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INTRODUZIONE
L’eredità sociale è un fenomeno antico; nelle società
preindustriali lo spazio sociale era molto rigido e la maggior parte
degli individui erano destinati a rimanere per tutta la vita nella
posizione sociale ereditata alla nascita dai propri genitori. Spesso la
rigidità del sistema sociale era sorretta dall’esistenza di precise norme
religiose o giuridiche; tutte queste norme da un lato garantivano ai
figli degli aristocratici il mantenimento dei benefici e dei vantaggi di
classe, ma dall’altro impedivano ai figli dei servi di migliorare il
proprio status sociale di origine. Tuttavia nessuna epoca storica né
alcuna società sono mai state assolutamente prive di un certo grado
(anche se lieve) di fluidità.
Le possibilità di mobilità sociale iniziano a propagarsi in modo
considerevole solo con la nascita della società industriale. La
rivoluzione americana e quella francese contribuirono in modo
determinante ad affermare e diffondere il valore dell’uguaglianza, in
particolare quella delle opportunità. La rivoluzione francese, in
particolare, fu il prodotto di un grande dibattito ideologico che dalla
Francia si diffuse in tutto il mondo grazie al fermento di quei
presupposti illuministici di uguaglianza e di libertà. Nel XIX secolo di
fece strada una concezione universalista della società secondo la quale
l’accesso alle diverse posizioni sociali disponibili doveva dipendere
non tanto dalla condizione di origine, quanto dal possesso si
competenze pubblicamente certificate e riconosciute, acquisite
attraverso l’applicazione dei propri talenti e dei propri sforzi personali.
Questa visione universalistica e meritocratica ha raggiunto la sua
massima diffusione nel secondo dopoguerra e, in tutte le società
avanzate, si è espressa nel principio liberale dell’uguaglianza delle
opportunità [Cfr. Pisati 2000: 39-42].
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Dopo la nascita del moderno stato di diritto, in tutti i paesi
a democrazia liberale il sistema sociale ha sempre presentato
caratteri di forte competitività. Dapprima la scuola, poi gli
accessi ai posti di lavoro e le carriere si sono tradizionalmente
fondate sulla selezione, anche se non sempre rigorosa, ne
realizzata con criteri sempre obiettivamente giusti e validi
[Sansuini 1996: 140].
Grazie all’affermazione di questi principi oggi è possibile
individuare nella società odierna un discreto grado di mobilità sociale,
ma purtroppo dobbiamo anche constatare che la nostra società
presenta ancora dei residui significativi di disuguaglianze di
opportunità; «in linea generale si può affermare che storicamente si è
passati da forme di disuguaglianza estremamente rigide a forme di
disuguaglianza flessibili» [Toscano 2011: 494].
Dalle statistiche emerge che esiste ancora oggi una forte
ereditarietà fra le generazioni per quanto riguarda l’istruzione,
l’occupazione professionale, l’aspetto culturale - valoriale e il
potenziale economico; questi quattro elementi causano un fenomeno
di “ristagno sociale”, formando da un lato un circolo virtuoso per le
classi agiate le quali, in funzione della loro superiorità di risorse, sono
agevolate a restare nelle posizioni di vertice della piramide sociale, e
dall’altro un circolo vizioso per le classi svantaggiate le quali, in
funzione del loro handicap, tendono a restare nelle posizioni più basse
della piramide sociale. Questo sistema di disuguaglianze sociali,
culturali ed economiche si trasmette da una generazione all’altra
impedendo la concreta realizzazione del principio di uguaglianza.
«Secondo Graziano Battistella e altri autori, il diritto alla mobilità
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potrebbe essere posto sullo stesso piano d’importanza degli altri
diritti» [Erdas 2011: 28].
La scuola è probabilmente il più importante strumento di
mobilità sociale che, attraverso il rilascio di titoli di studio, certifica le
abilità e le qualità possedute da un individuo il quale, con l'aiuto di
suddetti titoli, partecipa al mercato del lavoro e ambisce alle posizioni
occupazionali più prestigiose; per cui le istituzioni formative rivestono
un’importante ruolo nell’assegnazione dei posti all’interno dello
spazio sociale. Detto ciò, l’uguaglianza degli individui di fronte
all’istruzione rappresenta allora una premessa irrinunciabile per una
società che voglia definirsi meritocratica.
Oggi il principio di uguaglianza degli individui di fronte
all’istruzione sta alla base di ogni democrazia moderna; nel nostro
paese questo principio è solennemente sancito dall’articolo 34 della
Costituzione, secondo il quale «la scuola è aperta a tutti (…) I capaci e
i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto a raggiungere i
gradi più alti degli studi». Tuttavia, come spesso accade, bisogna
constatare l’esistenza di un certo divario fra l’affermazione del
principio e la sua concreta realizzazione. Purtroppo anche l’istruzione
è coinvolta in questo meccanismo di ristagno sociale: guardando le
statistiche della tabella di sopravvivenza scolastica notiamo che in
media le classi svantaggiate abbandonano prematuramente la scuola
mentre le classi più prestigiose raggiungono i gradi più alti
dell’istruzione. Detto ciò, possiamo avanzare due possibili
supposizioni: o le menti più brillanti nascono prevalentemente fra le
fila della borghesia per qualche inspiegabile tabù naturale, oppure
esiste davvero un automatismo che rende l’istruzione un’esclusiva dei
ceti più alti.
Perché le classi più svantaggiate tendono ad abbandonare
un’importante strumento di mobilità sociale come la scuola? Quali
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sono i meccanismi che stanno dietro tale rapporto? La risposta a
questa domanda non è semplice. Esistono molte cause che concorrono
equamente alla manifestazione di tale fenomeno, in primo luogo
abbiamo il differente potenziale economico che le famiglie
appartenenti alle varie classi sociali possono investire nell’istruzione;
non meno importante è il capitale culturale della famiglia e
l’atteggiamento che i genitori stessi hanno verso l’istruzione; anche i
valori incidono sul successo scolastico, infatti molti membri delle
classi subordinate preferiscono investire in consumi vistosi che in
istruzione; anche fattori di natura linguistica, infatti la differente
proprietà di linguaggio dei vari ceti costituisce un’ulteriore motivo di
svantaggio per le classi subordinate; e infine anche alcune
responsabilità direttamente imputabili alla scuola e ai suoi docenti i
quali, mostrando visibilmente aspettative diverse nei confronti degli
studenti, ne condizionano il loro rendimento. Dunque la scuola non
farebbe altro che trasformare il privilegio di classe in merito e
riprodurre le disuguaglianze d’origine; e pensare che la scuola
dovrebbe essere il primo mezzo di riscatto sociale per le classi
svantaggiate.
In questa tesi si parla di tutti questi temi. In particolare, nel
primo capitolo parleremo della “redditività” (economica)
dell’istruzione, esamineremo cioè l’importanza che i titoli di studio
hanno nell’inserimento delle persone all’interno del campo del lavoro
e sulla collocazione nella piramide sociale; valuteremo poi se
realmente le persone che conseguiscono i gradi più alti degli studi
riescano davvero ad ottenere le occupazioni professionali più
prestigiose grazie alle loro credenziali scolastiche; vedremo come il
grado d’influenza del titolo di studio sul destino occupazionale non è
sempre stato stabile nel corso degli anni, anzi quest’influenza è mutata
nel tempo; guarderemo come i sociologi di oggi hanno opinioni molto
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diverse riguardo l’andamento nel tempo del rapporto fra origini sociali
e titoli di studio; verificheremo se l’influenza dei titoli sul destino
occupazionale muta in rapporto al genere (uomo-donna); infine
vedremo come l’istruzione non sia l’unico mezzo per l’occupazione di
importanti posizioni all’interno dello spazio sociale.
Nel secondo capitolo la nostra attenzione si sposterà sul livello
medio d’istruzione del nostro paese e sulle tavole di sopravvivenza
scolastica per constatare in quali quantità le classi svantaggiate
abbandonino la scuola; vedremo come negli ultimi decenni in Italia,
ma anche all’estero, sia stato registrato un aumento significativo della
domanda d’istruzione che non ha comunque agevolato le classi più
svantaggiate; osserveremo come la scelta della scuola secondaria
superiore sia un bivio fondamentale nella carriera scolastica di ogni
studente; discuteremo dell’impatto che le riforme degli anni 60’ hanno
avuto sul sistema scolastico italiano e sulla domanda d’istruzione, e
per concludere vedremo come sono cambiate nel tempo le
disuguaglianze educative secondo il genere.
Nel terzo capitolo parleremo dei motivi dell’abbandono
scolastico; tratteremo i principali meccanismi di riproduzione delle
disuguaglianze sociali e vedremo quali sono i principali canali di
trasmissione; osserveremo fino a che punto la disuguaglianza
economica costituisce per molte famiglie un handicap materiale che
impedisce il proseguimento degli studi; parleremo dell’abbandono
scolastico e delle sue statistiche; un’approfondita analisi sarà
realizzata sui motivi psicoculturali dell’abbandono scolastico,
sull’importanza del capitale culturale familiare riguardo il successo
scolastico della prole e di come incide la cultura di classe e la
linguistica sul conseguimento di titoli. Concludendo esamineremo
quali sono le responsabilità e le colpe direttamente imputabili al
sistema scolastico e ai suoi insegnanti.