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INTRODUZIONE
L’insulina è un ormone essenziale per una normale crescita, un normale
sviluppo e una normale omeostasi del metabolismo del glucosio, dei grassi e delle
proteine. In particolare, l’omeostasi del glucosio dipende dal bilancio tra la
produzione del glucosio epatico e l’utilizzazione del glucosio da parte dei maggiori
tessuti insulino-dipendenti, come il fegato, il tessuto muscolare e il tessuto adiposo, e
da parte dei tessuti insulino-indipendenti, come il cervello e i reni. Questo bilancio è
strettamente regolato dall’insulina e dagli altri ormoni pancreatici, come ad esempio
il glucagone. Perciò, in individui normali, la risposta ad un incremento dei livelli di
glucosio plasmatico consiste in un incremento della secrezione di insulina dalle β-
cellule delle isole pancreatiche. L’incremento conseguente dei livelli di insulina in
circolo stimola l’assorbimento di glucosio da parte dei tessuti periferici e inibisce la
gluconeogenesi epatica.
Figura 0.1. Andamento della concentrazione giornaliera del glucosio e dell’insulina nel
sangue. Il diagramma idealizzato mostra le fluttazioni del glucosio e dell’insulina plasmatici
nell’uomo durante il corso di una giornata contenente 3 pasti. In aggiunta, viene evidenziato l’effetto
di un pranzo ricco di zucchero contro quello di un pasto ricco di amido.
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Quando si verificano dei difetti nel sistema di controllo in questione, ne
consegue un innalzamento cronico dei livelli di glucosio nel sangue, condizione
patologica che viene indicata con il termine di diabete mellito. Esistono 2 principali
tipi di diabete mellito: diabete mellito di tipo 1 e diabete mellito di tipo 2. Entrambi
derivano da complesse interazioni tra geni e ambiente ma presentano patogenesi
distinte. Il diabete di tipo 1 è risultato della distruzione immuno-mediata (attacco
immunitario mediato dalle cellule T) delle β-cellule delle isole di Langerhans del
pancreas, sito di produzione e secrezione dell’insulina, ed è quindi caratterizzato da
una assoluta insulino-deficienza. Generalmente la malattia si verifica durante
l’infanzia o l’adolescenza, sebbene essa possa verificarsi a tutte le et{. Il diabete di
tipo 2, invece, si verifica perché la secrezione di insulina è inadeguata e non riesce a
far fronte al prevalente difetto dell’azione insulinica, causando un’iperglicemia.
Eccessiva assunzione di calorie, inattività e obesità interpretano tutte un ruolo
importante nella patogenesi del diabete di tipo 2, malattia che si verifica con una
frequenza che aumenta all’aumentare dell’et{ ed è rara al di sotto dei 40 anni
(sebbene ci siano importanti eccezioni).
In aggiunta ai suoi primari effetti sull’omeostasi del glucosio, l’insulina
promuove anche diversi altri eventi cellulari, che includono la regolazione del
trasporto di ioni e amminoacidi, del metabolismo dei lipidi, della sintesi del glicogeno,
della trascrizione genica e del turnover dell’mRNA, della sintesi e della degradazione
proteica e della sintesi del DNA. Perciò le azioni dell’insulina interpretano un ruolo
chiave nel normale immagazzinamento degli alimenti ingeriti e nella normale crescita
e differenziazione cellulare. Per comprendere completamente gli eventi che inducono
all’insulino-resistenza e la patofisiologia dell’insulino-deficienza, è necessario
identificare, a livello molecolare, i componenti chiave dell’insulin signaling pathway.
L’azione insulinica ha inizio con il legame che essa forma con il corrispondente
recettore (insulin receptor (IR)) presente sulla membrana cellulare delle cellule
target, e si propaga poi attraverso diversi rami. Lo schema corrispondente è mostrato
in figura 0.2. Lo scopo di questo lavoro di tesi è la modellizzazione dei sotto-sistemi
elementari che compongono il pathway in questione. Si effettua quindi una partition
analysis della rete di signaling, scomponendo la rete globale nei singoli moduli che la
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compongono. La reazione biochimica fondamentale che interessa le specie
considerate, che sono tipicamente proteine, è la fosforilazione (o, equivalentemente,
la defosforilazione), che consiste nell’aggiunta di un gruppo fosfato alla molecola di
interesse. Considerata quindi una certa specie X, un modulo di signaling è definito
come il sistema formato dalle molecole non fosforilate e da quelle fosforilate di X e
dalle molecole della specie U che controlla, ossia influenza, la reazione di
fosforilazione (o di
defosforilazione) che interessa X. A sua volta, la specie X può essere coinvolta nel
controllo della fosforilazione (o di defosforilazione) di un’altra specie. Per la maggior
parte delle specie, la forma attiva (ossia la forma in grado di svolgere l’attivit{ di
chinasi) è quella fosforilata (anche se esistono delle eccezioni). Un esempio di modulo
di signaling è quello che descrive la relazione AKT-GSK3β, per la quale la proteina
AKT, nella forma fosforilata, favorisce la fosforilazione della proteina GSK3β (in
Figura 0.2. Schema dell’Insulin Signaling Pathway. Le molecole cerchiate in rosso sono quelle per
le quali si riesce a misurare la quantità totale e la quantità della forma fosforilata.
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questo caso particolare GSK3β risulta attiva nella forma non fosforilata, quindi AKT
fosforilata interviene favorendo l’inattivazione di GSK3β). I modelli utilizzati per
rappresentare i moduli sono dei modelli compartimentali, quindi dei modelli
matematici basati sul principio del bilancio di massa, e sono essenzialmente 2. Il
primo è basato sull’ipotesi che la specie U agisca controllando la fosforilazione di X,
mentre il secondo è basato sull’ipotesi che la specie U agisca controllando la
defosforilazione di X. Comunque, manipolando le equazioni differenziali che derivano
dai 2 modelli citati, introducendo alcune ipotesi ragionevoli e ipotizzando delle
equazioni di misura che esprimano una relazione lineare tra variabili di misura e
variabili di stato, si ottiene in entrambi i casi la stessa equazione ingresso/uscita, che
dipende da 3 parametri univocamente identificabili a priori. Ciò che cambia nei 2
diversi casi è solamente il significato assunto dai parametri. I dati acquisiti fanno
riferimento alle serie temporali della quantità totale e della quantità della forma
fosforilata delle diverse molecole, conseguenti all’applicazione di differenti stimoli:
insulina, leucina e leucina+insulina. La stima parametrica viene quindi effettuata
implementando l’equazione ingresso/uscita in Matlab, fornendo in ingresso la serie
temporale (interpolata linearmente) della quantità fosforilata di U e sfruttando il
metodo di stima ai minimi quadrati non lineari pesati, attendendo in uscita la serie
temporale della quantità fosforilata di X. In base ai dati a disposizione, i sotto-sistemi
per i quali viene effettuata l’identificazione dei parametri sono i seguenti: AKT-GSK3β,
AKT-mTOR, mTOR-4EBP1, AKT-FOXO1, mTOR-P70S6K. L’obiettivo futuro è senza
dubbio quello di considerare un modello globale, che coinvolga tutti i sotto-sistemi
presenti nella rete di signaling, in modo da realizzare un’identificazione dei parametri
globale, utilizzando come stime iniziali ad esempio quelle ottenute in questo lavoro.
In questo modo si potrà ottenere un modello globale opportunamente identificato che
potrà essere utilizzato per generare delle curve dose-risposta in silico, che potranno
poi essere confrontate con i dati sperimentali in-vitro e in vivo. La struttura del lavoro
è la seguente.
Nel capitolo 1 viene effettuata una descrizione della biologia delle molecole
coinvolte, che sono generalmente proteine. Vengono quindi inizialmente descritte
struttura, produzione e secrezione della molecola di insulina, per poi passare a una
dicussione dettagliata delle reazioni biochimiche che avvengono all’interno delle
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cellule target e che sono controllate dall’insulina stessa attraverso l’interazione con il
corrispondente recettore.
Nel capitolo 2 vengono illustrati il protocollo e i dati acquisiti, per
comprendere quali siano le caratteristiche della configurazione sperimentale e della
tecnica di misura scelta, in modo da poter collegare quest’ultime alle caratteristiche
delle serie temporali misurate.
Il capitolo 3 è dedicato alla pre-elaborazione dei dati. Inizialmente viene
analizzata sia la variabilità tecnica che quella biologica dei dati a disposizione,
basandosi su un modello dell’errore a coefficiente di variazione costante.
Successivamente vengono presentati 2 differenti metodi di stima dei pattern delle
serie temporali, dei quali il primo è basato semplicemente sull’operazione di media,
mentre il secondo è costituito da un algoritmo Expectation-Maximization complesso.
Nel capitolo 4 viene presentato il modello adottato. Vengono quindi descritti i
modelli compartimentali che possono essere utilizzati per descrivere il singolo
modulo di signaling e i passaggi matematici che conducono all’equazione
ingresso/uscita finale, che risulta avere la stessa struttura nei 2 diversi casi che
possono essere considerati (controllo sulla fosforilazione o sulla defosforilazione).
Nel capitolo 5 viene riportata la tecnica utilizzata per l’identificazione del
modello a partire dai dati, sia dal punto di vista teorico che implementativo.
Il capitolo 6 è dedicato alla presentazione dei risultati di stima parametrica.
Infine, nel capitolo 7 vengono riportate le conclusioni e gli sviluppi futuri.
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Capitolo 1
INSULINA E INSULIN SIGNALING PATHWAY
1.1 Struttura della molecola di insulina
L’insulina umana è una proteina composta da 51 amminoacidi ed ha una peso
molecolare di 5808 Da. Essa è costituita da 2 catene polipeptidiche, dette catena A e
catena B. Esse sono legate tra loro per mezzo di 2 ponti disolfuro e un ulteriore
disolfuro è presente all’interno della catena A. Dei 51 amminoacidi totali, 21
appartengono al peptide A e 30 appartengono al peptide B.
1.2 Produzione
Nei mammiferi, l’insulina è sintetizzata nel pancreas all’interno delle β-cellule
delle isole di Langerhans (isole pancreatiche). Da 1 a 3 milioni di isole pancreatiche
formano la parte endocrina dell’organo, che è principalmente una ghiandola esocrina.
La porzione endocrina costituisce solo il 2% della sua massa totale, e all’interno delle
isole di Langerhans, le β-cellule rappresentano il 60-80% di tutte le cellule.
Figura 1.1. Molecola dell’insulina. Complesso molecolare formato da 6 molecole di insulina legate
tra loro per mezzo di ioni Zn
+
tramite i residui di istidina. Tale forma è quella attraverso la quale la
proteina viene immagazzinata nel corpo, mentre la forma attiva è il monomero.
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L’insulina è una piccola proteina ed è prodotta come parte di una proteina di
dimensioni maggiori, con l’obiettivo di permetterne un corretto ripiegamento
(folding). Nell’assemblamento proteico dell’insulina, l’mRNA trascritto primario è
tradotto in una proteina inattiva detta preproinsulina. La preproinsulina contiene una
sequenza segnale ammino-terminale che è richiesta per permettere all’ormone di
passare attraverso la membrana del reticolo endoplasmatico (ER) per l’elaborazione
post-traduzionale che rimuove quelle componenti non necessarie per l’ormone
bioattivo. All’entrata nel reticolo endoplasmatico, la sequenza segnale della
preproinsulina, ora inutile, è rimossa proteoliticamente per formare la proinsulina.
Una volta verificatasi la formazione post-traduzionale di 3 essenziali legami disolfuro,
delle peptidasi specifiche scindono la proinsulina. Il prodotto finale è l’insulina
matura e attiva. Dopo essere stata prodotta, essa viene impacchettata è
Figura 1.2. Sintesi dell’insulina. La produzione di insulina prevede dei passi intermedi.
Inizialmente la preproinsulina, che è una molecola inattiva, viene secreta all’interno del reticolo
endoplasmatico. L’elaborazione post-traduzionale rimuove la sequenza segnale N-terminale e forma
i ponti disolfuro. Alla fine, il polipeptide è tagliato in 2 posizioni per rilasciare la catena C (C-peptide)
contenuta. L’insulina attiva risultante viene quindi impacchettata nei granuli secretori per
l’immagazzinamento.