Modelli di Impatto a Bassa Velocità di Laminati in Materiale Composito
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Particolarmente vivace risulta essere lo studio degli impatti a bassa velocità ed
energia. Se si analizzano una serie di laminati in materiale composito sottoposti ad
impatto a bassa velocità, si può osservare come il danneggiamento, in maniera
strettamente correlata all'aumentare dell'energia e della velocità d'impatto, proceda in
quattro fasi fondamentali:
• Danneggiamento superficiale della matrice accompagnato dalla rottura di fibre;
• Rottura della matrice;
• Nascita delle delaminazioni;
• Propagazione delle delaminazioni;
La bibliografia a disposizione mette in evidenza come tale problema sia spesso
affrontato in maniera completamente diversa a seconda dei fini che ci si propone.
Esistono infatti una serie di teorie analitiche che tentano di spiegare l'insorgere ed i
meccanismi di propagazione di rotture e delaminazioni. Due di questi, quelli più
utilizzati, sono gli schemi di Clark e TOP-HAT.
Particolarmente interessante risulta essere lo studio del comportamento dinamico del
materiale durante la fase di impatto. A questo scopo sono stati concepiti una serie di
modelli di natura e con finalità diverse. Sono state concepite analisi semplificate che
cercano di mettere in evidenza gli aspetti macroscopici dell'impatto, leggi di
indentazione che facilitino il calcolo degli sforzi locali e la previsione delle
deformazioni su un provino, leggi tendenti a predire l'inizio del danneggiamento e le sue
modalità di propagazione, schematizzazioni tendenti a stimare le proprietà meccaniche
post-impattive.
E' così possibile, anche con mezzi di calcolo limitati, impostare una interessante
simulazione dell'andamento temporale di variabili quali la forza d'impatto, la velocità e
l'accelerazione dell'impattatore e l'inflessione del provino.
In alternativa ed in supporto alle metodologie classiche vengono oggi in aiuto nuove
tecniche, come quelle agli elementi finiti, che permettono di ottenere risultati sempre
più aderenti con quanto si ricava dalle analisi sperimentali.
Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto le apparecchiature utilizzate in laboratorio
per simulare tali impatti sono:
• macchine Drop-Weight per impatti a bassa velocità (a bassa o elevata energia);
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• macchine Gas-Gun per la simulazione degli impatti ad alta velocità (impatti
balistici);
• macchine di prova statiche, stante l'aderenza tra alcuni risultati statici e dinamici.
Lo scopo di tali prove di simulazione è volta a riprodurre in laboratorio le condizioni
di impatto reale, per così mettere in evidenza il comportamento della lamina composita
durante l'impatto o per valutarne le residue capacità di resistenza strutturale successive
all'impatto. Molta attenzione deve essere così posta nell'analisi del materiale
danneggiato utilizzando quei metodi di indagine non distruttivi (in particolare ultrasuoni
e raggi X) che permettano di mettere in evidenza ogni tipo di danneggiamento.
Tali risultati sperimentali costituiscono la base di partenza e lo strumento di
confronto degli studi rivolti alla determinazione di modelli analitici e numerici che
simulino il comportamento del laminato all'impatto. Operativamente questo porta ad un
miglioramento delle capacità, da parte del laminato, di assorbire senza danni
irreversibili, o comunque minimi, l'impatto.
Le direttive verso cui si è indirizzato lo studio in esame è risultato essere
principalmente quello della costruzione di un modello analitico che simuli il
comportamento macroscopico di un laminato in materiale composito durante l'impatto.
Nella fattispecie il materiale oggetto di tale analisi è risultato essere un laminato con
sequenza quasi isotropa in fibra di carbonio-resina PEEK.
La base di partenza è risultata essere il modello Spring-mass di Shivakumar, il quale
simula il comportamento del materiale attraverso una opportuna combinazione di molle
e masse. Sua caratteristica e limite maggiore, risulta essere quello che il suo campo di
applicabilità risulta essere circoscritto a quello elastico. Esso, infatti, non riesce a
mettere in evidenza quei fenomeni di danneggiamento (rotture di fibre, delaminazioni,
rotture di matrice) che, indotti dall'impatto, producono una diminuzione delle
caratteristiche resistive del materiale.
Si è così voluti andare oltre tali limiti, estendendo il campo di utilizzo di tale
modello, attraverso l'introduzione di una serie di elementi che tengano conto di tali
effetti. Si è così proceduto separando tra loro i diversi effetti indotti dal
danneggiamento, verificando, per ciascuno di essi, gli effetti che singolarmente
generano sul comportamento del laminato.
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I fenomeni di danneggiamento indotti dall'impatto sono:
• Plasticizzazione della matrice nella zona d'impatto e rottura superficiale di fibre;
• Rotture di matrice all'interno del materiale;
• Rottura di fibre all'interno del materiale.
Per ogni step sono state effettuate una serie di prove sperimentali, esaurientemente
documentate, atte a sincerare come le tesi formulate fossero plausibili e rispondenti alla
realtà dei fatti osservati. Per ricercare i legami tra la gravosità dell'impatto ed il
danneggiamento generato, è stato necessario indagare, con opportune metodologie,
preferibilmente di tipo non distruttivo, tali provini impattati.
Un valido ausilio nella determinazione delle caratteristiche da introdurre nel modello
finale è stata l'analisi effettuata agli elementi finiti. Attraverso tale metodologia siamo
riusciti a simulare, introducendo un'opportuna legge di plasticizzazione, il
comportamento plastico del materiale nella zona di contatto tra indentatore e provino.
Lo stesso è stato fatto per valutare il danneggiamento interno (rotture di fibre e di
matrice) dove, ad ogni passo di carico, è stato visualizzato il procedere di esso.
Per una più razionale lettura tale tesi è stata organizzata e suddivisa in una serie di
capitoli:
Capitolo 1: accurata descrizione del fenomeno impattivo e delle metodologie di
studio;
Capitolo 2: analisi dei diversi modelli analitici, confronto con i risultati sperimentali
e miglioramenti e sviluppi apportati dallo studio effettuato;
Capitolo 3: analisi agli elementi finiti e metodologia di risoluzione numerica;
Capitolo 4: metodologie sperimentali utilizzate e connessi risultati;
Capitolo 5: confronto fra i diversi tipi di risultati sperimentali, analitici, numerici e
conclusioni
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1.1 Introduzione
I materiali compositi sono dei materiali relativamente giovani, risalenti infatti agli
anni sessanta, il cui primo concepimento e uso è da addebitarsi all'industria aeronautico
militare statunitense. Infatti per le sue caratteristiche di leggerezza e resistenza i
laminati in materiale composito sono stati inizialmente utilizzati quali elementi di
controllo aerodinamico o di rivestimento di alcune parti di minore importanza,
estendendosi successivamente alla costruzione di parti strutturali notevolmente
sollecitate come le ali o la struttura portante. Tali materiali infatti possono vantare una
resistenza specifica nettamente superiore a quella delle migliori leghe di acciaio o di
alluminio permettendo così di diminuire al massimo i pesi a parità di rigidezza
strutturale. L'utilizzo dei materiali compositi è andato negli ultimi anni in crescita
vertiginosa avendosi avuta una notevole ricaduta dal campo aeronautico militare a
quello civile (notevole è infatti la percentuale di materiali compositi oggigiorno
utilizzati nella costruzione degli aerei di linea) fino ai diversi settori dell'industria
meccanica (natanti da diporto, carrozzerie e telai di automobili da competizione,
accessori sportivi quali racchette e svariate altre utilizzazioni). Questa notevole
diffusione ha così portato oltretutto ad un notevole abbattimento dei costi di questi
materiali.
Uno dei limiti nell'utilizzo di tali materiali è insito nel problema del danneggiamento
interno e del comportamento meccanico post-impattivo delle superfici in materiale
composito esposte sia all'impatto con corpi solidi minuti ed uccelli in fase di volo ed
atterraggio, sia a problemi di impatto a bassa velocità durante le operazioni di
manutenzione a terra. Ciò ha così comportato, stante l'esigenza di affidabilità cui
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devono sottostare gli aeromobili, un notevole impulso verso lo studio del
comportamento all'impatto dei laminati in materiale composito.
1.2 Danneggiamento da impatto
I diversi tipi di danneggiamento possono essere diversamente ed opportunamente
suddivisi in base all'entità della velocità e dell'energia d'impatto: Possiamo così parlare
di:
• Impatti a bassa velocità e bassa energia: si valuta l'entità del danneggiamento e la
residua capacità di resistenza della struttura;
• Impatti a bassa velocità e alta energia: si studia la capacità del laminato di resistere
alla penetrazione della punta e, nel caso che ciò avvenga, alla capacità di
dissipazione dell'energia impattiva;
• Impatti ad alta velocità e bassa energia: rappresenta il campo degli urti di corpi di
massa ridotta animati da un'alta velocità;
• Impatti ad alta velocità ed alta energia: ricadiamo nel campo degli urti di corpi di
massa elevata animati da un'alta velocità;
Figura I.1. Zona d'influenza dell'impatto [Clark, 1989]
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Il nostro studio si staglia sostanzialmente nel campo degli impatti a bassa velocità e
bassa energia. Un'attenta analisi di una serie di laminati sottoposti ad impatto ci porta a
definire come il danneggiamento sia caratterizzato, in base all'entità dell'energia
d'impatto, da quattro fasi fondamentali:
• Rottura della matrice;
• Nascita delle delaminazioni;
• Propagazione delle delaminazioni;
• Danneggiamento superficiale accompagnato dalla rottura di fibre;
La prima fase del danneggiamento consta inizialmente nella rottura della matrice,
dovuta a sforzi di taglio interlaminari uniti a sforzi di trazione nel piano. Questo è
l'unico tipo di danneggiamento visibile nel caso di impatti con una energia incipiente di
danneggiamento in cui le rotture si determinano principalmente nelle pelli con maggiore
inclinazione delle fibre, mentre sono sostanzialmente assenti tra pelli aventi uguale
orientazione delle fibre.
Figura I.2. Meccanismo di formazione delle delaminazioni[Liu, 1993].
Quando però l'energia d'impatto cresce si iniziano a rilevare le prime delaminazioni:
ciò risulta essere dovuto ad un improvviso incremento degli sforzi normali al piano del
laminato a causa della presenza delle rotture della matrice. Il meccanismo di formazione
è del tutto simile a quanto avviene nelle delaminazioni dei bordi liberi dei laminati
soggetti a carichi nel piano, ove in corrispondenza di questi si determina un incremento
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degli sforzi interlaminari (scorrimento e normali al piano) la cui entità dipende dalle
caratteristiche del laminato (sequenza ed inclinazione degli strati) e dall'entità del
carico.
Ad un incremento ulteriore dell'energia d'impatto si può notare come l'effetto
predominante sia ora la propagazione delle delaminazioni a partire dal bordo dei crack
di matrice.
All'aumentare della forza incidente, oltre un opportuno valore, aumentando gli sforzi,
entro il laminato si verificano le prime rotture di fibre, le quali determinano una brusca
diminuzione delle caratteristiche resistive del materiale.
Altresì si può notare come ad un'ulteriore aumento della velocità si determini un
evidente danneggiamento superficiale, accompagnato spesso da una rottura di fibre: ciò
ci permette di poter definire una velocità subcritica al di sopra della quale si
determinano tali danneggiamenti.
Figura I.3. Tipologie di delaminazione[Liu, 1993].
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1.3 Il modello di Clark e lo schema TOP-HAT
Una spiegazione del fenomeno di formazione delle delaminazioni all'interno di un
laminato in materiale composito può essere dato dal modello sviluppato da Graham
Clark [1989]. Egli basa il suo studio su un modello a due pelli (le lamine del nostro
composito) su cui agisce il nostro corpo impattante: si evince come la tendenza alla
delaminazione sia strettamente connessa con la posizione dell'interfaccia riguardo il
punto d'impatto e con l'orientazione delle fibre nei layers adiacenti.
Da quanto compare nella Fig. I.4 si nota come l'impatto produca un'inflessione della
lamina, con la conseguente nascita di una serie di tensioni. Ma mentre nella zona
d'impatto predominano le azioni di compressione fra gli strati, a causa dell'azione diretta
della punta, le azioni a cui è imputabile la delaminazione si vengono a trovare nella
zona circostante ad essa.
Nella zona A, in direzione delle fibre dello strato inferiore, le fibre inferiori hanno
una componente degli sforzi diretta verso l'alto, mentre nello strato inferiore
l'inflessione genera una componente di sforzo verso il basso: in definitiva nei punti della
zona A agisce un stato tensionale che favorisce la delaminazione.
Figura I.4. Meccanismo di generazione delle delaminazioni [Clark, 1989].
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Viceversa nella zona B, in direzione delle fibre dello strato superiore agiscono degli
sforzi che tendono a comprimere tra loro gli strati, evitando in tal modo la nascita della
delaminazione.
Questo, in buona parte, spiega perché, come si evince da prove sperimentali, le
delaminazioni si propaghino in maniera preferenziale nella direzione delle fibre della
pelle inferiore dell'interfaccia incriminata ed il perché le delaminazioni maggiori
nascano nelle interfacce tra strati aventi elevata inclinazione reciproca.
Tali considerazioni seppur estrapolate a partire da risultanze sperimentali effettuate
su laminati con layers in resina epossidica-fibra di carbonio, possono, almeno in parte
essere ritenute valide anche per matrici polimeriche di diverso tipo.
Analizzando le forze che agiscono sugli strati danneggiati si nota come le rotture
della matrice si verifichino in modo da determinare un danneggiamento del tipo TOP-
HAT [Chester et al., 1992].
Figura I.5. Schema TOP-HAT [Clark, 1989].
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Essa riprende la schematizzazione di Clark con in più l'aggiunta degli spessori: infatti
nella pelle superiore l'effetto di indentazione prodotto dalla punta causa, nella zona
compresa tra la circonferenza di contatto ed il vincolo del provino, la nascita di una
serie di sforzi di taglio e di trazione. Poiché la resistenza della lamina in direzione
normale a quella delle fibre risulta essere estremamente bassa (al limite resiste la sola
matrice) si determinano delle rotture in direzione normale a quella degli sforzi principali
agenti sullo strato superiore con una inclinazione di 45° rispetto al piano della singola
lamina. Ed è proprio a partire da tali rotture che si dipartono tali delaminazioni, a causa
degli elevati sforzi di separazione intercorrenti nei punti di crack della matrice. Si nota
così come la delaminazione superiore di tale struttura sia posizionata in prossimità
dell'asse dell'impatto, parzialmente limitata dalle rotture adiacenti, mentre la
delaminazione inferiore risulta avere le maggiori possibilità di propagazione.
1.4 Macchinari per la riproduzione dell'impatto in laboratorio
Le metodologie utilizzate in laboratorio per simulare gli impatti a bassa velocità (a
bassa o elevata energia) si basano sull'utilizzo di macchinari Drop-Weight. Questi
vengono equipaggiati con apposite punte o dardi, mossi dalla forza gravitazionale,
aventi forma (emisferica o cilindrica) e dimensioni (raggio di curvatura e lunghezza)
diverse della zona che entrerà in contatto con il provino, a sua volta fissato su un piano
orizzontale. Nelle prove d’impatto l’impattatore non distrugge completamente il
provino, ma rimbalza, permettendo così di ricavare l’energia residua. La velocità
dell’impattatore può essere ricavata attraverso le equazioni del moto oppure attraverso
degli appositi sensori ottici. L’impattatore è poi, solitamente, strumentato in modo tale
da determinare l’andamento della curva forza-tempo e l’energia dissipata durante
l’impatto. A differenza delle prove eseguite con i pendoli (Charpy, Izod), in tal caso
abbiamo il vantaggio di poter utilizzare una diversa varietà di geometrie, senza che si
abbiano variazioni della resistenza del laminato composito.
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Figura I.6. Maglio per prove dinamiche[Gong, 1998].
Viceversa la simulazione degli impatti ad alta velocità (impatti balistici) viene
effettuata con le macchine Gas-Gun, in cui il proiettile (dardi o sferette) viene messo in
movimento (fino a velocità di 1000 m/s) dalla spinta pneumatica generata da un gas in
pressione (generalmente idrogeno) stivato in appositi serbatoi.
Questo proiettile viene così sparato contro il provino, ove la velocità al momento
dell’impatto può essere ricavata attraverso un sensore ottico, in modo tale da generare
danni su larga scala (prova d'impatto) oppure per penetrare il provino (prova di
penetrazione). Oggigiorno tali prove, eseguite in macchine opportunamente strumentate,
consentono di ricavare numerose informazioni quali, ad esempio, il diagramma forza-
spostamento. Con questo tipo di apparecchiatura si possono testare provini di
dimensioni diverse oltre che componenti di grandi dimensioni.
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Figura I.7. Schema di una macchina Gas-Gun [Roach, 1988].
Alcuni ricercatori cercano poi di riprodurre gli impatti dinamici attraverso delle
prove statiche in cui si utilizzano le comuni macchine di prova idrauliche, simili a
quelle utilizzate per effettuare le prove di trazione o di flessione. Le deformazioni subite
dai provini possono essere misurate attraverso estensimetri oppure con dei trasduttori di
tipo ottico. L'unico accorgimento sarà quello di assicurarsi che le masse della cella di
carico e dei sistemi di fissaggio siano sufficientemente piccole, tali che gli effetti
inerziali non falsino l'effettiva risposta del materiale.
Lo scopo di tali prove di simulazione è volta a riprodurre in laboratorio le condizioni
di impatto reale, per così mettere in evidenza il comportamento della lamina composita
durante l'impatto o per valutarne le residue capacità di resistenza strutturale successive
all'impatto.
Tali risultati costituiscono poi la base di partenza degli studi rivolti alla
determinazione di modelli analitici e numerici che simulino il comportamento del
laminato all'impatto. Ciò porta ad un miglioramento delle capacità, da parte del
laminato, di assorbire senza danni irreversibili, o comunque minimi, l'impatto.