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molteplici cambiamenti sociali, provocati dalla Seconda Guerra
Mondiale, l’evoluzione della tecnologia, le rivendicazioni dei movimenti
femministi, l’incremento della scolarizzazione hanno profondamente
mutato il ruolo tradizionale della donna.
E ora, nella società odierna, alle soglie del terzo millennio, le differenze
di ruolo tra uomo e donna sono solo un retaggio del passato, frutto di
stereotipi e pregiudizi duri a morire o hanno ancora ragione di esistere?
Come si vedono, in che modo si sentono realizzate le donne stesse? Si
riconoscono ancora nello stereotipo tradizionale che le vuole a prendersi
cura unicamente della casa e della famiglia o ritengono di poter
perseguire la propria autorealizzazione attraverso le attività extra-
domestiche, il lavoro, la carriera, il successo, come hanno fatto finora i
loro colleghi uomini?
Ci può essere, inoltre, una terza via, tutta femminile, al successo, che
consenta alle donne di sviluppare una nuova identità, non in
subordinazione, né in competizione col ruolo maschile, ma dotata di una
propria specificità, data dal possesso di competenze diverse e peculiari?
1.2 Cenni storici e chiarimenti su alcuni termini
Gli studi psicologici sui sessi e le differenze sessuali risalgono al
principio del secolo, anche se è stato solo a partire dalla metà del XIX
secolo che uomo e donna sono divenuti oggetto di investigazione
scientifica, fondamentalmente a causa dei grandi cambiamenti sociali,
economici, politici e psicologici dovuti alla rivoluzione industriale, che
hanno interessato la posizione della donna nella società e nella famiglia.
Durante i primi anni del secolo le ricerche si sono concentrate sulle
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differenze psicologiche tra uomini e donne, con l’elaborazione di
numerosi test riguardanti le loro capacità percettive, motorie e cognitive.
La psicologia delle differenze di genere, vale a dire lo studio dei
confronti delle performances di maschi e femmine, ha attraversato in
seguito un momento di stallo: i ricercatori hanno assunto un
atteggiamento che si potrebbe definire “politically correct”,
(politicamente corretto, egualitario) rifiutandosi di tener conto di dati che
evidenziassero queste differenze tra i sessi.
E' stato fondamentalmente negli anni’60 che le ricerche hanno subito un
forte impulso, motivato, tra l’altro, dall’azione dei movimenti femministi
(Lloyd, 1997).
A questo punto, può essere utile fornire alcune definizioni dei termini fin
qui utilizzati, e di quelli che utilizzeremo in seguito.
Le rappresentazioni sociali, così come sono state definite da Moscovici
(1982-1984-1986), consistono in “sistemi di idee, sistemi cognitivi, teorie
di conoscenza costruiti nell’interazione sociale quotidiana”, il cui scopo è
di “rendere familiare ciò che è inconsueto, creare un universo in cui
possiamo sentirci a casa”, attraverso due meccanismi: l'ancoraggio, che
consiste nell’ “agganciare” le idee insolite, nel ridurle ad immagini a noi
più familiari e l’oggettivazione, ossia, trasformare l’astratto in concreto,
in qualcosa che esiste nel nostro mondo fisico (Amerio, 1995).
Un altro termine frequentemente impiegato è quello di ruolo, col quale si
indica il comportamento che ci si attende da parte di chi
occupa una data posizione sociale. I ruoli sono un elemento fondamentale
del processo di socializzazione: il loro carattere di prevedibilità e stabilità
consente la comunicazione tra gli individui.
Il ruolo non è solamente utile all’individuo, ma anche alla società,
poiché, avendo un carattere prescrittivo e fornendo un modello cui
adeguarsi, assicura al quadro sociale una relativa stabilità.
Sebbene usati di frequente con lo stesso significato, i termini ruolo di
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genere e ruolo sessuale si differenziano per il fatto che quest’ultimo
siriferisce soprattutto a determinanti biologiche (cromosomi, gonadi,
ormoni), mentre il genere è un costrutto sociale, uno schema per
categorizzare gli individui, e si riferisce quindi a proprietà e
caratteristiche psicologiche.
Per identità di genere si intende l’uguaglianza, unità e persistenza
dell’individuo come uomo o donna, mentre per costanza di genere la
percezione, da parte dell’individuo, che il proprio sesso si mantiene
costante nel tempo.
Le condotte tipiche del sesso sono quelle che si ritrovano con maggiore
frequenza in un sesso piuttosto che in un altro, anche se non in maniera
esclusiva (Moya Morales, 1985).
1.3 Maschi e femmine: diversi per natura o per cultura?
Se le differenze tra maschi e femmine siano imputabili in misura
maggiore alla natura o alla cultura è questione lungamente dibattuta e
ancora aperta. Secondo Caprara - “...maschi e femmine sono
biologicamente diversi ed è inevitabile che anatomia e fisiologia
influenzino la loro psicologia ... Di fatto la natura lascia un’ampia
discrezionalità alla cultura e agli individui stessi nel decidere che cosa
fare del patrimonio di potenzialità che essa fornisce” - (Caprara, 1999).
E' molto difficile, infatti, identificare quali differenze tra i sessi di fatto
esistano e quali siano attribuibili ai processi di socializzazione. Un tempo
si riteneva che le differenze fossero così rilevanti da impedire ad un sesso
di portare a termine il ruolo tipicamente assegnato all’altro.
La tendenza attuale è quella di sottolineare la mancanza di differenze
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(Hoffman, 1977).
Nel loro “The psychology of sex differences” (1974), rassegna di oltre
1400 ricerche psicologiche pubblicate su riviste americane, Maccoby e
Jacklin smentiscono sostanziali differenze tra i due sessi riguardanti tratti
di personalità e capacità. Le uniche variabili da loro indicate riguardano
la superiorità maschile nelle abilità visuospaziali e matematiche e quella
femminile nei compiti verbali. Il solo tratto di personalità che denota una
differenza rilevante è l’aggressività, più marcata per gli uomini e i
ragazzi rispetto alle donne e alle ragazze.
Volendo generalizzare questi dati e altri provenienti da ulteriori ricerche
compiute in America, si potrebbe affermare che le donne tendono ad
essere meno aggressive, più orientate all’affiliazione e all’allevamento
della prole, con maggiore empatia, meno indipendenti e meno proiettate
verso attività extra-domestiche. Il ruolo principale nello stabilire
differenze tra uomini e donne sembrano giocarlo proprio la cultura, i
processi di socializzazione che, applicati in modo differenziale a seconda
dei sessi, conducono bambini e bambine a comportarsi in maniera
congruente con lo stereotipo di genere.
Nella nostra società alle femmine viene insegnato ad essere
maggiormente orientate verso gli altri, ad essere eterodirette e dipendenti,
mentre i maschi apprendono ad essere indipendenti, aggressivi ed
orientati al successo. I genitori tendono ad incoraggiare nei ragazzi
l’autonomia dalla famiglia, nelle ragazze la dipendenza da essa. I maschi
vengono maggiormente incentivati alle attività indipendenti, alle ragazze
viene chiesto di farsi carico dei problemi familiari e di adempiere i rituali
della famiglia (Cohler e Geyer, 1988). Il promuovere l’attaccamento alla
casa è funzionale alla sessualizzazione del ruolo “domestico”, ma può
anche indebolire la capacità delle donne di sviluppare una propria vita
autonoma al di fuori della famiglia.
Attraverso le pratiche di socializzazione i genitori tendono a educare i
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bambini in modo da renderli adatti al ruolo che da adulti ricopriranno,
quello professionale per i figli maschi e quello materno per le figlie.
Sembrerebbe, quindi, che la donna abbia a disposizione un unico modello
nel quale riconoscersi, un’unica rappresentazione da utilizzare nel
processo di costruzione della propria identità (costruzione che avviene
essenzialmente nel sociale).
Gli studi condotti in questi ultimi anni sembrano dimostrare il contrario:
il ruolo della donna è cambiato, sono cambiati i modelli cui fa
riferimento, o, perlomeno, ve n’ è più di uno a disposizione.
1.4 Casalinga, donna in carriera o...
Dubè e Auger, in uno studio pubblicato nel 1984 sul Canadian Journal of
Behavioral Sciences, hanno identificato due modelli ben distinti cui le
intervistate, studentesse universitarie, sposate o no, facevano riferimento:
da un lato la donna tradizionale, che sta a casa e si consacra
esclusivamente al suo ruolo di madre e di sposa; dall’altro la donna in
carriera, per la quale è importante avere un lavoro fuori casa e una
carriera, che aspira ad un posto di prestigio nel suo lavoro, prosegue gli
studi universitari e ritiene importante riuscire in questo campo.
Le studentesse dei due gruppi si sono identificate maggiormente con la
“donna in carriera”, che aspira alla riuscita accademica e professionale,
mentre hanno ritenuto la “donna tradizionale” più vicina all’ideale degli
uomini, più popolare presso di loro. Dissociandosi quindi dall’immagine
femminile tradizionale, il campione analizzato propone la donna in
carriera e la riuscita professionale come unico modello di donna,
mostrando di aspirare alla ridefinizione del ruolo femminile.