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Introduzione
I terreni della Regione Campania sono in parte costituiti da terreni piroclastici poggianti su
massiccio calcareo e, spesso, sono interessati da colate di fango. Queste frane coinvolgono
gli strati più superficiali della coltre appartenenti all’eruzione vulcanica dei distretti Campi
Flegrei e Somma – Vesuvio.
La pioggia ne rappresenta il principale fattore scatenante perché produce un significativo
aumento del grado di saturazione e, di conseguenza, riduzioni della suzione e della
resistenza a taglio.
Nell’ambito di un progetto di ricerca è stato allestito dal 2005 un campo sperimentale nel
territorio comunale di Monteforte Irpino (Av). In un primo momento il campo di
strumentazione è stato predisposto per la misura della suzione e del contenuto d’acqua della
coltre piroclastica attraverso l’installazione di tensiometri e sonde TDR a diverse
profondità. Successivamente, è stata installata una stazione meteorologica per la misura
delle variabili climatiche (intensità di pioggia, temperatura dell’aria, umidità dell’aria,
radiazione netta, velocità e direzione del vento).
La riproduzione del regime idrico annuale nel sottosuolo attraverso l’analisi numerica
consente di interpretare i fenomeni di circolazione dell’acqua e, quindi, offre la possibilità
di prevedere il comportamento futuro del pendio e la sua predisposizione alla rottura.
A tale scopo è stato utilizzato il codice numerico Vadose/W, software agli elementi finiti.
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Una sezione longitudinale del sito è stata rappresentata da una mesh 2D e sono state
simulate le condizioni climatiche registrate in sito su un anno dal 23 Dicembre 2008 al 31
Dicembre 2009.
La coltre è stata caratterizzata termicamente in base alla natura del terreno e idraulicamente
a partire dalle misure di suzione e di contenuto d’acqua raccolte in sito.
In particolare, nel primo capitolo si tratteranno i fenomeni franosi e nello specifico le colate
rapide. Quest’ultime si verificano generalmente su pendii montani ripidi quando vengono
mobilitati ammassi granulari in seguito all’apporto di grandi quantità d’acqua, dovute ad
eventi piovosi di particolare intensità, repentini scioglimenti di nevai o ghiacciai, dalla
rottura di bacini idrici.
Nel secondo capitolo, invece, si discuterà del comportamento idraulico dei terreni
parzialmente saturi e dello studio delle interazioni esistenti fra scheletro solido ed acqua. Si
definisce così una grandezza fisica capace di definire e misurare coerentemente le azioni di
scambio tra la fase solida e la fase liquida.
Il terzo capitolo è dedicato alla descrizione del campo prove e delle attività svolte in sito. In
particolare si descrivono la posizione geografica dell’area oggetto di studio e tutte le
indagini preliminari che hanno portato alla scelta di tale area. Successivamente vengono
presentati i risultati dell’indagine geologica con le relative sezioni stratigrafiche di dettaglio
e vengono indicati gli strumenti utilizzati.
Infine, nel quarto capitolo, è stata riprodotto il comportamento su un anno di una sezione
longitudinale del campo prove e ad ogni strato è stata associata una caratterizzazione
idraulica sulla base dei dati in sito e di laboratorio ed una caratterizzazione termica in base
alla natura dello strato. Tale modellazione è stata convalidata dal confronto dei profili di
suzione e di contenuto d’acqua calcolati con le misure raccolte in sito.
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Capitolo 1
Le colate
1.1 Frane: caratteri generali
Nell’ambito dell’evoluzione morfologica dei rilievi, le frane assumono un’importanza non
trascurabile e sono i più appariscenti tra i fenomeni di trasporto di massa.
Il termine di frana si riferisce a quei distacchi di corpi di terreno o blocchi di roccia che si
risolvono quasi sempre con la discesa più o meno repentina lungo un versante.
Una frana può verificarsi improvvisamente, oppure gradualmente. Le dimensioni di una
frana sono molto varie; queste, sia longitudinalmente che trasversalmente al versante,
possono avere sia lunghezze dell’ordine del metro che chilometriche.
Nelle frane più comuni si possono distinguere tre parti principali (Figura1.1):
· Zona di scorrimento:
Ø la corona (coronamento): costituita dal materiale non mobilizzato, adiacente alle
porzioni più elevate della scarpata principale;
Ø la scarpata principale: zona del versante da cui ha avuto origine il distacco del
materiale;
Ø superficie di frattura: superficie lungo la quale è avvenuto il movimento;
Ø corpo principale: porzione del corpo di frana che giace al di sopra della superficie di
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frattura, delimitata superiormente dalla scarpata principale e, inferiormente, dal
piede della superficie di frattura.
· Corpo principale:
Ø la testata: parte più alta della frana, al contatto con la scarpata principale;
Ø le scarpate secondarie: superfici ripide che interrompono la continuità del materiale
franato;
Ø fratture longitudinali e/o trasversali: indicative di movimenti relativi delle singole
porzioni del corpo di frana.
· Zona di accumulo:
Ø la superficie di separazione: superficie lungo la quale si ha il contatto tra il materiale
franato e quello sottostante;
Ø il piede: porzione del materiale dislocato che si è accumulata a valle del margine
inferiore della superficie di rottura.
Figura 1. 1 – Schema di una frana
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1.1.1 Classificazione delle frane
L’analisi del tipo e della velocità del movimento, della forma della superficie di scorrimento
ed del tipo di materiale franato, consente di identificare le modalità di sviluppo della frana e
di codificare il fenomeno secondo una classifica di riferimento.
Tra i numerosi esempi di moderne classifiche dei fenomeni franosi si è ritenuto opportuno
esporre quella proposta da D.J. Varnes secondo cui si distinguono:
· Crolli (Falls): la massa si muove prevalentemente nell’aria. Il fenomeno comprende la
caduta libera, il movimento a salti e rimbalzi e il rotolamento di frammenti di roccia o di
terreno sciolto, (Figura 1.2);
Posizione
iniziale del blocco
Blocco
crollato
Onde
Posizione
iniziale del blocco
Blocco
crollato
Onde
Detrito
di frana
Detrito
di frana
Figura 1. 2 - Crolli
· Ribaltamenti (Topples): il movimento è dovuto a forze che causano un momento
ribaltante attorno ad un punto di rotazione situato al di sotto del baricentro della massa
interessata. Qualora il fenomeno non sia frenato può evolvere in un crollo o in uno
scorrimento, (Figura 1.3);
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· Scorrimenti o scivolamenti (Slides): il movimento comporta uno spostamento per taglio
lungo una o più superfici, oppure entro un “livello” abbastanza sottile. Queste superfici
di scorrimento sono visibili o possono essere ragionevolmente ricostruite. Distinguiamo
scorrimenti di tipologie:
Ø Rotazionali (Rotational) nel quale il movimento è dovuto a forze che producono
un momento di rotazione attorno ad un punto posto al di sopra del centro di
gravità della massa; la superficie di rottura si presenta concava verso l’alto,
(Figura 1.4);
Posizione
iniziale
Massa
dislocata
Posizione
iniziale
Massa
dislocata
Rigonfiamento
al piede
Unghia
Coronamento
Superficie di
scorrimento
Centro di rotazione
Rigonfiamento
al piede
Unghia
Coronamento
Superficie di
scorrimento
Centro di rotazione
Rigonfiamento
al piede
Unghia
Coronamento
Superficie di
scorrimento
Centro di rotazione
Figura 1. 4 - Scorrimenti rotazionali
Ø Traslativi (Translational) dove il movimento si verifica in prevalenza lungo una
superficie più o meno piana o debolmente ondulata, corrispondente
Figura 1. 3 - Ribaltamenti Figura 1. 3 - Ribaltamenti
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frequentemente a discontinuità strutturali, quali faglie, giunti di fessurazione o di
stratificazione, o passaggi fra strati di diversa composizione litologica, o contatto
tra roccia in posto e detrito soprastante, (Figura 1.5).
Posizione iniziale
Blocco in frana
Posizione iniziale
Blocco in frana
Figura 1. 5 - Scorrimenti traslativi
· Espansioni laterali (Lateral spreads): i movimenti di espansione laterale, diffusi in una
massa fratturata, si verificano nei due seguenti modi:
Ø Non si riconosce né una superficie basale di scorrimento, né una zona di
deformazioni plastiche ben definite (prevalentemente in roccia);
Ø L’espansione laterale della roccia o del terreno sciolto è dovuta alla liquefazione
o alle deformazioni plastiche del materiale sottostante, (Figura 1.6).
Figura 1. 6 - Espansioni laterali
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· Colamenti (Flows): si possono distinguere due tipologie di colamenti:
Ø In ammassi rocciosi (in bedrock), il cui fenomeno comprende deformazioni
spazialmente continue e crepe, sia superficiali che profonde. Esso comporta
movimenti differenziali, che sono estremamente lenti e generalmente non
accelerati, fra unità che rimangono relativamente intatte.
I movimenti possono:
- avvenire lungo più superfici di taglio che apparentemente non sono collegate;
- provocare piegamenti o rigonfiamenti;
- apparire, nella distribuzione delle velocità, approssimativamente simili ai
movimenti tipici dei fluidi viscosi.
Ø In terreni sciolti (in soil) dove il fenomeno si esplica con movimenti entro la
massa spostata, tali, per cui o la forma assunta dal materiale in movimento o la
distribuzione apparente delle velocità e degli spostamenti, sono simili a quelle
dei fluidi viscosi. Le superfici di scorrimento nella massa che si muove sono
generalmente visibili, oppure hanno breve durata. Il limite tra la massa in
movimento e il materiale in posto può essere una superficie netta di movimento
differenziale, oppure una zona di scorrimenti distribuiti. Il movimento varia da
estremamente rapido a estremamente lento, (Figura 1.7)
.
Posizione originale
Massa dislocata
Posizione originale
Massa dislocata
Figura 1. 7 - Colata di terra
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· Frane complesse (Complex): il movimento risulta dalla combinazione di due o più dei
cinque tipi principali sopra descritti. Molte frane sono complesse, ma generalmente un
movimento predomina, spazialmente o temporalmente, sugli altri, (Figura 1.8).
Scarpa
Fratture
Scorrimento
Colata di terra
Blocco
Superficie
di rottura
Scarpa
Fratture
Scorrimento
Colata di terra
Blocco
Superficie
di rottura
Figura 1. 8 - Frana complessa scorrimento-colata