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INTRODUZIONE
Scopo di questo lavoro è quello di proporre una ricostruzione dei modelli sanitari
regionali di tutela della salute, tramite un focus incentrato sull‟assistenza domiciliare e
sulle strutture di prossimità attualmente presenti nelle Regioni d‟Italia.
Il primo capitolo, dopo un breve excursus sull‟evoluzione storica del diritto alla salute
nel nostro ordinamento, pone particolare attenzione sull‟organizzazione sanitaria a
partire dall‟istituzione del Servizio Sanitario, operata con l. n. 833 del 1978, che ha dato
attuazione, dopo 30 anni esatti, al dettato dell‟art. 32 Cost. in materia di diritto alla
salute. Più tardi, si dà conto delle prime criticità emerse all‟indomani della creazione del
Servizio Sanitario Nazionale nonché delle prime riforme sanitarie degli anni Novanta,
ispirate ai fenomeni di regionalizzazione e di aziendalizzazione dell‟assistenza
sanitaria. Seguendo poi l‟autorevole dottrina e le attente considerazioni della
giurisprudenza costituzionale, l‟ultima parte del capitolo mira ad affrontare la delicata
questione del riparto di competenza in materia di tutela della salute tra Stato e Regioni
nonché i diversi ambiti di programmazione sanitaria.
Il secondo capitolo affronta il tema riguardante i Livelli Essenziali di Assistenza,
facendo riferimento anzitutto ad aspetti teorici e poi di programmazione. Si vuole cioè
comprendere l‟evoluzione del quadro normativo dei livelli di assistenza sino alla loro
prima attuazione normativa arrivata con l‟approvazione del D.P.C.M. del 29 Novembre
2001, mettendo in risalto le problematicità venute a galla nel suo processo di
implementazione, ponendo così le basi per l‟attuale D.P.C.M. sui LEA del 2017.
Il terzo capitolo di questa tesi intende mettere in luce l‟attuale rete di offerta di cure
domiciliari e intermedie presente sul territorio delle Regioni, così come espresse dalle
fonti regionali e dagli atti di programmazione interna. Lo studio, dopo aver condotto
una disamina della legislazione nazionale attualmente in vigore, presenta i relativi
modelli regionali di tutela della salute nel campo dell‟assistenza domiciliare e delle cure
intermedie delle Case della Salute e degli Ospedali di Comunità, cercando poi di
individuare e catalogare i principali elementi di differenziazione regionale tramite
un‟analisi dell‟esistente. Le questioni che vengono trattate sono sicuramente ampie, per
cui i risultati di questo studio potranno essere utilizzati come base di partenza per
ulteriori approfondimenti, soprattutto sull‟effettiva realizzazione di tali strutture.
Questo esercizio di “mappatura” risulta quindi estremamente utile per comprendere a
meglio le opportunità offerte dal Piano Nazionale di Rilancio e di Resilienza, piano con
8
il quale il Governo italiano ha programmato l‟utilizzo di ingenti risorse per
l‟implementazione proprio delle cure domiciliari e delle strutture di prossimità,
tipologie di cure rivelatisi fondamentali proprio durante questo periodo pandemico.
Il quarto capitolo dunque è volto ad una profonda analisi della prassi normativa adottata
dal Governo durante la gestione dell‟emergenza pandemica, risaltando il primario ruolo
delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale e degli Infermieri di Famiglia attivi
nelle Regioni italiane. In ultimo, la tesi si conclude cercando di presentare il futuro
prossimo della Sanità italiana e dei possibili scenari critici, con la speranza di offrire
utili spunti di riflessione al lettore.
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CAPITOLO I: IL RIPARTO DI COMPETENZA IN
MATERIA SANITARIA
1. La tutela della salute nell’ordinamento giuridico italiano
1.1 Introduzione: l‟evoluzione della tutela del diritto alla salute in Italia (cenni)
Per comprendere a pieno l‟attuale assetto organizzativo del Sistema sanitario nazionale
e regionale, nonché l‟attuale contenuto del diritto alla salute, unico diritto definito
espressamente “fondamentale” dalla nostra Costituzione, è utile, anzitutto, veder da
vicino le principali tappe che hanno segnato la tutela della salute in Italia.
L‟evoluzione della nozione di salute è stata caratterizzata da un insieme di mutamenti
culturali che si sono riflettuti sulla concezione dello stesso diritto.
Con l‟unificazione del Regno di Italia, avvenuta nel 1861, sorse da subito la necessità di
riformare l‟intera legislazione, discordante e talvolta inesistente, specialmente nel
settore dell‟assistenza sanitaria che, fino ad allora, veniva garantita mediante “forme di
beneficienza e comunque concepita essenzialmente al fine di tutelare il primario
interesse statale al mantenimento dell‟ordine pubblico
1
”.
Con l‟introduzione della legge n. 2248 del 20 marzo 1865, il novello stato unitario
realizzò un primo passo importante. Il provvedimento prevedeva che la tutela della
salute fosse affidata alle cure del Ministro dell‟Interno, autorità amministrativa
competente per l‟ordine pubblico, e, sotto di lui, ai Prefetti e Sindaci
2
, nell‟ambito del
quale fu istituita una Direzione generale della sanità pubblica
3
con una serie di uffici
provinciali e comunali per la tutela dell‟igiene pubblica.
Successivamente, con l‟arrivo della legge 17 Luglio 1890, n. 6972, la c.d. “legge
Crispi”, si cercò di attuare un primo tentativo di laicizzazione degli istituti sanitari:
ospedali, case di riposo e le Opere Pie vennero raggruppate negli Istituti di assistenza e
beneficienza (IPAB), assoggettandole in tal modo ad una disciplina statale uniforme.
Nonostante tali interventi, le strutture di assistenza rimasero inadatte per assicurare un
efficace servizio sanitario, principalmente per motivi legati alla generale arretratezza
dell‟apparato sanitario e alle scarse condizioni di igiene e di prevenzione. Infatti, la
1
P. SANTINELLO, Sanità pubblica, in Dig. disc. pubbl., vol. XIII, Torino, UTET, 1997, 547.
2
In questi termini la L. del 17 Luglio 1865, art. 1: “La tutela della sanità pubblica è affidata al ministro
dell‟interno e sotto la sua dipendenza ai prefetti, ai sotto-prefetti ed ai sindaci”.
3
L‟istituzione della Direzione generale della sanità pubblica avvenne con L. del 22 Dicembre 1888, n.
5849, la prima delle leggi c.d. “Crispine”.
10
prima legislazione dello Stato unitario in materia e riguardava solamente, da un lato, le
misure collettive di igiene pubblica volte ad evitare la nascita di agenti patogeni
all‟interno dei luoghi di lavoro, e, dall‟altro, misure atte a contenere la diffusione di
malattie infettive, come le vaccinazioni.
In assenza di una garanzia statale nella tutela della salute, il sistema sanitario italiano
della fine del „800 e della prima metà del „900 fu organizzato in una forma di
assicurazione e protezione sociale, in cui il diritto alla salute era strettamente legato alla
condizione lavorativa e non considerato un diritto di cittadinanza nel pieno senso del
termine. In una fase storica caratterizzata da una generale mancanza di protezione
sociale, i più abbienti pagavano per un‟assistenza adeguata mentre per i più poveri non
restavano altro che le Opere Pie e gli Enti di beneficenza pubblici. Inoltre, i lavoratori
dipendenti iniziarono ad associarsi e a raccogliere risorse per proteggersi dai rischi della
vita (come disoccupazione, malattia, infortunio, vecchiaia, ecc.), creando una vasta e
ampia rete di mutue: un vero Stato sociale dal basso verso l‟alto
4
.
Solamente con l‟arrivo del regime fascista si incrinò parzialmente l‟impostazione
liberale di matrice ottocentesca.
Infatti, con l‟istituzione di diversi enti mutualistici con funzioni previdenziali e
sanitarie, come l‟INAIL
5
e l‟INPS
6
, vi fu un grande passo in avanti verso l‟intervento
dello Stato nella sanità.
Di grande importanza risultò essere l‟adozione del Testo unico delle leggi sanitarie
7
che,
tramite un riordino della disciplina previgente, portò alla formazione di case e istituti di
cura medico-chirurgici con lo scopo di affiancare il sistema delle IPAB.
Il risultato fu un sistema sanitario fondato su diversi capisaldi. Innanzitutto, i servizi di
igiene pubblica vennero affidati al governo delle Prefetture mentre alle strutture
ospedaliere venne assegnata la gestione di enti locali ma, nel concreto, gestite da
organizzazioni religiose. Inoltre, venne previsto un servizio di cura gratuita rivolto agli
indigenti, con oneri sostenuti dai Comuni.
Più tardi, con l‟approvazione del Regio Decreto del 30 Settembre 1938, n. 1631, fu
inserita una disciplina comune dei servizi sanitari e del personale sanitario alle
4
G. COSMACINI, Storia della medicina e della sanità in Italia: dalla peste nera ai giorni nostri, Roma,
Laterza, 2016.
5
Regio Decreto del 23 Marzo 1933, n. 264, Unificazione degli istituti per l'assicurazione obbligatoria
contro gli infortuni degli operai sul lavoro.
6
L‟Inps andò a sostituire la CNAS (Cassa nazionale per le assicurazioni sociali), istituita nel 1919 per
tutelare l‟invalidità e la vecchiaia, specie delle fasce sociali a basso reddito.
7
Regio Decreto del 27 Luglio 1934, n. 1265, Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie.
11
dipendenze di istituzioni pubbliche, cercando di garantire una solida organizzazione nel
ramo sanitario.
In tale scenario, ruolo centrale venne svolto dall‟Alto Commissario per l‟Igiene e la
Sanità pubblica, istituito con decreto luogotenenziale del 12 Luglio 1945, n. 417.
Posto alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei ministri, all‟Alto Commissario,
oltre ad ereditare le funzioni della soppressa Direzione Generale della sanità pubblica,
vennero affidate funzioni di vigilanza tecnica sulle organizzazioni sanitarie e incarichi
di coordinamento dell‟attività degli uffici statali operanti nell‟ambito sanitario.
Da come si può evincere, quindi, la declinazione come diritto fondamentale alla salute
non ha trovato spazio nell‟ordinamento italiano sino all‟entrata in vigore della nostra
Carta Costituzionale del 1948. Solamente con essa si è inaugurata una nuova fase di
cambiamento culturale in materia sanitaria, portando alla luce prima, il diritto alla
salute, poi, il Servizio Sanitario Nazionale italiano.
1.2. La salute nella Costituzione
1.2.1. La tutela della salute come diritto fondamentale dell‟individuo
Come detto poc‟anzi, il diritto alla salute è l‟unico diritto definito “fondamentale” dalla
nostra Costituzione.
Com‟è noto, la Carta Costituzionale dedica alla protezione della salute una specifica
disposizione, l‟art.32, affermando che “la Repubblica protegge la salute come diritto
fondamentale dell‟individuo e interesse della comunità e garantisce un trattamento
gratuito agli indigenti
8
”.
Da una sua semplice lettura si può da subito notare come la Repubblica sia presente sin
dal principio della disposizione. Il richiamo alla Repubblica, presente anche in altre
disposizioni costituzionali
9
, sancisce la sua responsabilità e il suo dovere nel garantire il
diritto in questione.
Le istituzioni chiamate ad adempiere a tale dovere pubblico sono, per via del disposto
dell‟art.114 Cost
10
., le Regioni, le Città metropolitane, Provincie e Comuni. Una
8
Art. 32 c. 1 Cost.
9
Si veda, ad es. l‟art.4: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le
condizioni che rendano effettivo questo diritto. (…)”; o ancora l‟art.5: “La Repubblica, una e indivisibile,
riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio
decentramento amministrativo; adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze
dell‟autonomia e del decentramento”.
10
Art. 114 c. 1 Cost.
12
pluralità di attori che intervengono attraverso azioni positive o negative, con ruoli e
compiti diversi.
In aggiunta, l‟articolo 117 Cost. affidò la competenza legislativa in materia di sanità alle
Regioni, prescrizione rimasta sulla carta per molto tempo sino all‟entrata in vigore della
riforma costituzionale avvenuta nel 2001
11
.
Pertanto, l‟inserimento della tutela della salute fra le disposizioni costituzionali ha
permesso alla nostra Carta Costituzionale di rivestire un ruolo di importanza centrale
per due ordini di ragioni. In primis, l‟Italia è stata la prima Nazione tra quelle europee a
riconoscere il diritto alla salute nella sua Costituzione, divenendo modello di ispirazione
per altri ordini nazionali
12
. In secundis, la norma era per quei tempi rivoluzionaria nel
comprendere e abbracciare il doppio valore della salute: è un diritto individuale e
assoluto e un bene di rilevanza collettiva
13
.
La salute intesa come diritto fondamentale è quindi caratterizzata da una forza
particolare nell‟ambito del nostro sistema giuridico, parendo permettere il
riconoscimento di una sua posizione di supremazia gerarchica nel bilanciamento con
altri diritti, come peraltro ammette espressamente lo stesso testo costituzionale, ove ad
es. si consentono limitazioni della libertà di circolazione per esigenze sanitarie (art. 16
Cost.)
14
.
Poiché il diritto alla salute permette la protezione di valori essenziali per la vita di
ognuno nella sua unicità e, come si è visto, anche della comunità, questo diritto ha
caratteristiche essenziali: il bene-salute risulta essere inalienabile, indisponibile,
irrinunciabile, intrasmissibile, con valore erga omnes, riconosciuto in capo sia a
cittadini italiani che stranieri
15
.
11
L‟originario art. 117 Cost così recitava: “La Regione emana per le seguenti materie norme legislative
nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in
contrasto con l‟interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ordinamento degli uffici e degli enti
amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e
mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; istruzione artigiana e professionale e
assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo ed industria alberghiera;
tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse
regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque
interne; agricoltura e foreste; artigianato; altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della
Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione”.
12
B. PEZZINI, Il diritto alla salute: profili costituzionali, Bologna, Il Mulino, 1983.
13
Cfr. N. BOBBIO, L’età de i diritti, Giulio Einaudi editore, 1992.
14
D. MORANA, La salute nella costituzione italiana: profili sistematici, Giuffrè, Milano, 2002.
15
D. MORANA, La salute come diritto costituzionale, seconda edizione, Torino, Giappichelli, 2013, pag.
141.