4
che il capitale si nutriva “come un vampiro […] succhiando lavoro vivo”
1
.
Oggi, nonostante vi sia stato un certo grado di miglioramento legislativo,
lo “sfruttamento” dei dipendenti, esplicito o implicito, in forme e modalità
diverse dal passato, comunque persiste.
Il nuovo sfruttamento, che genera poi le attuali forme di
conflittualità legate all’universo lavorativo, è stato definito MOBBING; il
fenomeno in sé è piuttosto antico ma ha cominciato ad essere
esaminato e considerato nei suoi vari aspetti solo negli ultimi decenni
del XX secolo.
Ma perché il fenomeno mobbing, le cui origini risalgono agli inizi
dell’industrializzazione desta solo oggi una tale attenzione?
Mondializzazione, flessibilità, ristrutturazione aziendale, fusioni
aziendali sono tutti elementi che favoriscono il sorgere del mobbing e ne
impongono un’attenta analisi.
Come ogni fenomeno complesso che concerne svariati ambiti della
conoscenza umana (da quello sociale a quello medico, da quello
giuridico a quello psicologico) il mobbing è destinato a determinare
infinite discussioni e naturali incomprensioni.
Non tutti sono infatti concordi nel considerarlo una nuova fonte di
“malattia professionale” o comunque di ansia e stress legati al lavoro.
1
Marx K., Il Capitale, Libro I, Newcompton, Roma, 1994.
5
Alcuni lo hanno persino considerato indispensabile nello svolgimento
della vita lavorativa.
Nell’intento di annientare una volta per tutte l’ideologia marxista, si
fa rivivere quella più datata del darwinismo sociale considerando il
mobbing una sorta di “selezione dei migliori”, una forma di “selezione
naturale” dei nostri tempi.
Questo approccio però non si adatta al mobbing che, come è stato
ormai riconosciuto dagli esperti, “è una spirale perversa che altera i
rapporti di lavoro rendendoli tesi e conflittuali…” e proprio perché crea
ambienti di lavoro sfavorevoli e ostili procura ingenti danni anche
all’azienda [Carrettin S.; Recupero N., 2001].
Il lavoro che segue si articola in quattro capitoli: nel primo si
affronta e si descrive il cambiamento strutturale, aziendale, sociale e
culturale nel quale siamo immersi; particolare attenzione è rivolta alle
nuove sfide imposte dal mutamento in atto che rendono le risorse
umane un fattore strategico per il successo o il fallimento delle
organizzazioni contemporanee.
Nel secondo capitolo si passa alla descrizione dei nuovi conflitti
negli ambienti di lavoro, al mobbing in particolare, di cui si forniscono le
principali definizioni, teorie, cause e implicazioni, all’estero e in Italia.
6
Si passa poi, nel terzo capitolo, ad esaminare “Lo scenario italiano”
rispetto al mobbing, le peculiarità che il fenomeno assume nel nostro
contesto sociale e lavorativo seguendo un approccio comparato
Nord/Sud Europa; più nel dettaglio si analizza la più importante
caratteristica del fenomeno nel nostro Paese: l’espansione del mobbing
nella Pubblica Amministrazione. Lo studio di caso, rilevato in Campania,
che riguarda un impiegato amministrativo dell’Università di Napoli ci
consente di seguire il percorso di una vittima di mobbing fino al ricorso
alla tutela legale.
Infine, nel quarto capitolo, si passano in rassegna le vie percorribili
dalle vittime e le ipotizzabili risposte al fenomeno in questione; la
necessità di un sindacato rinnovato, che favorisca il nascere di
un’identità collettiva (la coscienza di classe di antica memoria) e faciliti
la costruzione della “coscienza di sé, per sé” nel rapporto di lavoro;
nonché le tendenze attuali e le prospettive future per l’azione legale da
impugnare in casi di vessazioni e violenze morali sul lavoro.
7
CAPITOLO I
IL LAVORO CHE CAMBIA
I.1 Dal fordismo al post-fordismo
La fase di decollo industriale ha imboccato la via del declino, le
difficoltà che si sono presentate nell’area produttiva e del mercato
hanno imposto alle aziende la ricerca di soluzioni organizzative
innovative.
Le ragioni alla base di queste trasformazioni possono ricondursi a
tre grandi tipologie: le ragioni economiche, le ragioni sociali e culturali.
Il passaggio considerato “epocale” è quello da un’economia di
scala ad una economia della flessibilità, da una società industriale ad
una definita post-industriale o dei servizi.
Negli studi organizzativi si sono susseguiti vari modi di concepire le
organizzazioni; nella maggior parte delle analisi contemporanee le
organizzazioni vengono viste come “sistemi aperti”
1
e definite come reti,
come organismi, oppure come centri di elaborazione e comunicazione
delle informazioni e delle decisioni.
1
Sistemi che si trovano in continuo interscambio con l’ambiente [Morgan, Images, Franco
Angeli, 1990].
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Per quanto differenti siano, queste prospettive di analisi
organizzative presentano in realtà un fondamentale presupposto di
base.
L’organizzazione è parte di un contesto economico, sociale e
culturale che va pertanto osservato e interpretato al fine di cogliere la
portata attuale dei cambiamenti.
L’utilizzo di tecnologie innovative non modifica soltanto la struttura
meccanica dell’organizzazione, ma rivoluziona il “modo di pensare”
2
nell’organizzazione, le abilità e le competenze necessarie.
In conclusione dunque è indispensabile, prima di analizzare
l’influenza dei mutamenti avvenuti sui rapporti di lavoro e sulle risorse
umane in generale, soffermarsi sulle cause che hanno innescato la
“rivoluzione del lavoro” e sulle principali strategie organizzative-
gestionali che caratterizzano il nuovo ambiente lavorativo.
2
L. Arcuori, Manuale di Psicologia Sociale, Il Mulino, 1995
9
I.2 Le ragioni del cambiamento
Il fattore di condizionamento più evidente nel processo di
trasformazione del lavoro in atto è riconducibile a ragioni e variabili
prevalentemente economiche. Tra le variabili economiche fondamentali
che hanno innescato il cambiamento organizzativo vi è il ritmo crescente
delle innovazioni tecnologiche. La tecnologia deve comunque essere
considerata soltanto uno dei fattori che intervengono nelle
trasformazioni e destrutturazioni dei sistemi organizzativi; altri fattori
sono la flessibilità del lavoro, la terziarizzazione dell’economia e il
cambiamento culturale e sociale.
Nel mondo industrializzato si assiste infatti all’affermazione di una
concezione del lavoro molto forte dalla quale emerge una conseguente
nuova concezione dell’impresa che non è più considerata luogo di
scambio economico e di ricerca del profitto, ma un “luogo sociale
centrale, focolare di produzione identitaria” [D. Segrestin, 1986]. Un
numero sempre più elevato di persone svolge il proprio lavoro nel
cosiddetto settore terziario (servizi) mentre va diminuendo la
percentuale di occupati nel settore primario (agricoltura) e secondario
(industria).
10
Nel passato parlare di lavoro voleva dire riferirsi alla grande
azienda con processi standardizzati, basata sulla produzione di massa e
sull’affermazione delle economie di scala
3
.
Le caratteristiche di un’organizzazione così strutturata sono state
sintetizzate dagli studiosi di organizzazione nella metafora
meccanicistica [Morgan, 1990]. L’organizzazione meccanica per
eccellenza è la fabbrica fordista-taylorista
4
nella quale gli individui sono
costretti a lavorare come automi, nelle catene di montaggio,
perseguendo il criterio dell’efficienza.
Oggi il lavoro deve sempre più dare conto al fenomeno della
discontinuità e della diversificazione, in antitesi con il determinismo e
l’omogeneità ricercati nella fabbrica taylorista.
A sostegno di questi modelli organizzativi vi era l’assunto delle
cosiddette teorie neoclassiche caratterizzate dalla visione utilitaristica
dell’attore economico: un soggetto che agisce razionalmente
perseguendo la massimizzazione della propria utilità.
3
Insieme dei fattori grazie ai quali i costi unitari di produzione di un bene sono minori
quando la quantità prodotta è maggiore. Enciclopedia dell’Economia, Garzanti, 1994.
4
Le caratteristiche principali del taylorismo: a) progettazione ed esecuzione sono due fasi
distinte; b) perseguimento della “one best way” ossia, per ogni problema esiste sempre
una ed una sola soluzione ottimale; c) parcellizzazione delle mansioni e razionalizzazione
delle operazioni affidate al singolo lavoratore; d) il principio di eccezione, in base al quale
ci si rivolge ai livelli più elevati della gerarchia solo per le questioni non risolvibili da quelli
intermedi. [Bonazzi, 1990, pp. 29-50].
11
La grande impresa meccanica, progettata e gestita secondo questi
criteri, è orientata alla crescita continua e progressiva e volta al
perseguimento dell’efficienza produttiva e al miglioramento dei profitti.
I primi sintomi di crisi della grande impresa meccanica e delle
teorie che l’hanno sostenuta si avvertono negli anni Settanta in tutto il
mondo sviluppato e furono legati alle diverse disfunzioni manifestate dai
grandi impianti industriali.
Quando la competizione si intensifica e le sole innovazioni
tecnologiche non sono più sufficienti, sono richieste maggiori capacità
produttive flessibili, le strategie manageriali di innovazione
nell’organizzazione del lavoro puntano sui nuovi obiettivi (oltre
all’efficienza) di efficacia, qualità e flessibilità.
5
Le nuove esigenze indotte dalla società dei servizi stanno
sopprimendo alcune classiche concezioni del lavoro sostenendo invece
la genesi di nuove culture professionali.
La vecchia idea del lavoro come mezzo per la sopravvivenza
dell’uomo o come una necessità storica sta declinando per far emergere
le cosiddette “culture espressive del lavoro” [D. Goleman, 1995] per le
5
Butera F., L’orologio e l’organismo, 1984, Franco Angeli.
12
quali il lavoro è l’attività che permette la realizzazione di un
progetto, personale quanto professionale. Questo processo di
cambiamento sembrerebbe produrre soltanto conseguenze positive, in
realtà comporta numerose conseguenze negative come la
“desolidarizzazione” (A. Accornero, 2000) dei lavoratori che preoccupa
i sindacati in quanto si trovano estremamente impreparati alla nuova
organizzazione aziendale e del lavoro.
La flessibilità richiede, oggi, ai lavoratori forti capacità di
adattamento a situazioni innovative, l’utilizzo della propria creatività nel
lavoro, competenza nell’individuazione e risoluzione di problemi.
Sempre meno si chiede alle risorse umane di eseguire meccanicamente
compiti standardizzati, sempre più ci si aspetta invece un atteggiamento
di “solidità all’attività professionale”
6
. La piramide gerarchica fordista
cede ormai il passo a imprese di piccole e medie dimensioni, il
“Castello” è l’organizzazione del passato, “l’Impresa-Rete” è il simbolo
dell’organizzazione emergente. [Butera, 1990]
Il primo importante passaggio avvenuto nell’industria e nel terziario
è quello da un modello “meccanico” di organizzazione ad un nuovo
modello definito “organico” [Morgan, 1990].
6
Saper definire e risolvere i problemi, saper cooperare, saper apprendere e innovare
[Butera F., Il castello e la rete, 1990, Franca Angeli].