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rappresentare una rottura rispetto a tutto quanto risulta immediatamente
precedente. La moda sembra dunque assecondare il bisogno umano di essere a
passo con i tempi, di non rimanere indietro rispetto ai mutamenti in atto, di sapere
cogliere le novit e farsene interprete, di sperime ntare il nuovo. Non Ł quindi
casuale parlare congiuntamente di moda e moderni t per sottolineare la
dimensione evolutiva del gusto. Entrambe, infatti, sono proiettate verso il futuro e
guardano al passato solo se questo pu diventare og getto di un interesse presente
(revival, vintage). Il famoso filosofo Friedrich Nietzsche (2001, ed. or. 1896)
affermava che Ł possibile arrivare alla profondit delle cose passando attraverso la
loro superficie. In questo caso la moda, analizzata da questo punto di vista,
diviene uno strumento di lettura della societ , dei suoi mutamenti e delle
dinamiche di interazione che gli individui stabiliscono al suo interno.
Solo dalla fine del XIX secolo infatti, e grazie soprattutto agli studi affrontati da
Nietzsche, le scienze sociali, si sono interessate alla moda e all abbigliamento; da
quel momento possiamo trovare abbondanti informazioni sulla moda, grazie alle
prime riviste e ai primi materiali di moda. Da allora, tutto ci che veniva reputato
come moda e di moda, divenne gradualmente motivo di interesse per la sociologia
e la psicologia.
Per poter analizzare la moda e l abbigliamento-moda come fenomeno sociologico,
dobbiamo per collocarli in un determinato contesto sociale accompagnato dai
relativi processi di mutamento. La moda come fenomeno sociale consiste
nell affermarsi in un determinato momento storico e in una data area geografica e
culturale, di modelli estetici e comportamentali.
Nel celebre saggio Die Mode del 1895 Georg Simmel (Simmel, 1998) affronta,
in quello che Ł considerato uno dei primi trattati sociologici sulla moda la
problematica questione dell ambivalenza della moda a cui poco dopo (1899) ha
fatto eco Thorstein Veblen con The Theory of the Leisure Class (Veblen, 1971)
volta sia all imitazione che alla differenziazione, dove l abito risulta essere
l elemento cardine in quanto Ł una forma di linguaggio non verbale che
comunica agli individui un determinato status sociale.
Tra il XIX e il XX secolo la moda Ł stata vista come imitazione, come occasione
di distinzione e come costume sociale e culturale. Sicuramente, l imitazione Ł una
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delle caratteristiche della moda, ma affinchØ si possa parlare di imitazione Ł
necessario che esista un certo sistema sociale, una determinata struttura sociale
relativamente fluida e aperta alla mobilit : devono esistere differenze di posizione,
che per siano possibilmente superabili.
Le basi della moda, dunque, affondano nelle origini della societ moderna, in
seguito allo sviluppo del capitalismo industriale; la novit divenne l essenza non
solo della moda, ma anche il simbolo della cultura, della modernit . La moda si
trasform in strumento d espressione, essenza fonda mentale del desiderio di
cambiamento, si fece prodotto industriale dal contenuto culturale. Novit e
cambiamento, sono questi i punti cardini su cui si articola l intero sistema moda.
1.2 Lo sviluppo della moda quale motore culturale
La moda ha origine in precisi contesti storici, Ł legata a una particolare societ e
cultura, in generale quella occidentale-europea, ma Ł anche una forza che si
espande in modo irregolare, influenzando un numero sempre maggiore di persone,
interessando zone sempre piø vaste del globo: il costume soggetto alla moda
cambia molto rapidamente nel tempo, lasciando di volta in volta segni dei
processi e delle strutture di produzione che diventano simboli culturali.
In questa forma la moda pu essere trattata come un oggetto culturale prodotto da
organizzazioni, dalle istituzioni e dagli individui che ne compongono il sistema;
pur prestando una particolare attenzione alle figure centrali della produzione, gli
stilisti, e agli oggetti della moda, bisogna sottolineare come la cultura della moda
non sia legata esclusivamente alla produzione e al consumo di un prodotto, ma
anche al valore aggiunto che gli viene conferito da tutti quei soggetti e da tutte
quelle istituzioni che hanno contribuito alla sua realizzazione e diffusione (i
creatori, i consumatori, i mass media, il mercato, etc.) e in particolare alla novit e
al cambiamento.
Osservando il fenomeno della moda non si pu fare a meno di rilevare il suo
andamento ciclico. La determinazione della durata di questi cicli relativi ai diversi
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tipi di moda, Ł certamente uno dei criteri piø utili di cui dispone la sociologia per
svelare ed analizzare la stratificazione delle diverse mentalit e dei diversi modi di
vivere nella societ stessa. Ogni classe sociale, o gni gruppo di appartenenza, cerca
di fare sfoggio della propria diversit .
Ma la moda assume una duplice valenza: da un lato significa coesione di quanti si
trovano allo stesso livello sociale, dall altro chiusura dei livelli piø alti della
societ nei confronti dei gradi sociali inferiori, perchØ la moda viene lanciata dai
livelli piø alti della struttura sociale per poi scendere progressivamente (trickle
down effect). Nel corso di questo processo, ci che all inizio si presentava come
innovativo, a seguito di un processo di massificazione per esigenze di mercato,
diviene ordinario. Quando una moda raggiunge le classi inferiori, quelle elitarie
danno vita ad un nuovo ciclo, con un nuovo look che sar nuovamente imitato
dalle classi inferiori, fino a eternare il ciclo di differenziazione-imitazione.
Separare e collegare sono le due funzioni che nella moda si uniscono
indissolubilmente (Simmel, 1998).
1.3 Il sistema moda
Per capire la moda quale sistema Ł necessario analizzarne le caratteristiche
strutturali. La moda Ł un insieme di istituzioni, organizzazioni, gruppi, produttori,
eventi e attivit che direttamente o indirettamente contribuiscono alla creazione
della moda.
Sono queste istituzioni che nella loro complessit riproducono l immagine della
moda e ne differenziano la cultura nelle capitali della moda quali New York,
Parigi, Londra e Milano e che formano, entrando in relazione tra di loro, il fashion
system che vede la moda come meccanismo sociale, in cui l abito Ł solo uno dei
molti aspetti visivi della societ moderna influenz ata dal fenomeno .
Anche se la moda non significa solo abbigliamento, poichØ l abbigliamento serve
per coprirsi e la moda serve per comunicare, la produzione di quest ultimo e la
produzione di moda sono entrambe attivit collettiv e, legate all interno del
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sistema. L una non pu esistere senza l altra; i du e processi creativi non si
includono nØ si escludono a vicenda, ma si affiancano: perchØ un capo sia di moda
questo deve non solo essere creato da un produttore, ma la produzione deve
coinvolgere anche quanti riescono a contribuire all ideazione di moda.
C Ł un gruppo di persone, i professionisti della moda cos come vengono definiti,
che partecipano non solo alla produzione, ma anche alla legittimazione e
promozione del sistema e della moda stessa.
La definizione sistema della moda viene comunemen te usata per descrivere le
organizzazioni, le istituzioni e gli individui che interagiscono tra loro e per
legittimare gli stilisti e la loro creativit : stil isti, professionisti di settore e i
consumatori svolgono tutti ruoli diversi ma estremamente importanti (Kawamura,
2006), che congiuntamente danno vita al fenomeno della moda. La relazione tra
consumatore e sistema moda si pu invertire, nel se nso che il singolo o la
comunit hanno entrambi la capacit di dettare la n uova moda.
Fondamentali oggi piø che in passato sono i contesti urbani di produzione in
quanto la moda tende a concentrarsi in alcune particolari citt dove Ł radicalmente
strutturata, come Parigi, New York, Milano e Londra, perchØ la moda Ł un
fenomeno che in qualche modo Ł radicato in un preciso contesto urbano.
All interno della citt tende a ritagliare degli sp azi in alcuni quartieri ben distinti:
le strade sono come laboratori, fonte di ispirazione e diffusione delle mode, tanto
che oggi si inizia a parlare di strada di moda , quartiere alla moda sia per
indicare che gli showroom non sono piø il mezzo statico tramite cui la moda si
mostra ai consumatori e al pubblico, sia che le strade sono diventate le vere
vetrine dinamiche della moda.
Milano come laboratorio urbano della creativit
La moda, applicata a Milano, riveste un ruolo essenziale per la citt sia in termini
economici poichØ la maggior parte delle professioni collegate allo stile, alla
commercializzazione, alla comunicazione e ai servizi, sono localizzate qui (sedi
istituzionali, uffici stile, showroom, agenzie di pubbliche relazioni, editoria ecc.)
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sia in termini di immagine.
La moda milanese, oltre a essere uno dei settori di punta della nostra economia, Ł
anche l attivit che meglio caratterizza e promuove la citt nel mondo, perchØ
Milano ha fatto del suo stile, della sua moda, uno dei suoi marchi riconoscibili in
tutto il mondo. Il mio intento Ł quello di analizzare il rapporto fra la moda e la
citt , inserendo quest ultima nella prospettiva di una grande metropoli e
considerando la moda come un processo e un fattore di strutturazione urbana.
Di fatto Ł da tre decenni almeno che Milano e la moda made in Italy hanno
conquistato centralit a livello globale. La moda q ui viene vista come fenomeno
nuovo e innovativo, a seguito dell evoluzione dello storico settore economico-
produttivo del tessile e dell artigianato per abbigliamento ed accessorio e dei
notevoli cambiamenti che si sono susseguiti nel tempo e che tuttora stanno
avvenendo all interno del sistema della moda.
La crescente internazionalizzazione del settore, sia a livello commerciale sia
produttivo, l avvento della nuova concorrenza asiatica e i sempre maggiori
investimenti sull immagine hanno ormai stabilito il superamento di un
orientamento artigianale della moda, che da sempre caratterizzava il settore.
Tuttavia, la cultura della creativit , l idea di in novazione e l esigenza della
comunicativit della moda, sono ancora elementi vit ali per il sistema.
Il legame tra la moda e Milano Ł molto stretto: la moda ha modificato il tessuto
urbano attraverso la rivalutazione di alcuni quartieri semiperiferici. Le vecchie
aree industriali riconvertite in centri commerciali e abitativi come via Savona, via
Tortona, corso Como, zona Ticinese; luoghi di deindustrializzazione che la moda e
i servizi hanno saputo recuperare e valorizzare per mezzo della creativit . Ma
anche zone centrali quali, ad esempio, le zone Boccaccio-Cadorna e Mozart-
Cappuccini, nelle quali i vecchi edifici borghesi sono stati recuperati e trasformati
in showroom.
La moda Ł, dunque, un fattore di sviluppo non solo quantitativo ma anche di
riqualificazione qualitativa della citt . ¨ un sist ema che si autoalimenta in quanto
questo processo di gentrification1 della citt negli ultimi trenta anni abitazioni di
1
Il termine fu coniato per la prima volta nel 1964 dalla sociologa americana Ruth Glass (London:
aspects of change, MacGibbon & Kee, London, 1964), «Fenomeno secondo il quale le periferie
urbane degradate da un punto di vista edilizio e con costi abitativi bassi, nel momento in cui
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lusso, ristoranti, divertimenti e negozi raffinati ha attirato una nuova
popolazione con alti redditi, alimentando il sistema della moda, la quale, con il
suo intreccio fra industria, artigianato e cultura, Ł diventata l emblema della nuova
citt -consumo (si veda il recupero delle vecchie ar ee periferiche quali, ad
esempio, l area Bovisa, il Ticinese e l area Bicocc a, leggermente decentrate ma
inserite a pieno titolo in quello che viene definito il centro di Milano).
Questa gentrification di molti dei quartieri milanesi, non Ł un processo recente,
ma affonda le sue radici negli anni Sessanta: cambia in larga misura la
destinazione d uso degli edifici e degli spazi esistenti delle allora periferie urbane,
aree depravate ma prossime al centro appartenenti alla working class ex aree
industriali e ex aree operaie che vengono recupe rate e ammodernate dai nuovi
residenti della middle class , ma soprattutto dalla produzione e dalla
commercializzazione di beni, in particolare beni simbolici. A Milano, questa
trasformazione ruota principalmente, e da tempo, intorno ai valori della moda. ¨
in questa prospettiva che la citt si presenta come vetrina della moda.
Penso, quindi, che il forte legame tra moda e territorio, moda e citt , sia evidente
per almeno tre ragioni. La prima Ł l eccellenza della moda, nata da una storia
lunga, dalla tradizione tessile che da sempre caratterizza la Lombardia: una
produzione all insegna della qualit .
La seconda ragione Ł che la moda non Ł legata solo alla qualit del prodotto, ma
richiama la cultura, l identit , la storia del luog o di produzione, tanto che oggi si
parla non solo di made in Italy, ma anche di living in Italy.
La terza ragione Ł legata ai tempi e ai luoghi della citt , perchØ la moda detta
alcune norme sociali e ridisegna urbanisticamente alcune aree della citt . Basta
pensare all importanza delle vie della moda e delle vie commerciali, ai nuovi
insediamenti sui Navigli, alle fabbriche dismesse che la moda e i servizi hanno
saputo trasformare e valorizzare.
¨ nella citt che la moda sintetizza le sue espress ioni. La citt Ł nello stesso tempo
teatro e laboratorio delle mode, luogo di incontro e di scambio culturale. Esiste
infatti nella citt un complesso sistema della mod a basato su una lunga catena
vengono sottoposte a restauro e miglioramento urbano, tendono a far fluire su di loro nuovi
abitanti ad alto reddito e ad espellere i vecchi abitanti a basso reddito» (Enciclopedia Treccani,
2007).
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produttiva e distributiva formata da stilisti, industriali, manager, fotografi,
pubblicitari, distributori, negozianti, commessi e consumatori.
La moda della metropoli Ł la sintesi di tutte le mode e di tutti gli stili. La moda Ł,
infatti, un fenomeno complesso prima di tutto per l essenza stessa, la sua
volatilit ; la moda continua a presentarsi a Milano con un ritmo sempre piø
accelerato, sempre piø coinvolgente. Nuovi negozi, nuovi showroom, nuovi nomi,
nuove tendenze, nuovi scenari urbani in frequente trasformazione. ¨ difficile da
analizzare poichØ abbraccia piø campi, da quello sociologico a quello economico
e psicologico, il tutto avente come sfondo la grande citt , passerella di moda e di
mode. ¨ un fenomeno difficile da analizzare perchØ il prŒt- -porter Ł un ambiente
produttivo ed ideativo estremamente chiuso a Milano. Ma fortunatamente non
esiste solo la moda degli showroom e delle sfilate; anzi, stanno assumendo sempre
piø importanza i luoghi della moda, i percorsi, le strade e gli spazi di aggregazione
che vanno di moda, visti come i nuovi simboli di riconoscimento di Milano,
nuova fashion city.
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CAPITOLO 2
L IMPORTANZA DELLA MODA PER MILANO
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2.1 Le origini della moda milanese
La nascita della moda moderna Ł solitamente fatta coincidere con l’apertura nel
1858 a Parigi dell’atelier di Worth2. Da allora la Francia rester per molto tempo,
fino almeno agli anni Trenta, il punto di riferimento obbligato per tutte le signore
e i sarti dell’epoca che in Parigi vedono il centro mondiale di diffusione delle
nuove tendenze.
Possiamo iniziare a parlare di moda italiana, nonostante il predominio francese,
gi a partire dagli anni Venti, quando ancora Parig i dettava la moda con Coco
Chanel e Vogue.
In questo periodo, alcuni fervori della moda moderna si diffusero in alcune citt
italiane, quelle piø ricche e laboriose, e in particolare a Milano; nell epoca delle
piccole boutique, quasi private, e delle sartorie che lavorano su misura, si assiste
alla costruzione di ci che diventer uno dei teat ri principali della moda
internazionale: un padiglione specificamente dedicato alla moda, quello di p.za 5
Febbraio (vecchia location di Milano Collezioni alla Fiera di Milano).
Ripercorrendo la storia della Milano di Moda dive rsi sono gli eventi piø
significativi. Nel 1917 apre La Rinascente (inizialmente chiamato Alla citt
d’Italia ), magazzino promotore della nascente moda dell’Art Nouveau (o stile
Liberty). Con l’avvento del regime fascista il nazionalismo si fa sentire anche
nella moda; viene costituita la Lega Italiana cont ro il Lusso , promossa dai Fasci
Femminili Milanesi, e piø tardi costituito l’Ente Nazionale della Moda che impone
alle case di couture locali, contro il predominio francese, di avere il 50% di
modelli originali italiani. Nel 1934 la Rinascente crea Upim, Unico Prezzo
Italiano Milano (Giorgetti, 1996, p. 362).
2
Charles Frederick Worth (Bourne, 13 ottobre 1825 10 marzo 1895). Nel 1858 apr il suo primo
atelier al numero 7 di Rue de la Paix, insieme all amico di origine svedese Otto Bobergh,
http://www.wikipedia.it.
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Il dopoguerra e l esperienza americana
Gli anni Quaranta e Cinquanta segnano un forzato ritorno ad uno stile piø rigoroso
e maturo, dovuto alla rigidit delle due guerre e a lle difficolt del settore.
La possibilit di ripresa delle attivit economiche offriva nuove speranze a tutto il
sistema produttivo italiano, anche se il settore dell abbigliamento, come del resto
tutta l industria italiana, si trovava a superare enormi ostacoli.
I problemi piø importanti riguardavano l arretratezza dei mezzi di produzione,
l imperfetta organizzazione aziendale, il basso rendimento del lavoro e la
mancanza d imprenditori capaci. A questo si aggiungeva una situazione del
mercato che, soprattutto nel campo tessile, appariva pesante, con un offerta di
prodotti inferiore rispetto al periodo anteguerra, ma assolutamente superiore alla
domanda. Il reddito disponibile alla fine della guerra nel 1945, pari soltanto a un
quarto di quello anteguerra, era appena sufficiente per i consumi alimentari e ci
riduceva la richiesta del consumatore. La decisione italiana di perseguire una
politica chiusa e un sistema di relazioni economiche e industriali con gli Stati
Uniti venne pressa subito nei primi anni del dopoguerra.
Il modello fordista americano si basava interamente su una produzione di massa,
su salari piø alti per le classi meno agiate e su un consumo di massa. Molti italiani
continuarono a difendere il sistema industriale europeo stratificato , che
includeva vari livelli di produzione e che mirava al mercato piuttosto che al
benessere delle classi lavoratrici. Tuttavia le s fere economiche e politiche
furono molto attratte dal modello americano, in particolare dall idea dei consumi
di massa e dal Free Trade. La situazione dell industria italiana miglior , d opo il
deficit del 1946, grazie ai finanziamenti dell UNRRA, United Nations Relief and
Rehabilitation Administration, e dall apporto di materie prime deciso dal Piano
Marshall, oltre agli ulteriori aiuti provenienti dall ERP, European Recovery
Program3 (Merlo E., in Belfanti e Giusberti, 2003, pp. 667-697).
Fino al 1945 l alleato tedesco fu il principale punto di riferimento per il nostro
Paese, ma con la fine del conflitto l interesse italiano si spost prima verso la
3
Gli Stati Uniti fornirono direttamente all Italia 380 milioni di $ attraverso il United Nations
Relief and Rehabilitation Administration (UNRRA), 98 milioni di $ grazie al Foreign Economic
Administration (FEA) e indirettamente 110 milioni di $ (White, 2000, p. 13).
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Svizzera e poi verso gli Stati Uniti, dove il settore tessile presentava gi da anni
un carattere innovativo.
La ripresa dell industria tessile italiana non fu solo dovuta agli interessi del Paese,
ma gioc un ruolo fondamentale nei piani americani in Italia. L interesse
americano (cos l appoggio previsto dal Piano Marshall) si basava sul fatto di
avere grosse quantit di cotone grezzo da lavorare, e di volere promuovere
contemporaneamente l esportazioni italiane, in modo da spingere l Italia verso un
sistema commerciale liberale. Per questa ragione, tutta l industria italiana ricevette
un forte sostegno dagli Stati Uniti.
Il Piano Marshall e l industria tessile italiana
Gli aiuti destinati all industria tessile furono erogati in due fasi distinte.
Inizialmente, dopo la Guerra, ingenti quantit di c api vestiari furono mandati in
Italia dall America per vestire le popolazioni colpite dal conflitto; quelli che non
potevano essere indossati, venivano rilavorati con fibre aggiunte per renderli piø
resistenti. Successivamente, nell ottobre del 1945, oltre alla fornitura di beni di
prima necessit gli Stati Uniti finanziarono il set tore anche attraverso l erogazione
di nuovi macchinari industriali e di forme di investimenti diretti, quasi
esclusivamente pubblici, provenienti soprattutto dalla Exim Bank (Export-Import
Bank), la quale aveva concesso a favore dell industria tessile italiana 25 milioni di
dollari (ibid.) in prestito per la ripresa produttiva del Paese, per pagare le 150.000
balle di cotone grezzo provenienti dagli Stati Uniti. Queste importazioni
continuarono fino al 1949. Furono le piø grandi e potenti manifatture italiane,
come Rivetti e Marzotto, che beneficiarono maggiormente degli aiuti del Piano
Marshall, e che conseguentemente si arricchirono.
Nel 1947 l industria tessile italiana speriment un mini-boom: il consumo
mondiale di tessili, infatti, raggiunse proprio in quell anno i livelli precedenti il
conflitto. L Italia sfrutt appieno questa situazio ne beneficiando della favorevole
congiuntura internazionale e degli aiuti americani4: in questo periodo il governo
4
L 11% degli aiuti europei previsti dal Piano Marshall vennero destinati all Italia (White, 2000, p.
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italiano alline le sue industrie al modello americ ano, che ebbe cos un impatto
notevole su tutta l industria italiana. L economia degli Stati Uniti e l industria
americana basata sul modello fordista, tecnologicamente avanzata, infatti, si
presentavano come le uniche condizioni in grado di rilanciare in tempi brevi
alcuni prodotti chiave della nostra piø raffinata produzione artigianale, come la
moda e tutti gli altri settori ad essa collegati.
I movimenti di capitale e le modalit di utilizzo d ei prestiti statunitensi, non
spiegano esaurientemente i rapporti che in questi anni le imprese tessili avevano
stabilito con gli americani. Infatti, sebbene le informazioni a riguardo siano
scarse, esistono alcune indicazioni riguardanti l utilizzo da parte degli Stati Uniti
di alcune tecniche tessili italiane.
Dall inizio degli anni Sessanta numeri rilevanti di attrezzature furono portate
anche fuori dall Italia, verso gli Stati Uniti. A riguardo Nicola White, autore di
Reconstrucing Italian Fashion (2000, p. 23), riporta nel volume l esempio
dell impresa Snia Viscosa, leader del sintetico, che l vi esport i primi
macchinari per la produzione del nylon seguiti da altrettanti esperti tecnici.
Sempre piø frequentemente imprenditori e agenti commerciali si recavano per
affari negli Stati Uniti, mentre i buyer iniziavano ad aprire i primi uffici di
rappresentanza in Italia. Nel periodo tra il 1945-1965, le manifatture tessili
italiane consolidarono definitivamente la presenza dei loro prodotti sul mercato
americano.
La ripresa dell Italian fashion
La reputazione dell Italian fashion, come sinonimo di qualit e tradizione, fu il
fattore chiave della promozione della moda e degli stilisti italiani, prima negli
anni Sessanta negli Stati Uniti, poi in tutto il mondo. Il periodo successivo alla
Seconda Guerra Mondiale fu fondamentale per stabilire il successo che ancora
oggi detiene l industria della moda, e gli Usa svolsero un ruolo significativo per lo
sviluppo del sistema.
14).
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Numerose furono le iniziative intraprese, inizialmente grazie all appoggio di
buyer e rivenditori americani, per promuovere le manifestazioni di moda a livello
nazionale: Milano dovette aspettare il 1948 affinchØ Giorgini, gi organizzatore
dell’alta moda a Firenze, decidesse di lanciare qui un nuovo genere di moda, il
prŒt- -porter. Nasce dunque a Milano, sulle rovine dell Ente Nazionale della
Moda, il Centro Italiano della Moda di Milano con sede periferica a Roma avente
il compito di rendere operativo il gemellaggio tessuti-abbigliamento. Il Centro
Italiano della Moda, dimostr fin da subito l inten zione di riunire attorno a sØ le
case di moda organizzando al Teatro dell Opera, nell aprile del 1949, la prima
manifestazione ufficiale di moda italiana, nella quale, nonostante fossero ancora
molti i modelli d importazione, sfilarono i piø importanti atelier di Roma, Milano
e Firenze. Negli anni Sessanta Milano Ł la capitale industriale d’Italia e conta una
popolazione di 1 milione e 300 mila abitanti con un ritmo di entrata di 30 mila
nuovi abitanti all’anno.
A cominciare dalla met degli anni Settanta si va c onsolidando il processo di
democratizzazione della moda, a seguito dell introduzione sul mercato di prodotti
di piø ampia diffusione, ponendo cos le basi per una moda vicina allo spirito
imprenditoriale abbandonando l’alta moda parigina per entrare nel mercato della
moda pronta. Queste caratteristiche hanno fatto di Milano la capitale mondiale
indiscussa della moda pronta.
L evento decisivo si realizz nel 1974, quando alcu ne case molto qualificate
appartenenti alla Camera Nazionale decisero di non sfilare piø a Firenze, ma di
creare una manifestazione autonoma a Milano. Anche se alcuni sarti romani
tentarono la strada del prŒt- -porter5, fu il mercato milanese a mantenere il primo
posto in questo campo grazie all alleanza degli sti listi, non piø sarti, ma veri e
propri designer, con i piø importanti gruppi industriali: Marzotto, Zegna, GFT
(Gruppo Finanziario Tessile).
5
Ad accrescere la crisi dell alta moda romana durante gli anni Settanta aveva contribuito anche la
stampa italiana, che critic duramente le manifesta zioni capitoline per l eccessiva durata e per il
numero di case presenti, molte delle quali carenti di capacit creativa.