2
adottati nel tempo e nello spazio per la trasformazione dei voti in seggi. C’è il
rischio, in questo modo, di non cogliere il significato e la funzione reale dei
sistemi elettorali nelle società contemporanee. Essi sono, in sostanza, degli
strumenti tecnici dotati di valenza politica fortissima capaci di incidere
profondamente sia dal punto di vista qualitativo, che da quello quantitativo sulla
rappresentanza politica.
Se si scende ad esaminare in particolare ciò che sono le elezioni è bene ribadire
che dal punto di vista tecnico mezzi per l’inserimento di individui o cariche
autoritative che si distaccano da altri metodi pacifici di preposizione
3
quali quello
4
ereditario, professionale, per sorteggio, per nomina, per acclamazione.
Nel primo caso l’accesso alla carica potestativa avviene per diritto di nascita (ad
esempio la successione al trono; nel secondo è legato alla funzione professionale
rivestita dal soggetto (ad esempio chi è rivestito da carisma sacerdotale può fare il
giudice); nel terzo sulla scia della concezione democratica aristotelica che
stabilisce nella rotazione delle cariche il sorteggio, coloro che debbono rivestire
posti di responsabilità all’interno di una determinata comunità sono scelti a caso
fra gli aventi diritto; nel quarto gli “office holders” vengono nominati da un
organismo di solito sovraordinato.
Per quanto riguarda poi il sistema dell’acclamazione, esso può coesistere
"formalmente" con un concetto di procedura elettorale molto semplificato.
3
V.L. Ferrari - Bravo, "Sistemi elettorali", in Scienze Politiche 1 (Stato e politica).
4
Vedi Lanchester, pag.17.
3
Storicamente l’"acclamatio" ha origini romane, ma dal punto di vista deliberativo
le sue radici più salde si situano sia nel medioevo germanico, dove le assemblee
approvavano in questo modo le leggi proposte dal sovrano, sia nella storia della
Chiesa, in cui il Pontefice può essere scelto anche quasi per ispirationem.
Per avere un quadro più chiaro di cosa sono le elezioni bisogna però abbandonare
il mero momento tecnico.
Sempre in termini generali le elezioni implicano una scelta per fare qualcosa e per
uno specifico lasso di tempo. Per quanto riguarda il 1° punto i fini possono essere
innumerevoli, mentre la durata della carica può essere vitalizia, a tempo, oppure
effimera. D’altro canto è bene mettere in evidenza che esistono nella realtà molti
tipi di elezioni, e che queste si qualificano in relazione all’ambito in cui vengono
tenute.
Così si possono distinguere, elezioni a carattere giuspubblicistico o privato a
seconda che abbiano rilevanza per l’ordinamento statuale o meno.
All’interno del primo gruppo si possono individuare le elezioni politiche, ovvero
quelle che riguardano la rappresentanza parlamentare o il responsabile
dell’esecutivo e quelle amministrative; sono proprio le elezioni politiche che
verranno trattate a livello di formule prima e di legge elettorale poi in questo
lavoro.
In più si possono distinguere le elezioni a seconda della partecipazione mediata o
immediata della totalità degli aventi diritto ad esprimere il suffragio: il che vuole
dire separare le elezioni dirette, dove l’elettore partecipa personalmente alla scelta,
da quelle indirette a due o più gradi.
4
Le funzioni delle elezioni non possono essere valutate in maniera astratta e
prescrittiva, ma attraverso un analisi concreta che tenga presente il contesto in cui
esse si inseriscono. Prima di tutto è necessario ricordare che esse contribuiscono a
formare le Assemblee parlamentari e quindi la loro incidenza varia con il mutare
del ruolo rivestito dal Parlamento all’interno del sistema politico.
Generalizzando, nel periodo pre-borghese le assemblee costituiscono strumenti di
rappresentanza dei “desiderata” dei sudditi presso il principe. Esse avevano
principalmente un’influenza di tipo negativo, e di diritto e di fatto non
determinavano l’indirizzo politico. L’elezione dei rappresentanti avveniva
all’interno dei singoli ceti secondo una tradizione che immergeva le sue radici nel
Medioevo.
Il processo di democratizzazione, distruggendo più o meno violentemente le
società tradizionali, pose in primo piano il ruolo dei parlamenti oligarchici, in cui
si concentrò in misura sempre maggiore il potere. La società borghese del 19°
secolo priva, infatti, il principe del potere assoluto, costringendo progressivamente
l’esecutivo a basarsi sul rapporto di fiducia intercorrente tra il parlamento eletto
dai più "interessati" e i più "capaci" incaricati di governare. All’interno del
contesto sociale in rapido sviluppo capitalistico, in cui viene ad inserirsi il
processo di democratizzazione, i compiti dello Stato si riducevano essenzialmente
a garantire le possibilità di esplicazione della dinamica economica: le elezioni
parlamentari avevano quindi la funzione di eleggere rappresentanti,
giuridicamente scissi da ogni sorta di mandato da parte di una base
5
tendenzialmente omogenea e non organizzata in partiti, bensì su rapporto di tipo
personale e notabilare.
L’estensione del suffragio e lo sviluppo economico che conducono alla società di
massa mutano il ruolo del Parlamento. Le Assemblee elettive, divenute il centro
legale del sistema politico, perdono però le caratteristiche di perno reale dello
stesso. I partiti e i gruppi di pressione lo sostituiscono e lo svuotano
progressivamente mentre lo Stato, da garante dell’ordine politico economico,
diviene un protagonista che interviene in prima persona.
Le elezioni si trasformano così in questo modo da mero atto di proposizione di
individui a cariche potestative a scelta generale di indirizzi politici alternativi che
si identificano con partiti nazionali. Questa evoluzione spiega come per alcuni
l’elemento caratterizzante di un elezione parlamentare non sia nell’individuazione
dei singoli incaricati di assurgere alla carica di deputati ma nella scelta di un
indirizzo politico di partito e nella personalizzazione con il leader dello stesso.
Le elezioni comunque nella concezione europea pluralista (del 20° secolo) odierna
sono aperte a formule diverse che appartengono sostanzialmente a due gruppi: un
sistema di elezione maggioritario uninominale e un sistema di elezione
proporzionale.
6
2 MAGGIORITARIO E PROPORZIONALE
Il sistema elettorale tipico della democrazia maggioritaria è quello uninominale
maggioritario; caratteristico della democrazia consensuale è invece il sistema della
rappresentanza proporzionale.
Il regime del collegio uninominale
5
con elezione a maggioranza assoluta o relativa
corrisponde perfettamente alla filosofia maggioritaria: vince il candidato sostenuto
dalla maggioranza del corpo elettorale, mentre la minoranza degli elettori non
viene rappresentata. Inoltre il partito che ottiene la maggioranza dei voti è
sovrarappresentato in termini di seggi parlamentari.
Lo scopo principale della rappresentanza proporzionale è invece quello di
rappresentare sia le maggioranze che le minoranze, e di attribuire
proporzionalmente i seggi parlamentari in base al numero di suffragi ottenuti da
ciascun partito (invece di ampliarne o ridurne la rappresentanza).
Fra i sistemi maggioritari e quelli proporzionali
6
si situa una categoria di metodi
definiti misti. Questi sistemi, che per alcuni politologi non vengono considerati
come categoria, sono quei sistemi nei quali l’elemento maggioritario e quello
proporzionale sono compresenti integrandosi.
5
Arendt Lijphart, "Le democrazie contemporanee", Il Mulino, 1988, pag.161.
6
Luca Tentoni, "Gli strumenti per cambiare. Viaggio nei sistemi elettorali", Acropoli, Roma, 1991,
pag.102.
7
Tra le formule elettorali maggioritarie
7
la formula elettorale a maggioranza
relativa “plurality” è la più semplice: viene eletto il candidato che ottiene la
maggioranza dei voti, sia essa assoluta o relativa.
Le altre formule maggioritarie richiedono la maggioranza assoluta. Un modo di
soddisfare questo requisito consiste nel tenere un secondo scrutinio tra i due o più
candidati (in genere non più di tre) che hanno raggiunto il maggior numero di voti,
se nessuno dei candidati ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti nel primo
turno.
Anche il sistema del voto alternativo, usato per esempio in Australia, è una vera
formula maggioritaria. Gli elettori indicano i candidati da loro prescelti secondo
un ordine di preferenza e se un candidato ottiene una maggioranza assoluta di
schede che lo indicano come prima preferenza viene eletto. Se tale maggioranza
non viene raggiunta si elimina il candidato che ha ricevuto il minore numero di
preferenze e le schede di voto che lo indicano come prima preferenza sono
trasferiti al secondo candidato in ordine di preferenza. Questa procedura si ripete
escludendo il candidato più debole e ridistribuendo le schede al successivo
rispettando sempre l’ordine di preferenza ad ogni stadio dello spoglio finché un
candidato non raggiunge la maggioranza assoluta.
Bisogna distinguere due principali tipi di rappresentanza proporzionale. La forma
più ricorrente è il sistema con scrutinio di lista. Fra i sistemi con scrutinio di lista
ci sono alcune variazioni, ma tutti prevedono essenzialmente che i partiti
nominino delle liste di candidati in collegi plurinominali, che gli elettori diano il
7
Vedi Lijphart, pag.163.
8
loro voto per una lista di partito o per un’altra, e che i seggi siano distribuiti alle
liste di partito in proporzione al numero di voti che hanno ottenuto.
I sistemi a rappresentanza proporzionale con scrutinio di lista possono essere
ulteriormente suddivisi a seconda della formula matematica utilizzata per tradurre
il numero dei voti in seggi elettorali. Il metodo applicato più di frequente è quello
d’Hondt, che ha una leggera tendenza a favorire i grandi partiti a detrimento dei
piccoli.
L’altro principale tipo di rappresentanza proporzionale è il sistema del voto unico
trasferibile. Esso differisce dal voto di lista per il fatto che gli elettori votano per i
singoli candidati invece che per le liste di partito.
La scheda è simile a quella del voto alternativo; essa contiene i nomi dei candidati
che gli elettori devono classificare secondo un ordine di preferenza. La procedura
per determinare i candidati vincenti è leggermente più complicata di quella usata
per il voto alternativo. Si operano due tipi di trasferimenti di voti: ogni surplus di
voti che non serva ai candidati che hanno già raggiunto la quota minima richiesta
per l’elezione è trasferito al successivo candidato indicato sulla scheda; il
candidato meno votato viene eliminato e le sue schede trasferite seguendo lo
stesso criterio. Se necessario queste operazioni sono ripetute più volte fino a che
vengono attribuiti tutti i seggi disponibili.
Spesso si elogia il metodo del voto unico trasferibile perché unisce il vantaggio di
poter esprimere il voto per un singolo candidato alla possibilità di ottenere risultati
proporzionali, ma esso non viene molto usato. Questo metodo viene applicato in
Irlanda, dal Senato australiano e dal parlamento unicamerale di Malta.
9
La maggior parte delle formule elettorali rientrano nelle due grandi categorie:
quella della rappresentanza proporzionale e quella maggioritaria ma poche si
adattano ad entrambi. I sistemi semiproporzionali sono adottati di rado e un
esempio è costituito dal Giappone con il suo voto unico trasferibile.
Ogni elettore ha a disposizione un voto da attribuire ad un solo candidato in un
collegio plurinominale sono eletti i candidati che hanno ottenuto la maggioranza
dei voti. Il voto unico non trasferibile rende possibile la rappresentanza della
minoranza su un collegio di cinque membri ad esempio circa un quinto dei voti a
favore di un candidato di minoranza ne assicura l’elezione ma non garantisce
risultati completamente proporzionali o almeno vicini alla proporzionalità.
Tab.1.a: tipi di formule elettorali.
Canada
Formule A Maggioranza Nuova Zelanda
Semplice (Plurality) Regno Unito
Formule Maggioritarie Stati Uniti
Maggioranza Semplice Francia V° Rep.
Voto Alternativo Australia
Formule Semiproporzionali Voto Singolo Non Giappone
Austria
Belgio
Danimarca
Finlandia
Francia Iv° Rep.
Germania
Rappresentanza Rappresentanza Islanda
Proporzionale Proporzionale Israele
Per Lista Italia
Lussemburgo
Paesi Bassi
Norvegia
Svezia
Svizzera
Voto Singolo Trasferibile Irlanda
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3 UN ESEMPIO DI PLURALITY SYSTEM. LA GRAN
BRETAGNA.
La nuova concezione di rappresentanza in Gran Bretagna si sviluppa nella seconda
metà del 18° secolo.
(Burke, discorso agli elettori di Bristol, 1774)
8
“Il Parlamento non deve essere più un congresso di ambasciatori di differenti ed
ostili interessi ma un’assemblea deliberativa di una nazione con un solo interesse
quello dell’intero dove non interessi locali non pregiudizi locali devono essere di
guida ma il bene generale....”.
L’interprete del bene generale è il singolo rappresentante ovvero la sua coscienza
libera e autonoma. Si passa così all’idea di coscienza nazionale interpretata
individualmente. Il rappresentante non può essere vincolato da alcun mandato
operativo: esso è un fiduciario, non un mandatario. A questo ruolo nuovo del
singolo rappresentante corrisponde sul piano delle circoscrizioni elettorali una
disposizione dell’elettorato a votare per la singola persona. Su questa funzione del
Parlamento i partiti cominciano ad assumere la fisionomia moderna di partiti
nazionali con un ruolo di rappresentanza e di governo nazionali. Il carattere
esclusivamente parlamentare dei partiti e la loro progressiva differenziazione
lungo le linee governo-opposizione danno luogo al primo embrione di un “two-
party system”.
8
W. Bagehot, “La costituzione inglese”, trad. it. S. Pastorino, Il Mulino, Bologna, 1995.
11
E da allora la competizione politica è fondata sul “two-party system”. Questa
caratteristica non è frutto di ingegneria elettorale ma di una evoluzione storica che
si era affermata grazie all’omogeneità sociale del paese e alla conseguente assenza
di fratture socioeconomiche e religiose un formato bipartitico nel paese.
L’issue in gioco nella competizione elettorale è quale partito formerà il governo.
Questo esito è naturalmente permesso dall’esistenza del formato bipartitico nella
competizione elettorale.
In ogni caso il sistema elettorale maggioritario (plurality), anche in presenza di
una competizione multipartitica, tenderà a dar vita ad una meccanica bipartitica in
Parlamento (in termini di seggi), penalizzando e scoraggiando i partiti che non
sono abili a formare il governo (i terzi partiti).
Oggi il territorio del Regno Unito è diviso in 651 collegi ciascuno dei quali elegge
un solo deputato alla Camera dei Comuni. Essendo il Regno Unito uno Stato
multinazionale la ripartizione dei collegi viene determinato su base nazionale. Ciò
è dovuto all’esigenza di conciliare il criterio dell’eguaglianza dei collegi (rapporto
seggi-elettore) con quello della rappresentanza nazionale.
Così l’Inghilterra ha 254 seggi, il Galles 38, la Scozia 72 e il Nord Irlanda 17.
Quando un deputato muore o si dimette, fatto che è permesso solo per passare a
determinati incarichi statali incompatibili con la carica di parlamentare o gli viene
assegnato un "pereage" (cioè viene nominato lord ed entra a far parte
dell'omonima Camera) si tiene un'elezione suppletiva.
La nomina di un candidato alle elezioni deve essere firmato da due elettori come
proponenti e sostenitori e da altri otto elettori registrati nella costituency. Non è
12
permessa la candidatura in più di un collegio. Non è richiesto che un candidato
debba avere l’appoggio di un qualsiasi partito.
Tutta la legislazione elettorale è ispirata al massimo grado di espressione del
diritto di voto e del diritto di candidarsi. Esso è basato sul diritto individuale, non
essendo contemplati se non in modo assai indiretto i partiti politici.
Essendo tutto il processo elettorale basato sugli attori politici bisogna notare come
questo sia un frutto storico politico spontaneo indiretto e non di una legislazione
apposita.
4 IL SISTEMA ELETTORALE FRANCESE
Il sistema elettorale in uso in Francia per l’elezione dei deputati all’Assemblea
Nazionale è un sistema maggioritario a collegi uninominali con la particolarità del
doppio turno.
Il candidato non può essere eletto al 1° turno se non ha raggiunto:
1- la maggioranza assoluta dei voti validi;
2- un numero di voti uguali ad almeno un quarto degli elettori iscritti.
Se nessun candidato ottiene la prescritta maggioranza si procede ad una seconda
votazione. L’ammissione al secondo turno inoltre è riconosciuta a tutti i candidati
che hanno conseguito al 1° turno una certa percentuale di suffragi. Questa
percentuale che era nel 1958 del 5% dei voti espressi, è salita al 10% degli elettori
iscritti (1966), fino a raggiungere l’odierna percentuale del 12,5% degli iscritti.
13
Questo sistema è entrato in vigore nel 1958, dopo l’approvazione della nuova
Costituzione anche se un sistema simile era stato adottato nel 1928 e nel 1940.
Il doppio turno è stato utilizzato ininterrottamente dal 1958, con la sola eccezione
della parentesi proporzionale del 1986.
5 FORMULE NON MAGGIORITARIE
L’elemento distintivo di questo gruppo di meccanismi sta nel fatto che sono
congegnati in modo da consentire la rappresentanza delle minoranze. In questa
categoria sono inserite tutte quelle formule che tradizionalmente sono classificate
proporzionali.
Le formule adottate
9
presuppongono implicitamente collegi plurinominali e
possono essere divise in tre gruppi principali:
1- metodi del quoziente;
2- metodi del divisore;
3- metodi automatici.
1) I metodi del quoziente si fondano sul criterio per cui ad un certo numero di voti
viene assegnato un mandato.
9
Vedi Lanchester, pag.100.
14
La cifra elettorale su cui si basa è rappresentata dal quoziente (Q=V/S) in questo
caso detto "naturale", risultante dal rapporto tra voti espressi nel collegio e il
numero dei seggi da distribuire.
Il numeratore è fisso mentre il denominatore può cambiare a seconda che venga
aumentato di uno, di due o di tre.
Poichè ben raramente il quoziente naturale risulta essere un sottomultiplo delle
cifre elettorali dei singoli partiti, i quozienti “interi” sono inferiori al numero di
seggi da distribuire. Si ricorre a vari sistemi di correzione tra cui i più comuni
sono appunto quelli di aumentare il denominatore del rapporto in modo da ridurre
il quoziente.
Il metodo più comune è quello di Hagenbach-Bischoff dove il denominatore viene
aumentato di una unità (+1).
Nella tabella 1.1 sono riportati esempi di utilizzazione del quoziente naturale,
dell’Hagenbach-Bischoff, del +2 (detto anche Imperiali) e del +3 nella ripartizione
all’interno di un collegio di 10 seggi.
Nel caso del quoziente naturale solo 6 seggi vengono assegnati direttamente, per
cui gli altri quattro dovranno essere distribuiti con un altro metodo; con
l’Hagenbach-Bischoff e il +2 solo un seggio dovrà essere assegnato con ulteriori
calcoli mentre con il +3 essi vengono ripartiti tra le varie liste nella loro totalità.
Tra i sistemi di distribuzione dei seggi non assegnati, i più comuni sono quelli
della più alta cifra, dei resti più alti, della più alta media e quelli che utilizzano il
d’Hondt. Tralasciando quelli della più alta media che rientrano tra i metodi del
divisore e facendo riferimento all’Hagenbach-Bischoff, il criterio delle più alte
15
cifre assegnerà il decimo seggio nell’esempio alla lista A mentre quella dei più alti
resti alla lista E.
Quanto ai principali esempi di adozione dei metodi del quoziente è interessante
ricordare che quello naturale è adottato dalla legge elettorale greca nel 1974 per i
tre successivi livelli di distribuzione dei seggi e per quello dei cosiddetti deputati
di Stato da quella olandese; in Italia per il riparto dei seggi residui tra le liste
all’interno del collegio unico nazionale. L’Hagenbach-Bischoff è invece utilizzato
dal 1919 in Svizzera, dal 1918 in Lussemburgo, dal 1923 in Austria per il primo
livello circoscrizionale di distribuzione dei seggi, in Italia nel 1946 per le elezioni
dell’Assemblea Costituente nei collegi sino a 20 seggi, in Grecia dal 1977.
Tab.1.b:Formule proporzionali: i metodi del quoziente.
Tipo di Partiti A B C D E Totale
Quoziente Voti 142080 94560 131040 72960 39360 480000
Quoziente
naturale
Quoz.
interi
2 1 2 1 0 6
48000 Resti 46080 46560 35040 24960 39360 192000
Hagenbach
-Bischoff
Quoz.
interi
3 2 3 1 0 9
43636 Resti 11171 7287 131 29321 39360 87270
Imperiali
Quoz.
interi
3 2 3 1 0 9
40000 Resti 22080 14560 11040 20119 39360 107150
+3
Quoz.
interi
3 2 3 1 1 10
36923 Resti 31311 20714 20271 36037 2437 110770