portare nel medio periodo a risultati soddisfacenti. I lettori
per e-book e i computer palmari oggi disponibili offrono già
un’interfaccia di lettura assai più comoda del monitor da
scrivania, e pur trattandosi solo dei primi prototipi, per molti
versi ancora poco soddisfacenti, indicano una chiara direzione di
sviluppo, alla quale si affiancano gli studi in settori ancor più
innovativi quali quelli della e-paper e dell’e-ink.
Vi sono modici dubbi sul fatto che entro pochi anni si avranno a
disposizione lettori per testi elettronici assai più comodi, portabili
ed ergonomici di quelli attuali: a quel punto, la possibilità di
utilizzarli per leggere e consultare intere biblioteche di testi,
associata alle possibilità di ricerca e di annotazione e
manipolazione del testo proprie del formato digitale, potrà
costituire un vantaggio decisivo rispetto ai tradizionali libri a
stampa.
La seconda assunzione è più interessante: è difficile pensare che,
avendo la possibilità di affiancare al testo e alle illustrazioni
statiche dei libri tradizionali anche suoni e filmati, questa non
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venga sfruttata da autori ed editori. Ciò porterà alla realizzazione
di “oggetti informativi” di nuovo tipo, che conserveranno alcune
caratteristiche dei tradizionali libri affiancandovene di nuove, in
parte mutuate dal mondo musicale e da quello cinematografico e
televisivo. La domanda: è davvero prevedibile che queste
possibilità di “assemblaggio multimediale” rendano obsoleta la
scrittura tradizionale, la narrazione lineare, l’eredità testuale
della cultura del libro? potrebbe sollevare un problema. E’
naturale credere che si continuerà anche a scrivere (e a leggere)
opere testuali prive di “orpelli” multimediali. Materiali visivi e
sonori, che per determinati scopi potrebbero costituire un
arricchimento, in altri casi potrebbero invece rappresentare una
distrazione o, nell’indirizzare e nel fissare l’immaginazione, un
elemento controproducente di rigidità.
Se così fosse, perché pensare che i lettori elettronici, una volta
superati i problemi ergonomici ai quali si accennava prima, non
possano essere utilizzati anche per leggere testi più tradizionali?
Quali caratteristiche peculiari e specifiche dell’editoria su carta
ne impedirebbero il passaggio al mondo dei bit, una volta
garantita la disponibilità di strumenti di lettura capaci di non far
rimpiangere la comodità del tradizionale libro a stampa, e una
volta stabilito che le potenzialità pur rivoluzionarie di tali
strumenti di lettura non devono comunque necessariamente
trasformare ogni libro in una sorta di film interattivo?
Dalle osservazioni fin qui svolte emerge la proposta di una
definizione, certo ancora per molti versi insoddisfacente, del
concetto di libro elettronico in parte diversa da quelle ricordate in
apertura: una definizione che alla considerazione dell’e-book
come oggetto digitale affianchi la dimensione pragmatica
dell’interfaccia e delle modalità di lettura. In base a tale
definizione si potrebbe parlare di libro elettronico, o e-book,
davanti a un “testo elettronico” ragionevolmente esteso,
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compiuto e unitario (“monografia”), opportunamente codificato
ed eventualmente accompagnato da metainformazioni
descrittive, accessibile attraverso un “dispositivo hardware” e
un’”interfaccia software” che consentano:
• una lettura comoda e agevole (tanto da non far
rimpiangere il libro o non far sorgere il desiderio di
stampare su carta ciò che si sta leggendo) in tutte o
almeno nella maggior parte delle situazioni nelle quali
siamo abituati ad utilizzare i libri a stampa: in poltrona, a
letto, in viaggio, etc.
• la capacità di dare accesso a tutte le tipologie di
organizzazione testuale proprie della cultura del libro,
consentendone una fruizione completa e soddisfacente. Il
libro elettronico potrà dunque prevedere anche l’uso di
strumenti ipertestuali e multimediali (e in tal caso
permetterà di creare e leggere nuove forme di testualità),
ma dovrà innanzitutto permettere la comoda lettura di un
testo lineare, offrendo strumenti di annotazione rapida,
sottolineatura, uso di segnalibri, etc., accanto agli
strumenti di ricerca e navigazione avanzata propri del
formato digitale.
Le considerazioni generali fin qui svolte sono alla base di tutto
ciò di cui si parlerà di seguito: ci si soffermerà sulla situazione
attuale del settore e-book, sui principali dispositivi di lettura e
sui principali formati esistenti.