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unità di volume. Si è quindi ricavata e discussa l‘equazione differenziale cui
soddisfa la funzione d‘onda .
Nel capitolo V , è stato studiato l‘ambiente matematico ,detto “spazio
delle configurazioni‖, in cui si sviluppa il modello di Schrödinger . E‘ stato
dimostrato che lo spazio suddetto è lo Spazio Matematico di Hilbert e sono state
date le definizioni formali degli strumenti matematici detti ―operatori‖ che
vengono usati per lo studio dei sistemi quantistici .
Nel capitolo VI è stata trattata l‘applicazione del modello di Schrödinger
nel caso in cui i sistemi quantistici siano soggetti a forze non conservative e che
abbiano degli stati energetici ―non stazionari‖ . Per la soluzione di questo
problema , è stata data la definizione di rappresentazione di Schrödinger, la
definizione di operatore di traslazione , e si è mostrato come applicarlo nella
dinamica dei sistemi atomici .Infine è stata riportata l‘equazione del moto
secondo Schrödinger di una particella elementare .
Nel capitolo VII , sono state presentate alcune applicazioni fisiche della
teoria, quali il problema del gradino di potenziale e l‘oscillatore armonico .
Nelle Appendici si è discusso il fenomeno degli spettri di emissione ed
assorbimento degli atomi prendendo come esempio l‘atomo di Litio .
In particolare è stata illustrata la rappresentazione delle variabili quantistiche
nella formulazione di Dirac , e ci si è soffermati sul modo di esprimere le
proprietà dello Spazio di Hilbert con la notazione ad elementi matriciali (bra –
ket) .
Infine nell‘Appendice A sono state incluse delle note storiche;
nell‘Appendice B sono stati richiamati dei concetti di Teoria della Probabilità;
nell‘Appendice C sono stati analizzati lo spettro del corpo nero , la teoria di
3
Planck , l‘effetto fotoelettrico e l‘effetto Compton ; nell‘Appendice D è stata
trattata la teoria di Bohr e l‘interpretazione degli spettri atomici .
4
I – LE ORIGINI DELLA MECCANICA
QUANTISTICA.
Prima del 1900 era generalmente accettato che la luce fosse dovuta ad un
fenomeno elettromagnetico . Questa teoria scaturita dalle equazioni di Maxwell e
dall‘equazione delle onde che ne deriva, riusciva a spiegare in termini di onde
molti fenomeni ottici, quali ad esempio, la diffrazione , l‘interferenza , la
rifrazione e la riflessione della luce . Tuttavia era difficile spiegare ad esempio ,
sulla base del concetto di onda , perché l‘intensità della radiazione emessa da un
corpo riscaldato variava con la temperatura .
Infatti all‘inizio del XX° secolo lo studio di una serie di fenomeni
assolutamente inspiegabili in termini di natura ondulatoria della radiazione, ha
dato un forte scossone quella che sembrava una teoria accertata ed ha spinto i
fisici ad inoltrarsi in nuove teorie ponendo le basi della fisica moderna. Si deve a
Bohr il primo tentativo di formulare nuove leggi della meccanica valide nel
campo dei fenomeni atomici dopo che Planck ed Einstein avevano introdotto il
concetto di “quanto‖. Esso e‘ un corpuscolo elementare puramente energetico e
non ulteriormente divisibile ed affianca altre unita‘ fondamentali della fisica come
gli elettroni, gli ioni ed infine i nuclei. Altri importantissimi fisici di quel periodo
come De Broglie , Heisenberg , Schrödinger , Born e Dirac contribuirono
notevolmente alla nascita della meccanica quantistica, che ha rivoluzionato la
concezione della struttura della materia, e che è riuscita a spiegare molti
fenomeni che la fisica classica non era riuscita a spiegare. Prima Planck e poi
Einstein , posero dunque le basi di questa vera e propria rivoluzione, iniziata con
lo studio di due fenomeni: il problema del corpo nero e l‘effetto fotoelettrico che
contribuirono ad associare al campo elettromagnetico una struttura quantizzata.
5
Anche se al giorno d‘oggi questa teoria sembra scontata, bisogna riuscire a
comprendere che agli inizi del nostro secolo essa non lo era1. Questo spiega come
mai queste teorie trovarono numerosi ostacoli, creati soprattutto dai fedeli della
meccanica classica, che aveva ―spiegato‖ le leggi che regolano il mondo fino
all‘inizio del nostro secolo.
Nonostante il concetto di ―quanto‖ non è immediato da concepire, esso
infatti non è visibile ad occhio nudo, i risultati sperimentali riguardanti i
fenomeni molecolari, atomici e nucleari, nonché molti altri direttamente connessi
con le particelle elementari, sono sempre in perfetta armonia con la teoria
quantistica. In conseguenza a questo anche le radiazioni hanno acquistato un
aspetto granulare come quello della materia.
1) Il crollo della visione “classica” del mondo .
Per teoria classica si intende l‘apparato teorico costituito dalla Meccanica Classica
all‘Elettromagnetismo .
La Meccanica Classica tratta del movimento dei corpi materiali come
determinato dalle forze che agiscono su di essi, che si manifestano quali attrazioni
o repulsioni mutue tra particelle, mentre l‘ Elettromagnetismo , tratta dei
fenomeni elettrici e magnetici basandosi sul concetto di campo elettromagnetico.
In pratica con questo apparato teorico non si riescono a spiegare alcuni
fondamentali fenomeni fisici :
La dipendenza dalla temperatura del colore degli oggetti , ad esempio
una sbarra di ferro riscaldata che emette calore cambiando colore.
1
Note storiche - Appendici (A)
6
.
Gli atomi e le loro proprietà. In qualunque modo un atomo di una certa
sostanza venga prodotto, esibisce sempre le stesse caratteristiche (spettri
atomici) che ne determinano in modo univoco il comportamento nei
processi chimici e fisici cui prende parte .
Stabilita degli atomi . Secondo le leggi dell‘elettromagnetismo, le cariche
soggette ad un moto di traiettoria ellittica devono irraggiare, quindi
perdendo energia ben presto le loro orbite dovrebbero collassare.
In ordine cronologico i fenomeni ―inspiegabili‖ dal punto di vista della
teoria―classica‖ sono lo spettro del corpo nero, l‘effetto fotoelettrico, l‘effetto
Compton e lo studio degli spettri di emissione e di assorbimento della struttura
atomica e molecolare. Questi fenomeni sperimentali verranno meglio illustrati
in Appendice 2.
2) La meccanica classica come limite dell’ottica geometrica
Mentre l‘aspetto corpuscolare della materia è stato evidenziato con fatti
sperimentali , l‘ipotesi che la materia abbia anche aspetti ondulatori è precedente
alla constatazione sperimentale.
Tale fatto ha la sua base matematica nella formulazione di Hamilton .
L‘equazione di Hamilton – Jacobi è la risolvente del sistema delle equazioni di
Hamilton . L‘equazione descrive il moto dei sistemi dinamici e se in particolare
questi sono composti da particelle , essa descrive il moto di particelle .
L‘equazione di Hamilton – Jacobi ha però anche un aspetto ondulatorio nel
senso che la sua soluzione S(q,t) ,introdotta nelle equazioni delle trasformazioni di
contatto , fornisce il moto del sistema , e varia nello spazio delle configurazioni
esattamente come una superficie d‘onda. In altre parole l‘equazione di Hamilton –
2
Fenomeni fisici e prove sperimentali – Appendice C.
7
Jacobi descrive nello stesso tempo e mediante la stessa soluzione S(q,t) il moto di
un sistema di particelle ed un moto ondoso . Consideriamo , per semplicità un
sistema di punti materiali soggetto a forze conservative . Per un tale sistema la
funzione hamiltoniana ha il significato di energia totale ed è inoltre costante ed
indipendente dal tempo . L‘equazione di Hamilton si scrive allora
ωW
H(q , ) = E (1.1)
ωq
con W(q) , la funzione caratteristica di Hamilton, legata alla funzione principale di
Hamilton dalla relazione
S(q,t) = W(q) –Et . (1.2)
Se tale funzione viene posta uguale ad una costante , diciamo a, l‘equazione S(q,t)
descriverà una superficie , variabile nel tempo
S(q,t) = a (1.3)
nello spazio delle configurazioni .
Osserviamo che all‘istante t = 0 , S(q,0) = W(q) = a la superficie (1.3)
coincide con la superficie W(q) = a , che è indipendente dal tempo . Cioè il moto
della superficie nel tempo è analogo alla propagazione di un fronte d‘onda . Al
generico istante deve aversi :
S(q,t) = W(q) –Et = a (1.4)
e quindi W(q) = a+Et (1.5)
analoga all‘equazione delle onde d‘urto f(x-vt). Dunque la superficie (1.3) si
muove nello spazio delle configurazioni , esattamente , come la superficie
equifase di un‘onda ed in questo senso la (1.1) descrive oltre al moto del sistema
materiale il fronte di un’onda associata . Durante la propagazione la superficie
(1.3) si deforma , sicché non ha senso parlare della sua velocità ma si può
considerare la velocità di un generico suo punto . Per osservare questo fatto è
8
[ ] ( ( ) )
‾‾‾ ‾‾‾‾‾‾‾
( )
bene semplificare ulteriormente il problema, considerando un sistema costituito da
un unico punto materiale non vincolato. In tal caso le coordinate lagrangiane
coincidono con le coordinate cartesiane del punto e lo spazio delle configurazioni
si riduce allo spazio fisico tridimensionale .
La (1.1) si può scrivere :
1 ωW ωW ωW
+ + + V(r) = E (1.6)
2m ωx ωy ωz
cioé ( W)2 = 2m (E – V) (1.7)
Ora la velocità del generico punto della superficie (1.1) è u = ds/dt con ds lo
spostamento , normale alla superficie compiuto nel tempo dt da un punto della
superficie stessa . Ora la variazione infinitesima della superficie nel tempo dt è
tale che essa si porta dalla superficie W(q) = a alla superficie W + dW = a + Edt.
Ed ovviamente dW = ≈ W ≈ds , ma anche dalla forma analitica della superficie
W=a , dw = Edt .
Dunque :
ds E E E
u = = = = (1.8)
dt ≈ W ∼ 2m(E-V) 2mT
E poiché per il sistema in considerazione 2mT = p2 la velocità è data in definitiva
da u= E/p ; poi visto che in base alla (1.7) p = W , il gradiente di una superficie
è sempre ortogonale alla superficie stessa si deve concludere che :
a) le superficie S = cost sono in ogni istante ortogonali alla traiettoria delle
particelle ;
b) la velocità delle suddette superfici è inversamente proporzionale alla
velocità delle particelle.
2 2 2
9
Il moto ondulatorio descritto dall‘equazione di Hamilton – Jacobi è quindi
semplicemente associato al moto delle particelle dal momento che superficie
d‘onda e particelle hanno velocità che sono inversamente proporzionali .
Questa constatazione che ad ogni moto di particelle è associato un moto
ondulatorio è estremamente interessante , però la lunghezza d‘onda Ο e la
frequenza Θ del moto possono essere forniti soltanto dalla corrispondente
equazione delle onde e non dalla superficie equifase. Consideriamo quindi
l‘equazione delle onde elettromagnetiche :
n2 ω2 Ι
2 Ι - - = 0 (1.9)
c
2 ωt2
dove n è l‘indice di rifrazione del mezzo , che in generale è funzione del posto , e
della frequenza delle onde la cui ampiezza è descritta dallo scalare Ι(r,t) . Se n
non varia col posto , le soluzioni della (1.9) possono essere assunte nella forma di
onde monocromatiche sinusoidali caratteristica delle onde piane :
Ι(r ,t) = Ι0 exp[i(k r - Ζt) = Ι0 exp[ik0( nr - ct)] (1.10)
dove Ι0 é una costante e k è il vettore d‘onda nel mezzo , legato alla lunghezza
d‘onda ed alla frequenza dalle relazioni :
k= (2 Σ)/ Ο = (n Ζ) /c e k0 = Ζ /c (1.11)
dove k0 è il vettore d‘onda che la stessa onda ha nel vuoto . Sia k che k0 sono
sempre ortogonali alle superfici equifase della (1.11) definite da
S = k r - Ζt = cost (1.12)
Se l‘indice di rifrazione del mezzo dipende dal posto la (1.9) non é più risolvibile
tramite la (1.10) ma si può risolvere introducendo due funzioni reali A(r) e L(r) ,
da determinare , scrivendo la soluzione nella forma :
Ι(r,t) = exp { A(r) +i k0 [L(r) – ct]} (1.13)
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In quest‘ultima forma A(r) é un fattore di ampiezza ; mentre L(r) è nota come
“iconale” ossia quello che in ottica geometrica è detto lunghezza del cammino
ottico e, per n costante , deve essere uguale al prodotto nr .
Sostituendo la (1.13) nella (1.9) si trova :
i k0 [ 2 A L + 2L ] Ι + [ 2A + ( A)2 – k02 ( L)2 + n2k02] Ι = 0 (1.14)
A e L sono funzioni reali per ipotesi , allora le due parentesi quadre si annullano
separatamente si perviene al sistema di equazioni :
2 A L + 2L = 0 (1.15)
2A + ( A)2 – k02 ( L)2 + n2k02 = 0 (1.16)
Che permettono di trovare A e L . In questa fase siamo interessati alla forma che
la seconda equazione assume nel limite dell‘ottica geometrica .Tale limite si ha
quando la lunghezza d‘onda nel mezzo è piccola in confronto alle regioni dello
spazio su cui l‘indice di rifrazione varia apprezzabilmente . Dunque k0 ,deve
essere grande rispetto ai termini della (1.16) per cui si arriva all‘equazione nota
come “equazione dell’iconale” : ( L)2 = n2 (1.17)
Il confronto tra quest‘ultima equazione e quella di Hamilton – Jacobi
( W)2 = 2m (E-V)
evidenzia un analogia formale fra le due equazioni . Da questa analogia formale
segue che la grandezza che in meccanica classica ha il ruolo dell‘indice di
rifrazione è [2m (E-V) ] ½ , la funzione caratteristica di Hamilton risulta inoltre
l‘analogo meccanico dell‘iconale .
Al di fuori dei limiti in cui è valida l‘analogia fra la meccanica classica e l‘ottica
geometrica , il moto dei sistemi di particelle deve essere descritto da una funzione
d‘onda ∴(r,t) di cui le superficie S = W – Et = cost sono le superfici equifase .
{