5considerate un genere inferiore a quello maschile fino a che, stanche della
sottomissione, si siano ribellate rivendicando diritti fino ad allora negati.
In entrambi i capitoli una parte viene dedicata all’abbigliamento,
questione fondamentale se si parla di distinzione di genere, che nella sua
evoluzione ha portato moltissimi cambiamenti nella società: la nascita dei
pantaloni nella metà del Cinquecento, ad esempio, ha rafforzato la
distinzione sessuale che diventò più forte rispetto ai secoli precedenti.
Il terzo capitolo è il fulcro della tesi: si parla di come un oggetto diventi
oggetto di consumo grazie al valore di segno di distinzione di genere che lo
investe e si cerca di decontestualizzare la gonna dalla sua connotazione di
femminilità per far sì che diventi anche un capo d’abbigliamento maschile
senza che gli uomini sentano minacciata la loro virilità, attraverso
cambiamenti segnici, stilistici e grazie a una mirata comunicazione.
La seconda parte della tesi, sulla base di questi presupposti, propone una
campagna pubblicitaria che cercherà di convincere il consumatore ad
acquistare, o solo a prendere in considerazione, la gonna come capo
d’abbigliamento per entrambi i sessi, differenziando la comunicazione dalle
altre campagne in modo che trasmetta concetti di mascolinità e virilità.
Questa tesi non ha ovviamente la presunzione di produrre un
cambiamento in campo culturale, ma cerca di suscitare un’apertura mentale
dei consumatori di genere maschile che, anche se spiazzati dal prodotto che
gli viene presentato, si spera siano incuriositi e provino un desiderio di
innovare se stessi e il proprio abbigliamento.
6Ringraziamenti
Quando si finisce una cosa si fa sempre il punto della situazione e in tre
anni e mezzo di punti ce ne sono molti.
Ho perso di vista molte persone, è vero, ma altrettante ne ho conosciute e
mi sento di ringraziarle qui.
Anzi tutto ringrazio i miei genitori che mi hanno sostenuto sia
economicamente sia moralmente, senza di loro non avrei mai potuto iniziare
una cosa così bella e mio fratello che ha sempre creduto in me anche quando
non vedevo la luce.
Ringrazio i professori Roberta Bartoletti e Andrea Luminati per i loro
consigli, le loro correzioni e i loro incoraggiamenti.
Un grazie particolare va a una persona che mi è sempre stata a fianco,
fisicamente e moralmente, in tutto questo tempo, la mia coinquilina nonché
compagna di stanza Antonella “Anto” che ha trasformato questo tempo
insieme da bello a indimenticabile.
Grazie a tutte le mie Amiche, quelle con la A maiuscola, a Claudia “Clà”
per aver portato un po’ di soleggiata Puglia al nord con il suo sorriso, a Paola
“Pao” per la sua visione buonista del mondo che mi ha fatto capire che c’è
sempre un lato buono nelle persone, a Vanessa “Vanish” perché quando entra
in una stanza tutto si fa più rosa e sembra che tutto sia semplice e intuitivo, a
Francesca “Scu” per ricordarmi sempre che anche il lato oscuro in fondo è
buono e per i suoi manicaretti culinari che hanno tenuto alto il livello di
zucchero nelle mie vene e a Valentina “Vale” per le sue idee strambe e
bizzarre che hanno animato molte serate caserecce.
Ringrazio Gabriele “Deca” e Matteo “Matte” per essersi prestati come
modelli per la mia campagna e per l’entusiasmo che hanno manifestato verso
il mio progetto; inoltre grazie a Elisa “ZiaEli” per aver perso tempo
disegnando le bozze dei primi modelli di wallace.
7Grazie ad Andrè e ad Angelica “Angie”: con loro ho visto i migliori film
della mia vita e mi hanno dato la possibilità di parlare di telefilm, internet e
tutto il mondo mediale senza essere considerata “nerd”.
Un grazie a Pesaro Studi che con la sua esistenza ha fatto sì che io
conoscessi tante nuove e bellissime persone.
Grazie anche alla Cira che, oltre ad avermi dato un pasto nelle milioni di
giornate passate in facoltà, mi ha fatto passare dei mercoledì sera fantastici.
Grazie a tutta la compagnia di Sassuolo, ci vorrebbe una tesi per citarvi
tutti, che mi fa divertire tutte le volte che torno.
Grazie a chi con me ci ha creduto fino in fondo, a chi mi ha sostenuto e a
chi non ha mai perso la fiducia nelle mie capacità.
Spero ci saranno altri momenti bellissimi come questi tre anni e mezzo da
ricordare per sempre.
Vi voglio bene.
8
PARTE I – STUDIO DELL’ IDENTITA’ MASCHILE E FEMMINILE
NELL’ABBIGLIAMENTO E DELLA GONNA COME OGGETTO DI
CONSUMO
I 1. La mascolinità
I 1.1. Storia e definizione della mascolinità
La mascolinità è sempre stata un argomento molto delicato da trattare:
per questo nel corso della storia, soprattutto italica, i men’s studies hanno
avuto un rilevante ritardo rispetto a quelli sul genere opposto, la donna.
“In forma ancora embrionale, lo studio della mascolinità fa il suo esordio
nei paesi anglosassoni – principalmente Stati Uniti e Gran Bretagna – intorno
alla metà degli anni settanta del Novecento”.
1
Gli uomini quindi furono
messi in discussione con studi approfonditi molto più tardi rispetto a quando
accade alle donne.
Questa dilazione temporale avviene perché l’essere umano di natura
maschile non è mai stato considerato un “genere”, quindi un soggetto da
studiare, ma ha sempre visto l’immagine di sé come l’emblema dell’umanità
stessa considerando la donna come una “cosa a parte”, a sé, un essere
diverso; una differenza che ancora oggi, nel terzo millennio, ritroviamo in
diverse culture civilizzate e non. Sandro Bellassai ci descrive in modo
esauriente questa visione maschilista: “La donna sarebbe insomma una forma
specifica che assume l’umanità; l’uomo è invece l’universale umano,
1
Bellassai Sandro, La mascolinità contemporanea, cit., pag. 19, Carrocci Editore, 2004
9aspecifico, è l’essere umano per antonomasia.”
2
Proprio la donna con la sua
particolarità nell’essere diversa diventa l’unico oggetto di studio
dell’Ottocento, mettendo in ombra il genere maschile.
Dopo aver analizzato a fondo il mondo femminile, gli studiosi si
concentrarono, in un secondo momento, su quello maschile applicando la
stessa metodologia di studio e di ricerca sia per un genere che per l’altro.
L’applicazione delle tecniche di indagine dei women’s studies al
corrispettivo opposto fallirono perché, come ci illustra sempre Bellassai, “il
modo in cui gli uomini, nel loro complesso, esistono e agiscono nel mondo
non è affatto speculare a quello delle donne, proprio a causa di una profonda
asimmetria di potere fra i generi: i cui effetti, peraltro, incidono tanto sul
piano materiale e strutturale (istruendo un vantaggio gerarchico degli uomini
sul piano economico, politico, giuridico), quanto su quello simbolico
(segnando profondamente il piano della morale, del linguaggio, della
religione).”
3
A seguito dell’insuccesso delle ricerche sul mondo maschile causato
dall’errato metodo di studio, i ricercatori decisero di prendere strade
alternative e di analizzare l’uomo in contesti naturali e sociali quali
l’abbigliamento, la relazionalità e di soffermarsi soprattutto su una
componente fondamentale dell’”essere maschio”: la virilità, che verrà trattata
nei paragrafi successivi.
Per poter studiare questi due mondi così diversi quanto paralleli bisogna,
anzi tutto, dare una definizione di “genere”: una parola che, a mio parere, è
vittima di abusi inappropriati nella vita quotidiana. Molti antropologi hanno
cercato di dare una definizione a questo concetto, ma il risultato è una grande
varietà di spiegazioni le une diverse dalle altre con un denominatore però
comune: la credenza che il genere non sia affatto una questione biologica, ma
piuttosto culturale e mentale.
2
Ibidem, cit., pag. 19
3
Ibidem, cit., pag. 24
10
Secondo il ricercatore Sandro Bellassai il genere nasce dagli studi
femministi come parola per aiutare la distinzione dei due universi; “La
diffusione del genere come fondamentale categoria di analisi, avvenuta negli
studi femministi a partire dalla seconda metà del Novecento, ha assolto due
scopi principali: sottolineare, in primo luogo, che le identità maschili e
femminili costituiscono essenzialmente una costruzione sociale, culturale,
storica, e non discendono direttamente dalla biologia e della fisiologia (che
insomma non appartengono affatto a una dimensione naturale e immutabile);
mettere in evidenza, in secondo luogo, i differenti e specifici significati che i
fenomeni sociali a tutti i livelli a tutti i livelli assumono nell’esperienza degli
uomini e delle donne (e che vengono ordinariamente ignorati negli approcci
neutri, asessuati).”
4
Tra le possibili definizioni di genere ricordiamo le seguenti: “[…] il
genere o l’identità di genere: “esperienza di percezione sessuata di se stessi e
del proprio comportamento” (Money, Erhardt, 1972, p.62); “individuazione,
unità e persistenza dell’individualità personale come maschile e femminile o,
in maggiore o minore grado, ambivalente, in particolare per come la si
sperimenta attraverso il senso di sé e il comportamento” (Money, 1978, p.
125); “sesso soggettivo psicologico distinto dal sesso oggettivo biologico
(Stoller, 1968, 1975)”
5
; Alessandro Taurino si rifà, invece, a diverse
spiegazioni di differenti antropologi per provare a inquadrare questo
complesso concetto arrivando alla conclusione che il genere è più uno stato
mentale che fisico.
Diversa è l’interpretazione di Franco La Cecla che fonde due concetti
fondamentali quali il genere e l’identità sessuale; “Per l’identità sessuale si
può si può fare un discorso analogo: sono una condizione (maschile,
femminile) che diventa una “facoltà”, un “saperci fare” una maniera di essere
4
Ibidem, cit., pag. 18
5
Taurino Alessandro, Identità in transizione. Dall’analisi critica delle teorie della
differenza ai modelli culturali della mascolinità cit., pag. 18, Edizioni Unicopli, 2003
11
a tal punto a proprio agio dentro al proprio corpo, sentito come maschile o
come femminile, da fare dimenticare tutto il processo di acquisizione e di
apprendimento (forzato o volontario) che vi sta dietro”.
6
Indipendentemente del fatto che Bellassai rimandi l’origine della parola
agli studi femministi, o che Taurino si ispiri a antropologi con più esperienza
per cercarne una definizione o che La Cecla consideri insieme genere e
identità sessuale, tutti e tre gli autori sono d’accordo su una cosa: il genere
non è definito dal sesso dell’individuo, ma è, piuttosto, qualcosa di insito
nella cultura, nella mente del soggetto che attraverso un percorso che parte
dall’infanzia fino alla senilità, cresce, si sviluppa, si definisce e definisce la
persona.
Nonostante i molteplici scritti sul mondo maschile da parte delle donne,
ho voluto appositamente approfondire la ricerca servendomi di libri scritti da
uomini per dimostrare che l’analisi non è viziata come potrebbe essere quella
condotta da antropologhe di sesso femminile perché, anche a voler essere
obiettive, le donne hanno sempre un atteggiamento di sfida e di ribellione nei
confronti dell’altro sesso, causati da anni e anni di oppressione e di non-
considerazione che nel tempo hanno portato a un silenzioso odio.
Dopo aver definito il concetto di genere e aver visto i motivi del ritardo
della ricerca condotta sul “maschio” possiamo dare una definizione alla
parola “mascolinità”. Essa è una condizione mentale che si insinua sin
dall’infanzia nel bambino aiutata dalla distinzione di abbigliamento e di
passatempi considerati prettamente maschili.
6
La Cecla Franco, Modi bruschi. Antropologia del maschio, cit., pag. 31, Bruno Mondadori,
2000