4
della capacità delle reti esistenti, l’ammodernamento della disciplina
legislativa al nuovo fenomeno della “convergenza” tecnologica.
In Italia, solo dopo 7 anni dall’emanazione delle due Direttive
comunitarie (90/367 e 90/388), il mercato delle TLC viene
concretamente liberalizzato con decreto presidenziale.
La fine del monopolio esercitato fino a quel momento nella telefonia
mobile da Telecom Italia Mobile ha però determinato
successivamente, nell’arco di pochi anni, una graduale uniformazione
delle quote di mercato di tutti gli incumbent e, inoltre, un livello di
investimenti più ridotto da parte dei quattro grandi players gestori
delle infrastrutture di rete: essi stessi, infatti, favoriti da un quadro
regolamentare che ha permesso loro di disporre liberamente
dell’infrastruttura da essi realizzata, stipulano accordi commerciali
con i “nuovi entranti”, ai quali propongono certamente condizioni
contrattuali meno onerose della scelta di investire nella realizzazione
di una propria rete, ma comunque a costi elevati, non consentendo
perciò ai “virtuali” di offrire servizi di qualità (tecnologici e non) al
pari degli operatori di rete ospitanti.
Se negli altri Paesi europei, dove gli operatori virtuali svolgono
un’attività simile a quella delle compagnie aeree low cost (dunque
gestori esclusivi di tutte le attività della filiera), di sicuro l’offerta ai
consumatori risulta molto ampia, dalle tariffe ai servizi, ai terminali a
marchio aziendale, in Italia, invece, i nuovi operatori ammessi dalla
legge sono ESP cioè rivenditori di traffico e non Full – MVNO; essi,
dunque, già in ritardo nel loro ingresso sul mercato rispetto ai MVO
di altri paesi europei, senza numerazione propria e con SIM card
emesse dall’operatore fornitore di rete (MNO), solo negli ultimi 2
5
anni hanno cominciato a sviluppare un maggiore interesse nello
sviluppo di servizi a valore aggiunto, nel tentativo di offrire un
vantaggio competitivo ulteriore alla convenienza tariffaria.
Approfondendo l’analisi del mercato europeo ed italiano delle
telecomunicazioni, il trend 2008 per l’Italia appare in continuità col
biennio precedente: l’Italia è prima per tasso di penetrazione mobile
(154 telefonini ogni 100 abitanti), seguita da UK e Germania (con un
tasso di crescita maggiore rispetto al Regno Unito); in generale,
perciò, l’avvento e lo sviluppo dei MVNO nei Paesi europei si
registrano all’interno di un mercato saturo, nel quale,
all’appiattimento e alla decrescita del ricavo medio per consumatore
(ARPU) si è accompagnata una nuova tipologia di competizione sulla
conquista della seconda utenza mobile pro – capite, ossia sulla
seconda SIM card posseduta, ed è appunto questo lo spazio di
accesso che i MVNO si sono ritagliati per provare ad aggredire gli
incumbent con la propria offerta.
In Italia, la macrocategoria dei MVO non-telecom è la più numerosa,
con protagoniste molte aziende, differenti tra loro per settore di
provenienza, che hanno deciso di lanciare un proprio operatore
virtuale appoggiandosi ai 4 gestori italiani delle reti, tra i quali
spiccano Vodafone e H3g (6 operatori virtuali attivi, telecom e non-
telecom); da evidenziare, nella categoria non-telecom la presenza di
un solo MVO, MTV mobile, mirato al segmento “giovani”, “anomalia”
che appare decisamente inspiegabile, alla luce delle numerose
indagini di mercato che configurano i giovani come segmento “heavy
user” del telefono cellulare.
6
Centrale nell’elaborato è la comprensione della necessità di
superamento della classica segmentazione della clientela in
“business” e “consumer”: ciò si è tradotto nella ricerca di nuove
variabili critiche di successo alla base della “value proposition” degli
operatori mobili, sia fornitori di rete che virtuali.
Un esempio ormai noto in tal senso è dato dall’individuazione del
“target etnico”, la cui profittabilità come segmento consumer sembra
essere stata colta in misura maggiore dai MVO: l’adozione di tale
business model potrebbe determinare, se supportata da un mix
servizio-target adeguato, un posizionamento di mercato più che
positivo per gli operatori virtuali, come è avvenuto nel caso di
Movida, un ESP-reseller di tipo telecom attivo negli USA, il cui target
di riferimento è rappresentato dai 40 milioni di ispanici residenti negli
States.
Con riferimento al segmento business, gli operatori mobili virtuali non
sembrano, al momento, realmente interessati a sviluppare un’offerta
specifica per aziende e professionisti: ad eccezione di Postemobile e
di BT Mobile (quest’ultimo unico MVO italiano esclusivamente
orientato verso le imprese che offre servizi in convergenza fisso-
mobile-Internet), tutti gli altri operatori attivi sul mercato italiano
hanno predisposto il proprio business model avendo come solo
destinatario il panorama consumer; altra “anomalia di mercato”
considerando le possibili applicazioni di una strategia di “direct
marketing” o la realizzazione di investimenti degli operatori mobili
virtuali nella progettazione di servizi firm-specific.
Allo scopo di comprendere più da vicino le modalità di definizione
della value proposition degli operatori mobili virtuali italiani, ho
7
scelto di analizzare due casi specifici appartenenti alla categoria non-
telecom, CoopVoce e PosteMobile, entrambi aventi come mercato di
riferimento il consumer e, quale vantaggio competitivo, una rete di
distribuzione pre-esistente (i punti vendita e gli uffici postali).
Il primo, CoopVoce, a settembre 2009 ha raggiunto quota 380.000
abbonati, sebbene il focus delle specifiche iniziative commerciali di
Coop Italia in merito, non sembri esattamente mirato a valorizzare il
servizio di telefonia mobile in sé, spingendo la clientela ad un
acquisto convinto della SIM dell’operatore virtuale; ciò che manca a
CoopVoce è un salto di qualità come prodotto/servizio vero e
proprio, con un’identità ben definita e soprattutto più legata alle
iniziative connesse alla spesa quotidiana svolta all’interno dei punti
vendita (scontistica, test di prodotto, promozioni di vario genere).
PosteMobile, a differenza di CoopVoce e della maggior parte degli
altri MVO presenti nel mercato italiano, tende a superare le logiche di
una competizione basata su un’offerta low cost, pur non
distaccandosene totalmente, preferendo sfruttare il know-how
cumulato nel settore di appartenenza per proporre alla propria
clientela servizi qualificabili come “utilities”; tuttavia, tali servizi
risultano legati maggiormente all’attività di retail banking di Poste
Italiane più che a servizi prettamente postali.
L’elaborato prosegue nella ricerca di una “value proposition”
vincente per gli operatori mobili virtuali, con particolare attenzione
per due case studies internazionali completamente diversi tra loro in
relazione alla variabile critica di successo e al modello di business, per
individuare, attraverso l’analisi di entrambi, possibili marketing
strategies applicabili alla realtà italiana, partendo però dal
presupposto che nei rispettivi settori nazionali delle
8
telecomunicazioni mobili, inglese per Blyk e tedesco, belga, olandese
(da poco anche spagnolo e francese) per Kpn – E-plus, le quote di
mercato dei MVNO risultano più consistenti a confronto dei “virtuali”
italiani, sia per via dell’ “anzianità” d’ingresso nel mercato, sia per le
caratteristiche delle offerte (che hanno avuto evidentemente un
maggiore appealing nei confronti dell’utenza).
In conclusione, nell’ultimo capitolo, ho deciso di concentrarmi sul
reseller CoopVoce, definendo una strategia di marketing “in
convergenza”, da implementare considerando i punti di forza
attualmente alla base della “value proposition” di CoopVoce; dato
l’attuale posizionamento di prezzo low cost, la proposta da me
avanzata è utilizzare due strumenti di comunicazione, Internet e il
telefonino, in maniera interattiva, per fornire all’utenza CoopVoce -
socio Coop una fruizione collettiva - di tipo partecipativo - di una user
experience virtuale, dal punto di vista della modalità di trasmissione
dei contenuti sui prodotti a marchio (attraverso la discussione visibile
online e interattiva tramite telefonino), ma allo stesso tempo reale, in
quanto finalizzata a rafforzare il legame tra i soci Coop – utenti
CoopVoce e i prodotti label.
9
10
Capitolo Primo.
Telecomunicazioni e telefonia mobile,
dal monopolio alla liberalizzazione
11
1.1 Frame normativo: la regolamentazione comunitaria delle
telecomunicazioni.
Nel settore delle telecomunicazioni, le rapide discontinuità
tecnologiche (reti e hardware) e la sempre più ampia gamma di
servizi e contenuti offerti (software e applicazioni) hanno mutato e
mutano continuamente lo scenario competitivo, determinando la
necessità di interventi legislativi conseguenti, a livello europeo e
nazionale.
Il monopolio naturale, che caratterizzava il mercato in oggetto, è
tramontato con la pronuncia della famosa sentenza del 1985 (Prima
Sentenza “British Telecommunications”1), nella quale la Corte di
Giustizia Europea ha affermato l’estensione del principio di libera
concorrenza anche al settore delle TLC (telecomunicazioni).
Dopo 14 anni da tale sentenza, allo scopo di garantire ulteriormente
un regime economico concorrenziale, la Commissione Europea ha
operato una prima revisione di tutti i settori dell’industria delle TLC,
seguita dall’adozione, da parte del Parlamento Europeo, di un nuovo
insieme di direttive sulle telecomunicazioni (per adattare il set
regolatorio preesistente alle nuove condizioni di mercato); infine,
risale al novembre 2005 la consultazione tra i legislatori nazionali per
la successiva revisione della struttura regolatoria UE riguardante le
comunicazioni elettroniche e i servizi.2
1
www.curia.europa.eu
2
Guerci Carlo, Mario – “Un mondo in banda larga: lo sviluppo delle telecomunicazioni in
Europa” a cura di Carlo Mario Guerci; prefazione di Paolo Gentiloni – Giuffrè, Milano,
2007
12
La direttiva più significativa, sul versante dell’armonizzazione con le
legislazioni nazionali, è stata senza dubbio la cosiddetta “Direttiva
Accesso” (Direttiva – quadro 90/3873), che stabilisce i principi e le
condizioni per la creazione di una “rete aperta”, volta a rendere
aperto il mercato dei servizi di telecomunicazione e ad unificare, a
livello europeo, le condizioni per l’accesso e per il libero uso delle reti
pubbliche e dei servizi pubblici di telecomunicazione (..)4; a
completamento della prima, la successiva Direttiva 90/3885 ha
abolito i diritti esclusivi speciali per la fornitura di servizi di
telecomunicazione diversi dai servizi della telefonia vocale e ha
imposto agli Stati membri di adottare le misure necessarie a garantire
ad ogni operatore economico il diritto di fornire servizi di
telecomunicazione.
L’effetto principale dell’approvazione di un simile complesso
apparato normativo è stato dirompente: tutti i diritti esclusivi
connessi al precedente monopolio (ad eccezione, ovviamente di
quelli legati ad esigenze generali di natura non economica, quali
integrità e sicurezza di funzionamento della rete pubblica o la
protezione dei dati) sia con riferimento alle infrastrutture, sia ai
servizi di telecomunicazione, sono divenuti illegittimi nei Paesi
aderenti alla CE; Paesi che, durante tutti gli anni ’90 e buona parte
degli anni a seguire, hanno dovuto di conseguenza affrontare una
3
www. europa.eu/legislation_summaries
4
“ (…) principi:criteri oggettivi, trasparenza, parità d’accesso, nessuna limitazione di
accesso alla rete o ai servizi pubblici di telecomunicazione (…) condizioni: tempo massimo
di fornitura; qualità del servizio; manutenzione;dispositivi per il rilevamento dei
malfunzionamenti della rete; uso relativo alla capacità di rivendita di capacità; uso
condiviso; interconnessione con reti pubbliche e private; accesso a determinate
frequenze,ecc.” (tratto da: www.iusreporter.it)
5
www. europa.eu/legislation_summaries
13
non facile, non eguale e soprattutto non immediata integrazione
delle norme comunitarie nei propri ordinamenti nazionali, sia a causa
delle preesistenti (a volte contrastanti) normative statali, sia per il
differente grado di apertura dei rispettivi mercati all’ingresso di nuovi
competitors.
In conclusione dell’analisi della materia normativa comunitaria, i tre
principi cardine del “pacchetto” di Direttive Comunitarie 2002, che
aggiornano le direttive precedentemente emanate nel 19906 ; in esso
si stabiliscono:
a) regole comuni per l’intero settore delle telecomunicazioni, allo
scopo di tradurre in unica legge, per una pluralità di servizi, il
fenomeno della “convergenza tecnologica”;
b) regole ex post e non più ex ante, ossia l’introduzione di misure
flessibili e correttive in caso di violazione dei limiti, sostituendo,
quindi le vecchie percentuali da non eccedere;
c) una nuova definizione di “operatore con significativi poteri di
mercato” poiché “deve considerarsi dominante la posizione di quella
impresa che, individualmente o congiuntamente con altri, gode di una
forza economica tale da consentirle di comportarsi in modo
radicalmente diverso dai concorrenti, dai clienti e dai consumatori”,
definizione che sostituisce il vecchio limite ex ante alla soglia del 25%
delle risorse del mercato considerato.7
6
“Attuate in Italia con il D.lgs. n.214/2003 (denominato Codice delle Comunicazioni
elettroniche)” da: Caretti P. – “Diritto dell’informazione e della comunicazione” – Il
Mulino, Bologna, 2005
7
www. europa.eu/legislation_summaries
14
In definitiva, gli interventi legislativi europei riportati hanno avuto
sicuramente un forte impatto in tutti i paesi CE: rottura del
monopolio di mercato, ingresso di nuovi operatori, maggiore
sfruttamento della capacità delle reti esistenti, ammodernamento
della disciplina legislativa al nuovo fenomeno della “convergenza”
tecnologica; in quali modalità è avvenuta l’armonizzazione delle
Direttive Comunitarie in Europa e quali le conseguenze in un Paese
quale l’Italia, dove un cittadino possiede in media 1,6 telefonini a
testa?
Si può parlare davvero di “reale” concorrenza?
15
1.2 Liberalizzazione del settore della telefonia mobile in Italia:
la privatizzazione dell’ex monopolista.
Attualmente, nel nostro Paese, sono presenti quattro grandi
operatori di telefonia mobile proprietari di reti trasmissive, di cui due
attivi da più di un decennio (Tim e Vodafone – ex Omnitel), un
operatore (Wind) presente sul mercato dal 1997 ma effettivamente
operante dal 1999, e un quarto (H3g), entrato nel settore
esclusivamente con l’avvio delle trasmissioni in tecnica UMTS.
Sembrerebbe dunque un quadro semplice e ben delineato; in realtà,
esso è stato il punto di arrivo di vicende legislative complesse e, al
contempo, rappresenta il punto di partenza per comprendere
l’evoluzione successiva del settore, con l’ingresso di newcomers
alternativi o di diretta emanazione dei quattro principali incumbents
sopracitati.
Ripercorriamo brevemente alcune tappe storico/normative.
Nel 1994, il governo italiano accorpò tutti i concessionari di
telecomunicazione in un’unica azienda, Telecom Italia, e un anno