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1;3 Il senso del museo
Dai paragrafi precedenti si è potuto apprendere che fin dal principio
sia i responsabili della gestione museale sia gli esponenti del potere
politico, attribuivano al museo una duplice funzione: quella di luogo
deputato all’educazione di massa e simbolo della gloria nazionale. Su
imitazione del museo francese, i successivi musei Ottocenteschi divennero
specchio e portatori di rivendicazioni culturali, il museo era il mezzo
mediante cui costruire la propria identità nazionale, identificando la propria
storia nella incarnazione dei grandi imperi del passato, autoproclamandosi
come loro eredi politici e morali. Per tanto “vuoti storici” non erano
ammissibili, l’affermazione è quanto mai vera se si pensa che l’ossessione
dei musei ottocenteschi verso la cronologia e la completezza delle
IL SENSO DEL MUSEO
25
collezioni era tale che laddove vi erano parti mancanti, i “vuoti” della
collezione erano colmati con copie in gesso (scomparse completamente
intorno agli anni ’20 del Novecento).
Il museo è il luogo della privazione, dell’opera nascosta, nonostante
continui a generare meraviglia, esso si fonda su alcune contraddizioni; in
quanto raccoglitore di opere, l’istituzione non fa nulla per ristabilire le
condizioni originarie cui esse appartenevano, da ciò se ne deduce che il
museo è il luogo per eccellenza, della decontestualizzazione dell’opera;
esso nega al visitatore, l’esperienza autentica che soltanto in situ potrebbe
ricevere. La estrazione dell’opera dal suo contesto originario infatti,
comporta, contemporaneamente, anche la estrazione dal suo circuito
comunicativo, da ciò ne consegue che da un lato le opere vengono private
del contesto necessario per comprendere ed interpretarle, dall’altro, esse
vengono impiegate, assieme ad altre per veicolare nuovi significati e
messaggi. L’istituzione odierna per essere definita museo deve perseguire
tre principali obiettivi: preservare, studiare e comunicare (attraverso
l’esposizione delle opere).
Ora, per quanto concerne i primi due obiettivi, il museo riesce ancora
ad assolverli egregiamente (non è il caso, secondo il mio parere, della
gestione campana, ove Pompei che può essere considerato un museo a
“cielo aperto” presenta notevolissime criticità dal punto di vista
conservativo; l’esempio può essere tristemente ripreso anche per illustrare
la condizione in cui versano determinate opere “depositate” nel giardino del
IL SENSO DEL MUSEO
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Museo Archeologico Nazionale di Napoli); non può dirsi lo stesso della
“comunicazione” (di cui si parlerà approfonditamente poi).
Il valore insito nella comunicazione è quello di trasmettere la cultura,
ma com’è possibile trasmetterla ad un pubblico così vasto di fruitori,
possessori di così tanti e diversi livelli di conoscenza? Trasmettere cultura
significa diffondere, divulgare conoscenze, informazioni e valori, per
mezzo ovviamente, della comunicazione la quale varia a seconda del
contesto e delle modalità.
I musei attuali non rispondono a quello che dovrebbe essere il loro
scopo fondamentale, e cioè quello di essere «strumenti di comprensione
delle opere d’arte»
20
, in altre parole, non svolgono la loro «funzione
educativa di carattere pubblico»
21
. Esistono musei molto validi dal punto di
vista tecnico, dell’illuminazione, e dell’allestimento ma estremamente
carenti dal punto di vista comunicativo; molto spesso infatti, la fruizione del
museo è perlopiù disattenta, distratta, poco approfondita, il pubblico si
affolla per scattare foto, ma non si ferma ad analizzare il contenuto delle
opere, non le contempla, non le studia e di conseguenza non se ne
appassiona (a tal proposito vorrei ricordare una mia personale esperienza:
nel mese di Maggio, in seguito ad un viaggio a Parigi, mi sono recata al
Louvre e lì ho avuto modo di essere testimone di come gruppi di
Giapponesi, armati di tecnologie all’ultimo grido, tablet giganteschi e
smartphones, piuttosto che fermarsi ad ammirare le opere esposte, si
20
ANTINUCCI P. (2014). Comunicare nel museo, Editori Laterza, Roma-Bari, pag. VIII
21
Ibidem
IL SENSO DEL MUSEO
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accalcavano per fotografarle per poi fuggire improvvisamente, affinché
nessuna opera restasse fuori dalla loro galleria di immagini digitalizzate.
L’aspetto fondamentale di questa curiosità è la poca qualità della
fruizione: nessuno di quei Giapponesi aveva compreso il senso dell’opera,
nessuno di loro si era fermato un attimo per ammirarla; il soggetto
fotogenico più ambito era la Monnalisa. Ma vale sul serio la pena affrontare
un viaggio aereo di ben dodici ore, per scattare una foto che, grazie ad
internet è reperibilissima nel giro di qualche click? Questo è uno degli
aspetti sconcertanti dell’attualità, di cui il curatore museale deve imparare a
tenere conto.
Per comprendere cosa il museo “è” o “dovrebbe” essere bisognerebbe
dapprima chiarire cosa l’istituzione “non” dovrebbe essere; il museo non è
innanzitutto un archivio o un deposito dove porre opere decontestualizzate
per il solo scopo di appagare un senso di vanità e la logica che un museo è
tanto più importante quanti più capolavori possieda, non è perseguibile;
scopo del museo è invece “far parlare” le opere che possiede per trasmettere
un messaggio che può essere tanto storico quanto estetico, artistico o
emozionale.
Il museo non può nemmeno essere considerato una scuola,
un’accademia né tantomeno un laboratorio formativo come accaduto già in
passato. I musei per bambini di Boston (Bostons Children’s Museum) e di
Filadelfia (Please Touch Museum), come riporta Alessandra Mottola
Molfino, nascono con lo specifico scopo di avvicinare i bambini ai
manufatti artistici nonché per favorire nei docenti lo sviluppo e
IL SENSO DEL MUSEO
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l’acquisizione di metodi di didattica delle opere d’arte; questi due esempi
possono quindi essere identificati come laboratori educativi ma non come
musei in senso proprio. Le due funzioni sono però, spesso compresenti in
modo soddisfacente.
Il museo è il luogo per eccellenza, della diversità, esso racchiude in
uno spazio relativamente piccolo, un patrimonio che talvolta può essere
considerato mondiale, è in altre parole uno scorcio, una finestra globale.
Presentare la diversità e la complessità delle opere, innescando un
processo critico e di riflessione da parte del pubblico dovrebbe essere
l’elemento fondativo e basilare del museo. Il museo che vuole assolvere
questo compito deve quindi essere ben cosciente che le collezioni non
possono essere considerate solo oggetti da esporre per fini d’intrattenimento
ma «mezzi di trasmissione culturale»
22
; le esposizioni sono uno dei mezzi
comunicativi tra il museo ed il suo pubblico, impiegano uno specifico non-
verbale, affiancano la mission del museo ad una comunicazione che non
avviene solo oralmente per mezzo di parole, bensì per mezzo di immagini,
per cui affinché il museo possa essere considerato un ambiente entro cui si
sviluppa il processo di conoscenza atteso, è necessario costruire una
comunicazione efficiente per tutti i tipi di pubblico.
22
MAGGI M., FALLETTI V.(2012). I musei, Il mulino, Bologna, pag. 154
IL SENSO DEL MUSEO
29
1;4 Il linguaggio del museo
Nel paragrafo precedente si è anticipato l’argomento che verrà trattato
ora più approfonditamente: la comunicazione museale o meglio il
linguaggio del museo, se così si puù dire. Negli ultimi anni si è registrato
incremento notevolissimo della fruizione pubblica presso i principali musei
del mondo: secondo la classifica annuale stilata da “Il giornale dell’arte”,
soltanto per citarne alcuni, la Galleria degli Uffizi è il primo museo Italiano
con circa un milione e 936 mila visitatori, mentre i Musei Vaticani hanno
registrato un’affluenza di 5,8 milioni di visitatori; il Louvre registra 9
milioni e 260 mila visitatori; il Metropolitan Museum of Art più di 6
milioni, il British Museum oltre i 5,8 milioni, la National Gallery con 5,2 e
il Natural History Museum a 4,9 e il Tate Modern a 4,8. Bisogna scindere i
dati concernenti la “quantità” della fruizione, quelli concernenti la “qualità”
della stessa poiché il visitatore molto spesso, entra nel museo, attraversa le
sale e ne esce senza aver aumentato la propria cultura estetica.
Le opere d’arte sono per loro natura, oggetti che comunicano, e nascono per
impegno di un individuo il quale le crea con lo scopo di trasmettere ad altri
qualcosa di sé. L’opera d’arte “deve” essere comunicativa altrimenti
verrebbe a mancarne il senso e non potrebbe più essere qualificata come
tale ma semplicemente come «oggetto d’uso»
23
; ma l’opera d’arte può
essere considerata tale quando essa porta a compimento la propria natura, e
23
ANTINUCCI P. (2014). Comunicare nel museo, Editori Laterza, Roma-Bari, pag. 4
IL SENSO DEL MUSEO
30
quando completata l’atto comunicativo; ossia quando il pubblico ha
compreso il messaggio che l’opera ha trasmesso.
Se l’opera d’arte non viene percepita da chi la osserva come atto
comunicativo, ciò accade perché il museo la pone come oggetto ed esprime
con un linguaggio differente, fatto di immagini e che resta oscuro. Per
comprendere il linguaggio museale bisogna partire dal presupposto che le
opere che custodisce sono segniche: i segni visivi veicolano la
comunicazione attraverso l’incontro visivo con il pubblico, vale a dire
all’esposizione: la comunicazione è quindi lo scopo primario del museo,
l’esposizione è il mezzo mediante cui realizzarlo.
Mentre molta cura è dedicata alla formazione di professionisti che
operano nei musei alla capacità di realizzare la conservazione e l’ordine
delle esposizioni, non altrettanta attenzione si dedica alla comunicazione.
Basta osservare i piani di studi delle professioni museali per notare come
essi andrebbero modificati per non domandare questo aspetto alla libera
iniziativa dei soggetti più disponibili.
La complessità insita nella comunicazione museale è dovuta anche ad
un ulteriore fattore e cioè nella difficoltà di mettere a punto standard che
vadano bene per tutti i musei; non è possibile standardizzare le esposizioni
poiché ogni museo è dotato di una propria e specifica identità, ed
ovviamente di un proprio e diverso pubblico. Attraverso l’esposizione, il
museo esibisce un proprio punto di vista che ovviamente è soggettivo,
confrontandosi con il visitatore; è questa l’operazione alla base della
IL SENSO DEL MUSEO
31
trasmissione culturale, il compito primario di un museo è infatti quello di
assicurare la leggibilità e favorire l’interpretazione delle sue opere.
Il museo che non si interfaccia al proprio pubblico, espone senza un
progetto definito, concepisce l’esposizione come mezzo di profitto e
dimentica il senso o la mission dell’istituzione museale.
Nonostante l’affluenza nei principali musei mondiali, spesso non si
può considerare realizzato il terzo obiettivo, ossia la comunicazione;
l’errore nasce dal considerare il pubblico come una massa omogenea che
detiene un insieme di conoscenze che sono omogenee ma il pubblico di
massa comprende l’operaio e lo storico dell’arte, bisogna tener presenti
diversi livelli di conoscenze.
Non si può presupporre che tutti abbiano le medesime conoscenze di
base altrimenti una data esposizione può essere recepita come “astratta” ed
il suo messaggio resta ignorato o percepito soltanto da una stretta cerchia di
conoscitori: così il museo non assolverebbe il proprio compito di canale di
trasmissione culturale pubblico.
Come risolvere la questione della comunicazione museale? Partendo dal
presupposto che il compito primario dell’esposizione museale sia far sì che
le opere parlino, secondo Antinucci «bisogna aver chiaro quali soggetti o
attori partecipano alla comunicazione»
24
; vi è innanzitutto “qualcuno” che
ha intenzione di comunicare “qualcosa” a “qualcun altro” che ovviamente
non sa (ancora). Bisogna quindi individuare il mezzo che permetta alla
comunicazione tra i due “qualcuno” di potersi svolgere. Le conoscenze
24
ANTINUCCI F. (2014). Comunicare nel museo, Editori Laterza, Roma.Bari, pag. 14
IL SENSO DEL MUSEO
32
infatti sono delle elaborazioni conservate della mente, “immagini mentali”
potremmo definirle, le quali devono essere per forza di cose, trasformate in
un codice che possa essere compreso da chi non possiede le medesime
conoscenze, informazioni o immagini mentali. L’elemento che permette la
comunicazione tra due persone è quindi il codice e siccome esistono diverse
tipologie di linguaggio tra cui quello iconico, quello verbale, sonoro o
gestuale, dobbiamo concluderne che esistono anche diverse tipologie di
codici; possedere il codice significa essere in grado di interpretare il
messaggio. A partire dagli studi di Umberto Eco, l’immagine viene
considerata come un evento da interpretare, come segno che può essere
compreso soltanto mediante un codice, ossia attraverso un «sistema di
significazione»
25
. Siccome si può facilmente dedurre che la massa non
possiede il codice necessario per poter interpretare un’esposizione museale,
è responsabilità dell’istituzione museale, fornirlo come prerequisito
indispensabile affinché le opere comunichino portando a compimento la
loro funzione culturale.
1;5 Perché il museo è “democratico”
Uno dei più grandi equivoci nell’ambito della storia museale, è quello
di credere che i musei possano autofinanziarsi, Si creano problemi quando i
musei si vedono calare i contributi pubblici necessari al loro
25
GENNARI M. (2007). L’educazione estetica, Bompiani, Milano, pag. 64