6
economico generale della società stessa, condizionandola in positivo o in
negativo.
Seguire una certa razionalità e democrazia nella formazione della volontà
sociale è una prerogativa indispensabile per un buon andamento della
gestione societaria; soprattutto in una società di persone, in cui in genere
i soci sono pochi e legati molto spesso da vincoli personali. La scelta tra
l'adozione del principio di maggioranza e quello di unanimità,
l'applicazione del metodo collegiale ovvero di quello per referendum, si
rivelano quindi opzioni di fondamentale importanza per il rispetto di
principi basati sulla correttezza, la fiducia e la trasparenza delle
operazioni sociali. Il legislatore, nel codice attuale, non ha regolamentato
tali principi in maniera sistematica, ma ha previsto solo in alcuni casi la
loro applicazione. Affrontando il tema de jure condendo, ho preso in
considerazione anche un progetto di riforma codicistica del 1988, ma
neanche in quel contesto il principio di collegialità è stato affrontato.
Eppure il problema è vivo e pressante, dal momento che si tratta di
conciliare la valutazione dell'interesse comune, anche quello della
minoranza, con le esigenze di rapidità nelle decisioni, evitando le paralisi
di gestione societaria. Sono dell'avviso che la collegialità e l'unanimità
sono principi peculiari per le società di persone perché espressioni tipiche
di chi rischia illimitatamente il proprio capitale; e il non averli previsti e
regolamentati adeguatamente rischia di porre in serio pericolo la
convenienza ad aderire a forme societarie come le società di persone.
Il mio lavoro può essere suddiviso in tre parti, nelle quali ho trattato i
diversi aspetti degli argomenti in questione.
7
Nella prima parte ho analizzato i modelli di amministrazione nelle
società di persone ed in particolare: nel primo capitolo, l'amministrazione
nella società semplice e nella società in nome collettivo; nel secondo
capitolo, l'amministrazione nella società in accomandita semplice.
Questa suddivisione mi è sembrata più che dovuta in quanto
l'amministrazione nella società in accomandita semplice presenta
problemi ed aspetti notevolmente differenti dagli altri due tipi societari.
Ho ritenuto dunque utile un'analisi separata dei problemi, per rendere
quest'ultima più completa ed approfondita.
Quindi nel primo capitolo ho affrontato i problemi relativi al diritto di
opposizione nell'amministrazione disgiuntiva ed alla possibilità di deroga
prevista nel caso di amministrazione congiuntiva, evidenziando i caratteri
distintivi tra i due modelli amministrativi. Successivamente mi sono
occupato dei poteri amministrativi spettanti agli accomandatari, nonché
dei poteri di partecipazione alla gestione degli accomandanti, del divieto
di immistione e delle conseguenze derivanti da una sua eventuale
violazione.
La seconda parte della tesi è dedicata al problema della formazione della
volontà sociale.
Ho dapprima esaminato il principio di unanimità e il principio
maggioritario alla luce del silenzio legislativo e in relazione a quanto la
dottrina pensa in merito.
Un approfondimento più accurato è stato dedicato al principio di
collegialità e all'opportunità della sua applicazione per la formazione
della volontà collettiva.
8
Una parte della dottrina ha sempre ritenuto che il principio di collegialità
consente in ogni caso, all'unanimità o a maggioranza, decisioni più
ponderate attraverso il confronto delle varie opinioni e il concorso di tutti
i soci nella valutazione dell'interesse comune. Viceversa, c'è chi ha
sempre sostenuto l'opportunità dell'applicazione del metodo per
referendum, in nome dell'esigenza di rapidità ed elasticità nelle decisioni.
La giurisprudenza ha costantemente affermato l'inesistenza di un organo
assembleare all'interno delle società di persone e pertanto ha ritenuto che
la volontà sociale debba formarsi senza l'osservanza delle regole
collegiali. L'unica pronunzia in senso contrario è stata emessa dalla Corte
d'Appello di Milano il 23 ottobre 1970. Ho ritenuto utile evidenziare le
motivazioni di tale pronunzia, soprattutto perché non del tutto
contrastanti con l'orientamento della Cassazione e perché la sentenza era
riferita all'ipotesi di una deliberazione di esclusione del socio.
L'ultima parte del lavoro è dedicata allo studio del progetto di riforma
codicistica in materia di società di persone.
Ho evidenziato il motivo, gli obiettivi e le ragioni del fallimento del
progetto di riforma. Una comparazione costante tra testo vigente e testo
nuovo, proposto dalla Commissione per la riforma, mi è servita per
confrontare i modelli di amministrazione e soprattutto per verificare
l'eventuale introduzione di norme che prevedessero esplicitamente
l'adozione del principio di collegialità in determinate fattispecie.
Un dibattito importante emerso dalla proposta di riforma è stato quello
relativo alla "persona giuridica amministratore" nelle società di persone,
in quanto ha creato notevoli problemi di coordinamento con le norme non
modificate.
9
Le questioni della collegialità e del principio maggioritario sono
problematiche affrontate dalla dottrina prevalentemente nei decenni
passati e che sembrano ora assumere un ruolo di poco rilievo. La
giurisprudenza, invece, si è sempre occupata di tali problematiche; si
nota una costante presenza di sentenze e pronunzie nel tempo, dagli anni
sessanta ai giorni nostri.
E' inevitabile come abbiano rivestito notevole importanza le prime
sentenze perché dettavano, in un certo senso, un nuovo indirizzo
giurisprudenziale; attualmente la giurisprudenza non fa altro che ribadire
l'orientamento già intrapreso.
10
CAPITOLO 1
L'AMMINISTRAZIONE NELLA SOCIETA'
SEMPLICE E NELLA SOCIETA' IN NOME
COLLETTIVO.
11
CAPITOLO 1
L'amministrazione nella società semplice e nella società in
nome collettivo.
Sommario: 1.1. Premessa; 1.2. Art. 2257 c.c.; Amministrazione
disgiuntiva; 1.3. Il diritto di opposizione; 1.4. Art. 2258 c.c.;
Amministrazione congiuntiva; 1.5. Deroga all'amministrazione
congiuntiva; 1.6. Alcuni caratteri distintivi tra amministrazione
disgiuntiva e amministrazione congiuntiva; 1.7. Regole interpretative
delle clausole contrattuali; 1.8. Il problema dell'amministratore
estraneo.
1.1. Premessa.
L'amministrazione è - secondo la definizione di un illustre Autore -
"l'attività di esecuzione del contratto sociale, diretta a realizzare
l'interesse per il quale il contratto sociale è stato concluso; è, in termini
d'impresa, l'attività di gestione dell'impresa sociale"
1
.
La disciplina dell'amministrazione sociale, nella società semplice e nella
società in nome collettivo è molto scarna e si caratterizza per l'ampio
spazio lasciato all'autonomia negoziale. Il legislatore ha previsto due
modelli legali che non hanno carattere rigido; gli artt. 2257 e 2258 c.c.
enunciano principi a carattere suppletivo
2
che trovano applicazione se i
soci non hanno disposto diversamente nell'atto costitutivo, o nei limiti in
cui non siano state dettate dai soci regole difformi.
L'idea di fondo che domina questo aspetto della disciplina delle società di
persone è che i soci possono modellare il funzionamento della società nel
1
F. GALGANO, Le società, in Diritto commerciale, Bologna, 1992, pag. 58.
2
La natura degli artt. 2257 e 2258 c.c. è suppletiva, in quanto la lettera dell'art. 2257
("Salvo diversa pattuizione") non lascia dubbi in proposito, né dubbi sono sorti in
dottrina o in giurisprudenza (App. Catanzaro, 28 agosto 1952, in Dir. fall., 1952, II, 380
e Cass. 11 maggio 1955., n°1351, in Dir. fall., 1955, II, 416).
12
modo che ritengono più opportuno, in quanto rischiano anche il
patrimonio personale
3
.
Le fonti del rapporto di amministrazione possono essere la legge e,
derogando ad essa, il contratto sociale. Si possono, pertanto, individuare
ipotesi legali e ipotesi contrattuali di regolamento dell'amministrazione
della società.
1.2. Art. 2257 c.c.; Amministrazione disgiuntiva.
La disciplina legale muove dall'idea che il potere di amministrazione sia
connaturato alla posizione di socio, e pertanto prevede che
l'amministrazione spetti a ciascun socio illimitatamente responsabile e in
maniera disgiunta dagli altri
4
. Ciò si deduce dal principio formulato
dall'art. 2257, c.1, secondo il quale: "Salvo diversa pattuizione
l'amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente
dagli altri.". Nella società semplice e nella società in nome collettivo, il
potere di amministrare si presenta come attributo inerente alla qualità di
socio: ciascun socio è, in quanto tale, amministratore della società.
Ognuno ha la facoltà di amministrare; appare evidente, quindi,
l'inscindibilità della posizione di socio da quella di amministratore
5
.
Parte della dottrina contesta l'identificazione fra le due figure, perché non
considera il potere di amministrazione un elemento naturale del rapporto
sociale e quindi necessita di un'autonoma disciplina. Rapporto sociale e
3
Cfr. G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 2. Diritto delle società, Torino, 1997,
pag. 87; è dello stesso avviso L. BUTTARO, Diritto commerciale, Lezioni introduttive,
Bari, 1995, pag. 54.
4
Cfr. G. FERRI, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1993, pag.281.
5
Cfr. F. GALGANO, Le società, in Diritto commerciale, cit. alla nota 1 del cap. 1, pag.
58.
13
rapporto di amministrazione sarebbero due rapporti distinti che si
integrano a vicenda, conservando però la loro indipendenza.
Il motivo fondamentale per cui l'amministrazione spetta ai soci
illimitatamente responsabili è il rapporto esistente tra il fattore rischio e il
potere di direzione: chi si accolla un rischio illimitato deve avere la
possibilità di indirizzare e controllare personalmente l'attività di cui deve
sopportare gli effetti; questo criterio dovrebbe così assicurare una
efficiente e responsabile direzione d'impresa
6
.
Il modello legale di amministrazione disgiuntiva si applica nel silenzio
delle parti, non ha carattere imperativo e la sua derogabilità è ammessa
dallo stesso art. 2257 e si deduce anche dalla possibilità, prevista dallo
stesso legislatore, di altre forme di amministrazione
7
. Tale modello
prevede che ciascun amministratore ha la facoltà di compiere
disgiuntamente dagli altri amministratori tutti gli atti che rientrano nella
funzione amministrativa. Si è in presenza di una pluralità di
amministratori, ognuno dei quali agisce indipendentemente dagli altri,
senza che vi sia una previa distribuzione delle competenze. Fra tutti gli
amministratori c'è una parità di funzioni e reciproca indipendenza:
l'amministrazione disgiuntiva è, perciò, quella che apparentemente
potrebbe meno prestarsi ad una coerente gestione degli affari sociali
8
.
Se a una prima impressione questo criterio legale può sembrare dar
luogo a possibili disarmonie nella gestione, a creare contrasti e a limitare
6
Cfr. V. BUONOCORE, G. CASTELLANO, R. COSTI, Società di persone (Casi e
materiali), Milano, 1980, pag. 508.
7
Cfr. F. GALGANO, Le società, in Diritto commerciale, cit. alla nota 1 del cap. 1, pag.
59.
8
Cfr. R. BOLAFFI, La società semplice: contributo alla teoria delle società di persone,
Milano, 1975, pag. 424.
14
lo spirito di collaborazione, esso invece si ispira a ragioni concorrenti: la
fiducia reciproca fra i soci, l'esigenza di rapidità nelle decisioni, la
possibilità di incrementare l'attività degli amministratori e quindi l'attività
sociale, infine, la garanzia di una prudente ed accorta gestione degli affari
sociali
9
.
Caratteristica peculiare del sistema disgiuntivo è che ciascuno degli
amministratori può intraprendere e concludere un'operazione, senza
essere tenuto a darne preventiva notizia agli altri: il singolo è
integralmente investito dei poteri della società e quindi, può agire
all'insaputa dei colleghi;
10
vi è dunque l'eventualità che in concreto i soci
ignorino gli uni le iniziative degli altri,
11
fermo restando il diritto di
ciascuno di chiedere agli amministratori notizie sull'andamento degli
affari sociali.
9
Cfr. M. GHIDINI, Le società di persone, Padova, 1972, pag. 360.
10
Cfr. F. GALGANO, Il principio di maggioranza nelle società personali, Padova,
1960, pag. 72.
11
Sono di questo parere F. GALGANO, Le società, in Diritto commerciale, cit. alla
nota 1 del cap. 1, pag. 84; A. SERRA, Unanimità e maggioranza nelle società di
persone, Milano, 1980, pag. 234; G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 2. Diritto
delle società, Torino, 1997, pag. 82, infine anche E. RIMINI, Sui confini del c.d. diritto
di veto nelle società in nome collettivo, in Giur. comm., 1989, II, pag. 353.