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“Dobbiamo essere il cambiamento
che vogliamo vedere nel mondo…”
Mahatma Gandhi
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[…] ESEMPIO CAPITOLO 1 […]
1.1 – La salute della Terra
1.1.1 – Atmosfera e temperatura
Gli indicatori atmosferici hanno evidenziato che la concentrazione di anidride
carbonica è aumentata del 134% dall’età pre-industriale ad oggi. Questo livello corrisponde
al più alto negli ultimi cinquecentomila anni portando ad un innalzamento della temperatura
media di circa 0.8°C negli ultimi cento anni. Potrebbe sembrare un valore irrisorio, ma se
analizziamo con attenzione la figura 1.2 possiamo notare come nelle aree maggiormente
sviluppate, la temperatura si sia alzata da 1 fino a 3,5°C. Inoltre secondo l’European
Environment Agency le temperature subiranno ulteriori aumenti da 1,7°C a 6°C intorno
all’anno 2100. La conseguenza primaria è la desertificazione, a cui seguiranno processi di:
erosione, degrado del sottosuolo, sovrasfruttamento delle risorse idriche, salinizzazione
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,
deforestazione, incendi e perdita di biodiversità.
Figura 1.2: variazioni delle temperature negli ultimi trenta anni e relativi cambiamenti dei
sistemi fisici e biologici.
Oltre alla temperatura sentiamo spesso parlare di “buco dell’ozono”, in realtà già il
termine stesso dovrebbe essere corretto in “buco nello strato di ozono”. E’ infatti uno strato
atmosferico che si è formato in milioni di anni per effetto dell'attività delle alghe verdi-azzurre
(a questi organismi si deve anche gran parte dell'ossigeno attualmente presente
nell'atmosfera). Grazie a questo “tetto” di ozono, l’uomo ha potuto vivere senza subire le
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processo di progressiva concentrazione dei sali nei suoli che interessa soprattutto le terre aride; provoca una
decrescita per le coltivazioni ed un decadimento del ciclo idrico dell’acqua.
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radiazioni ultraviolette solari. Nel corso del tempo lo strato di ozono ha mutato
continuamente spessore e forma per cause naturali. Negli ultimi decenni però, la
concentrazione di ozono nella stratosfera ha cominciato ad assottigliarsi anche per l'effetto di
alcuni inquinanti rilasciati in atmosfera dall'essere umano provocando un mutamento non più
graduale ma brusco e repentino. Particolarmente grave è l'assottigliamento dello strato
dell'ozono sopra il Polo Sud (figura 1.3), divenuto poi talmente grande da far parlare i mass
media di “buco dell’ozono”. Nel prossimo futuro i raggi solari non filtrati potranno frenare
gradualmente la fotosintesi clorofilliana, con conseguente minore crescita delle piante,
minore produzione di plancton oceanico (il primo anello della catena alimentare marina) e di
zooplancton. La catena alimentare marina verrebbe quindi fortemente intaccata, dando luogo
ad effetti a cascata sulla varietà e sulla quantità di flora e fauna marittime e quindi anche
sulle risorse ittiche a disposizione dell'uomo.
Figura 1.3: rappresentazione in 3D del buco dell'ozono
antartico, l’ombra nella parte superiore dell’immagine
rappresenta il Sud America (realizzata dal Goddard Space
Flight Center della NASA).
1.1.2 – Ghiacciai e precipitazioni
Tra gli impatti maggiormente visibili, vi è sicuramente il ritiro dei ghiacciai. Dal 1850 al
1980 i ghiacciai in tutto il mondo hanno perso mediamente un terzo della loro superficie e
circa la metà della loro massa. L’avanzamento sembra inarrestabile e secondo il WGMS
(World Glacier Monitoring Service) la velocità di scioglimento è addirittura raddoppiata negli
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1.1.5 – Pubblicazioni
Riporto qui di seguito alcuni titoli della stampa inerenti la “salute della Terra” con una
breve sintesi dell’argomento.
Si alza il mare scompare un isola
Evacuati 10.000 abitanti
28 Dicembre 2006 – su La Repubblica
Lohachara, piccola isola nella Baia del Bengala, è stata risucchiata nel gorgo
dell'oceano in crescita e i suoi abitanti sono stati evacuati. È il primo lembo di terra
ferma che paga il prezzo prodotto dal bombardamento di carbonio in cielo.
Il cambiamento climatico ha cominciato a mutare le carte geografiche partendo da
uno dei luoghi più popolati del pianeta. A rischio già da qualche tempo anche altre
isole: le Tuvalu, le Hawaii, le Maldive, le Kiribati, le Marshall, le Tonga e le Cook..
Secondo i calcoli di Robert Nicholls, uno dei ricercatori che da più tempo lavorano
sulle previsioni climatiche, nello scenario peggiore, equivalente alla crescita di un
metro del livello del mare per il 2080, decine di milioni di persone dovranno lasciare
le loro case. I primi ad essere colpiti sarebbero quelli che portano le responsabilità
minori del disastro ambientale prodotto principalmente dall'uso dei combustibili
fossili. Per loro la battaglia del clima è una questione di sopravvivenza fisica.
In Siberia nevica arancione
2 Febbraio 2007 – su www.greenreport.it
Il fenomeno della neve arancione è abbastanza singolare ma non rarissimo.
Anche in Italia è accaduto ma dipendeva dalla sabbia sahariana che arriva fino
alle nuvole cariche di neve e le "colora". Ma i fiocchi arancioni che continuano a
cadere in Siberia non sono certamente colorati dalla sabbia africana e più
probabilmente fanno parte degli effetti del pesantissimo inquinamento prodotto
dalle industrie di quell´area. Strane colorazioni della neve erano già stati
segnalati nelle inquinatissime città cinesi sul fiume Amur, che fa da confine con la
Russia e a Krasnoiark, una delle più grandi città industriali della Siberia centrale,
dove la neve che cadeva era verde. Queste tipologie di nevi sono inoltre oleose
al tatto ed odorano di marcio.
Il destino della barriera corallina
9 Febbraio 2007 – su www.ecoblog.it
Nel rapporto sul clima delle Nazioni Unite si dice che la barriera corallina
australiana potrebbe scomparire nei prossimi 70 anni. La morte della barriera
potrebbe causare la scomparsa anche dei pesci e degli invertebrati che vivono lì: il
fenomeno di distruzione è dovuto all’aumento della temperatura dell’acqua ed alle
piogge acide. Per due anni i ricercatori hanno studiato gli effetti del
surriscaldamento su gli oltre 2300 chilometri di barriera. Lo studio assegnato dalla
commissione del dipartimento del turismo del Queensland e dal WWF è del tutto
pessimistico; difatti per bloccare il processo di surriscaldamento dei mari
occorrerebbero decenni e intanto, con il continuo innalzarsi della temperatura, la
barriera si ridurrà di almeno il 5% entro la metà del secolo. La grande barriera
incorpora 1500 specie di pesci e 3400 specie di coralli, senza contare le
innumerevoli alghe e uccelli marini compresi nell’ecosistema. Dove c’era un’oasi
troveremo un deserto.
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[…] ESEMPIO CAPITOLO 2 […]
2.1.4 - Metano
Normalmente diamo il nome di metano al carburante alternativo per autoveicoli, ma
ciò è errato in quanto il nome corretto è Gas Naturale Compresso (GNC). Infatti, è una
miscela di gas compressa a 220 bar composta sì in gran parte da metano (circa l’80%), ma
anche da altri idrocarburi. Il gas naturale è un combustibile gassoso di origine fossile,
formatosi generalmente insieme al petrolio migliaia di anni fa per fermentazione anaerobica
2
.
Attualmente è il miglior combustibile esistente in natura e già pronto all’uso, il che lo rende
meno dannoso per l’ecosistema terrestre e la salute dell’uomo, inoltre non vi è bisogno di
trasportare dal luogo di produzione a quello di consumo il carburante in quanto la struttura
distributiva si basa sui metanodotti.
Le riserve accertate di questo gas sono sufficienti per i prossimi 60/70 anni, agli
attuali consumi, ma le ricerche di metano non hanno la stessa intensità di quelle fatte per il
petrolio, così molti esperti incrementano le stime fino a 200 anni. Il metano potrebbe essere il
carburante ideale già oggi per un periodo di transizione tra l’attuale sistema ed uno futuro
basato esclusivamente su fonti rinnovabili. Oltre alle riserve naturali, il metano può derivare
anche da produzioni artificiali attraverso l’uso di gestori anaerobici che permettono di
produrre gas da liquami; alcuni microrganismi riescono a metabolizzare i composti organici di
scarti e deiezioni. Per questo motivo alcuni lo considerano una fonte rinnovabile.
Figura 2.1: nel grafico sopra sono indicate le riserve di gas naturale accertate sulla Terra
nell’anno 2006 (fonte BP Statistical Review of World Energy 2007)
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decomposizione chimica dei vegetali in assenza di ossigeno.
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La situazione odierna di non sviluppo o non dipendenza di questo combustibile
alternativo, risulta essere ancora più subdola nel momento in cui si scopre che sono passati
quasi cento anni dai primi utilizzi in Italia di questo gas per i veicoli. Già dagli anni trenta
infatti, per sopperire alla mancanza di petrolio si fece uso del metano e nel 1950 le
automobili che lo utilizzavano erano già il 3% con ben 1.300 stazioni di rifornimento (numeri
importanti per l’epoca). La situazione cominciò a mutare negli anni sessanta con l’arrivo di
benzine a basso costo, il 90% dei distributori di metano chiusero e, dopo una breve ripresa
durante la crisi petrolifera degli anni settanta, la crescita del metano si interrupe nel 1976
“grazie” ad una tassa del governo italiano che in una sola settimana triplicò il prezzo del
carburante alternativo! Soltanto negli anni ’90, con l’eliminazione di questa tassa, il settore
riprese a crescere.
PRO CONTRO
Gas naturale già pronto all’uso in natura Prestazioni minori del 10-20%
Utilizzabile su tutte le auto a benzina
con un impianto supplementare
Il serbatoio supplementare sottrae
spazio utile
Modelli a listino con già l’impianto a
metano
Autonomia dei serbatoi non elevata
Gas a basso contenuto di carbonio Non è ad impatto zero
Riduzione di emissioni e particolato Poche stazioni di rifornimento
Combustibile già ampiamente testato Riserve naturali limitate
Riduce le vibrazione del motore
Aumenta la vita del motore
Sistema distributivo tramite metanodotti
Densità inferiore a quella dell’aria,
quindi più sicuro degli altri combustibili
Risparmio fino al 70% rispetto alla
benzina
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[…] ESEMPIO CAPITOLO 3 […]
3.3.2 – Monopattino elettrico
Velocità media: 15 km/h
Emissioni: 0
Prezzo d’acquisto: da 80 €
Costo al km: 0,0085 €
Km in 30 minuti: 7,5
Autonomia: da 7 a 40 km
I monopattini elettrici sono nati per circolare in aree private, in aeroporti, campeggi o
per essere portati sulla barca e muoversi poi nei porti. Oggi potrebbero essere una
soluzione pratica per gli spostamenti quotidiani. Questi veicoli si dividono sostanzialmente
in due categorie, ciò dipende dall’esito positivo, o negativo, per la circolazione su strada.
Quelli che non riescono ad ottenere l’omologazione, solitamente più comuni, si trovano a
prezzi molto economici ma possono essere usati solo su strade o aree private; gli altri
invece, possono circolare regolarmente poiché equiparati addirittura ai ciclomotori. Infatti, i
monopattini elettrici omologati per il Codice della Strada non godono dei benefici delle
biciclette elettriche (assenza di assicurazione, non utilizzo del casco, esenzione dal
pagamento della tassa di circolazione) poiché in questo caso il motore sostituisce
completamente lo sforzo fisico del conducente, mentre nelle bici il propulsore si attiva
solamente durante la pedalata. Inoltre per chi li guida, essendo equiparati a dei ciclomotori,
è necessaria la patente. Anche per questi veicoli esiste un’ampia gamma di modelli
differenti, da quelli pieghevoli a quelli su cui ci si può sedere fino a quelli dotati di carrello
per trasportare oggetti non troppo voluminosi. Le caratteristiche tecniche varieranno quindi
di conseguenza: motori da 80 a 800 W, capacità di carico dai 60 ai 150 kg e prezzi fino a
3.000 €
PRO CONTRO
Velocità Smaltimento batterie
Assenza di inquinamento ambientale ed
acustico
Nessun elemento che ripari da freddo e
pioggia
Economico nell’utilizzo Meno tutelati rispetto alle bici elettriche
Non richiede indumenti speciali Non adatto a strade dissestate
Ingombri minimi
L’attività fisica è stata completamente
sostituita dal motore elettrico
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[…] ESEMPIO CAPITOLO 4 […]
4.4 – Casi studio
4.4.1 – Drachten e lo “spazio condiviso”
In Olanda, da più di venti anni, è in corso un programma sperimentale di
deregolamentazione del traffico che mira ad eliminare semafori e cartelli stradali per
aumentare la sicurezza. Tutto è nato dopo il 1974, quando in Olanda ci fu un record negativo
di incidenti mortali sulle strade, così si incominciarono a studiare le cause del problema.
L’ingegnere ed ideatore del progetto rivoluzionario chiamato Shared Space, in italiano spazio
condiviso, fu Hans Monderman che cominciò con la cittadina di Oudehaske, nel 1985, le
prime applicazioni delle sue teorie. Altri piccoli centri abitati ebbero coraggio di credere a
Monderman negli anni successivi, compresa la cittadina di Drachten (44.000 abitanti circa), il
caso più conosciuto di Shared Space. Qui, tra il 2000 e il 2001, venne completamente rivista
la regolamentazione della mobilità urbana, ben quaranta incroci vennero rivisti ed i risultati
parlano chiaro: una riduzione drastica degli incidenti, meno feriti e meno decessi (un solo
morto contro i cinque dell’anno precedente). Ecco cosa sostiene Monderman: “Anche se può
sembrare strano, i semafori e la segnaletica stradale non sempre servono. A volte, anzi,
sono controproducenti. […] Il mio obiettivo era cercare di fare in modo che gli automobilisti
riducessero la velocità di marcia. Ma visto che i divieti da soli non funzionavano, ho deciso di
scommettere sulle persone, responsabilizzandole. E adesso posso tranquillamente dire che
ho vinto la scommessa”. Infatti anche per quanto riguarda la velocità è stato dimostrato,
attraverso le rilevazioni fatte agli incroci riprogettati, che chi percorreva a 60 km/h una
intersezione ora lo fa a 30 km/h. Questo avviene naturalmente, senza alcun bisogno di
cartelli stradali e semafori, poichè la mancanza di segnaletica prende in contropiede pedoni
ed automobilisti e li mette sull'attenti, tutti rallentano e controllano, in ogni direzione, se c’è
qualche altro utente presente. Oltre ai dati numerici relativi agli incidenti, è stato studiato che
i cartelli stradali vengono ignorati inconsciamente nel 70% dei casi. Un’altra statistica prende
in considerazione la sostituzione dei semafori con le rotatorie (altro elemento sempre
presente nei progetti di spazio condiviso), le quali riducono i punti di conflitto
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di ben quattro
volte rispetto ai consueti incroci semaforici; inoltre riducono la velocità, la gravità degli
incidenti, i tempi di attesa e quindi anche i consumi e le emissioni. Oltre all’eliminazione della
segnaletica ed all’uso delle rotatorie, Monderman utilizza piazze con pavimentazione di
colore diverso e luci segnaletiche poste non troppo in alto per garantire anche la sicurezza
dei bambini.
Dopo l’Olanda, la stessa Unione Europea ha promosso la riprogettazione di alcuni
paesi secondo le regole dello Shared Space con interventi in Germania, Belgio e Danimarca.
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per punto di conflitto si intende la possibilità di avere un incidente, ad esempio in un incrocio, con correnti di
traffico diverse.
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In Italia il caso più affine è quello di Cattolica, prima città italiana senza semafori, sostituiti da
ben 25 rotonde in tutto il comune e gli incidenti sono calati del 70%.
Figura 4.2: due incroci riprogettati secondo le regole dello Shared Space.
1.1.6 – Hannover: autobus e design
Da quando nel 1990 Hannover vince la gara per l’Expo 2000, incomincia un progetto
di riqualificazione urbana che interessa anche il trasporto pubblico. Vengono introdotti nuovi
tram dal design innovativo con una serie di monitor all’interno (progettati da Jasper Morrison
e Herbert Lindinger), le fermate hanno schermi con funzione informativa da un lato e
pubblicitaria dall’altro, numerose stazioni della metropolitana e fermate dei bus vengono
riqualificate grazie al contributo di artisti e designer come Massimo Iosa Ghini, Elvira Bach,
Alessandro Mendini, Andreas Brandolini, Ettore Sottsass e Frank O. Gehry.
Figura 4.3: nella foto a sinistra uno dei nuovi autobus riprogettati da James Irvine; a destra, la
fermata Steintor di Alessandro Mendini.
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[…] ESEMPIO CAPITOLO 5 […]
5.2 – Linee-guida per una mobilità sostenibile a Torino
La città di Torino, pur avendo avviato già alcune soluzioni interessanti per la mobilità
ed essendo una tra le grandi metropoli italiane più attive in questo campo, non è riuscita
ancora a raggiungere traguardi di rilievo. Ciò lo si può dimostrare con l’uso prevalente dei
mezzi privati ed un utilizzo di quelli pubblici veramente basso. La prima e più rilevante
conseguenza di questi scarsi risultati, sono i valori medi annuali delle emissioni: 67,8 µg/m³
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per il particolato fine (PM10), quando la soglia di superamento per la protezione della salute
umana è di 40 µg/m³ (imposta sia dalle direttive europee che da quelle comunali), e 78 µg/m³
di NO2, quindi lontanissimi dagli obiettivi imposti per il 2010 (anche in questo caso di 40
µg/m³). Per migliorare la situazione e preservare la salute e l’incolumità dei cittadini, sarebbe
doveroso prendere delle decisioni ferree ma consapevoli che non si può impedire la libertà di
spostamento dei residenti. Dall’altro lato, il comportamento e le decisioni dei cittadini,
saranno di eguale importanza per la buona riuscita di azioni innovative ed alternative alla
mobilità di routine.
Dopo aver analizzato diversi casi studio (capitoli 0 e Errore. L'origine riferimento
non è stata trovata.), i problemi odierni dei trasporti urbani ed i programmi futuri del comune
di Torino, ho stilato una serie di linee-guida che possano indirizzare la città verso una
mobilità sostenibile:
URBANISTICA E INFRASTRUTTURE
1. sostituzione degli incroci semaforici con rotatorie:
permette di migliorare la viabilità, di diminuire le
emissioni e gli incidenti stradali;
2. sostituzione dei semafori con altri “intelligenti” in grado
di funzionare in base al flusso stradale (se non fosse
possibile la sostituzione con rotatorie);
3. prevedere in ogni isolato posti riservati e gratuiti ai
veicoli ZEV (Zero Emission Vehicles) con colonnine di
ricarica per quelli elettrici;
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microgrammo al metro cubo, equivale ad un milionesimo di grammo.
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