INTRODUZIONE
L’epoca della crisi, così potremmo definire questo inizio di secolo; oltre alla crisi
economica iniziata nel 2007, quello che sembra caratterizzare questo nuovo secolo è la
crisi e la messa in discussione di due istituzioni fondamentali della società,
indissolubilmente intrecciate tra loro, la democrazia liberale - rappresentativa e lo stato-
nazione.
La democrazia affronta una crisi su più livelli, messa in discussione all’interno degli
stati con la crescente sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni democratiche,
messa in discussione dalla globalizzazione e dalla nascita di centri decisionali che
operano su un livello sovranazionale e che mettono in discussione il ruolo stesso dello
stato-nazione, all’interno del quale la democrazia rappresentativa è nata. “Le tendenze
di sviluppo raggruppabili sotto l’etichetta della “globalizzazione” modificano una
costellazione storica che si caratterizzava per la coincidenza, diciamo così, coestensiva
– all’interno degli stessi confini nazionali – di stato, società ed economia.” (Habermas,
1999, p. 105) Confini ora messi in discussione da un’economia sempre più globalizzata,
da decisioni che vengono prese sempre più al di fuori dei confini degli stati. Crisi che
mette in discussione anche il compromesso che dopo la seconda guerra mondiale aveva
permesso la costruzione dello stato sociale nell’Europa occidentale e la nascita di
economie miste nelle quali il ruolo attivo dello stato permetteva la realizzazione di
sistemi di protezione sociale atti a garantire diritti sociali fondamentali e a limitare i
costi sociali del capitalismo. (Crouch, 2003)
Davanti a questo scenario abbiamo assistito all’emergere di movimenti sociali che oltre
a portare avanti rivendicazioni specifiche, praticano e mettono al centro della loro
azione concezioni della democrazia diverse da quella liberale; in particolare i
movimenti nati nel 2011 che si sono opposti alle conseguenze della crisi finanziaria e
all’inadeguatezza delle politiche usate per affrontarla, mettono al centro delle loro
rivendicazioni la domanda di un’altra democrazia, criticando quella attuale, accusata
ormai di essere una democrazia solo a livello formale. È quello che è avvenuto
all’interno dell’UE, dove si sono avute proteste durevoli e di massa in Grecia,
Portogallo e Spagna, contro le misure d'austerità decise a livello Europeo, mettendo in
discussione anche la legittimità democratica delle decisioni prese dalle istituzioni
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europee. Nella mia analisi l’obiettivo sarà puntato sul cosiddetto movimento degli
indignados, nato in Spagna nel 2011, che aveva tra i suoi slogan principali “Democracia
real ya!”, che può essere tradotto in “democrazia reale subito”, a dimostrazione come
nella genesi del movimento la tematica democratica sia centrale, così come quella del
rifiuto della politica, intesa come quella portata avanti dai politici di professione,
ritenuti collusi o incapaci di gestire la crisi in atto. “Ma il movimento non si esaurisce
nella protesta o nell’indignazione, e nemmeno nella richiesta o nella rivendicazione,
bensì costruisce e pratica una ridefinizione positiva della politica come possibilità alla
portata di chiunque, come interrogativo sulla vita comune alla portata di chiunque”
(Fernàndez-Savater, 2015, p. 93)
Ed è questa sua caratteristica di non esaurirsi nella protesta e nella rivendicazione, ma di
costruire delle pratiche, di provare a ridefinire dei concetti, quali quelli di politica, di
democrazia, che ne rendono interessante l’analisi e studiare gli effetti che questo
movimento ha avuto nella società spagnola e non solo. Inoltre l’impatto che il
movimento ha avuto sulla società, l’eco che gli slogan e le rivendicazioni hanno avuto
nelle altre mobilitazioni a livello europeo, il fatto che insieme ad altri movimenti quali
Occupy Wall Street e la Primavera araba abbia rimesso al centro del dibattito mondiale
temi quali quello della democrazia, della disuguaglianza, sono tra i motivi che mi hanno
portato a sceglierlo quale caso di analisi.
Ma nello sviluppo della tesi prima di analizzare tutto questo è necessario approfondire il
contesto che abbiamo delineato prima, quello della crisi della democrazia e dello stato-
nazione, partendo dal delineare i concetti base quale quello di democrazia.
Parlare di democrazia non è affatto semplice, nonostante sia il sistema di governo che
viviamo tutti i giorni. Questo perché il termine stesso racchiude più significati in base
all'aggettivo che gli si mette affianco, ad esempio quando si parla del sistema di governo
attualmente diffuso nel mondo, stiamo parlando di un determinato tipo di democrazia, la
democrazia liberale, rappresentativa, che si basa su un determinato sistema di regole,
sulle elezioni e sulla figura della rappresentanza; ma se invece parliamo di democrazia
diretta, partecipativa, deliberativa, intendiamo con la stessa parola un diverso modo di
intenderla, una diversa concezione della democrazia.
Nella prima parte del primo capitolo si cercherà di chiarire cosa si intende per
democrazia, le diverse definizioni che nel corso della storia la parola ha avuto,
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arrivando a dare una definizione della democrazia come forma di governo attuale con le
istituzioni ad esso correlate; nella seconda parte del primo capitolo si analizzerà il
legame che esiste tra l'attuale modello di democrazia rappresentativa e lo stato nazione,
tramite gli studi di Rokkan si farà luce sul processo e le fasi che hanno portato alla
formazione dello stato-nazione e alla nascita al suo interno della democrazia come
modello di governo, un legame inscindibile, come dimostra il fatto che la moderna
democrazia rappresentativa è esistita finora solo all'interno degli stati nazionali.
Nel secondo capitolo invece si parlerà della crisi della democrazia, intendendo con
questo termine la crescente sfiducia nei confronti dell'attuale sistema di governo, del
crescente livello di insoddisfazione dei cittadini nei confronti delle istituzioni
democratiche, in particolare nei confronti dell'istituto della rappresentanza, e si cercherà
di individuarne le cause e di capire come nonostante l'aumentare del numero di paesi
che adottano questo modello, il modello stesso venga messo in discussione proprio nei
paesi dove questa forma di governo è più consolidata. Mettere in discussione la
democrazia e parlare della sua crisi non significa assolutamente che sia il concetto di
democrazia inteso come governo del popolo ad essere sotto accusa, ma che sono in atto
cambiamenti che producono distorsioni nel modello democratico così come lo avevamo
conosciuto fin ora; cambiamenti che portano ad interrogarci sull'attuale stato di salute
delle nostre democrazie, a chiederci se il modello di democrazia rappresentativa sia
l'unico praticabile, o se diverse concezioni e pratiche di democrazia, così come
emergono anche dai movimenti sociali, siano in grado di dare risposte alla crescente
sfiducia nei confronti degli attori politici e delle istituzioni.
Nel parlare di crisi della democrazia utilizzeremo il concetto di postdemocrazia
sviluppato da Colin Crouch (2003). Secondo Crouch accontentarsi sempre più della
definizione minima di democrazia liberale, relegare la democrazia solo al momento
elettorale tralasciando la partecipazione attiva delle masse nella vita politica, fa sì che la
democrazia diventi solo un momento di selezione di un’élite di governo, con la
conseguenza che, nonostante formalmente vigono tutte le regole democratiche, i
cittadini svolgono un ruolo passivo e la politica viene decisa sempre più dall’interazione
tra i governi e le elitè economiche. I cambiamenti nel contesto postdemocratico e di
crisi della democrazia non riguardano solo il maggior potere acquisito dalle lobby
economiche, ma interessano anche altri attori ed aspetti della democrazia. Ma quali sono
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i cambiamenti di cui stiamo parlando?
Un primo cambiamento è quello avvenuto a livello dei partiti, che non riescono più a
svolgere quel ruolo di collegamento tra lo stato e i cittadini, che nella forma del partito
di massa riuscivano a svolgere. Il partito odierno ha reciso i legami stretti che aveva con
i propri elettori, non ha più bisogno dei militanti come era nell'epoca del partito di
massa, non interagisce più con la società tramite la partecipazione; i nuovi mezzi di
comunicazione gli permettono di mantenere una struttura più fluida, il rapporto con gli
elettori avviene tramite i media e i sondaggi, emerge sempre più l'importanza del ruolo
del leader in grado di rapportarsi con il “pubblico”.
L'altro cambiamento rilevante riguarda quindi le nuove tecnologie, in particolare la
televisione, che avendo permesso questo nuovo modo di fare politica, trasforma i
cittadini in “pubblico” misurato in “audience”, “spettatori che possono solo decidere di
accettare il programma e gli attori politici, oppure di cambiare canale” (Diamanti, 2014,
p. 8).
Nuove tecnologie che quindi hanno modificato radicalmente l'ambito della sfera
pubblica, l'ambito dove i cittadini formano le proprie opinioni, sempre più dominate dal
mezzo televisivo e dalla tecnica dei sondaggi, con la conseguenza, come dice Rodotà, di
un rafforzamento de “la dimensione personale della politica sia sul versante dei suoi
protagonisti, sia per quanto riguarda la platea dei cittadini.” (Rodotà, 2004)
Accanto al cambiamento che le nuove tecnologie portano nella sfera pubblica, abbiamo
assistito al rivitalizzarsi di un mito, quello del governo degli esperti, del governo
tecnico, che si è fatto strada ultimamente nei paesi europei, l’Italia ne è un esempio con
il governo Monti, nelle politiche di gestione della crisi. Spiegheremo come questa
concezione nega l’essenza della democrazia, in quando impedisce ai cittadini la scelta
tra diverse opzioni politiche in nome di una presunta scientificità delle decisioni.
Accanto a questi cambiamenti, riprendendo un aspetto sviluppato all’inizio, vi è un altro
rilevante processo che mette in discussione la democrazia come forma di
organizzazione a livello nazionale, la globalizzazione e lo spostamento delle decisioni
verso un livello internazionale, per cui la sovranità assume una forma nuova dove dal
monopolio dell'azione statale si passa al fatto che molte decisioni vengono prese da
organismi sovranazionali che spesso non hanno il consenso e la legittimazione dei
popoli oggetto delle decisioni. Nella seconda parte secondo capitolo si inizierà dando
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una definizione del concetto di globalizzazione. Partendo da questo si spiegherà poi
come la globalizzazione metta in discussione la tradizionale forma di sovranità dello
stato nazione, come uno degli aspetti di questo processo sia l'influenza sempre maggiore
che le multinazionali hanno nell'influenzare le scelte degli stati, ovvero “se gli
imprenditori di un’impresa globale non trovano localmente un regime fiscale o un
organizzazione del lavoro congeniali, possono minacciare di trasferirsi altrove; possono
quindi fare pressione sui governi e sulle loro politiche in maniera assai più efficace dei
cittadini effettivi, anche se non risiedono nel Paese in questione, non godono dei diritti
formali di cittadinanza e non pagano le tasse”. (Crouch, 2003, p.43)
Oltre a questo aspetto, si pone la questione del significato della democrazia in un
contesto globalizzato, e se e come la democrazia possa esistere al di fuori dei confini
nazionali. Nel discutere di questo e di come la sovranità dello stato nazione abbia subito
dei significativi cambiamenti, non si può non parlare dell'Unione Europea. L'Unione
Europea è attore sempre maggiore in numerosi ambiti un tempo di natura esclusiva
degli stati nazionali, ma il suo sistema di governance “[...] quale creato dai suoi Trattati
istitutivi e modificato dai Trattati successivi, non è mai stato coerente con i principi di
legittimità democratica propri degli Stati nazionali” (Ponzano, 2013) Quindi il tema
della crisi della democrazia, e della sfiducia nelle istituzioni democratiche, investe in
maniera forte anche l'Unione Europea, e ha portato molti analisti a parlare di un suo
deficit democratico. Inoltre la natura anomala dell’UE, né vicina alle classiche liberal-
democrazie nazionali, né organizzazione internazionale, pone ulteriori domande, legate
a quale sarà lo sviluppo politico dell’UE e se e come la democrazia rappresentativa, che
finora è esistita solo all’interno degli stati nazionali, possa funzionare in un contesto
ibrido, che non ha le caratteristiche proprie dello stato nazionale. Nel farlo analizzeremo
prima ad un livello concettuale la possibilità teorica dell’esistenza della democrazia al di
fuori del contesto europeo, ponendoci il problema della definizione di un demos
europeo; essendo la democrazia una forma di governo che include il popolo nella sua
definizione, vedremo se è necessario, e in che termini, un popolo europeo per poter
avere una democrazia europea. Passeremo poi ad analizzare il funzionamento della
governance dell’UE chiedendoci se rispetta i criteri di legittimità democratica. E infine
si analizzerà quello che a mio avviso rappresenta un chiaro esempio di deficit di
legittimità, ovvero la gestione della crisi a livello comunitario. Illustrando il ruolo che
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gli esecutivi nazionali hanno giocato tramite il consiglio europeo in materia di
governance economica, a proposito sia delle misure di sostegno finanziario quali il
Fondo salva-Stati, sia delle misure di austerità imposte agli Stati beneficiari degli aiuti
europei, che intervengono in materie di competenza esclusiva degli stati membri.
Di fronte a tutto questo, come detto all’inizio, abbiamo assistito all'emergere di forme di
partecipazione diverse da quelle tradizionali, e alla sfida che i movimenti sociali hanno
posto sul terreno della democrazia, della politica. Quello che i movimenti sociali
mettono in discussione parlando di democrazia, e criticando la democrazia liberale, è
l'esclusione di parti della popolazione dalla possibilità di determinare i propri destini; la
democrazia non è il governo del popolo, il governo di tutti esercitato da tutti, ma è
sempre più una forma di governo nella quale il potere delle lobby, delle élites, ha un
ruolo centrale nel determinare le scelte dei governi. Utilizzando un concetto che
ritroveremo durante lo sviluppo della tesi, i movimenti contestano quella che è una
condizione “postdemocratica”, cioè, prendendo spunto dal lavoro di Crouch, una
condizione nelle quale “a parte lo spettacolo della lotta elettorale, la politica viene
decisa in privato dall'interazione tra i governi eletti e le élite che rappresentano quasi
esclusivamente interessi economici.” (Crouch, 2003, p. 6)
Ed è contro questa condizione “postdemocratica”, contro una gestione della crisi
economica accusata di attaccare quello che rimane del welfare state, di imporre
politiche d’austerità, di non tenere in considerazione la cittadinanza
nell’implementazione delle politiche di risposta alla crisi, che vi sono state proteste in
vari paesi europei, tra cui la Spagna, dove il movimento nato da queste proteste è
conosciuto in Italia comunemente col nome di indignados.
Nel terzo capitolo si farà una breve panoramica di quella che è la crisi economica,
vedremo le cause che l’hanno generata, partendo dalla crisi dei mutui subprime e
arrivando a quella dei debiti sovrani. Poi passeremo a parlare dei movimenti anti-
austerity che si sono avuti in Europa, in particolare dal 2011 in avanti, spiegandone le
ragioni e facendo una panoramica dei vari paesi dove sono scoppiate queste forma di
protesta. Allargheremo poi lo sguardo anche ad altri movimenti, quali la Primavera
araba ed Occupy Wall Street apparsi nello stesso periodo. Si delineeranno le
caratteristiche comuni che hanno i diversi movimenti nati a partire dalla crisi economica
del 2008.
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Nel quarto capitolo si inizierà con l’analizzare la genesi del movimento, il contesto
politico e sociale all’interno del quale è nato, il suo posizionarsi in un certo senso al di
fuori dello spettro politico conosciuto, portando avanti un rifiuto della politica
tradizionale, quella dei politici, visti come responsabili della crisi, o al meglio come
incapaci nell’affrontarla. Un movimento radicale ma inclusivo, che fa dell’inclusività e
della trasversalità la sua forza, che usa slogan con caratteri poco ideologici, e che sin da
subito mette al centro delle sue rivendicazioni quello di una reale democrazia. Infatti la
critica della “politica dei politici” non rimane ferma al “non ci rappresentano”, uno degli
slogan utilizzati, ma riversa nelle piazze e nelle pratiche una ridefinizione del concetto
di politica, come possibilità per tutti di discutere, di interrogarsi sulla vita comune.
Detto del contesto e della genesi del movimento, si analizzeranno i temi e le
rivendicazioni portate avanti dal movimento. A partire dal tema della democrazia, che
occupa una certa centralità, si passa poi al tema della denuncia della corruzione della
classe politica e imprenditoriale, del rifiuto della precarietà, e alla rivendicazione di tutta
una serie di diritti, da quello alla casa a quello di un lavoro degno, messi in discussione
dalla precarietà e dalla crisi economica.
Si passerà poi ad analizzare le caratteristiche e le pratiche del movimento, che possiamo
ritrovare nella materialità delle piazze; è infatti nelle acampadas (la protesta si
caratterizzò per il fatto che i manifestanti decisero letteralmente di accamparsi nelle
piazze delle principali città spagnole) che possiamo rinvenire le caratteristiche e le
pratiche del movimento; è nelle assemblee e nei gruppi di lavoro che nacquero nelle
piazze che si sperimentarono nuovi modi di pensare e di decidere in comune, un ritorno
a una democrazia assembleare che si poggia sull’opportunità e sulla disponibilità di tutti
a intervenire e ad ascoltare, ad elaborare un pensiero collettivo.
Ma il movimento con le sue caratteristiche, le sue pratiche, le sue rivendicazioni, non
restò chiuso all’interno delle piazze, generò anche degli effetti sul resto della società,
che andremo ad analizzare. Si è assistito infatti al sorgere di assemblee di quartiere, o di
movimenti a difesa dei settori pubblici minacciati da tagli, in generale si è assistito ad
una politicizzazione della società che ha avuto come effetto quello di opporre resistenza
agli effetti della crisi.
Analizzato nel suo insieme quello che è stato il movimento degli indignados, nel quinto
capitolo, nella parte iniziale, ci soffermeremo ad analizzare il rapporto tra movimenti
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sociali e democrazia. Prima in maniera generale, utilizzando in questo caso i contributi
di Donatella Della Porta, vedremo come i movimenti sociali siano stati da sempre
vettori di democrazia; come tra gli obiettivi dei movimenti sociali vi sia sempre stato
quello di sperimentare e reclamare la legittimità di nuove forme di democrazia e di
partecipazione politica, in opposizione alla democrazia rappresentativa. Forme di
democrazia partecipativa sono state portate avanti sin dalle prime mobilitazioni del
movimento operaio, così come forme di democrazia “dal basso”, diretta, sono state
praticate dai nuovi movimenti sociali degli anni 70 e 80; sino ad arrivare
all’elaborazione di forme di democrazia che all’aspetto partecipativo hanno aggiunto
quello deliberativo, che si sono sviluppate col movimento no-global e che vedremo
essere quelle usate anche dal movimento degli indignados qui in esame.
Si parlerà poi delle idee di democrazia che vengono fuori dal movimento degli
indignados, quali critiche muovono all’attuale modello di democrazia, che forme di
partecipazione politica portano avanti.
Analizzato tutto questo vi è poi però da analizzare un altro passaggio; passato il
momento di alta marea, utilizzando una metafora, il movimento degli indignados, ha
subito il riflusso, l’atmosfera generata dal movimento inizia a non funzionare, le
chiusure da parte del sistema politico fanno sì che le politiche criticate continuino a
venire attuate, le piazze iniziano a svuotarsi; però i discorsi portati avanti dal
movimento hanno generato un cambiamento nel senso comune dei cittadini, ed è
all’interno di questo nuovo scenario che nasce una nuova forza politica, Podemos, che
tenta di catalizzare questa voglia di cambiamento. Podemos, con il suo successo
elettorale, (dal nulla è diventata una delle forze politiche principali in Spagna e ha rotto
la logica del bipartitismo presente sin dalla fine del franchismo) insieme a quello delle
candidature municipaliste che hanno raggiunto il potere politico nelle più importanti
città spagnole, dimostra come l’atmosfera generata dagli indignados, abbia modificato
profondamente la realtà spagnola.
Verrà analizzata quindi la nascita di Podemos, inserendola in un discorso più ampio che
riguarda quello del possibile passaggio da movimenti sociali a partiti politici, delle
relazioni tra questi due fenomeni, e cercheremo di capire se il fenomeno di Podemos
può essere letto sotto la lente del concetto di partito-movimento. Vedremo quali sono i
nessi e le differenze tra Podemos e il movimento degli indignados sotto vari punti di
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vista ed in ultimo analizzeremo il caso delle candidature municipaliste in quando il
passaggio dal movimento degli indignados alla creazione delle candidature di unità
popolare presenta delle differenze rispetto al passaggio dagli indignados a Podemos.
Oltre all’analisi di questo aspetto che riguarda Podemos e i partiti che vengono fuori da
cicli di movimento, sorgono tutta una serie di domande, a cui si proverà a rispondere nel
prosieguo della tesi.
L’obiettivo della tesi, oltre che esaminare il contesto di crisi che interessa la
democrazia, lo stato-nazione, l’economia, mettendo in luce le relazioni esistenti tra
questi elementi, è analizzare i movimenti sociali che escono fuori da questo contesto di
crisi, usando come caso quello del movimento degli indignados.
Una volta che verranno analizzate quelle che sono le caratteristiche, i temi e le pratiche
portate avanti dai movimenti anti-austerity in generale e dagli indignados in particolare,
si proverà a rispondere ad alcune domande che suonano così: i movimenti sociali nati
nel contesto della crisi, in particolare gli indignados, che tipo di trasformazioni riescono
a produrre nella società e sullo scenario politico-istituzionale? E per quando riguarda
l’aspetto, che già ora possiamo dire essere centrale, della partecipazione politica e della
democrazia, le pratiche degli indignados, le loro concezioni di un’altra democrazia,
riescono ad incidere nel cambiamento dell’attuale forma di democrazia? O
capovolgendo la domanda, parafrasando il titolo di una recente opera in inglese di Della
Porta (2013), la democrazia può essere salvata dalle nuove forme di partecipazione
politica proposte dai movimenti?
Da questi presupposti si sviluppa il presente lavoro, tenendo ben presente però, che il
tema della democrazia, che avrà un ruolo centrale nello sviluppo dell’elaborato, non è
slegato né da quello della crisi economica e dell’aumento delle disuguaglianze, né dal
tema della globalizzazione, dei cambiamenti relativi allo stato-nazione e allo sviluppo di
istituzioni sovranazionali quali l’UE; questa relazione verrà infatti sviluppata nella
prima parte della tesi, scegliendo però poi di soffermarci sul tema della democrazia
come criticato e sviluppato dai movimenti sociali e dal movimento degli indignados, sia
per la centralità che il tema ha avuto per i movimenti stessi, sia per evitare il rischio di
voler rispondere a tutte le possibili domande e di non farlo bene nemmeno ad una.
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