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ad evidenziare alcuni dei passi fondamentali nell’immenso calderone di produzioni e
sperimentazioni che hanno permesso il plasmarsi di modalità espressive altamente
articolate come quelle che stiamo trattando.
Per passare ad una anticipazione di quanto sarà trattato, la prima parte del lavoro
sarà dedicata ad una ricostruzione per punti fondamentali dei contributi significativi
per la nascita ed evoluzione del videoclip. Difatti, quanto sopra detto, va anticipato
nel tempo perché se si parla di frammentazione nel montaggio non può non venire in
mente la scuola Russa (solo l’asincrono ci rimanda tranquillamente al “Manifesto
dell’asincronismo”), con esponente di spicco “l’omnicitato”, Ejzsenstein
fondamentale per le teorie sull’accostamento di immagini significative prima e di
suoni poi. Altro settore di sperimentazione che ha dato importanti impulsi
all’espressione del videoclip è sicuramente l’avanguardia che pur producendo
materiale più di carattere artistico e non ancora legato ad esigenze commerciali ha
gettato importanti basi per la nostra “forma breve”, come per Renè Clair e il suo
“Entràcte”, da molti definito il primo e vero capostipite, o l’altro antenato Fischinger
da altri indicato come anticipatore del moderno videoclip con “Komposition in Blau”.
Molti sono stati i tentativi di ricostruzione storica ed è sempre stato aperto e acceso il
dibattito sul primo videoclip. In questa sede sarà data rilevanza non tanto ai primati
temporali quanto a primati espressivi e significativi che hanno segnato l’audiovisivo
sempre nel rapporto con il pubblico fruitore che determina quali aspetti si
“tramandano” sotto forma di segni per diventare modalità espressive del videoclip
contemporaneo. Sicuramente sono da citare i “Soundie” statunitensi, il Cinebox e lo
Scopitone veri e propri Juke‐box visivi che hanno indirizzato molto i gusti del pubblico
e che si sono proposti in forme e luoghi diversi determinando fortemente la
caratterizzazione di un vero e proprio “genere” con modalità espressive peculiari,
teoria che ho intenzione di sostenere in questo lavoro. Per parlare di veri e propri
videoclip dobbiamo arrivare fra la metà degli anni settanta, con le prime apparizioni,
e gli anni ’80 quando, superata l’ostilità del mondo della televisione, il videoclip
prende piede grazie alla spinta dell’industria discografica il cui apporto non è da
considerarsi in maniera negativa anche se finalizzato al profitto, anzi è proprio grazie
alla spinta al guadagno che il videoclip è stato portato a diventare la più avanzata
(almeno dal lato espressivo) forma di comunicazione audiovisiva contemporanea.
8
Definiti, quindi, i passi fondamentali nella storia della costruzione delle nostre
modalità espressive, nella seconda parte del lavoro saranno analizzate le varie forme
espressive su cui fa leva il videoclip e le strategie di comunicazione adottate per
raggiungere scopi ben “targettizzati” nella società contemporanea. E’ importante, per
inquadrare le varie forme, analizzare i pur sempre incompleti e imprecisi tentativi di
classificazione linguistica ed espressiva che comunque ci sottolineano alcuni aspetti
fondamentali nella comprensione espressiva: minimo comun denominatore di tale
processo è sicuramente l’ibridazione linguistica comune a tutti i videoclip e portata
dallo “strumento espressivo” per eccellenza, il montaggio. Analizzando quindi il
montaggio, le varie strategie di enunciazione, il rapporto fra immagini e suoni, il
processo di costruzione della star, andremo a cercare di sostenere l’autonomia
espressiva del linguaggio del videoclip.
La terza parte del lavoro sarà dedicata all’analisi di un videoclip, proprio negli aspetti
appena citati per andare a capire quanto definito teoricamente, per intendere quanto
siano sottili i meccanismi di costruzione espressiva di tali forme brevi che si
distinguono anche da tutte le altre simili per il tempo breve di durata ma non per la
forma (si pensi alla pubblicità che promuove un prodotto mentre il videoclip
promuove una confezione, un pacchetto che attraverso la star arriva solo in un
secondo momento al vero e proprio prodotto fisico che fra l’altro si sta
smaterializzando grazie alla frontiera virtuale che non lo rende più tanto fisico come
in passato). Tale considerazione apre la strada alla quarta e ultima sezione del lavoro
dove saranno analizzate le strade contemporanee per provare ad ipotizzare
prospettive future di un mondo della comunicazione che va verso l’immateriale della
rete mutando, di prospettiva, anche la produzione dei lavori stessi. Il mezzo di
comunicazione “leader” del videoclip è stato a lungo tempo la televisione, rispetto
alle quale sono stati distinti due periodi di evoluzione nella distribuzione del videoclip
contemporaneo: dallo sviluppo di inizi ’80 a fine anni ’90, il videoclip ha conosciuto
nuove modalità di rapporto col pubblico grazie alla diffusione prima nelle televisioni
generaliste e successivamente nei canali tematici, satellitari; a partire dal boom del
digitale e di internet quindi da fine ’90, il videoclip ha conosciuto evoluzioni “fuori la
televisione” essendo proposto in diversi formati su internet, sul telefonino, sul
palmare, oltre che via satellite. Quindi il videoclip “nuota” in un panorama altamente
9
influenzato dalla tecnologia che a sua volta influenza la società che è il pubblico del
videoclip stesso: ogni forma espressiva, specie quelle di accezione commerciale, vive
del rapporto col pubblico e se il pubblico e i suoi bisogni variano, lo fanno di
conseguenza anche i prodotti a loro dedicati. Proveremo quindi , in ultima analisi, ad
ipotizzare dove si può arrivare, facendo presenti quelle che potrebbero essere le linee
di tendenza. Il tutto tenendo presente che il rapporto tecnologia/società
contemporanea si presta difficilmente a previsioni proprio per una “natura”
sperimentale e legata a diverse dinamiche che intrecciandosi, provocano numerosi
sconvolgimenti.
Allora che cos’è un videoclip? E’ utile, ai fini di un miglior inquadramento del raggio di
azione di questo lavoro, dare una definizione di questa forma breve che per le sue
ibride caratteristiche sfugge a molti tentativi di tipicizzazione. Il videoclip è
letteralmente
1
un “ritaglio di video”, ovvero un formato audiovisivo di natura breve
costruito su un brano musicale con immagini molto veloci e frammentate e altri
espedienti creativi per raggiungere in maniera fortemente comunicativa il fruitore; il
carattere promozionale di tale audiovisivo, nel corso del tempo, è stato anche il
“propulsore espressivo” che ne ha consentito uno sviluppo creativo che ha reso il
videoclip una delle più avanzate forme di audiovisivo contemporaneo. Con l’era
digitale si sono allargate le possibilità produttive e si sono generate importanti
evoluzioni che hanno modificato il genere sia dal punto di vista del mercato sia da
quello espressivo.
1
Definizione letterale dal WIkidizionario di Wikipedia.
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CAPITOLO 1
Evoluzioni storiche, il filone di ricerca espressiva
e i primi passi sul mercato
Linee guida dall’era della sperimentazione al contemporaneo
1.1 Gli antenati del videoclip
a maggior parte della letteratura di settore, unita all’intuizione comune che
spesso si eleva al rango di sapere, colloca la nascita del videoclip a metà anni
’70, spesso con precisione nel 1975 col famosissimo video dei Queen
“Bohemian rhapsody” e più sociologicamente con l’affermazione di necessità
industriali proiettate verso il pubblico tipiche dell’era New Pop
2
. Tale interpretazione
è da considerarsi almeno parzialmente erronea in quanto già prima, spesso molto
prima, nel campo dell’audiovisivo si sono avute manifestazioni che se non potevano
definirsi videoclip in toto (manca ancora la tecnologia video vera e propria),
sicuramente ne possedevano parecchie caratteristiche specie espressive per forma e
ritmo ma anche industriali con le prime forme di promozione del mercato
discografico.
Questo periodo sperimentale è da includere nella storia del videoclip che altrimenti
potrebbe risultare come nato da una sorta di “big‐bang” audiovisivo mentre è
palesemente frutto della stratificazione delle sperimentazioni audiovisive “fissate”
nella storia tramite il rapporto col pubblico nel sapere comune che in quest’ottica
risulta ora completo. Come spiega efficacemente Martin Scorzese
3
per il cinema, il
fenomeno è frutto quindi di una progressiva presa di coscienza audiovisiva: “Ho
sempre pensato che il linguaggio visivo è altrettanto importante del linguaggio
verbale. Quello che i pionieri del cinema stavano esplorando erano le tecniche
specifiche del mezzo. Così facendo, inventarono un nuovo linguaggio basato sulle
2
Periodo musicale che va dai Beatles in poi in cui prende forma un confezionamento della musica
come prodotto industriale e quindi soggetto a una promozione a diversi livelli che includono il
videoclip.
3
Cassani D., Manuale del Montaggio, Tecnica dell’editing nella comunicazione cinematografica e
audiovisiva, Utet, Torino 2000, p. 16.
L
11
immagini piuttosto che sulle parole, quella che si potrebbe definire una grammatica
visuale…”.
Il periodo che ruota attorno alla nascita del cinema è un grande calderone in cui
ribollivano alcune idee che si sarebbero fatte grande strada nel corso del secolo. Il
dibattito su gli elementi che possano essere riconducibili a sviluppi nel filone del
videoclip è aperto. Fra le eterogenee interpretazioni riscontrate la più efficace e
minuziosa mi sembra quella di Bruno di Marino che va a rintracciare contatti sin da
Wagner e Reynaud per la sinestesia artistica, passando per gli ormai famosi
esperimenti di Edison e Dickson
4
per arrivare all’avanguardia vera e propria e alla
scuola russa di cinematografia, momenti storici che a mio parere hanno contribuito
maggiormente alla “metastasi” audiovisiva del videoclip.
1.1.2 Le “fondamenta” di Ejzsenstejn e della scuola russa
L’autore che più ha contribuito ad un’azione di codifica delle immagini in movimento
ed al quale si può fare riferimento per tutto lo scibile audiovisivo è di sicuro Sergej M.
Ejzenstejn; basta citare la sua definizione di film quale “sintesi suprema di tutte le
manifestazioni artistiche” per trovarci già molto vicini all’universo del videoclip. Nei
suoi testi come “La forma cinematografica”, “La natura non indifferente”, “Il
montaggio”, troviamo concetti fondamentali come “montaggio metrico”, “ritmico”,
“tonale”, “sovratonale”, e suggestioni teoriche come “lo sconfinamento delle
immagini nella musica”, siamo solo fra gli anni ’20 e gli anni ’40 proprio dove si sta
cercando di collocare l’origine del videoclip.
Parlando di “montaggio verticale”, Ejzenstejn fa riferimento ad ogni possibile forma di
prodotto filmico‐video‐sonoro attribuendo all’elemento musicale la capacità
espressiva di collegare componenti apparentemente disomogenei del prodotto
audiovisivo (parole e colori, testo della sceneggiatura e pura dinamica visiva delle
inquadrature). L’elemento musicale va a creare la “legatura audiovisiva” di un’opera
andando a coordinare elementi apparentemente disomogenei ed andando a definire
una sorta di “partitura visiva”.
La prova tangibile di quanto Ejzenstejn proiettasse le sue analisi direttamente verso il
futuro audiovisivo previsto e codificato è contenuta in un documento redatto
4
Vedi videografia, p. 161.
12
assieme ad altre due menti della scuola russa Pudovkin e Aleksandrov. Il documento è
una dichiarazione a tre voci sul “futuro del sonoro” e appare quasi come una profezia
su tutto quello che sarebbe accaduto nei decenni successivi nel rapporto tra musica e
immagini in movimento. C’è il doveroso tributo al montaggio, “il mezzo fondamentale
e unico con cui il cinema ha raggiunto un così alto livello espressivo”, che ha il gran
merito di conferire un’efficacia visiva alle immagini infondendo ad esse la capacità di
imprimersi nella mente dello spettatore per la carica “iconografica” data da tagli in
inquadrature, fotografia nel senso cinematografico della parola, dalla carica di
“eccitazione” del ritmo del montaggio.
Dalle teorie di Ejzenstejn si può riferire che l’opinione pubblica e la letteratura hanno
piazzato l’origine del videoclip solo negli anni ’70 proprio perché i clip dagli anni ’30
agli anni ’70 sono stati montati con uno stile che il maestro russo avrebbe definito
“contrappuntistico” ovvero che tende ad assecondare, sottolineare o almeno
rispettare il ritmo della canzone in direzione di un’esaltazione della partitura
musicale. Tale interpretazione viene poi spazzata via dagli anni ’70 e ’80 sull’onda di
una massiccia e ormai sistematica industrializzazione del prodotto che porta, come
sottolineeremo in seguito, il montaggio ad essere l’aspetto principale del linguaggio
del videoclip che si esprime con un utilizzo “estremo” dell’editing (chiaramente di
matrice russa), sciogliendolo da ogni metrica puramente musicale per tirarlo
all’inseguimento di una cinesi quantomeno veemente e purtroppo spesso sgraziata.
Molto presto, infatti, la crescita di fruizione del videoclip ha portato lo “speed
editing”, ovvero l’estrema velocità di montaggio ad essere elemento distintivo per il
videoclip fra i prodotti audiovisivi.
Un’altra teoria di Ejzenstejn che assume lo status di linea guida per il videoclip è “il
montaggio delle attrazioni” ovvero il “libero montaggio di azioni arbitrariamente
scelte, indipendenti, ma con un preciso orientamento verso un determinato effetto
tematico finale” ed è così che vengono accostate ad esempio immagini della
popolazione in “Sciopero” affiancate ad un bue al macello, l’impatto visivo è dei più
forti e dallo shock di questo accostamento si crea l’effetto tematico chiarissimo ormai
per il pubblico.
Gli anni della scoperta del sonoro vedono ancora una volta Ejzenstejn all’avanguardia.
Con grande anticipo, riesce ad elaborare un film “La corazzata Potemkin” tenendo
13
nella massima considerazione la sua componente musicale ancora, ricordiamo bene,
non unita nella colonna sonora alle immagini, attribuendo perciò a quello che era un
commento sonoro non più la funzione di contorno come da eredità del cinema muto
ma attribuendogli un ruolo caratterizzante all’interno dell’opera cinematografica.
Ma il punto di maggiore interesse per tale ricerca di radici del videoclip, dove
Ejzenstejn si spinse sino alle soglie dell’assunto tecnico e concettuale è rintracciabile
in “Aleksàndr Nevskij” opera stilata in collaborazione col compositore Prokof’ev dove
vi sono sequenze in cui le inquadrature sono montate sulla colonna sonora già
precedentemente incisa. Una vera e propria rivoluzione copernicana, non più la
musica in funzione commento rispetto alle immagini bensì inquadrature la cui
disposizione viene subordinata rispetto a una preminente struttura sonora: la musica
diviene testo immutabile, le immagini si devono sforzare di seguirla armonicamente,
proprio quello che avviene per la costruzione del videoclip musicale.
Il manifesto “Il futuro del sonoro” va a toccare anche, al quarto punto, il tema
tecnologico asserendo che “la scoperta tecnica non è un fattore casuale nella
storia…ma lo sbocco naturale dell’avanguardia cinematografica”; cosa che è successa
con numerosi artisti che hanno accolto le innovazioni tecnologiche per materializzare
nuove forme espressive altrimenti non ricreabili tranne che nella loro fantasia e che
succede ancora oggi con la rivoluzione digitale. Come possiamo dedurre da quanto
detto sul Ejzenstejn e la scuola russa ci sono delle anticipazioni fondamentali nella
teoria già dagl’anni del cinema muto da rintracciare per capire come hanno preso
forme le eterogenee modalità espressive del videoclip contemporaneo.
1.1.3 Progenitori d’avanguardia
Il contesto storico‐culturale ribolliva di spiriti artistici che, sperimentando le nuove
possibilità regalate dal mezzo audiovisivo, arrivarono a toccare limiti creativi che se
da una parte si sono poi ritrovati nel circolo chiuso che è la video arte, dall’altra
hanno spinto la ricerca in direzioni impreviste andando a influenzare decisivamente la
codifica del linguaggio contemporaneo .
Le sperimentazioni si sono succedute in diverse direzioni e certo è che il territorio
della “Musica visuale” esplorato in quel periodo per la necessità di sentire, ha
influenzato la produzione linguistica audiovisiva e rappresenta il filone di ricerca da
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cui, dopo un lungo e articolato percorso di sviluppo si arriva alla videomusica, ovvero
al contemporaneo videoclip.
Fra i più importanti Richter che realizza i suoi tre famosissimi cortometraggi astratti
basati su quadrati e rettangolo Rhytmus
5
21, 23, 25; Eggelling che sperimenta la
possibilità di dare movimento alle composizioni pittoriche, lavorando sull’evoluzione
dinamica di forme astratte in sequenza, prima su lunghi rotoli di carta, quindi
approdando al film.
Il manifesto La cinematografia futurista recita “il cinematografo è un arte a sé … deve
distaccarsi dalla realtà, dalla fotografia, dal grazioso e dal solenne. Diventare
antigrazioso, de formatore, impressionista, sintetico, dinamico, parolibero. Occorre
liberare il cinematografo come mezzo d’espressione farne uno strumento ideale di
nuova arte..”. Il carattere visivo del cinema della contrapposizione alla dimensione
teatrale, di scena riprodotta, è sostenuto energicamente dallo stesso Richter, Man
Ray
6
, Duchamp
7
, Léger
8
: tutti questi artisti si impegnano a produrre film che allargano
gli orizzonti del cinema, le possibilità di un uso dinamico dell’immagine esteticamente
determinata.
Il cinema reattivo di ricerca sperimentale, esplora continuamente le possibilità del
mezzo svincolando l’immagine cinematografica dalla soggezione al codice narrativo.
La relazione tra arti visuali e cinema si sviluppa in due direzioni: da una parte esiste
un gioco di influenze che vengono da un particolare clima artistico verso il cinema
generando il cinema futurista, il cinema cubista, il cinema surrealista, il cinema
espressionista; dall’altra il cinema con i suoi meccanismi e dinamismi sollecita alcune
ricerche dell’aria visuale. Come spiega efficacemente V. Fagone
9
: “Storicamente la
grammatica del cinema è stata costruita nel confronto con il linguaggio di immagine
della ricerca d’avanguardia” sottolineando poi come le opere degli avanguardisti
influenzano la “zona di crescita” tanto delle arti visive come del linguaggio
cinematografico, quindi oggi audiovisivo.
5
Vedi videografia, p. 161.
6
Ibidem.
7
Ibidem.
8
Ibidem.
9
Fagone V., L’immagine Video, Arti visuali e nuovi media elettronici, Feltrinelli, Milano 1990, p. 27.