INTRODUZIONE
David Bowie, cantautore britannico scomparso il 10 Gennaio 2016, è stato uno dei personaggi
più stravaganti e artisticamente interessanti della nostra contemporaneità. Artista carismatico,
poliedrico, camaleontico e provocatorio, è riuscito ad elevare la musica rock ad una vera e
propria forma d’arte. Spinto sin dal principio da una serie di dinamiche psicologiche ed
esigenze artistiche più complesse rispetto ai suoi contemporanei ( e non solo), è stato capace
di passare da un eccesso all’altro senza mai perdere credibilità, facendo della stravaganza e
del narcisismo i suoi punti di forza, tanto da concepire la propria vita come una vera e propria
opera d’arte. Per niente intenzionato a farsi inglobare nella monotonia del rock’n’roll e
determinato a sfuggire dai cliché, rivoluzionò il modo di fare musica attraverso lo studio della
società del suo tempo. Si impegnò a comprendere le esigenze del pubblico, i loro desideri e le
loro aspirazioni, così da trarne ispirazione artistica e, allo stesso tempo, indicazioni per la
creazione dei suoi personaggi, i quali ebbero una funzione fondamentale sia per l’uomo che
per l’artista. Per questi motivi si dedicò allo studio meticoloso dei movimenti sul
palcoscenico, ebbe l’intuizione di integrare il teatro e l’artificio nel proprio progetto.
Abilissimo nella scomposizione e successivo riassemblaggio di elementi in forma nuova,
dotato di una visione del mondo senza confini e un’innata abilità nel mescolare influenze
musicali, visive e narrative molto diverse, durante la propria carriera concepì le sue creazioni
perché spaziassero dal teatro ai fumetti, dalla fantascienza al mimo, dalla letteratura all’arte e
alla filosofia o che ne fossero la sintesi, senza mai porsi dei limiti, fisici o concettuali.
Tuttavia, al di là del grande artista, del genio avanguardista ed innovatore, dell’icona musicale
e non solo che Bowie fu per milioni di persone e che ancora oggi continua ad essere,
conquistando persino le nuove generazioni, David è stato anche un uomo. Un individuo tanto
geniale quanto fragile e timido. La complessità della sua psicologia e le opprimenti ossessioni
che hanno messo a dura prova la sua sanità mentale probabilmente sono state sottovalutate per
molto tempo. Bowie, infatti, lottò per tutta la vita contro la paura di essere destinato alla
follia.
Sua madre era probabilmente borderline, tre delle sue zie, sorelle della madre, morirono in
case di cura, in seguito a ripetuti ricoveri, con diagnosi di schizofrenia, e al suo fratellastro
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Terry fu diagnosticato un disturbo mentale che lo portò, in fine, al suicidio. Dunque,
prendendo atto del fatto che la pazzia non fosse una condizione così rara in famiglia, la paura
che gli sarebbe toccato lo stesso destino lo perseguitò negli anni delle sue più grandi creazioni
artistiche . Dotato di un buon carattere riflessivo, Bowie fece del proprio precario equilibrio
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psicologico un punto di forza della propria carriera. Riuscendo allo stesso tempo, attraverso
l’arte, sia ad appagare le proprie ambizioni per un futuro glorioso, al quale aveva da sempre
creduto di essere predestinato, sia a condurre un attento lavoro terapeutico su se stesso, che gli
permise di restare lucido e di non perdere mai il controllo. Infatti, con la creazione di alter ego
egli riuscì a trovare un personale modo di calmare le proprie ansie e indirizzarle in un senso
specifico; l’ansia di perdere il senno, così come l’ansia della timidezza. Tanto è vero che fu
Bowie stesso a dichiarare “non credo che all'epoca avrei avuto la forza mentale per uscire e
iniziare a cantare le mie canzoni così, di colpo “ nel corso di un’intervista negli anni ottanta,
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in risposta alla domanda “Saresti potuto diventare David Bowie, la famosa rock star, senza
tutti gli alter ego?” .
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Così dopo aver vestito i panni di Ziggy Stardust, personaggio che lo consacrò a star mondiale,
iniziò a creare moltissimi altri sé, ognuno con delle caratteristiche specifiche e funzionali allo
scopo psicologico e artistico del momento.
La mia tesi si articolerà in tre capitoli: nel primo parlerò della relazione che c’è tra arte e
psicoanalisi, tra l’artista e l’esplorazione dell’inconscio o la linea sottile che separa la finzione
artistica dalla nevrosi. In seguito, servendomi degli studi di illustri esperti del settore come
Sigmund Freud e Ronald Laing, tenterò di analizzare il rapporto che esiste tra conscio ed
inconscio, Io e falso Io, fino ad arrivare ad analizzare il tema delle personalità multiple, in
senso patologico e non, e quello dell’alter ego. Ipotizzando una funzione terapeutica dell’arte
sia per l’artista che per il suo pubblico.
Nel secondo capitolo analizzerò il personaggio di Bowie, cercando di comprendere le
dinamiche, le esigenze e le influenze che lo hanno spinto a creare il suo primo alter ego di
successo: Ziggy Stardust. In questo capitolo si tenterà, dunque, di ripercorrere, attraverso i
numerosi studi condotti negli anni, le varie tappe della produzione artistica di Bowie,
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Oliver James, Upping your Ziggy: How David Bowie Faced His Childhood Demons - and How You Can Face
1
Yours, Karnac Books, Londra 2016, p.XI.
Tricia Jones, The Film Issue, i-D n.49, Luglio 1987.
2
Ibidem.
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cercando di non trascurarne nessun aspetto e dimostrare come tutti siano stati di primaria
importanza per la riuscita dell’opera. In più, sarà fondamentale verificare come i contatti con
la follia, che ebbe già da bambino, e la sua successiva ossessione nei confronti di essa,
abbiano influenzato il suo lavoro. Vedremo ad esempio la curiosa somiglianza tra il
linguaggio incoerente e illogico dello schizofrenico e il metodo di composizione utilizzato da
Bowie per suoi testi. Così come vedremo la minuziosa attenzione con cui creò la struttura
psicologica e la storia di Ziggy, non trascurandone nessun aspetto, fino a renderlo un
personaggio tanto credibile da essere confuso con il suo vero essere. Ecco che all’improvviso
Ziggy diventò reale sia per Bowie che per gli altri, tanto che, da mezzo utilizzato per il
successo, piuttosto che, tentativo di regolare le proprie frustrazioni, si trasformò in un pericolo
per il suo equilibrio mentale. Così egli fu costretto prendere la decisione di ucciderlo.
Nel terzo capitolo, invece, verrà trattato il tema dell’icona, cercando di capire, alla luce di
quanto detto prima, che cos’è un’icona e, soprattutto, che cos’è un’icona pop e quali sono le
sue origini. Si parlerà quindi anche di Andy Warhol e del movimento artistico di cui egli fu
uno dei maggiori esponenti: la Pop Art.
In fine, nel capitolo quarto, si analizzeranno brevemente altri due tra gli alter ego più
importanti creati da Bowie nel corso della sua carriera: Aladdin Sane e il Duca Bianco. A
questo punto si tenterà di spiegare nel concreto come essi, allo stesso modo di Ziggy, lo
abbiano aiutato ad affrontare e superare alcuni momenti critici della sua vita, così da
comprendere con precisione come si articolasse il personale “ programma di riesame” di cui
parlava Bowie e che rappresentava la base del suo sistema di autoterapia.
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1. L’IO SCOMPOSTO
MOLTEPLICI PERSONALITÀ COME RISPOSTA ALLE ESIGENZE PERSONALI
E A QUELLE DELLA SOCIETÀ
In un mondo che va così veloce, perso nella propria incontrollabile frenesia, sempre più di
rado capita di prendersi un po’ di tempo per riflettere su aspetti importanti della vita.
Spesso si intrattengono rapporti freddi, per quanto ritenuti importanti. Ci si sente distratti e
confusi, turbati da una realtà che sembra dare sempre più valore alla superficie, alle
apparenze, seguendo una serie di criteri specifici nei quali bisogna per forza rientrare e, di
conseguenza, ci si sente costretti a nascondersi, ad omologarsi, a mentire e a mentirsi per
paura di essere vulnerabili, di essere giudicati o ritenuti incapaci.
Si mette a nudo il corpo, ma si copre l’anima con vergogna. Si ergono muri spessi di
indifferenza, ci si chiude in un guscio di intolleranza ed è proprio questa superficialità,
quest’insensata, spesso costante, esigenza di gratificazione che rende irrimediabilmente
frustrati e vuoti, nello stesso momento in cui sembra offrire appagamento. Questo dualismo
emotivo non rende l’uomo vittima, ma complice del proprio supplizio, come affetto da una
malattia incurabile, da una grave forma di anestesia esistenziale ( intesa come mancanza o
soppressione della capacità di sentire) che azzera le emozioni e appiattisce la vita, riducendola
allo svolgimento di semplici azioni meccaniche finalizzate unicamente alla sopravvivenza.
Ma l’uomo non è solo un agglomerato di muscoli, organi, tessuti ed ossa, dotato di un cervello
che produce pensieri con la freddezza tecnica di un computer. Come insegna Freud, esiste in
ogni individuo un inconscio che raccoglie tutti i resti di ciò che crediamo irrilevante, superato,
dimenticato e che rappresenta quella particolare sfera dell'attività psichica che non raggiunge
la soglia della coscienza.
In questo contesto, l’Io si scontra brutalmente con l’esigenza dell’Es di venire alla luce,
mentre il primo cerca di reprimerlo, facendo valere l’influenza del mondo esterno . Ma come
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riescono i condizionamenti dell’ambiente sociale e culturale ad incidere sull’Io tanto da
portarlo costantemente e ostinatamente a reprimere l’Es? Freud trovò la risposta nel Super-io .
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9
Sigmund Freud, L’Io e l’Es, Bollati Boringhieri, Torino 2011, p.488.
4
Freud, L’Io e l’Es cit. p.489.
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In ogni modo, nella nostra società ormai diamo per scontato che un individuo a volte possa
avere molteplici personalità da mostrare in contesti diversi, come in quello lavorativo, con gli
amici o in famiglia, ma è riduttivo pensare che questo sia un pensiero condiviso
universalmente. Infatti ci sono numerose organizzazioni sociali in cui la vita è regolata
secondo ritmi e criteri elementari, perciò tutti coloro che ne fanno parte non sentono
probabilmente l’esigenza di ricorrere all’utilizzo di personalità differenti. Si parla di contesti
in cui, per esempio, la vita si svolge sempre allo stesso modo, nello stesso ambiente e le idee
sulla società, sulla natura, sulla religione sono condivise unitariamente da tutti i membri di
una determinata organizzazione e di conseguenza, non è possibile rilevare particolari
dissonanze tra le credenze personali e le credenze del proprio gruppo di appartenenza.
Al contrario, come affermato in precedenza, noi oggi viviamo in una realtà molto più
complessa. Al di là dei continui input che ci giungono quotidianamente anche stando
comodamente seduti sul divano di casa, connettendoci ad internet con ogni tipo di dispositivo,
capita a molti di lasciare fisicamente la propria realtà, il proprio paese di nascita e con esso i
propri usi, le proprie tradizioni e di viaggiare, sistemarsi in posti completamente nuovi,
scontrarsi con quotidianità e concezioni assolutamente sconosciute, a volte persino ritenute
bizzarre, ma con le quali bisogna necessariamente fare i conti e nelle quali è indispensabile
integrarsi nel minor tempo possibile. È questo il contesto della globalizzazione che, se da un
lato ha permesso un ampliamento delle vedute e moltiplicato a dismisura le opportunità
concesse ad ogni singolo individuo di incontrare persone, tenersi in contatto, trovare lavoro,
coltivare le proprie passioni, dall’altro ha causato la “ compressione del mondo, del tempo e
dello spazio in funzione della formazione di un campo unico globale e, per converso, la
relativa trascuratezza con cui si è guardato agli aspetti e alle conseguenze soggettive di questo
processo” .
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Una di queste conseguenze grava sul binomio individuo-mondo che nel corso degli anni è
stato messo sempre più in crisi, ma anche sul rapporto dinamico, ma difficile, tra Io ed Es di
cui si parlava in precedenza. Infatti sempre più spesso sono le esigenze della società che
richiedono all’individuo di sviluppare diverse facce, diversi comportamenti, per diversi settori
e/o contesti e situazioni. Così si finisce per indossare delle maschere e diventare dei
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Giovanni Filoramo, Che cos’è la religione, Einaudi, Torino 2004, p.5.
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