Introduzione
I modelli di persistenza dei profitti consentono di
esaminare le motivazioni della presenza di imprese
sistematicamente sotto e sopra la media dei profitti del settore. La
letteratura di economia industriale è sempre stata legata ad un
approccio asimmetrico, perché sono le imprese che realizzano
profitti superiori alla media quelle che
preoccupano maggiormente le autorità antitrust. Scarsa
attenzione hanno ricevuto le imprese sotto la media, anche se si
deve tenere presente che il grado di concorrenzialità di un
sistema dipende anche dalla capacità di eliminare i soggetti
inefficienti, o altrimenti fornire stimoli affinchè queste ultime
raggiungano risultati migliori.
Il lavoro è strutturato nel modo seguente.
Nel primo capitolo sono fornite le informazioni di carattere
generale utili ad inquadrare le argomentazioni dal punto di vista
teorico ed empirico. Vengono brevemente ricordati il paradigma
“struttura – comportamento – risultati” e le sue evoluzioni
teoriche. Sono anche esposti alcuni cenni di carattere generale sui
metodi previsionali, utili all’analisi dei mercati in cui l’impresa
opera.
Nel secondo capitolo si definiscono i principali riferimenti
teorici che permettono di inquadrare il fenomeno della
persistenza dei profitti, partendo dalla teoria neoclassica, fino
agli approcci più recenti, passando per la teoria dei mercati
contendibili, punto di partenza teorico dell’analisi della
persistenza dei profitti.
Bibliografia
Nel terzo capitolo si definiscono i principali modelli
empirici con i quali si è cercato di affrontare il problema della
persistenza dei profitti. Si evidenziano i difetti derivanti dalla
loro applicazione, i problemi relativi alla scelta dei dati e le
variabili determinanti il grado di concorrenzialità di un settore.
Infine, vengono date alcune indicazioni sui risultati empirici
raggiunti applicando i modelli di persistenza dei profitti ai dati di
alcune importanti economie mondiali.
Il quarto capitolo, dopo avere esposto il fenomeno dei
gruppi di impresa, averne definito le tipologie e le possibili
spiegazioni dell’esistenza, commenta i risultati raggiunti con
l’applicazione del modello di persistenza ad una unità di analisi
che non è la singola impresa, ma il gruppo stesso.
Le conclusioni riassumono e commentano i principali
risultati.
Bibliografia
CAPITOLO 1
TEMI E METODI D’ANALISI
DELL’ECONOMIA INDUSTRIALE
1.1 Introduzione
A partire dai primi anni ottanta, le analisi teoriche ed
empiriche sulle modalità di operare della concorrenza hanno
mutato profondamente il loro oggetto, passando da una visione
statica ad una visione dinamica.
Sul piano teorico il paradigma dei mercati contendibili e
gli approcci neo – schumpeteriani hanno spostato l’interesse da
una concorrenza vista come “stato”, ad una concorrenza vista
come “processo”.
1
Sul piano empirico, grazie anche alla maggiore
disponibilità di banche dati, si è abbandonato l’approccio cross –
sezionale, ispirato al paradigma “struttura – comportamento –
risultati”, per passare ad approcci del tipo time series e di panel
data.
È mutato, quindi, parzialmente anche l’oggetto dell’analisi,
in quanto l’unità di osservazione privilegiata non è più il settore,
ma diventa l’impresa.
1
Tali argomenti sono trattati nei paragrafi successivi.
Bibliografia
In questo capitolo si cerca di fornire una breve sintesi
dell’evoluzione delle teorie di riferimento e delle modalità di
implementazione empirica utilizzata.
1.2 Riferimenti teorici: il paradigma “Struttura
– comportamenti – risultati”
La linea metodologica utilizzata dall’economia industriale,
nota come “struttura – comportamenti – risultati”, è un
paradigma per il quale la chiave per comprendere e prevedere il
comportamento di un’industria (in termini di profitto, crescita,
pubblicità, progresso tecnico, e così via) va ricercato nella
struttura dell’industria stessa
2
.
Sono rilevanti fattori quali le dimensioni assolute e relative
delle imprese, la facilità di entrata nel settore, l’elasticità della
domanda del prodotto di quel settore.
La condotta delle imprese comprende gli obiettivi, il
comportamento di determinazione del prezzo e l’atteggiamento
concorrenziale (attuale e potenziale). La condotta, condizionata
dalla struttura dell’industria, genera i risultati determinati per
quest’ultima.
2
Tra gli autori più rilevanti in questo filone figurano Marris, Bain e Masson. Per
un’introduzione manualistica vedi Delbono – Zamagni (1999) o Volpato (1995)
Bibliografia
Da quanto detto, si evince che è attribuita un’importanza
maggiore alla natura del settore, piuttosto che a quella delle
imprese che ne fanno parte. Da qui l’attenzione degli studi posta
ai mercati di concorrenza perfetta e di monopolio, casi – limite,
partendo dai quali è possibile definire la posizione di un
particolare settore in base alla sua struttura (numero di imprese
che lo compongono, facilità di accesso, ecc.); ciò consente di
formulare delle predizioni sui risultati, con particolare riguardo
alla capacità di produrre profitto. Così, allontanandosi dai settori
aventi numerose imprese per giungere a quelli che ne
comprendono un numero ridotto, si ipotizza che il profitto, dal
livello “normale”, cresce sino a raggiungere un valore superiore,
corrispondente ad una situazione di monopolio.
Questo tipo di approccio sta alla base del punto di vista
secondo cui la struttura, identificabile con gli elementi forniti
dalla concentrazione industriale e dalla elasticità della domanda),
operando attraverso il comportamento (massimizzazione del
profitto e reazione produttiva della concorrenza), determina i
risultati (il margine del prezzo sul costo marginale).
Secondo tale schema, risulta che esisterebbe un legame di
causa – effetto tra la struttura di un settore, il comportamento
assunto dalle imprese nella loro ricerca del profitto (strategie) e i
risultati, che per alcuni autori si identificano esclusivamente nel
profitto conseguito, per altri in una serie di obiettivi intermedi (ad
esempio ammontare degli investimenti in pubblicità, in ricerca e
sviluppo, o in crescita della quota di mercato. Tale legame è un
Bibliografia
preciso rapporto di causa – effetto, poiché il comportamento
discenderebbe dalla natura dell’assetto del settore, visto in una
logica di equilibrio, e a sua volta determinerebbe il risultato
economico conseguito dalle imprese. Un approccio di questo tipo
resta legato agli schemi della concorrenza perfetta, infatti la
possibilità di un diverso grado di controllo oligopolistico del
mercato, può ammettere pluralità di comportamenti, ma, restando
fermo l’obiettivo di massimizzazione del profitto di breve
periodo in ambiente deterministico, ne è automatica la
definizione.
Così l’attenzione era rivolta agli elementi estremi della
relazione, cioè la struttura e i risultati.
1.3 Evoluzioni successive
La revisione della prima impostazione del paradigma
“struttura – comportamenti – risultati” passa inizialmente per
l’accentuazione del ruolo, in parte autonomo, del comportamento
nella definizione dei risultati. È, comunque, significativo notare
che il parziale sganciamento fra struttura e comportamento
avviene attraverso l’individuazione di una libertà di scelta da
parte dell’impresa (del suo staff manageriale) dell’obiettivo da
perseguire.
La sempre più diffusa separazione tra proprietà e controllo
nell’impresa e la natura “politica” ed “istituzionale” della grande
impresa, sono il fondamento della tesi che l’impresa possa
Bibliografia
assumere obiettivi di lungo periodo diversi dal profitto,
assicurando un adeguato tasso di profitto con cui soddisfare la
proprietà azionaria, anche se le critiche al paradigma derivano
dagli insuccessi emersi nel tentativo di dare dimostrazione
econometrica dei legami di causa – effetto presenti nella triade.
Un approccio più recente non nega l’esistenza dei
condizionamenti, né l’influenza dei vantaggi differenziali di cui
godono le diverse imprese, e tuttavia la realizzazione del profitto
d’impresa, più che derivare dalla dinamica complessiva del
settore, viene fatta dipendere dalla bontà delle scelte
imprenditoriali. Questo approccio tende a privilegiare il ruolo del
“comportamento” quale fattore causale prioritario dello schema,
esalta l’importanza delle strategie aziendali, e della loro coerenza
con l’evolvere della struttura del settore, anche se non rende
possibile presentare in termini normativi “corretti indirizzi
strategici” senza contemporaneamente analizzare le condizioni
settoriali che li giustificano.
Si nota, infine, che le varietà delle “strutture”, dei
“comportamenti” e dei “risultati” sono tantissime, che i risultati
non dipendono esclusivamente dalla struttura o dai
comportamenti, ma dall’insieme dell’andamento della domanda
del settore (quasi sempre trascurata in questi tipi di studi) e del
sistema economico generale.
Appare poco produttivo tentare di definire delle relazioni
fisse e generali applicabili ad ogni settore, anche se si deve
sempre tenere presente l’importanza dei legami fra struttura,
Bibliografia
comportamenti e risultati. La ricerca dovrebbe, invece,
concentrarsi verso teorizzazioni basate sulle specificità di singoli
settori ed aventi un carattere previsionale.
1.4 Un cenno agli strumenti di rilevazione
empirica
Gli strumenti di rilevazione empirica utilizzabili per
analizzare la concorrenza e cercare di effettuare previsioni
possono seguire diversi tipi di approcci previsivi. Questi si
basano, in genere, sulla formulazione di modelli, che in una
prima fase considerano valide per il futuro le relazioni verificate
nel passato, ipotizzando successivamente alcune delle possibili
modificazioni dei parametri che in dette relazioni figurano.
Possiamo distinguere l’approccio estrapolativo, quello
simulativo e quello normativo.
L’approccio estrapolativo si basa sull’ipotesi di costanza
dell’andamento delle variabili del modello, precedentemente
osservato e spiegato più o meno esplicitamente in funzione della
variabile “tempo”. Rilevante importanza ha la variabile
temporale, che spiegherebbe gran parte della variabilità passata
del fenomeno in esame, consentendo di prevederne i valori futuri.
La previsione può essere ottenuta mediante estrapolazione della
serie storica in esame, per via grafica od analitica (mediante
funzioni estrapolatrici).