5
INTRODUZIONE
La conoscenza delle risorse e delle riserve idriche, il loro utilizzo
razionale e la loro protezione sono di importanza capitale per la
ricchezza e lo sviluppo agricolo, economico o industriale di una regione.
La gestione idrica, sia nelle zone aride che nei paesi con elevata
piovosità, ma ad elevato consumo di acqua, ha per scopo il
coinvolgimento di tutte le risorse ed il loro utilizzo con il massimo
rendimento ottenibile. Le acque sotterranee, rispetto a quelle
superficiali, presentano dei vantaggi importanti come la
regolarizzazione delle portate per accumulo naturale e la protezione
contro le perdite per evaporazione e gli inquinamenti della superficie.
Per contro, la loro protezione e gestione richiedono dei mezzi tecnici
particolari che le ricerche intraprese nel corso degli ultimi anni
permettono attualmente di affrontare con metodo. Le acque sotterranee
rappresentano una ricchezza naturale, capitale spesso costituitosi nel
corso di molti secoli e millenni, difficilmente implementabile e a volte
addirittura non rinnovabile. Questa eredità deve essere conservata sia
in quantità che in qualità e occorre quindi farne uso con prudenza. Ogni
programma di gestione sarà stabilito con lo scopo essenziale di evitare
il prosciugamento delle riserve, causa di gravi difficoltà e di disagi
economici ed umani considerevoli. Da qui nasce l’importanza della
gestione delle risorse idriche. È utile ricordare che la valorizzazione
regionale esige una programmazione della gestione di tutte le risorse
presenti nelle acque, sia di superficie che sotterranee, che costituiscono
un unico complesso dal doppio punto di vista di qualità e quantità. La
soluzione razionale ha per scopo l’armonizzazione e il coordinamento di
tutte le risorse presenti nelle acque. Gli studi devono volgere
sull’idrologia essendo stata questa definita Scienza delle acque della
Terra. Uno dei suoi mezzi di studio importanti è la geologia applicata al
ciclo dell’acqua o idrogeologia (CASTANY, 1968).
L’idrogeologia è la branca delle geologia applicata che si occupa
della ricerca, della captazione, dell’utilizzazione razionale e della
6
protezione delle risorse idriche sotterranee (CELICO, 1988); questa
disciplina ha assunto, negli ultimi decenni, un ruolo sempre più
importante in quanto l’aumento della qualità della vita, l’incremento
demografico e l’insorgere di nuove attività, riguardanti sia l’industria che
l’agricoltura e la zootecnica, hanno comportato e comportano una
richiesta sempre maggiore di acqua senza che a questa faccia riscontro
una adeguata disponibilità. Le notevoli richieste idriche hanno talora
provocato un irrazionale moltiplicarsi di prelievi nelle falde sotterranee,
con effetti dannosi sia per quanto concerne il progressivo ridursi delle
risorse disponibili, sia per quanto riguarda le conseguenti alterazioni
chimiche delle acque e l’incidenza che certi interventi incontrollati
possono anche avere sulla stabilità dei terreni coinvolti.
Com’è noto, le falde sotterranee rappresentano, in molte zone della
Toscana Meridionale, cospicui invasi naturali ed assumono
un’importanza fondamentale in molte aree, dove le acque superficiali
non possono essere raccolte in quantità sufficiente. Il settore di studio
occupa la zona di collegamento tra le pianure alluvionali dei fiumi
Ombrone e Albegna, con un’estensione longitudinale di circa 20 Km,
confinato ad Ovest dai Monti dell’Uccellina e ad Est da rilievi collinari,
coprendo una superficie di circa 65 Km². L’area ha un carattere
prettamente agricolo, pertanto i fabbisogni idrici sono legati quasi
esclusivamente all’utilizzo in questo settore.
Per la gestione e la pianificazione delle risorse idriche sotterranee è
importante valutare la loro disponibilità nel tempo e nello spazio. Per
effettuare tale previsione è necessario l’uso di modelli di simulazione
che permettano di valutare la disponibilità in funzione del sistema
idrogeologico in esame e di attuare delle previsioni sullo stato delle
risorse potenziali e di proporre una corretta gestione.
Lo scopo di questa tesi è stato quello di cercare di ricostruire un
modello numerico del sistema acquifero presente nella zona, partendo
da un inquadramento dell’area e da una raccolta e strutturazione di vari
dati indispensabili per la ricostruzione di uno schema concettuale del
sistema idrogeologico. Per modellizzare un’area è necessario
7
conoscere, nel miglior modo possibile, tutti gli elementi che
intervengono nel sistema, che è analizzato come un sistema aperto, in
cui il trasferimento di massa è rappresentato dagli afflussi e dai deflussi
idrici, sia naturali che antropici. La ricostruzione di questo modello
concettuale del sistema idrogeologico è il passo più importante per
l’applicazione del modello matematico e per ottenere risultati attendibili.
Infatti il «modello matematico» di un sistema idrologico non è la realtà,
ma bensì la realizzazione di una rappresentazione schematica
(«schema astratto») del sistema reale creata appositamente per
studiare gli effetti dei complessi meccanismi che hanno luogo nel
sistema stesso; il livello di dettaglio di questa schematizzazione è
influenzato dalle specifiche conoscenze che si hanno sulla struttura e
sul comportamento del sistema nei vari aspetti, ma anche dalla
tipologia della problematica e degli scopi per cui il modello viene
impiegato. È stato necessario quindi interpretare la zona per poter
giungere a quella “rappresentazione semplificata della realtà”
essenziale per la realizzazione pratica del modello. Una volta
realizzato, il modello è stato confrontato con la realtà, passaggio
indispensabile per testarne la bontà; a tale scopo è stata fatta una
verifica sia per ciò che riguarda la geometria del sistema (confrontando
le sezioni idrogeologiche reali con quelle realizzate dal software) che
per i carichi idraulici (confrontando le carte delle isopiezometriche reali
con quelle ottenute dalla simulazione).
È bene ricordare comunque che un modello matematico consiste
nell'insieme delle relazioni (algebriche, differenziali ed integrali) che
rappresentano il comportamento del sistema e che descrivono i legami
funzionali esistenti tra le varie componenti, le opportune condizioni ai
limiti e iniziali, nonché i vincoli esterni; esso è da considerarsi
essenzialmente uno strumento a disposizione per l'analisi dei problemi
di pianificazione dell'uso e di gestione del sistema idrologico in esame e
come tale deve essere utilizzato in modo appropriato senza
trascenderne i limiti e le capacità proprie.
8
1 – INQUADRAMENTO GEOGRAFICO, MORFOLOGICO E
CLIMATICO
1.1 – Localizzazione geografica e aspetti morfologici
La zona oggetto di tesi, situata nei comuni di Grosseto, Magliano in
Toscana e Orbetello (Fig. 1.1), occupa una superficie di circa 65 km² e
figura nei fogli numero 331 e 342 della nuova Carta Topografica d’Italia
in scala 1:50.000.
L’area studiata rappresenta il settore di collegamento tra le pianure
alluvionali dei fiumi Ombrone ed Albegna. Tale zona, visibile in dettaglio
tramite la veduta aerea di Fig. 1.2, è caratterizzata dalla presenza di
una vasta area pianeggiante che confina: a Nord con il corso del fiume
Ombrone, nel tratto tra Pian di Barca e il Voltone; ad Est con una serie
di rilievi collinari come il Poggio Argentiera e il M.te Cornuto (246 m
s.l.m.), quest’ultimo con l’aspetto di un massiccio dai contorni piuttosto
regolari e solcato radialmente da alcuni piccoli corsi d’acqua che vanno
ad alimentare i fossi Carpina e Porchereccia; ad Ovest con i M.ti
dell’Uccellina, che non superano i 417 m s.l.m. del Poggio del Leccio,
anch’essi solcati da piccoli corsi d’acqua che vanno ad alimentare i
fossi presenti nella zona tra cui i più importanti sono il Fosso Perazzeta
e il Fosso Fonteleccio; infine, la parte meridionale, avente quote
altimetriche inferiori a 3 m s.l.m. e’ caratterizzata da una zona
pianeggiante, denominata Il Tombolello, che si estende verso Sud fino
al tratto di mare che va da Talamone a La Puntata.
Nei settori settentrionali e meridionali della zona sono presenti una
rete di corsi d’acqua secondari, prevalentemente artificiali, realizzati
durante la bonifica della pianura e facilmente riconoscibili per il loro
andamento rettilineo e gli argini manufatti; tra questi spiccano, per
dimensioni, il Canale Essiccatore Principale dell’Alberese a Nord e il
Solco di Collecchio a Sud.
9
Fig. 1.1 –Ubicazione dell’area di studio (in rosso) nell’ambito della Provincia di
Grosseto.
10
Fig. 1.2 – Veduta aerea (volo del giugno 1999) dell’area di studio, delimitata dalla linea
in rosso.
11
1.2 – Elementi climatici generali
Le informazioni necessarie per un corretto inquadramento climatico
dell’area in studio sono state ricavate con riferimento ai dati relativi alla
stazione termopluviometrica dell’Alberese riportati in A.A.T.O. 6 (1998);
ulteriori informazioni sono state tratte da BARAZZUOLI et alii (1993) e
dalla “Carta Climatica della Toscana” di RAPETTI & VITTORINI (1994).
Il primo elemento di una certa importanza riguarda l’eliofania (o
durata del soleggiamento) che, relativamente alla stazione di Grosseto
(l’unica di questo tipo nella Toscana meridionale), risulta variabile da un
minimo di 3,2 ore in Dicembre ad un massimo di 10,9 ore in Luglio e
con un valore medio pari a 6,5 ore; quest’ultimo valore si avvicina ai
massimi assoluti italiani che, proprio nel litorale tirrenico, trovano la loro
collocazione in ragione delle privilegiate condizioni di trasparenza
dell’aria connesse con i fenomeni legati alla circolazione generale
dell’atmosfera.
Considerando l’anno idrologico medio 1967-1996, con riferimento
alla stazione di Alberese, la zona studiata è caratterizza da una
temperatura media annua di 14,5 °C, con valori medi di 7,3 °C in
Gennaio (minimi) e di 23,4 °C in Agosto (massimi); negli stessi mesi
dominano, rispettivamente, i venti da NE e da SW, mentre a livello
annuo si assiste ad un certo equilibrio nella frequenza dei venti dalle
varie direzioni (con un minimo netto per le correnti da NW).
Per quanto riguarda i dati pluviometrici, essi mostrano un massimo
ed un minimo in corrispondenza, rispettivamente, di Novembre con 81,7
mm e di Luglio con 17,3 mm ed un valore totale annuo pari a 631,5
mm.
Per una maggiore conoscenza climatica dell’area si è ritenuto
opportuno riportare qui di seguito i valori di alcuni parametri tratti dalla
“Carta Climatica della Toscana”:
Decile superiore: E’ un indice della variabilità interannuale degli
afflussi meteorici e rappresenta la quantità massima di precipitazione
(in mm) che si verifica in media un anno ogni dieci; i valori sono
12
compresi tra 680 e 900 mm nella zona del delta del fiume Ombrone e
tra 900 e 1200 mm nel resto della pianura. Per la pianura dell’Albegna è
ovunque fra 680 e 900.
Decile inferiore: E’ il corrispondente minimo dell’indice sopra detto,
ovvero corrisponde alla quantità minima di precipitazione che si verifica
in media un anno ogni dieci. Per il settore meridionale della pianura di
Grosseto è compreso tra 320 e 420, mentre per quella dell’Albegna è
ovunque fra 420 e 550.
Numero dei mesi secchi: Si intendono quei mesi in cui, mediamente,
le precipitazioni sono inferiori a 2 mm; è in pratica un indice di aridità ed
è pari a 4 nella pianura di Grosseto e 3 in quella dell’Albegna (ciò vuol
dire che nella pianura di Grosseto ci sono quattro mesi secchi, tre in
quella dell’Albegna).
Un elemento che ha probabilmente un’incidenza non trascurabile
sulla salinizzazione delle falde delle pianure maremmane è la
diminuzione delle precipitazioni registrate negli ultimi decenni; ad
esempio, nel quadriennio 1989-1993 fu registrata nel Parco Naturale
della Maremma una precipitazione pari al 60% di quella del periodo
1938-1988. Questo fenomeno, che causa ovviamente una diminuzione
delle risorse idriche rinnovabili, è stato riconosciuto nell’ambito
dell’intero territorio della Toscana meridionale ad un tasso di circa -1,4
mm/anno (BARAZZUOLI & SALLEOLINI, 1993) e, addirittura, di circa
-1,5 mm/anno nel periodo 1967-1996 (BARAZZUOLI et alii, 2003).
Tutti i dati raccolti, relativi alla stazione dell’Alberese ed elaborati in
funzione della classificazione di THORNTHWAITE (1948), portano alla
determinazione della seguente formula climatica:
C
1
.B’
2
.s
2
.b’
4
in base alla quale il clima della zona può essere definito come
subarido C
1
, mesotermico B’
2
, con eccedenza idrica elevata in inverno
s
2
e con concentrazione estiva dell’efficienza termica b’
4
.
13
2 – INQUADRAMENTO GEOLOGICO
Al fine di definire correttamente le caratteristiche geometrico-
strutturali del sistema acquifero studiato, risulta di fondamentale
importanza la caratterizzazione delle unità litostratigrafiche, sia
affioranti che presenti nel sottosuolo, e la definizione dei relativi
rapporti; ciò risulta indispensabile per individuare quelle unità, formate
da litotipi a buona o elevata permeabilità, che permettono in modo
efficiente all’acqua sia di infiltrarsi nel sottosuolo che di esservi
contenuta (acquifero come serbatoio) e trasmessa (acquifero come
condotta).
Le conoscenze geologiche, derivanti da materiale bibliografico, sono
risultate assai scarse e spesso non sufficientemente documentate. In
questo lavoro è stata usata come riferimento la carta geologica
realizzata da FANTI (1996), che è stata digitalizzata e georeferenziata
ed è riportata in Tav. 1; recentemente, è stata realizzata una nuova
carta geologico-strutturale dei Monti dell’Uccellina (CAMPETTI et alii,
2004), che ha però una trattazione troppo generica dei sedimenti della
pianura alluvionale ed è quindi di scarso interesse per le finalità della
tesi.
Nel lavoro di FANTI (1996), per sopperire alla mancanza di
informazioni, è stata svolta una campagna di rilevamento sui sedimenti
recenti finalizzata al controllo e all’ampliamento delle conoscenze al
riguardo; detto studio geologico ha incontrato notevoli difficoltà sia nel
rilevamento, per l’attività dell’uomo sul territorio (opere di bonifica e di
urbanizzazione), che nel difficile confronto dei dati di superficie con
quelli del sottosuolo.