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relazione alla completa maturazione del sistema portale ipotalamico, che
collega questa regione neurosecernente con l’ipofisi (Reul e de Kloet, 1985).
Quando i livelli ormonali vengono alterati ci possono essere delle
modificazioni morfologiche e funzionali permanenti. Alte concentrazioni di tali
ormoni inibiscono la proliferazione cellulare, la sinaptogenesi, provocano
alterazioni comportamentali e modificano lo sviluppo dell’asse ipotalamo-
ipofisi-surrene (IIS) e la sua capacità di risposta allo stress (Reul e de Kloet,
1985). Gli ormoni glucocorticoidei rappresentano l’ultimo anello di una cascata
di eventi, che è organizzata nel sistema asse ipotalamo-ipofisi-surrene (IIS), un
complesso formato da cellule neurosecernenti e da ghiandole.
Il cortisolo, presente principalmente nell’uomo, e il corticosterone in altre
specie animali, in particolare nel ratto, sono rilasciati dalla corteccia surrenale
come risposta all’azione dell’ACTH, l’ormone adrenocorticotropo, liberato
dall’ipofisi. Questa a sua volta risponde al CRH, l’ormone rilasciante il
corticotropo, secreto dall’ipotalamo. La secrezione dei glucocorticoidi può
essere di due tipi: 1) secrezione ciclica secondo un ritmo circadiano e 2)
secrezione situazionale in funzione di eventi stressanti ed emozionali. Gli stessi
ormoni surrenali possono regolare il loro rilascio e l’attività dell’asse agendo
sull’ipotalamo, con un meccanismo di autoregolazione a feedback negativo.
(Fig. 1) Questo è possibile per la presenza in questa regione cerebrale di
recettori per i glucocorticoidi (Reul e de Kloet, 1985).
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ACTH
Ipotalamo
Ipofisi
Ghiandole
surrenali
Glucocorticoidi
CR
Fattori situazionali
Stress Emozioni
Ciclo circadiano
Ippocampo
Figura 1 Rappresentazione dell’asse ippocampo-ipotalamo-ipofisi-
surrene (IIS) e dei suoi fattori di regolazione.
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In questo sistema a piramide, il vertice è occupato da un’altra struttura
cerebrale che è l’ippocampo. Esso appartiene al sistema limbico, che è definito,
centro emozionale, in quanto media l’azione degli stati emozionali sull’attività
cerebrale. E’ stato dimostrato che i glucocorticoidi agiscono anche
sull’ippocampo, sia durante lo sviluppo perinatale, sia nell’animale adulto ed
esercitano effetti sulla sua morfologia e sulla sua funzione (Gould et al., 1991a;
Gould et al., 1991b). L’effetto del corticosterone sull’ippocampo è spiegabile
grazie alla presenza nelle sue cellule nervose di recettori glucocorticoidei.
Esistono due tipi di recettori per i glucocorticoidi: 1) quelli di I° Tipo hanno
una maggiore affinità di legame per i mineralcorticoidi, ma rispondono anche a
concentrazioni costanti di glucocorticoidi; 2) quelli di II° Tipo presentano una
maggiore affinità per i glucocorticoidi endogeni e per quelli sintetici,
rispondendo ad elevate concentrazioni di tali ormoni in circolazione, per
esempio nella risposta di stress. I due tipi di recettori possono avere delle
funzioni diverse. Infatti, mentre quelli di I° Tipo regolano il feedback negativo
dei glucocorticoidi sull’ippocampo e sull’ipotalamo, l’attenzione, la memoria e
l’umore, quelli di II° Tipo sono responsabili della risposta di stress (Turner,
1992). E’, invece, possibile un loro ruolo di entrambi nella memoria spaziale
(Oitzl e de Kloet, 1992).
E’ stato dimostrato che l’ippocampo è la regione cerebrale più ricca di
recettori per i glucocorticoidi e, grazie alla presenza di recettori di I° Tipo, è
possibile spiegare il controllo che esso esercita sul rilascio di questi ormoni
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(McEwen et al., 1986). I due tipi di recettori glucocorticoidei sono presenti nel
cervello in tutto il periodo perinatale e sembrano essere uno dei maggiori
fattori per la maturazione cerebrale e per la risposta di stress. Essi partecipano
alla plasticità neuronale nella vita fetale, neonatale, nell’adulto e nell’anziano,
età in cui tendono a diminuire (Cintra et al., 1994).
Non esistono delle differenze sessuali nella quantità di recettori, ma la
distribuzione di questi all’interno delle aree che formano l’ippocampo è diversa
per i due sessi (Ahima et al., 1992). Inoltre, è possibile osservare una
differenza nell’affinità di legame ai recettori tra maschi e femmine; in
particolare, risulta minore per le femmine l’affinità con i recettori, sia
nell’ipotalamo che nell’ippocampo. Questo è spiegabile con la presenza, nelle
femmine, di maggiori concentrazioni di progesterone in circolazione, che
aumenta la dissociazione dei glucocorticoidi ai recettori di II° Tipo e con le
maggiori quantità di estrogeni, che diminuiscono l’affinità con quelli di I° Tipo
(Turner, 1992; Ahima et al., 1992). Questa diversità recettoriale potrebbe
essere utile per spiegare alcune differenze endocrine e comportamentali tra i
due sessi come: il maggior rilascio di corticosterone e la maggiore durata in
circolazione in risposta ad uno stress nelle femmine, il minor feedback
negativo, che rende più fluttuabili le concentrazioni del corticosterone secondo
il ritmo circadiano nelle femmine, la diversa reazione a test comportamentali
(Kitay, 1961; Turner, 1992). Un’altra spiegazione, per queste differenze
sessuali endocrine e comportamentali, la si può ricercare nella diversa reattività
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delle ghiandole surrenali all’ACTH; quelle femminili sono più sensibili e vi si
possono trovare anche maggiori quantità di corticosterone rispetto ai maschi
(Kitay, 1961; Critchlow et al., 1963). Alcune differenze endocrine, come il
minor feedback negativo delle femmine scompare con l’età, mentre per tutta la
vita permane la maggiore risposta di stress nelle femmine (Sencar-Cupovic e
Milkovic, 1976).
1. L’IPPOCAMPO
L’ippocampo, così denominato per la sua forma simile a quella di un
cavalluccio marino, è una struttura bilaterale fondamentale nel sistema limbico
del cervello dei vertebrati, connesso con la fimbria e l’amigdala; quest’ultima
insieme all’ippocampo svolge una funzione determinante nei processi
mnemonici.
L’ippocampo si trova localizzato nella regione ventrale del cervello tra la
regione settale e quella ipotalamica, con entrambe è collegato da fibre nervose
denominate fornice. Le connessioni con l’ipotalamo indicano che è presente un
controllo endocrino e un’azione dello stesso ippocampo sull’ipotalamo.
Oltre a svolgere un ruolo fondamentale nella regolazione endocrina e degli
stati emozionali, esso riveste un importante ruolo anche nella fase di
consolidamento della memoria e nell’apprendimento.
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La struttura ippocampale è costituita da una serie di regioni, che sono:
• la corteccia entorinale che è a sua volta suddivisa in mediale, intermedia e
laterale;
• il Parasubicolo, il Prosubicolo e il Presubicolo collocati tra l’ippocampo
propriamente detto e la corteccia, che possono essere raggruppati nel solo
termine di Subiculum;
• il corno d’Ammone suddiviso in quattro regioni: CA1, CA2, CA3 e CA4;
• il giro dentato.
1.1 Considerazioni anatomiche
Il corno d’Ammone
Le cellule che costituiscono il corno
d’Ammone sono chiamate cellule piramidali
e si estendono dal Prosubicolo fino all’Ileo.
Tutto il complesso delle cellule piramidali
è divisibile in tre strati: 1) piramidale, 2)
radiato, 3) lacunoso molecolare. Le cellule
hanno una forma particolare, con un grosso dendrite ramificato nella parte
apicale, che dallo strato radiale diffonde in quello lacunoso molecolare e, i
dendriti basali, che presentano delle spine dendritiche, importanti per le
connessioni asso-dendritiche. Gli assoni di queste cellule hanno origine dalla
Figura 2 Cellule Piramidali
del Corno d'Ammone.
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parte basale delle stesse e creano connessioni con le aree adiacenti tramite delle
branche laterali, dette collaterali. Le varie aree possono presentare delle
differenze, soprattutto a livello cellulare, ma anche in base alle connessioni con
le aree adiacenti.
Ci sono anche altre cellule, che formano lo strato cellulare e, sono i
cosiddetti neuroni intrinseci, come le cellule-basket.
Le vie di connessione
L’ippocampo presenta due vie afferenti diverse, che dalla corteccia
giungono al Corno d’Ammone:
• via perforante, attraversa il Subicolo e la CA1 per giungere alla CA3;
• via alveare, attraversa lo strato ventricolare per giungere in CA1.
Le regioni settali sono collegate, invece, mediante delle fibre, che
attraversano il fornice, all’altezza della CA3, per arrivare alla CA1 e al Giro
Dentato.
Le vie efferenti, vale a dire quelle in uscita dall’ippocampo, sono quelle che
lo collegano alla corteccia cingolata attraverso il fornice e all’amigdala.
Connessioni esistono anche fra le varie aree del Corno e sono gli assoni delle
cellule piramidali e le loro collaterali, come:
• le collaterali di Shaffer che, partendo dalla CA3, arrivano nello strato
radiale della CA1. Essendo una via di collegamento fra le due aree, queste
consentono uno scambio di informazioni durante il funzionamento
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dell’ippocampo;
• le fibre muschiose che, partendo dal Giro Dentato arrivano in CA3;
• le vie di connessione tra i vari strati della CA3. (Fig.3)
Il Giro Dentato
Il giro dentato si sviluppa all’interno della regione del Corno d’Ammone,
modificandosi man mano che dalla zona rostrale del cervello ci si sposta verso
quella caudale.
Qui non esistono cellule piramidali vere e proprie, ma cellule simili con
dendriti apicali e basali. Lo strato cellulare è costituito da cellule granulari, i
loro dendriti, rivolti allo strato molecolare, sono ricchi di spine, mentre i loro
assoni arrivano allo strato cellulare dell’ippocampo. Sono le fibre muschiose,
dette così per la presenza di varicosità e rigonfiamenti bulbosi. Anche qui sono
presenti neuroni intrinseci, che sono detti cellule dai corti assoni. I loro assoni
si dirigono verso lo strato superficiale per poi tornare verso quello granulare.
Il giro dentato è la regione più sensibile all’azione neurodegenerativa che
molti attribuiscono ai glucocorticoidi, sia quando c’è una loro eccessiva
Figura 3 Vie di connessione nell’ippocampo
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concentrazione, sia quando sono insufficienti, come in seguito ad
adrenalectomia (Gould et al., 1990; Sapolsky et al., 1991), a dimostrazione
della necessità dei glucocorticoidi per la sopravvivenza neuronale.
Da quello descritto in precedenza si può capire che le varie regioni, benché
presentino specifiche funzioni, specifici circuiti intrinseci e specifiche
proiezioni con altre regioni, sono collegate strettamente fra di loro attraverso
un circuito base.
1.2 FUNZIONI DELL’IPPOCAMPO: la memoria e l’apprendimento
L’ippocampo può essere considerato:
• la struttura, che svolge un ruolo fondamentale nell’apprendimento spaziale;
• il momentaneo “deposito” per la memoria a lungo termine, cioè di quella
parte della memoria che, poi, rimane confinata nelle aree corticali pertinenti
per tutta la vita.
Queste due funzioni sono connesse tra loro, poiché l’apprendimento è
l’acquisizione di nuove conoscenze, mentre la memoria è il processo con cui
conserviamo nel tempo queste conoscenze.
I nostri ricordi sono racchiusi nelle specifiche aree corticali inerenti al tipo
di ricordo. Ad esempio un oggetto di cui noi ricordiamo la forma e il colore
occuperà uno spazio nella nostra memoria visiva, che è confinata a livello della
corteccia visiva. L’ippocampo è un tramite, che elabora le informazioni
provenienti dai nostri sensi. Infatti, l’oggetto dell’esempio potrebbe avere una
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forma, che non solo riconosciamo con la vista, ma anche con il tatto, senza
bisogno di vederlo: un oggetto è quadrato sia per la nostra vista, che per il
nostro tatto. Queste due informazioni devono essere tra loro interconnesse in
modo da permetterci di riconoscere un qualsiasi altro oggetto, che abbia quella
forma sia nel momento in cui lo vediamo, sia nel momento in cui lo tocchiamo;
ci deve essere un interscambio tra le aree corticali, dove i ricordi, collegati a
ciascuna modalità sensoriale, sono immagazzinati.
La rappresentazione assume, probabilmente, la forma di molti neuroni
connessi tra di loro in maniera particolare, le sinapsi potrebbero andare
incontro a cambiamenti, che trasformano la percezione in un ricordo duraturo.
L’insieme di neuroni modificati verrebbe riattivato ogni qualvolta si presenti lo
stesso evento sensoriale che ha creato il ricordo.
In questi processi di “richiamo incrociato” della memoria è, però, chiamata
in causa anche l’amigdala, struttura del sistema limbico connessa con
l’ippocampo. Tale struttura è, invece, il centro dell’interscambio tra i ricordi
provenienti dalle varie aree corticali. La sua asportazione non permette più
l’associazione di esperienze diverse e la rievocazione di quelle connesse agli
stati emotivi.
La memoria può essere divisa in:
• memoria a breve termine: provoca solo l’attivazione a ripetizione per breve
tempo di connessioni già esistenti,
• memoria a lungo termine: è dovuta all’attivazione di geni, che portano
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all’espressione di nuove proteine in grado di creare nuove connessioni,
determinando modificazioni fisiche persistenti. Questo rimodellamento
dendritico, che porta alla formazione di piccoli circuiti intercellulari,
associati ad un ricordo, è dovuto a modificazioni del flusso ionico, in
particolare del K
+
. Questa diversa permeabilità è dovuta a messaggeri
intracellulari, che in questo modo aumentano l’eccitabilità delle cellule e
prolungano la risposta.
Una volta che il ricordo è stato consolidato non è rimovibile da una lesione
all’ippocampo; questo è stato dimostrato grazie all’ormai famoso paziente
H.M., un ragazzo a cui fu rimossa la porzione centrale dei lobi temporali, area
dove è presente l’ippocampo, per curare l’epilessia. Il paziente migliorò, ma
accusò una perdita della capacità di formare nuovi ricordi a lungo termine,
conservando, però, quelli precedenti all’operazione, a dimostrazione del
passaggio dei ricordi ad altre strutture cerebrali, dopo un’organizzazione a
livello dell’ippocampo.
In questi processi di memorizzazione sembra svolgere un ruolo
determinante l’acetilcolina, che rafforza le connessioni nervose già esistenti.
Nel morbo di Alzheimer, che ha tra i suoi sintomi più caratteristici la perdita di
memoria, si osservano valori di acetilcolina inferiori al normale.
L’acetilcolina non è l’unico neurotrasmettitore coinvolto nei processi
mnemonici, fondamentale è l’attività del glutammato. Questo
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neurotrasmettitore viene rilasciato dalle cellule ippocampali e determina il
cosiddetto potenziamento a lungo termine (LTP), una facilitazione
postsinaptica prolungata che determina la modificazione delle sinapsi durante il
procedimento di memorizzazione. Tale processo è dovuto al legame del
glutammato ai recettori per l’N-metil-D-aspartato (NMDA), che provocano
l’attivazione di messaggeri intracellulari, come il Ca
2+
, che inducono la sintesi
dell’ossido di azoto (NO). Questa molecola ha un’azione retroattiva sul
neurone presinaptico, aumentandone l’attività, ossia il rilascio di glutammato.
Un blocco della liberazione dell’ossido di azoto inibisce lo LTP. (Fig. 4)
Figura 4 Schema del potenziamento a lungo termine (LTP).
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La memoria spaziale
L’ippocampo, oltre ad essere sede della memoria associativa insieme
all’amigdala, è anche il principale elemento della memoria spaziale: “la
capacità di ricordare esperienze, oggetti ed eventi associandoli ad un luogo
particolare dell’ambiente.”
Questo tipo di memoria viene analizzata nella sperimentazione animale in
test, come il labirinto radiale e il labirinto acquatico “Morris Water-Maze”, in
cui l’animale utilizza dei punti di riferimento esterni, per potersi orientare.
L’ippocampo crea una mappa spaziale, che consente all’animale di
muoversi orientandosi nell’ambiente circostante. Questo è possibile perché
nell’ippocampo si crea un’associazione tra una posizione dell’animale nello
spazio e una determinata cellula ippocampale, detta cellula di posizione. Ogni
cellula aumenta la frequenza di scarica quando l’animale si trova nella
posizione associata ad essa (Olton, 1977).
E’ stato dimostrato che, oltre ad un’attivazione neuronale, alcuni tipi di
cellule gliali, gli astrociti, possono intervenire in questi meccanismi; è stato,
infatti, provato che l’aumento del rilascio di fibroblast growth factor (FGF-2)
durante un test di memoria spaziale induce la proliferazione degli astrociti
(Gomez-Pinilla et al., 1998). Questa proliferazione, in particolare nella CA1, si
ha anche in seguito alla somministrazione di una sostanza lesiva per
l’ippocampo. In seguito a questo trattamento si osserva una diminuzione della
performance nel test di Water-Maze, poiché l’accumulo di metalli ossidativi
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nelle cellule gliali danneggia la regione CA1. Questa è quella più a rischio di
fenomeni ossidativi e la più colpita in patologie della senescenza, provocando
deficit cognitivi.
La gliosi nella senescenza o in seguito a danni cerebrali è, dunque,
associata ad una diminuzione della memoria.
1.3 EFFETTI DEI GLUCOCORTICOIDI SULLA MORFOLOGIA E
IL FUNZIONAMENTO DELL’IPPOCAMPO
In precedenza è stata dimostrata la necessità dei glucocorticoidi nello
sviluppo cerebrale e, una certa attenzione, è stata rivolta all’influenza di questi
ormoni sull’ippocampo.
Pochi dati si hanno sugli effetti dei glucocorticoidi nello sviluppo; in
letteratura è riportato che la somministrazione, per brevi periodi di tempo, di
corticosterone in ratti nel periodo neonatale, provoca una diminuzione del
numero di cellule granulari nel Giro Dentato e della quantità di DNA totale nel
cervello. Questo stato scompare, però, già dalla seconda settimana e negli stessi
ratti, in età adulta, non si hanno differenze tra trattati e controlli (Bohn, 1980).
Un’analisi più accurata è stata, invece, fatta in età adulta. Si possono
distinguere effetti diversi nelle varie aree, in quanto nel Giro Dentato si assiste
ad una morte neuronale, mentre in CA3 si osserva un’atrofia dei dendriti
apicali, che, però, è dipendente dall’invecchiamento e da condizioni di elevato
stress. In CA1, infine, non si osservano effetti (McEwen, 1992).