VI
Gli animali che vivono in ambienti soggetti a variazioni di ossigeno mostrano
adattamenti biochimici che si manifestano non solo nel periodo di diminuzione di
ossigeno ma anche durante il successivo ripristino delle condizioni fisiologiche (Storey,
1996).
A tale scopo nella presente ricerca sono stati utilizzati come modelli sperimentali due
diverse specie di molluschi bivalvi quali Scapharca inaequivalvis e Tapes
philippinarum sottoposte a due differenti stress fisici come la carenza di ossigeno e la
successiva reintroduzione, potenzialmente in grado di indurre la produzione di ROS,
allo scopo di valutare le conseguenti alterazioni dei principali sistemi antiossidanti.
Numerosi studi (Hermes-Lima e Storey, 1998) hanno dimostrato l’importanza delle
difese enzimatiche antiossidanti (superossido dismutasi, catalasi, glutatione perossidasi)
come componenti chiave degli adattamenti biochimici che permettono la sopravvivenza
di alcune specie di molluschi e di vertebrati durante fenomeni di anossia/ipossia seguita
da riossigenazione (Hermes-Lima e Storey, 1998).
Il presente studio quindi si propone di valutare il ruolo delle difese antiossidanti nei
molluschi bivalvi Scapharca inaequivalvis e Tapes philippinarum in condizioni di
anossia e successiva riossigenazione prendendo in considerazione l’attività di importanti
enzimi antiossidanti indagandone la modulazione attraverso indagini biochimiche e
immunologiche.
Ossigeno e specie radicaliche
1
CAPITOLO 1
Ossigeno e specie radicaliche
1.1. Ossigeno
L’introduzione dell’ossigeno (O
2
) nell’atmosfera terrestre ha permesso l’evoluzione di
organismi complessi grazie al ruolo fondamentale che ricopre nel metabolismo
energetico e nella respirazione, ma allo stesso tempo rappresenta una nuova fonte di
sostanze tossiche (Abele, 2002).
Gli eucarioti che necessitano di O
2
sono dotati sia di complessi meccanismi deputati alla
respirazione, ottenuti con l’acquisizione dei mitocondri, sia di specifiche difese a tutela
degli effetti tossici prodotti dall’ossigeno.
L’intensità degli studi condotti sull’O
2
negli ultimi due decenni (Scandalios, 2002) ha
fornito importanti risposte in molteplici campi di indagine. Negli anni Trenta Michaelis
appurò la formazione di radicali liberi nelle ossidazioni biologiche, mentre Haber Weiss
(1934) dimostrò la decomposizione dei perossidi di idrogeno (H
2
O
2
) catalizzata da
metalli; infine McCord e Fridovich (1969) confermarono l’esistenza dell’anione
superossido (O
2
•־
) in soluzione nei sistemi biologici.
La formazione di specie radicaliche dell’ossigeno (ROS), risultava coinvolta in
molteplici alterazioni patologiche per gli organismi viventi (Hermes-Lima et al., 1998)
e l’esistenza di un enzima responsabile della detossificazione del O
2
•־
(McCord e
Fridovich, 1969) rappresentò il punto di partenza di una nuova era scientifica nel campo
del metabolismo dell’ossigeno.
Ossigeno e specie radicaliche
2
1.2. Natura dei radicali
Un radicale libero viene definito come una specie capace di un’esistenza indipendente
(da questo il termine libero) che contiene uno o più elettroni spaiati (Halliwell, 1992).
Questa definizione generale comprende un ampio spettro di specie riassunte in tabella
1.1. Con il termine ROS e RNS vengono definite rispettivamente le specie reattive
dell’ossigeno e dell’azoto.
Fig. 1.1. Reazioni di riduzione univalenti di ossigeno ad acqua con formazione di
differenti specie radicaliche (Da Scandalios, 2002).
Tab. 1.1. Principali specie radicaliche (da Halliwell, 1992).
Type of Radical Example
Hydrogen centered Hydrogen atom H
.
Carbon centered Trichloromethyl, CCl
3
.
Sulfur centered Glutathione thiyl, GS
.
Oxygen centered Superoxide, O
2
.
Hydroxyl, OH
.
(often written as
.
OH)
Lipid peroxyl, lipid-O
2
.
Electron delocalized Phenoxyl, C
6
H
5
O
.
(electron delocalised
into benzene ring)
Nitric oxide, NO
.
(often written as NO)
Ossigeno e specie radicaliche
3
Oltre il 90% dell’ossigeno introdotto nel corpo umano viene utilizzato dalla citocromo
ossidasi che catalizza la reazione conclusiva rappresentata in figura 1.1 (Halliwell,
1992). La citocromo ossidasi, similmente ad altri enzimi che utilizzano l’O
2
, mostra
metalli di transizione nel sito attivo.
I metalli di transizione hanno stati di ossidazione variabili e perciò sono in grado di
trasferire singoli elettroni facilitando le reazioni di ossido-riduzione (Halliwell e
Gutteridge, 1999).
Allo stesso modo numerosi composti non radicalici sono in grado di autossidarsi
all’aria, ad es. epinefrina, norepinefrina, DOPA (3,4-dihydroxyphenylalanine), acido
ascorbico e tioli come il glutatione ridotto (GSH), la cisteina e l’omocisteina; la velocità
di autossidazione è legata alla quantità di metalli di transizione presente nella miscela di
reazione e può essere bloccata se dal mezzo vengono sottratti i metalli (Halliwell,
1992).
Radicale superossido: O
2
•־
Il radicale superossido si forma per la cattura da parte dell’ossigeno molecolare di un
singolo elettrone ed è caratterizzato da un elettrone spaiato. La scoperta da parte di
McCord e Fridovich (1969) di un enzima che sembrava rivestire un ruolo come
"scavenger" del superossido (la superossido dismutasi, SOD), fece pensare che l’anione
O
2
•־
fosse il maggiore responsabile della tossicità legata all’ossigeno e attribuì alla SOD
un importante ruolo nei meccanismi di difesa antiossidanti (Fridovich, 1989), poi
ampiamente supportato da moderni studi di biologia molecolare (Chan et al., 1999).
Il O
2
•־
è formato in vivo attraverso molteplici reazioni e la maggior fonte è rappresentata
dalla catena di trasporto di elettroni mitocondriale e dal reticolo endoplasmatico. La
tossicità è dovuta ad un eccesso di ossigeno, e la sovrapproduzione di superossido
conseguente può essere causata da una fuga di elettroni dalla catena respiratoria,
dall’attività di ossidasi solubili (xantina ossidasi, NADPH ossidasi) e dall’autos-
sidazione di piccole molecole (Hermes-Lima et al., 2001).
Allo stesso tempo il O
2
•־
può essere formato durante la fagocitosi cellulare ad opera dei
fagociti, dove ricopre un’importante ruolo battericida. I fagociti capaci di produrre il
radicale includono monociti, neutrofili, eosinofili e macrofagi di vario tipo, incluse le
cellule della microglia del cervello (Colton e Gilbert, 1987) dove sembra dimostrato il
ruolo del superossido microgliale come protettore del sistema nervoso centrale (SNC)
da infezioni provocate da microrganismi.
Ossigeno e specie radicaliche
4
I meccanismi di tossicità legati ad un eccesso di superossido in risposta ad alti livelli di
ossigeno non sono ancora chiari (Halliwell, 1989b). Il superossido è caratterizzato da
una limitata reattività, infatti è in grado di inattivare direttamente pochi enzimi (ad es, la
creatina chinasi dei mammiferi), tuttavia inattiva in vitro il complesso della NADH
deidrogenasi nella catena mitocondriale (Zhang et al.,1990), sebbene questa sua attività
non sia tuttora dimostrabile in vivo.
In alcune circostanze il superossido esercita un’azione positiva come ad esempio nei
meccanismi di fagocitosi batterica. Inoltre in alcune cellule come i fibroblasti, i linfociti
e le cellule endoteliali vascolari, la produzione di superossido in piccole percentuali è
fisiologica (Maly, 1990), essendo il superossido coinvolto nella regolazione della
crescita e nei processi di trasduzione del segnale (Halliwell e Gutteridge, 1999).
Perossido di idrogeno: H
2
O
2
La SOD rimuove il superossido convertendolo in acqua ossigenata:
Nei tessuti umani esistono molti enzimi che producono acqua ossigenata, come la L-
amino ossidasi acida, la glicolato ossidasi e la monoamino ossidasi. La deaminazione
ossidativa della dopamina attraverso la monoamino ossidasi rappresenta il principale
meccanismo catabolico nelle terminazioni nervose (Halliwell, 1992): a questo proposito
si osservò che un’accelerazione del turnover di dopamina nei pazienti affetti da
Parkinson poteva determinare un incremento di H
2
O
2
.
L’acqua ossigenata, nonostante la sua scarsa reattività, viene considerata un agente
ossidante. Diversamente dal superossido, l’H
2
O
2
attraversa facilmente le membrane
cellulari e può essere rimossa dalla cellula con l’intervento di due enzimi: la catalasi
(CAT) e la glutatione perossidasi selenio dipendente (Se-GPx), quest’ultimo molto
importante nel sistema nervoso (Halliwell, 1992).
L’alta diffusibilità del perossido di idrogeno attraverso la membrana cellulare ha fatto
ipotizzare un suo ruolo come secondo messaggero in grado di modulare alcune
fondamentali funzioni cellulari; infatti è nota la sua azione come mediatore della
tossicità della proteina amiloide (Behl et al., 1994).
O
2
•־
+ O
2
•־
+ 2H
+
H
2
O
2
+ O
2
SOD
Ossigeno e specie radicaliche
5
Radicale ossidrile: OH
•
La tossicità dell’acqua ossigenata, ampiamente dimostrata soprattutto per il sistema
nervoso, solitamente non è imputabile ad un effetto diretto della stessa, tranne nel caso
di eccessi probabilmente non fisiologici. L’H
2
O
2
è il precursore infatti di un radicale ad
alto potere ossidante responsabile di danni ai tessuti: il radicale ossidrile (OH
•
) che si
forma dalla reazione tra il ferro bivalente e il perossido di idrogeno attraverso la
reazione di Fenton:
Anche il rame (Cu) può reagire con l’H
2
O
2
per formare OH
•
(Halliwell, 1992);
nonostante la maggior parte dei radicali ossidrilici si formi via Fenton (con rame o
ferro), esiste una ulteriore reazione definita di Haber-Weiss in cui il rame o il ferro
possono nuovamente essere ridotti dall’acido ascorbico o dall’anione superossido,
anche se in questo caso i due metalli fungono unicamente da catalizzatori.
Alcune catecolamine hanno la stessa funzione dell’acido ascorbico e del superossido,
cioè quella di accelerare la formazione rame o ferro dipendente di OH
•
da H
2
O
2
(Halliwell e Gutteridge, 1999).
Uno dei maggiori effetti devastanti dei ROS è l’azione sui lipidi di membrana.
Numerose specie reattive generate dalla combinazione fra OH
•
, H
2
O
2
, ioni ferro e rame,
sono responsabili della perossidazione lipidica attraverso la sottrazione di un atomo di
idrogeno agli acidi grassi polinsaturi a catena laterale (fig. 1.2).
Fe
2+
+ H
2
O
2
Fe
3+
+ OH
•
+ OH
־
Cu
2+
+ O
2
•־
Cu
+
+ O
2
Cu
+
+ H
2
O
2
Cu
2+
+ OH
־
+ OH
•
Ossigeno e specie radicaliche
6
Fig. 1.2. Perossidazione lipidica in acidi grassi polinsaturi (MDA: malonaldeide; 4-
HDA: 4 idrossialdeide).
Questi acidi grassi (due o più doppi legami) sono più sensibili ai ROS rispetto ai
monoinsaturi e ai saturi. La sottrazione di un idrogeno al lipide porta alla formazione di
un residuo lipidico radicalico centrato (lipide
•
):
1) lipide-H + radicale → lipide
•
+ radicale-H
In vivo il radicale lipidico reagisce facilmente con l’ossigeno formando un radicale
perossilico:
2) lipide
•
+ O
2
→ lipide-O
2
•
Questo radicale perossilico può attaccare le proteine di membrana (con danni ai recettori
e agli enzimi) e può sottrarre un idrogeno alla catena laterale degli acidi grassi adiacenti:
3) lipide-O
2
•
+ lipide-H → lipide-O
2
H + lipide
•
Ne consegue che la sottrazione di un idrogeno innesca un meccanismo a catena dovuto
ai radicali liberi (reazioni 2 e 3) che conduce alla conversione di molti lipidi di
membrana a lipidi idroperossidi (lipide-O
2
H), compromettendo la funzionalità della
membrana (solitamente si assiste ad una diminuzione della fluidità). Ciò consente agli
Ossigeno e specie radicaliche
7
ioni calcio (Ca
2+
) di attraversare la membrana con conseguenti interazioni con le
proteine (Halliwell, 1992).
Ossido nitrico: NO
•
L’ossido nitrico (NO
•
) è un radicale libero rilasciato da numerosi tipi di cellule, in modo
particolare dalle cellule dell’endotelio vascolare e dai fagociti (Halliwell, 1992).
Nei vertebrati l’ossido nitrico (NO
•
) risulta una importante molecola coinvolta nelle
normali funzioni fisiologiche come la regolazione del tono vascolare, la trasduzione del
segnale nel cervello e l’eliminazione degli organismi patogeni in risposte immunitarie
non specifiche (Roche, 1999).
L’NO
•
reagisce con il superossido a pH fisiologici per formare una specie non
radicalica, il perossinitrito (ONOO
־
), un composto labile ma altamente tossico (Saran et
al., 1990). La tossicità del perossinitrito è ampiamente discussa in letteratura: può essere
direttamente citotossico attraverso l’ossidazione dei gruppi tiolici e allo stesso tempo
può originare OH
•
attraverso una reazione di decomposizione (Beckman, 1991).
E’ stato suggerito che le cellule dell’endotelio vascolare possano produrre sia NO
•
che
O
2
•־
come antagonisti per il controllo del tono vascolare (Halliwell, 1989a).
L’ossido nitrico è coinvolto nel normale funzionamento eccitatorio di aminoacidi come
il glutammato e allo stesso tempo è responsabile di effetti dannosi prodotti da un suo
eccesso (Dawson et al., 1991).
Ossigeno e specie radicaliche
8
1.3. Fonti di produzione di ROS
La produzione cellulare di ROS è legata sia a reazioni enzimatiche che non enzimatiche
(fig. 1.3). Qualsiasi sistema proteico o enzimatico in grado di trasferire elettroni può
portare alla formazione di ROS.
Nonostante la produzione di ROS sia generalmente dovuta ad attività metaboliche
endogene (mitocondri, perossisomi, lipossigenasi, NADPH ossidasi, citocromo P450),
possono essere coinvolti molti stimoli esterni (fig. 1.4).
Fig. 1.3. Vie metaboliche di produzione dei ROS. Il O
2
•־
è generato attraverso la fuga
di elettroni dai mitocondri, dalla NADPH citocromo P450 reduttasi, dalla
ipoxantina/xantina ossidasi, dalla NADPH ossidasi, dalla lipossigenasi e dalla
ciclossigenasi. La SOD converte il O
2
•־
in H
2
O
2
che viene degradata ad H
2
O dalla
GPx e dalla CAT. La tioredoxina (TRX) ha un’azione riducente sull’acqua
ossigenata. L’H
2
O
2
produce numerosi radicali ossidrili attraverso le reazioni di
Fenton e di Haber-Weiss. I ROS sono generati anche da radiazioni ionizzanti (da
Kamata e Hirata, 1999).
Questi comprendono citochine legate a processi infiammatori, radiazioni ultraviolette
(UV), radiazioni ionizzanti, agenti chemioterapici, ormoni, tossine ambientali,
ipertermia e anche fattori di crescita (Finkel e Holbrook, 2000), nonché metalli,
xenobiotici ed altre sostanze esogene.
Ossigeno e specie radicaliche
9
- Molte ricerche individuano nei mitocondri (fig. 1.5) la maggior sede di produzione di
ROS (Finkel e Holbrook, 2000). La sintesi di superossido avviene in due punti precisi
della catena mitocondriale: il complesso I (NADH deidrogenasi) ed il complesso III
(ubiquinone-citocromo c reduttasi); in condizioni normali il complesso III è il principale
sito di produzione dei ROS (Finkel e Holbrook, 2000).
La sintesi di ROS nei mitocondri coinvolge circa l’1-2% di ossigeno consumato
(Thannickal e Fanburg, 2000) e grazie alle alte concentrazioni di SOD mitocondriale i
livelli di superossido intramitocondriali sono mantenuti piuttosto bassi. Diversamente
dall’acqua ossigenata che riesce a diffondere attraverso la membrana mitocondriale
(Thannickal e Fanburg, 2000), il superossido generato nei mitocondri non è in grado di
passare nel citoplasma.
Fig. 1.4. Fonti endogene ed esogene produttrici di ROS, principali difese antiossidanti
coinvolte e maggiori alterazioni determinate dai ROS (da Finkel e Holbrook, 2000).
L’interesse suscitato dai ROS mitocondriali come mediatori del segnale, in modo
particolare nell’ambito dell’apoptosi, si è dimostrato negli ultimi anni molto alto (Lee e
Wei, 2000). Numerose ricerche suggeriscono che il tumor necrosis factor (TNFα) e
l’interleukina induttrice di apoptosi (IL), possono interagire con i ROS mitocondriali
(Thannickal e Fanburg, 2000). Inoltre è stato suggerito che i mitocondri possono
funzionare come sensori di ossigeno per mediare la trascrizione del gene induttore
dell’ipossia (Thannickal e Fanburg, 2000).
Ossigeno e specie radicaliche
10
Fig. 1.5. Generazione di superossido a livello mitocondriale (da Finkel e Holbrook, 2000).
- Il reticolo endoplasmatico liscio (ER) contiene enzimi che catalizzano una serie di
reazioni di detossificazione di farmaci liposolubili e di altri prodotti endogeni. La
maggior parte degli studi sono rivolti alla famiglia dei citocromi P450 e dei b
5
in grado
di ossidare acidi grassi insaturi e xenobiotici e di ridurre l’ossigeno molecolare per
produrre superossido e/o acqua ossigenata (Thannickal e Fanburg, 2000). Nonostante
non vi siano apparenti legami diretti fra gli ossidanti derivati dall’ER e i mediatori di
crescita, è nota una regolazione redox delle funzioni legate all’ER come il ripiegamento
delle proteine e la secrezione (Thannickal e Fanburg, 2000).
- Le membrane nucleari contengono citocromo ossidasi e sistemi di trasporto degli
elettroni che sembrano simili a quelli dell’ER, ma la cui funzione non è ancora ben nota
(Halliwell e Gutteridge, 1999). Si suppone che la fuga degli elettroni da questi sistemi
enzimatici possa portare alla formazione di ROS responsabili in vivo dei danni al DNA
(Halliwell e Gutteridge, 1999).
- Anche i perossisomi sono una importante sede di produzione di acqua ossigenata
cellulare totale (Thannickal e Fanburg, 2000), e contengono enzimi responsabili della
generazione del perossido di idrogeno (ad es: glicolato ossidasi, l’urato ossidasi, D-
amino acido ossidasi). La catalasi dei perossisomi utilizza il H
2
O
2
prodotto da questi
enzimi per ossidare numerosi altri substrati attraverso reazioni perossidative
(Thannickal e Fanburg, 2000). Queste reazioni sono particolarmente importanti nel
Ossigeno e specie radicaliche
11
fegato e nel rene, dove i perossisomi provvedono alla detossificazione di composti
tossici (incluso l’etanolo) che entrano in circolo. Inoltre nei perossisomi si attua la β-
ossidazione degli acidi grassi (nei mammiferi la β-ossidazione avviene nei mitocondri e
nei perossisomi) (Alberts et al., 1994).
- In aggiunta alle ossidasi intracellulari associate alla membrana, alcuni enzimi solubili
come la xantina ossidasi, l’aldeide ossidasi, la flavoproteina deidrogenasi etc., possono
generare ROS durante il ciclo catalitico (Thannickal e Fanburg, 2000). Fra questi
enzimi la xantina ossidasi (che si forma dalla xantina deidrogenasi in seguito ad
esposizione all’ipossia dei tessuti) è ampiamente studiata per la generazione di
superossido (Parks et al., 1988). L’ossidasi di membrana meglio caratterizzata è
rappresentata dalla NADPH ossidasi dei fagociti che svolge una importante funzione di
difesa dell’ospite contro l’attacco dei microrganismi (Babior, 1999). Durante la
fagocitosi la membrana plasmatica si introflette formando la parete delle vescicole
fagocitiche e quella che prima era la superficie esterna della membrana ora, nelle
vescicole, rappresenta la superficie interna. Questo scatena all’interno il rilascio di
superossido e dei suoi metaboliti reattivi per l’attività microbicida.
- L’autossidazione di piccole molecole come la dopamina, l’epinefrina, le flavine e gli
idrochinoni, possono essere un’importante fonte di ROS (Thannickal e Fanburg, 2000).
Nonostante non si conosca il ruolo delle autossidazioni di queste piccole molecole
legate al fattore della crescita e/o alla mediazione delle citochine, tali reazioni possono
indurre stress ossidativo e alterare lo stato redox della cellula. Ad esempio il manganese
(Mn) accelera l’ossidazione delle catecolamine con la produzione di chinoni,
semichinoni e radicali dell’ossigeno (Halliwell, 1999).