6
E’ forte e diffusa la convinzione che l’accumulazione di capitale umano sia oggi
fondamentale per sostenere la crescita economica e per rafforzare la coesione sociale.
Il capitale umano è, infatti, considerato indispensabile per introdurre le innovazioni
tecnologiche e organizzative dalle quali dipende la produttività dei fattori ed è anche
visto come la condizione per accedere a retribuzioni più elevate nel corso del proprio
ciclo vitale. In effetti, per far fronte alle crescenti disuguaglianze nelle retribuzioni si
suggerisce di investire in capitale umano per poter guadagnare quello skill premium
che, proprio per effetto delle evoluzioni della tecnologia, sarebbe cresciuto nel corso
degli ultimi anni divenendo uno dei fattori decisivi nell’ampliamento delle
disuguaglianze. Con riferimento, poi, a una questione ancora più importante, si
ricorda che l’accumulazione di capitale umano (soprattutto se effettuata in età
precoce) costituisce la via più sicura per eliminare le originarie disuguaglianze di
opportunità, causate dalla trasmissione generazionale di privilegi, non soltanto di
natura patrimoniale, che possono incidere significativamente sulle prospettive di
ciascuno di condurre un’esistenza dignitosa.
Proprio da queste considerazioni si svilupperà la tesi che cercherà di analizzare
l’importanza che il capitale umano esercita nelle disuguaglianze sociali all’interno
del paese Italia. Inoltre, analizzerà, dal punto di vista economico, il fenomeno della
mobilità sociale all’interno della nazione, evidenziandone le differenze tra le varie
macroaree, le cause di tale differenze e le conseguenze che determinano in termini di
sviluppo omogeneo del paese.
L’Italia è, infatti, un paese in cui sono presenti due macroaree che crescono a
velocità molto differenti, acuendo il divario tra Nord e Sud. Un divario che ha radici
lontane, ma che politiche sbagliate ancora non sono state in grado di eliminare e,
7
anzi, hanno determinato una mobilità sociale tra le più basse nei paesi
industrializzati, con la conseguenza che la recessione continuerà a farsi sentire più
che altrove
1
.
In Italia almeno il 40% del vantaggio economico dei padri con redditi elevati è
trasmesso ai figli: solo in Gran Bretagna la proporzione è più elevata. Se il padre è
laureato, il figlio ha 30 punti percentuali in più di probabilità di arrivare all'università
del figlio di genitori con un minore grado di istruzione e la disparità si tradurrà in
un'ineguaglianza di reddito.
La Penisola, dunque, è uno dei paesi in cui c'è un maggiore premio in termini di
reddito se si proviene da un famiglia di buon livello culturale e una delle maggiori
penalizzazioni se la famiglia di provenienza ha un minore livello di
istruzione/reddito. Appare evidente, così, come l’area sottosviluppata fatichi sempre
di più trovare un percorso di sviluppo che diminuisca il divario con il resto del paese.
Tutto ciò, quindi, si traduce in diverse opportunità iniziali per i cittadini delle due
aree, con la conseguenza finale di una forte emigrazione dal Sud verso l’area più
sviluppata.
Questo lavoro, dunque, dopo aver dato una definizione della mobilità sociale e aver
presentato alcuni modelli nel capitolo 1, analizzerà nel capitolo 2 il divario Nord-
Sud, determinandone le cause storiche e studiandone i dati più aggiornati che
evidenziano tale divario. Presenterà un modello di calcolo del costo del capitale
umano e descriverà brevemente il fenomeno delle migrazioni dal Sud verso il Nord.
Nel capitolo 3 sarà fatta un’analisi della mobilità sociale in Italia: si studierà la
mobilità assoluta e relativa, la mobilità intergenerazionale e intragenerazionale; si
1
Rapporto Obiettivo Crescita Dell’OCSE, marzo 2010
8
studieranno le matrici Markoviane attraverso un’analisi strutturale descrivendo tali
matrici, a cui si applicheranno degli indici presenti in letteratura per verificare quanto
è mobile la società in Italia: mobilità che sarà studiata oltre che per l’intero Paese,
anche per sue partizioni territoriali, evidenziandone le diversità qualora esistessero.
Le conclusioni riprenderanno i risultati applicativi e cercheranno di definire se è
mobile o meno il Paese Italia, se esistono differenze al suo interno, e se queste
differenze possono spiegare le migrazioni del capitale umano dal Sud verso il Nord.
9
Capitolo 1
Mobilità sociale
10
1.1 Introduzione
La mobilità sociale può essere descritta come il passaggio da una collocazione
sociale iniziale (l’origine) ad una collocazione sociale finale (la destinazione)
2
.
La collocazione sociale può esprimersi secondo modalità diverse, in quanto può fare
riferimento a posizioni assolute (il reddito guadagnato da un individuo che permette
di collocarlo nella distribuzione dei redditi della collettività), a posizioni relative
(quota di reddito che un individuo gode rispetto al reddito complessivo della
popolazione), a posizioni ordinali, il possesso di un titolo di studio (variabile
ordinabile solo secondo un criterio di tipo qualitativo), o anche solo a categorie
nominali non ordinabili, ad esempio le credenze religiose o politiche.
Il concetto di mobilità intreccia strettamente due fenomeni distinti: da un lato
l’evoluzione temporale, in quanto la collocazione sociale viene registrata in due
istanti di tempo diversi; dall’altro la distribuzione di una risorsa (tipicamente lo
status socio-economico) all’interno di una popolazione
3
.
Lo studio della mobilità sociale, quindi, consiste nell’analizzare l’evoluzione di una
risorsa all’interno di una popolazione: se lo studio utilizza risorse che possono essere
ordinate secondo un dato criterio di status socioeconomico, possiamo parlare di
mobilità verticale (in quanto studiamo il movimento in ascesa o in discesa nella
gerarchia dei diversi status sociali); alternativamente si parlerà di mobilità
orizzontale, in quanto si osserva il movimento all’interno di categorie non ordinabili.
Ancora, si parlerà di mobilità intergenerazionale, quando sarà analizzata la relazione
tra la posizione nella professione che un individuo occupa e quella della famiglia in
2
Dardanoni V. et al, 2002, pag. 1
3
Dardanoni V., Checchi D., Voce per il supplemento dell’Enciclopedia del Novecento Treccani, 2002,
pag. 2
11
cui è cresciuto
4
. La mobilità intergenerazionale può essere assoluta o relativa. La
prima è data dal confronto tra la classe sociale di origine e quella di destinazione. La
seconda (definita anche fluidità sociale) consente invece di verificare le relazioni tra
classe del padre e classe del figlio al netto degli effetti strutturali (cioè della mobilità
assoluta)
5
.
Per mobilità intragenerazionale facciamo riferimento, invece, ai cambiamenti di
status sociale di un singolo individuo.
La mobilità sociale è stata oggetto, nel corso del tempo, di sempre più maggiore
analisi scientifica, soprattutto dopo la rivoluzione industriale per i forti risvolti anche
politici oltre che sociali della mobilità stessa. Nel XIX sec., Pareto, riferendosi alla
mobilità nelle posizioni occupazionali, che a suo parere sintetizzavano la
distribuzione della ricchezza e del potere, associò il concetto di mobilità a quello di
stabilità dell'equilibrio sociale. Nel XX sec., Blaun e Ducan ritenevano che un
sufficiente grado di mobilità sociale rendesse accettabile la disuguaglianza prodotta
dallo sviluppo capitalistico, perché avrebbe rappresentato una forma di stimolo
all’ascesa sociale, mentre per Giddens il ruolo esercitato dalla mobilità in un contesto
di rigida divisione del lavoro era marginale. Evidente era dunque, la diversa matrice
politica-filosofica degli autori sopra citati: filo-capitalisti i primi, filo-marxista il
secondo. Nel decennio scorso, Milton Fredman, evidenzia come la disuguaglianza in
un sistema sociale rigido in cui ogni individuo mantiene la sua posizione nel tempo è
sicuramente più preoccupante di quella che si registra in un sistema sociale mobile e
dinamico.
4
Breen, 2004
5
Gabriele S., Padoa Schioppa F.K., Un’analisi economica della mobilità in Italia, Invited Policy
paper, 2006
12
Si procede adesso, studiando alcuni approcci scientifici elaborati nel corso del tempo
circa lo studio della mobilità sociale. Si evidenzierà nel terzo paragrafo anche alcuni
problematiche relative alla misurazione di questo fenomeno, in particolar modo
introdurremo la nozione di mobilità strutturale e di scambio.
Nel quarto paragrafo ci si soffermerà sul modello dell’elasticità intergenerazionale
dei redditi elaborato da Solon; nel quinto paragrafo si parlerà dell’elasticità
intergenerazionale dei redditi di cui, poi, si riporterà alcuni dati presenti in letteratura
e si farà un confronto fra di essi nel sesto paragrafo. Infine, si trarranno le
conclusioni dell’intero capitolo nel paragrafo sette.
1.2 Approcci scientifici
La prima analisi scientifica è, senza dubbio, quella di Francis Galton
6
del 1886: egli
analizza i dati sulla statura di migliaia di individui adulti e dei loro genitori e
conclude che quando l’altezza media dei due genitori
7
è maggiore della media della
popolazione, i figli tendono ad essere più bassi di essi, mentre quando la loro media
è minore della media della popolazione, i loro bambini tendono ad essere più alti
rispetto ai loro genitori. Il suo modello di trasmissione intergenerazionale è così
formalizzato:
(A
t+1
– A) = β( A
t
– A) + e
t
(1.1)
In questo modello, A
t+1
è l’altezza dell’individuo, A
t
l’altezza dei corrispondenti
genitori, A, invece, è l’altezza media della popolazione, e
t
è un elemento
6
Galton F., “Regression towards mediocrity in hereditary stature”, 1886
7
Nel calcolare la statura media degli adulti, Galton converte la statura femminile in statura
equivalente maschile
13
idiosincratico nella popolazione e β è il parametro di ereditarietà dell’altezza. Se un
padre ha un’altezza superiore alla media (ovvero At − A> 0 ), al di là di eventi
accidentali non prevedibili (dati dal fattore e
t
), anche il figlio tenderà a superare la
media di un ammontare proporzionale a β.
Se il modello di trasmissione fosse puramente deterministico, cioè e
t
=0, l’altezza dei
figli convergerebbe all’altezza media tanto più velocemente quanto più basso è il
fattore β. Sulla base dei dati a disposizione, Galton conclude che β nella trasmissione
dell’altezza è pari a circa 2/3, rappresentando quindi un processo con elevata
persistenza intergenerazionale
8
.
Becker (1991), sostituisce la variabile “altezza” con la variabile “status
socioeconomico” ed elabora un modello di trasmissione intergenerazionale dello
status partendo da alcune considerazioni: se i genitori hanno a cuore il benessere dei
propri figli, essi doneranno una parte del proprio reddito per finanziare la loro
istruzione (che è la determinante principale del reddito). In questo modello, si viene a
creare una persistenza intergenerazionale nei redditi ogni volta che i figli dei genitori
ricchi possono acquisire maggiore istruzione rispetto ai figli dei genitori poveri;
naturalmente se il figlio riceve indipendentemente, ad esempio, un dollaro, anche se
vi è un programma di istruzione pubblica, il genitore diminuirà l’investimento di un
dollaro (scelte razionali di investimento dei genitori)
9
.
Questo modello è stato in seguito criticato per la sua meccanicità; esso prevede,
infatti, che la persistenza nella trasmissione intergenerazionale sia identica qualora si
considerino alternativamente l’intelligenza, l’istruzione, il reddito o la ricchezza
degli individui.
8
Dardanoni V., Checchi D., Voce per il supplemento dell’Enciclopedia del Novecento Treccani,
2002, pag. 7
9
Becker, (1991)
14
Nel 1997 Mulligan propose, allora, di analizzare da un lato la trasmissione
intergenerazionale del reddito secondo i meccanismi studiati da Becker, e dall’altro
la trasmissione della ricchezza, intuitivamente trasmessa con i lasciti ereditari.
L’autore trova, dopo quest’analisi, una minore correlazione intergenerazionale tra i
redditi da lavoro di padri e figli rispetto a quella tra status sociali. L’analisi dei dati
mostra infatti che la correlazione intergenerazionale tra i redditi da lavoro di padri e
figli è generalmente inferiore alla correlazione tra status sociali (ove questo venga
misurato sulla base del reddito complessivo multiperiodale di un individuo, in
analogia con il concetto di reddito permanente). Mulligan trova, infatti, che il
coefficiente di correlazione intergenerazionale nei livelli di reddito permanente (o nei
livelli di consumo, in quanto strettamente interconnessi con il reddito multiperiodale)
di un campione rappresentativo della popolazione nordamericana è pari a circa il 0.7-
0.8, mentre lo stesso coefficiente nei livelli di reddito da lavoro è pari solo a 0.5.
Questo implica una differenza notevole nel grado di persistenza della disuguaglianza
tra generazioni diverse. Un coefficiente di correlazione pari a 0.7 implica che se i
genitori di un individuo i sono 5 volte più ricchi (in termini di reddito totale) dei
genitori dell’individuo j, allora l’individuo i sarà a sua volta in media circa 3 volte
più ricco dell’individuo j. Invece se il coefficiente di correlazione in questione fosse
pari a 0.5, questo implicherebbe che a fronte di una differenza di 5 volte nei genitori
(cioè i genitori dell’individuo i guadagnano 5 volte di più dei genitori dell’individuo
j) troverebbe riscontro una differenza di sole 2 volte nei figli (in media l’individuo i
guadagnerà il doppio dell’individuo j).
La diversa velocità di trasmissione di intelligenza/istruzione/reddito da lavoro e
ricchezza/status socioeconomico, fa luce sul ruolo della trasmissione
15
intergenerazionale della ricchezza attraverso l’eredità nel mantenimento delle
ineguaglianze tra generazioni. Nell’ipotesi interpretativa di Becker, la trasmissione
genetica dell’intelligenza individua un grado di persistenza “ottimale”, il
raggiungimento del quale individua un’allocazione (integenerazionalmente)
efficiente delle risorse, in quanto individui più capaci riceveranno maggiori
investimenti in istruzione da parte delle famiglie di appartenenza. Tuttavia diversi
ostacoli possono frapporsi a questo raggiungimento, e tra questi la disuguaglianza
nella distribuzione della ricchezza costituisce quello principale. Se infatti le famiglie
povere non riescono a finanziare adeguatamente l’istruzione dei loro figli con risorse
proprie, potrebbero in linea di principio fare ricorso all’indebitamento. Tuttavia
l’accesso al mercato del credito allo scopo di finanziare l’istruzione non si rivela
facile, in quanto le famiglie povere possono non essere in grado di fornire garanzie
reali, e possono vedersi negato il credito richiesto. In questo modo l’investimento in
istruzione della generazione si rivela complessivamente insufficiente a raggiungere il
livello ritenuto efficiente. In tale contesto un programma di fornitura pubblica e
gratuita dell’istruzione, finanziato attraverso tassazione, potrebbe conseguire
simultaneamente due obiettivi: da un lato favorire l’efficienza (in quanto permette ai
figli meritevoli di famiglie povere di accedere a livelli di istruzione più elevati) e
dall’altro migliorare l’equità (in quanto diminuisce il grado di persistenza
intergenerazionale, ovvero ne aumenta l’eguaglianza di opportunità)
10
. La realtà
però, è più complessa di come descritto nei modelli.
L’investimento dei genitori nell’istruzione dei propri figli dipende dalle aspettative
che i primi si formano sulle capacità dei secondi, e la stessa formazione di aspettative
10
Dardanoni V., Checchi D., Voce per il supplemento dell’Enciclopedia del Novecento Treccani,
2002, pag. 9