verso l'analisi della componente di incertezza o di rischio variabili nel tempo.
Dunque i primi studi, rivolti inizialmente all'analisi dei processi in°azioni-
stici, hanno avuto per oggetto i livelli d'in°azione, la variazione dei prezzi
relativi ed il loro e®etto sulla creazione di instabilitµa delle economie dei Paesi
interessati.
Parallelamente, con l'inizio della libera °uttuazione dei cambi si µe sviluppato
un crescente interesse dell'analisi economica verso i meccanismi di determi-
nazione dei tassi di cambio, in un ambiente economico nel quale si intrave-
deva una determinante in°uenza della componente d'incertezza. Peraltro la
crescente integrazione internazionale dei mercati ¯nanziari e la rapiditµadi
di®usione delle informazioni sul loro andamento hanno favorito la conver-
genza delle proprietµa statistiche delle serie sui tassi di cambio verso quello
dei prezzi delle altre attivitµa ¯nanziarie in genere. Giµa nei primi contributi
sulla stima e la veri¯ca empirica dei modelli di determinazione dei tassi di
cambio assumeva rilevanza la volatilitµa o variabilitµa della varianza della serie
dei cambi.
I modelli sul funzionamento dei mercati ¯nanziari accolgono ormai general-
mente l'ipotesi di una dipendenza tra il premio per il rischio ed il grado di
incertezza degli operatori; ossia viene respinta l'assunzione di un premio di
rischio costante nel tempo. In alternativa, si assumono modelli nei quali µe
previsto un eccesso di rendimento atteso, le cui determinanti sono individua-
te nei momenti secondi condizionati del rendimento di un'attivitµa ¯nanziaria.
¶
E con riferimento a questi aspetti di teoria ed analisi economica che Engle
(1982) ha proposto una generalizzazione dei precedenti modelli econometrici
a varianza costante de¯nendo una nuova classe di processi stocastici serial-
ii
mente incorrelati, ma con varianza condizionata non costante: ARCH (Au-
toRegressive Conditional Heteroscedasticity). I modelli ARCH sono un tipo
di speci¯cazione di volatilitµa deterministica che fanno uso dell'informazione
passata per aggiornare la volatilitµa corrente della variabile oggetto di studio.
Anteriormente a questo contributo, la maggior parte dei modelli di serie sto-
riche macroeconometriche e ¯nanziarie ponevano la loro attenzione solo sul
primo momento condizionato. I pochi metodi statistici per la stima della
volatilitµa erano circoscritti prevalentemente a misure descrittive, eterogenee
e di problematica confrontabilitµa.
AncheselastoriadeimodelliARCHµe molto breve, all'interno di questo
breve periodo, la letteratura su tali modelli µe cresciuta in modo spettacolare.
Il modello ARCH originale ha subito molte modi¯che. La piµu importante di
essa µe rappresentata dal modello GARCH (Generalized AutoRegressive Con-
ditional Heteroscedasticity) introdotto da Bollerslev nel 1986. Quest'ultimo
modello costituisce una generalizzazione di tutta la famiglia dei processi auto-
regressivi di eteroschedasticitµa condizionata, in quanto dal processo GARCH
si possono ottenere tutti gli altri processi della classe dei modelli ARCH.
I modelli ARCH e GARCH rappresentano un modo di rimuovere l'ipotesi
di una varianza condizionata costante. L'attenzione in questi modelli vie-
ne rivolta principalmente ai primi due momenti condizionati.
µ
E possibile,
comunque, introdurre una nuova classe di processi stocastici che permette
di estendere la classe dei processi GARCH in tutti quei casi dove l'ipotesi
di errori gaussiani sia improponibile. Questa nuova classe di modelli trova
applicazione in tutti quei casi dove l'ipotesi di normalitµa puµo essere rigetta-
ta a priori, ad esempio quando µe noto che i dati sono asimmetrici, oppure
iii
neicasiincuilanormalitµa si perde attraverso una trasformazione dei da-
ti. Questo modello consente di determinare contemporaneamente i primi
quattro momenti condizionati della distribuzione che si sta studiando, i quali
rappresentano gli unici momenti che sono utili ai ¯ni di una corretta analisi
dell'intera distribuzione. In questo modo si prende in considerazione non
solo media e varianza condizionata, ossia i primi due momenti, ma anche
l'asimmetria e la curtosi condizionata che sono misurate, rispettivamente,
attraverso il terzo ed il quarto momento attorno alla media.
Nella letteratura econometrica ¯nanziaria, la varianza µe stata oggetto di nu-
merosi studi. Anche la curtosi condizionata ha attirato una notevole at-
tenzione in quanto essa puµo essere collegata alla varianza della varianza.
Diversamente, l'asimmetria, o skewness, ha attirato poca attenzione negli
studi empirici ¯nanziari sebbene l'asimmetria nei mercati ¯nanziari sembra
variare attraverso il tempo e sembra possedere una sistematica relazione con
i rendimenti attesi e con la varianza.
In questo lavoro viene esteso il classico modello ARCH(1) per permettere di
modellizzazione sia dell'asimmetria che la curtosi condizionata. Il presente
lavoro µe strutturato come segue.
Nel primo capitolo viene analizzato il processo ARCH ed in particolare il
piµu semplice ma molto utile processo ARCH(1). Vengono anche indicate le
principali proprietµa di tale modello edi i principali metodi di stima.
Il secondo capitolo analizza, invece, le principali estensioni al modello ARCH
di Engle. Viene posta l'attenzione sul modello GARCH che rappresenta il
piµunotoepiµu usato modello della classe dei processi ARCH.
Nel terzo capitolo viene proposta una nuova classe di processi stocastici che
iv
consente di estendere la classe dei modelli ARCH in tutti quei casi dove l'i-
potesi di errori gaussiani sia improponibile.
In¯ne, nell'ultimo capitolo µe stata e®ettuata un'applicazione di questa nuova
classe di modelli ipotizzando che gli errori dalla media abbiano una distri-
buzione Gamma. Si µe poi e®ettuata la stima di tale modello attraverso una
semplice simulazione dei dati. In tale applicazione si sono considerati solo
i primi tre momenti condizionati, avendo considerato, per semplicitµa dell'a-
nalisi, la variabile casuale Gamma con un solo parametro, ossia la variabile
casuale Gamma incompleta. In questo modo si µe ipotizzato che il quar-
to momento, cioµe la curtosi, sia funzione del secondo e del terzo momento
condizionato.
v
Capitolo 1
I processi ARCH
1.1 De¯nizione di processo autoregressivo e
di stazionarietµa delle serie storiche
Le serie storiche possono essere rappresentate facendo riferimento alla nozio-
ne di processo stocastico. Un processo stocastico o aleatorio X
t
si de¯nisce
come una famiglia di variabili casuali ordinate da un parametro t appartenen-
te ad un insieme parametrico T. Nello studio delle serie storiche fondamentale
importanza assumono i processi autoregressivi. Risulta, quindi, opportuno
dare una de¯nizione di processo autoregressivo. Sia data una serie storica x
t
.
Il problema µe quello di veri¯care se la serie x
t
risulti generata da un processo
X
t
autoregressivo (AR). Se si suppone che il generico termine x
t
sia funzione
lineare dei p termini immediatamente precedenti e di una componente alea-
toria u
t
,seguecheilterminex
t
puµo essere scritto nella forma:
1
xt
= a
1
x
t¡1
+ a
2
x
t¡2
+ ¢¢¢+ a
p
x
t¡p
+ u
t
che rappresenta un'equazione alle di®erenze ¯nite di ordine p e, da un punto
di vista formale, de¯nisce un modello autoregressivo di ordine p, indica-
to con AR(p).Questo modello µe caratterizzato da p+1 parametri, cioµedai
pcoe±cientia
1
, a
2
,...,a
p
e dalla varianza ¾
2
u
del termine aleatorio u
t
.La
modellistica su cui generalmente si basa l'analisi moderna delle serie stori-
che, e in particolare i processi autoregressivi, puµoessereapplicatasoltanto
a processi stocastici di tipo stazionario. Un processo stocastico si de¯nisce
stazionario qualora presenti l'invarianza nel tempo di alcune proprietµa stati-
stiche. Si possono avere due de¯nizioni di processi stazionari, una di natura
generale che conduce ad un processo stazionario in senso forte, l'altra, piµu
particolare, che conduce ad un processo stazionario in senso debole. Sia-
no dati un processo stocastico X
t
ed n qualsiasi realizzazioni campionarie
(X
t
1
;X
t
2
; :::;X
t
n
), in cui t
1
;t
2
; :::; t
3
indicano una successione di istanti tem-
porali. Si ha un processo stazionario in senso forte quando la distribuzione
delle n realizzazioni campionarie X
t
=(X
t
1
;X
t
2
;:::;X
t
n
), µe uguale alla distri-
buzione X
t+¿
=(X
t
1
+¿
;X
t
2
+¿
; :::;X
t
n
+¿
), di altrettante realizzazioni campio-
narie, sfasate, rispetto alle precedenti, di un ritardo ¿ . Quando ciµosiveri¯ ca,
segue che tutti i momenti del processo stocastico sono indipendenti dal tem-
po. Un processo stocastico X
t
si de¯nisce stazionario in senso debole quando
µe stazionario in media, in varianza e in covarianza. Per possedere le prime
due caratteristiche il processo deve avere media e varianza indipendenti dal
tempo t, ossia media e varianza non dipendono dalla lunghezza della serie
2
storica. Il processo presenta la stazionarietµa in covarianza quando l'autoco-
varianza tra due insiemi di variabili dipende solo dal ritardo ¿ . Quindi, un
processo stazionario in senso debole µe caratterizzato dai seguenti momenti
del primo e del secondo ordine:
¹
t
= E(X
t
)=¹;
¾
2
t
= E(X
t
¡ ¹)(X
t+¿
¡ ¹)=¾
2
;
°(t; ¿)=E(X
t
¡ ¹)(X
t+¿
¡ ¹)=°(¿ );
per ogni t.
Poichµe il processo autoregressivo puµo essere utilizzato solo se riferito a pro-
cessi stazionari,ossia a serie storiche stazionarie, occorre, quando si veri¯cano
condizioni di non stazionarietµa, di rimuovere tali condizioni e trasformare le
serie storiche non stazionarie in serie storiche stazionarie.
1.2 Modelli di serie storiche economiche: al-
cuni fatti stilizzati
Molte serie storiche economiche, nella realtµa, non hanno una media costante
e molte presentano fasi di relativa tranquillitµa seguite da periodi di elevata
variabilitµa o volatilitµa.
Dall'esame delle piµu importanti variabili macroeconomiche, come PNL, tassi
d'interesse e tassi di cambio, risulta che le serie storiche di tali variabili non
hanno media e varianza costante. Una variabile stocastica con varianza co-
stante µe detta omoschedastica, mentre se la variabile stocastica non ha una
3
varianza costante, allora essa µe chiamata eteroschedastica. Per una serie che
mostra variabilitµa , la varianza non condizionata puµo essere costante anche
se la varianza stessa, durante qualche periodo, µeinusualmentegrande.
Si puµo osservare le caratteristiche principali delle varie serie con i seguenti
fatti stilizzati:
1. La maggior parte delle serie storiche contengono un chiaro trend. Il
PNL reale, cosµ³comeµe mostrato in ¯gura 1.1 e i suoi sottocomponenti,
cosµ³ come l'o®erta di strumenti ¯nanziari a breve termine, come mostra-
to in ¯gura 1.2, esibiscono chiaramente un trend verso l'alto. Per alcune
serie, come il tasso d'in°azione e il tasso d'interesse, il trend positivo µe
interrotto da un marcato declino, seguito da una ripresa positiva della
crescita. Da ciµo segue che tali serie storiche sono non stazionarie.
2. Alcune serie sembrano "serpeggiare". Il tasso di cambio dollaro/sterlina,
in ¯gura 1.3, non mostra una particolare tendenza alla crescita o alla
diminuzione. La sterlina sembra andare verso periodi di sostenuto ap-
prezzamento e, successivamente, di deprezzamento e non c'µe la tendenza
atornareversolamediadilungoperiodo.Questotipodicomporta-
mento µe tipico delle serie storiche non stazionarie.
3. La volatilitµa di molte serie non µe costante nel tempo. Durante gli an-
ni '70 l'indice dei prezzi di produzione U.S. °uttuava ampiamente se
confrontato con gli anni '60 e '80. Una tale serie µe chiamata condizio-
4
Figura 1.1: PNL USA (prezzi 1985)
natamente eteroschedastica se la varianza non condizionata, o varianza
di lungo periodo, µe costante, ma ci sono periodi in cui la varianza stessa
µe relativamente alta.
1.3 Modelli per la varianza condizionata
Nei modelli econometrici convenzionali, la varianza del termine di disturbo
si assume che sia costante. Comunque, dall'analisi dei fatti stilizzati emerge
che le serie storiche economiche presentano periodi di inusuale alta volatilitµa
5
Figura 1.2: Tassi d'interessi USA a breve e lungo termine
seguiti da periodi di relativa tranquillitµa. In tale circostanza, l'assunzione
di una varianza costante (omoschedasticitµa) non µe appropriata.
µ
E facile im-
maginare esempi nei quali si sia interessati alla varianza condizionata di una
serie.
Al ¯ne di illustrare la costruzione di modelli per la varianza condizionata, si
puµo considerare il seguente esempio, particolarmente utile nell'ambito delle
istituzioni ¯nanziarie.
Tutti gli operatori dei mercati ¯nanziari, come, ad esempio, le banche com-
merciali e di investimento, le imprese e gli investitori istituzionali, sono in-
teressati a valutare il rischio dei propri investimenti. L'enorme crescita e
6
Figura 1.3: Indici del tasso di cambio (valuta estera/ dollaro)
diversi¯cazione degli strumenti ¯nanziari a disposizione degli operatori ren-
de maggiormente complessa una valutazione di tali rischi.
Si consideri una generica attivitµa ¯nanziaria A, il cui prezzo al tempo t viene
indicato con p
t
. Se il prezzo di quest'attivitµanonµecostanteneltempo,
allora la sua variabilitµa, o volatilitµa, costituisce un primo fattore di rischio.
Una possibile misura della volatilitµa dell'attivitµa A, in un generico intervallo
di tempo [t-1, t], µe data dalla varianza condizionata:
7
Figura 1.4: Indice dei prezzi U.S. (percentuali)
¾
2
t
= Var[r
t
jª
t¡1
]=E(r
t
jª
t¡1
)
2
dove r
t
= 100¤ log(p
t
=p
t¡1
) rappresenta il rendimento dell'attivitµa ¯nanziaria
tra il tempo t-1 e il tempo t, mentre ª
t¡1
µe l'insieme delle informazioni di-
sponibili al tempo t. Se si ipotizza che tali rendimenti siano indipendenti nel
tempo, allora sono indipendenti anche dalla loro storia passata ª
t¡1
,percui:
8
¾2
t
= Var(r
t
jª
t¡1
)=V (r
t
)=¾
2
e la varianza condizionata coincide con la varianza non condizionata.
In tal caso, la valutazione della rischiositµa dell'attivitµa ¯nanziaria puµoessere
e®ettuata con riferimento alla sola varianza non condizionata. Nella realtµa
dei mercati ¯nanziari, l'ipotesi di indipendenza dei rendimenti viene forte-
mente respinta, e la varianza condizionata puµo risultare molto diversa dalla
varianza non condizionata.
Un approccio per la costruzione di un modello per la varianza condizionata,
che permette di modellizzare la volatilitµa, µe quello di considerare il seguente
processo:
y
t
= ¾
t
"
t
(1.3.1)
"
t
» IID `(0; 1) (1.3.2)
¾
t
2 ª
t¡1
(1.3.3)
dove `(0; 1) indica una generica legge di probabilitµa di una variabile aleatoria
amedianullaeavarianzaunitaria,mentre¾
2
t
indica la varianza del processo
in questione. Per la (1.3.3) il termine ¾
t
non µe necessariamente costante, ma
deve dipendere dalla storia passata; in altre termini, ¾
t
2 ª
t¡1
, l'informazio-
ne generata dal processo ¯no al tempo t-1 µe noto ad ogni istante successivo
al tempo t-1. Queste ipotesi implicano che:
9
E(y
t
jª
t¡1
)=E(¾
t
"
t
jª
t¡1
)=¾
t
E("
t
jª
t¡1
)=¾
t
E("t)=0
E(y
2
t
jª
t¡1
)=E(¾
2
t
"
2
t
jª
t¡1
)=¾
2
t
E("
2
t
jª
t¡1
)=¾
t
E("
2
t
)=¾
2
t
(1.3.4)
per la (1.3.2) e il processo y
t
ha una media condizionata nulla e varianza
condizionata ¾
2
t
,cioµe:
y
t
jª
t¡1
» L(0;¾
2
t
)
.
Il processo de¯nito dalle equazioni precedenti ha anche la proprietµadiessere
incorrelato nel tempo: il coe±ciente di autocovarianza al generico ritardo k
µe dato da:
°(t; k)=E(y
t
¤ y
t¡k
)=E(¾
t
¤ "
t
¤ ¾
t¡k
¤ "
t¡k
)=
= E("
t
) ¤ E(¾
t
¤ ¾
t¡k
"
t¡k
)=0
e il processo, pur essendo caratterizzato da una varianza condizionata non
costante, µe un white noise a condizione che la varianza esista.
La speci¯cazione cosµ³ introdotta µe un modello parziale e, per poter e®ettuare
l'analisi statistica, µe necessario introdurre dei vincoli sulla variabilitµatem-
porale della varianza condizionata ¾
2
t
.
µ
E nella scelta di questi vincoli che si
di®erenziano i vari modelli per l'eteroschedasticitµa condizionata.
10