I
Introduzione
Lo sfruttamento dell’energia eolica si sta rivelando un contributo significativo alla
risposta per il fabbisogno energetico, in termini quantitativi e soprattutto
qualitativi.
L’Italia raggiunge la terza posizione in Europa per produzione di energia eolica
dopo Germania e Spagna. Un potenziale, quello eolico, che permetterà un taglio
deciso di emissioni di CO
2
ogni anno, per non parlare della svolta occupazionale
del settore che, nonostante la crisi, ha assegnato posti di lavoro al ritmo di 170 al
mese, per un totale di 1.000 nei primi sei mesi del 2010, questi i dati forniti
sull’eolico dall’Anev (Associazione nazionale energia del vento).
La produzione, quella italiana, oggi può contare su 4.431 aerogeneratori di varia
taglia distribuiti sul territorio nazionale per una potenza installata di 5.163 MW
(regioni del sud in testa con 1.040 in Sicilia, 951 in Puglia e 762 in Campania 762
per una potenza di 3.248 MW).
Lo sfruttamento dell’energia eolica ha avuto uno sviluppo esponenziale a partire
dagli anni ‘80, ma per l’ultimo decennio si deve parlare di un vero e proprio boom
tecnologico e commerciale. Le turbine eoliche si evolvono più rapidamente di
quanto avviene con qualunque altra macchina , si evolve la teoria applicata ai suoi
vari componenti, si evolve la tecnologia produttiva, si evolve lo studio dei venti.
Ricordando l’enorme marea nera che ha investito le coste della Louisiana a causa
di una piattaforma petrolifera esplosa nel Golfo del Messico, che ha riversato in
mare l’equivalente di 5000 barili di petrolio al giorno, creando di conseguenza un
disastro ecologico di proporzioni gigantesche, viene da pensare come invece si
potrebbero utilizzare gli immensi oceani per catturare tutta l’energia che ci serve
senza alcun impatto per l’ambiente. La Floating Power Plant ha realizzato
recentemente la Poseidon 37, una vera e propria centrale elettrica galleggiante,
situata a largo della costa di Lolland in Danimarca, in grado di produrre 50 GWh
all’anno di energia dalle onde e dal vento. In questa centrale, parte dell’energia è
fornita dall’impianto eolico e quando il vento scende si compensa il calo di
potenza con l’energia fornita dal moto ondoso in modo da produrre grandi
quantità di energia pulita.
Lo spirito di questo lavoro di tesi è quello di fornire la base per la conoscenza dei
sistemi eolici allo stato attuale di sviluppo, esponendo sia gli elementi di teoria
II
che ne permettono la comprensione sia la descrizione tecnica delle soluzioni
adottate per tradurre quella teoria in pratica applicativa.
Si è riservato ampio spazio nella prima parte alle teorie dedicate all’analisi
statistica del vento e soprattutto al siting, ossia la metodologia per la scelta della
macchina adatta ad un dato sito.
Nella seconda parte sono state trattate le teorie aerodinamiche classiche, che
consentono la comprensione del comportamento della turbina e tutti i componenti
che la costituiscono.
La parte principale di questa tesi è concentrata sui sistemi di controllo della
sovravelocità e della potenza di cui è stata effettuata un’ampia trattazione teorica,
inoltre sono state discusse le tecnologie applicative attualmente in uso in alcune
turbine eoliche con riferimenti a progetti esistenti.
In aggiunta ai sistemi di attuazione sono stati analizzati i principali sensori,
utilizzati sugli aerogeneratori, che presiedono al controllo della potenza erogata, al
controllo delle sollecitazioni della struttura, in definitiva al monitoraggio delle
condizioni globali del sistema torre-navicella.
1
Primo capitolo
L’Energia eolica
1.1 Le origini storiche dell’energia meccanica prodotta dal vento
Gli effetti prodotti dalle attività umane sull‟ecosistema del nostro pianeta sono
ormai evidenti nei cambiamenti climatici in atto, in quanto gran parte dell‟energia
utilizzata nel mondo viene generata bruciando combustibili fossili, quali petrolio,
carbone e metano che, utilizzati su larga scala come primarie fonti di energia,
causano l‟immissione nell‟atmosfera di eccessive quantit à di anidride carbonica,
considerata la principale responsabile dell‟effetto serra. Per fronteggiare i diversi
problemi ambientali molto è stato fatto negli ultimi anni, dall‟impegno a
perseguire un modello di sviluppo sostenibile, alla ricerca degli strumenti più
adeguati per conciliare la crescente domanda di energia con la salvaguardia
dell‟ambiente. L‟utilizzo delle fonti rinnovabili
1
rappresenta una via obbligata per
realizzare questo obiettivo in quanto, oltre ad una grande opportunità di sviluppo
economico ed occupazionale, è in grado di rispettare l‟equilibrio naturale del
pianeta con un impatto ambientale più contenuto di quello prodotto dalle fonti
fossili.
Tra le fonti cosiddette alternative, non soggette cioè a esaurimento, quella eolica
si configura oggi come la più dinamica in quanto si basa sullo sfruttamento, su
larga scala, dell‟energia contenuta nel vento
2
. Essa rappresenta il perfezionamento
di una tecnologia di produzione energetica già impiegata dall‟uomo nel corso di
molti secoli, di fatti il vento è da sempre stato considerato un elemento importante
nella vita degli uomini, tanto che già gli antichi popoli civilizzati, e probabilmente
anche gran parte dei popoli più primitivi, gli attribuivano un valore divino.
Sembra che già 3000 anni fa i cinesi abbiano sfruttato la spinta dei venti per far
muovere, attraverso le sconfinate pianure asiatiche, alcuni carri a quattro ruote
dotati di particolari “strutture a vela”. Sperimentata inizialmente a terra, l‟energia
1
Fonti che, a differenza dei combustibili fossili e nucleari destinati ad esaurirsi in un tempo definito, possono
essere considerate inesauribili come: l‟energia solare, l‟energia idraulica, del vento, delle biomasse, dell e onde e
delle correnti, ma anche l‟energia geotermica, l‟energia dissipata sulle coste dalle maree e i rifiuti industriali e
urbani. R. PALLABAZZER, Sistemi eolici, Soveria Mannelli, Rubettino Editore 2004, p. 14.
2
A. BARTOLAZZI, Le energie rinnovabili, Milano, Hoelpi 2005, p. 18.
2
eolica, è stata poi - per alcuni millenni - l‟unico mezzo che ha permesso ai
leggendari velieri di navigare attraverso i mari e gli oceani. Origini molto antiche
presentano anche i mulini a pale, alimentati dai venti e impiegati soprattutto per
macinare granaglie varie e cereali, pompare l‟acqua dal sottosuolo, filare la seta,
follare i panni, battere il cuoio, fabbricare la polvere da sparo, produrre olio;
mulini che si sono via via evoluti ed hanno assunto varie forme, dai primi modelli
persiani antecedenti Alessandro Magno sino ai recenti mulini olandesi.
Le prime testimonianze certe sull‟energia meccanica prodotta dal vento risalgono
al VII secolo d.C., e sembra abbiano avuto origine nella provincia di Seistan,
nell‟antica Persia, nel regno del califfo Omar I
3
, fondatore dell‟impero nazionale
arabo, che tra il 636 e il 642 sembra abbia ordinato, a un persiano che se ne
dichiarava capace, di «costruire un mulino che viene fatto ruotare dal vento»
4
.
In Europa i mulini a vento sembra siano giunti al tempo delle Crociate, intorno al
1100. Questi erano del tutto diversi, di maggiori
dimensioni, tecnologicamente più complessi e
con rendimenti più elevati.
Dall‟Europa i mulini a vento si diffusero anche
nel Nuovo Mondo dove, nel corso degli anni,
subirono una ulteriore evoluzione: tra il 1880 ed
il 1930, solo negli Stati Uniti, ne furono installati
milioni per usi agricoli e domestici. È in questo
periodo che nacque il primo generatore di energia
elettrica ad opera dell‟americano Charles Francis
Brush che, tra il 1887 e il 1888, realizzò a
Cleveland, nell‟Ohio, la più antica turbina eolica
per produrre energia servendosi di aerogeneratori.
Un grosso sviluppo tecnologico fu apportato agli
aerogeneratori nel periodo a cavallo dei due conflitti mondiali, quando negli Stati
Uniti furono realizzate macchine da oltre un MW ed in Danimarca e Germania -
paesi sede delle aziende produttrici di turbine eoliche - si diffusero fino a coprire
buona parte del fabbisogno elettrico interno.
3
P. MALANIMA, Uomini, risorse, tecniche nell’economia europea dal X al XIX secolo ,op. cit., p. 66.
4
R. J. FORBES, Energia motrice, in Storia della tecnologia, Tomo Secondo, Torino, Boringhieri 1993, p. 624.
Figura 1.1 - Questa turbina eolica
poteva produrre 12 kW di potenza,
sufficienti per alimentare 350
lampadine ad incandescenza, 2
lampade ad arco e alcuni motori
elettrici. La dinamo utilizzata
compiva 50 giri per ciascuna
rivoluzione delle pale e caricava una
dozzina di batterie ciascuna a 34
celle.
3
La presenza di condizioni climatiche ottimali, vento forte e costante, e le politiche
dei governi nazionali,che hanno incentivato l‟utilizzo e la diffusione delle energie
rinnovabili a discapito di quelle derivanti da fonti fossili, hanno permesso alle
aziende di sviluppare nel tempo i settori della ricerca e dello sviluppo al fine di
proporre sul mercato delle macchine eoliche sempre più tecnicamente
soddisfacenti
5
. A ciò si sono aggiunte le ratifiche ed i trattati a livello europeo,
come la direttiva europea 2001/77/CE sulla promozione dell‟energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili e i l Protocollo di Kyoto, che hanno
incentivato molti paesi appartenenti all‟Unione Europea, oltre a quelli già citati, a
promuovere sul territorio nazionale l‟installazione delle tecnologie rinnovabili. In
questo modo negli ultimi anni la potenza eolica installata su ogni territorio è
cresciuta enormemente.
In Italia le attività sull‟eolico iniziarono nei primi anni „80 e furono svolte
principalmente dall‟ENEA, dall‟ENEL e da alcuni operatori privati. Il primo
prototipo di generatore fu installato nel 1989 ad Alta Nurra in Sardegna. Oggi a
distanza di venti anni, veri e propri parchi eolici sono stati installati un po‟
dappertutto, con impianti anche di 50-60 aerogeneratori.
La maggiore difficoltà all‟espansione dell‟eolico nella nostra penisola è legata alla
sua posizione geografica che, unitamente alla rilevante presenza sia di catene
montuose sia di masse d‟acque, determina un diverso andamento dei venti nel
corso dell‟anno. Tuttavia l‟Italia può contare su venti di buona intensità,
specialmente nelle zone mediterranee e nelle isole. Ed è proprio in queste zone, in
special modo lungo il crinale appenninico e nelle zone costiere delle regioni del
centro-sud - Campania, Puglia, Molise, Sicilia e Sardegna - che sono state
impiantate le cosiddette Wind farm o fattorie del vento. Un settore fortemente
positivo, in crescita e con grandi possibilità di sviluppo; l‟eolico in Italia – come
nel resto del mondo – ha raggiunto traguardi significativi in termini di Megawatt
installati (oltre 5mila), di energia elettrica prodotta (6,7 TWh circa, pari al 2,1%
del consumo interno lordo), di occupati stabili diretti (oltre 2500). Un successo
raggiunto grazie ad una tecnologia competitiva e affidabile, che dimostra la
capacità delle fonti rinnovabili di rappresentare oggi una prospettiva concreta e
5
Ad esempio uno dei principali problemi derivanti dal funzionamento degli aerogeneratori, sui primi modelli era
il rumore derivante dalle pale in movimento, dal generatore, dal sistema idraulico e da altri ingranaggi
meccanici. Oggi, a poche centinaia di metri dalla macchina, il rumore generato può essere ritenuto trascurabile.
4
una direzione di marcia imprescindibile per raggiungere al 2020 gli obiettivi
fissati dall‟Unione Europea per le rinnovabili – e cioè soddisfare il 17% dei
consumi finali – grazie al futuro sviluppo dell‟eolico che può arrivare a 10mila
MW installati attraverso nuovi impianti, parchi off shore, rewamping di impianti
esistenti, mini e microeolico.
I risultati europei confermano il trend positivo dell‟eolico: in Europa solo nel
2009 sono stati complessivamente installati ben 10163 MW, mentre nessun‟altr a
fonte energetica ha avuto una performance paragonabile. Secondo i dati EWEA
(European Wind Energy Association)
6
in tab. 1.1, in Germania lo scorso anno
sono stati 1917 i MW installati e la capacità totale installata da fonte eolica ha
raggiunto 25777 MW. In Spagna si è arrivati a fine 2009 a 19149 MW installati
con un record di 2459 MW installati quest‟anno, in Francia a 4492 con 1 088 MW
installati nel 2009, stesse performance nel Regno Unito (4051 MW totali e 1077
lo scorso anno).
MW installati fine 2008 MW installati 2020
Country Onshore Offshore Total Onshore Offshore Total
Austria 995 0 995 3500 0 3500
Belgio 354 30 384 2100 1800 3900
Bulgaria 158 0 158 3000 0 3000
Cipro 0 0 0 300 0 300
Rep. Ceca 150 0 150 1600 0 1600
Danimarca 2771 409 3180 3700 2300 6000
Estonia 78 0 78 500 0 500
Finlandia 119 24 143 1500 400 1900
Francia 3404 0 3404 19000 4000 23000
Germania 23891 12 23903 41000 8000 49000
Grecia 985 0 985 6500 0 6500
Ungheria 127 0 127 900 0 900
Irlanda 977 25 1002 5000 1000 6000
Italia 3736 0 3736 15000 500 15500
Lettonia 27 0 27 200 0 200
Lituania 54 0 54 1000 0 1000
Lussemburgo 35 0 35 300 0 300
Malta 0 0 0 100 0 100
Olanda 1978 247 2225 5000 4500 9500
Polonia 472 0 472 10000 500 10500
Portogallo 2862 0 2862 7500 0 7500
Romania 10 0 10 3000 0 3000
Slovacchia 3 0 3 800 0 800
Slovenia 0 0 0 500 0 500
Spagna 16740 0 1674 39000 1000 40000
Svezia 888 133 1021 6000 3000 9000
UK 2,65 591 3241 13000 13000 26000
EU-27 63464 1471 64935 190000 40000 230000
Tabella 1.1 – Capacità installata dai singoli paesi della UE a fine 2008 e previsioni per il 2020.
6
www.wwindea.org
5
Anno Offshore Onshore Total
Anno Offshore Onshore Total
1990 0 0,4 0,4
2005 0,7 39,8 40,5
1991 0 0,6 0,6
2006 0,9 47,1 48
1992 0 0,8 0,8
2007 1,1 55,4 56,5
1993 0 1,2 1,2
2008 1,5 63,5 65
1994 0 1,7 1,7
2009 1,9 71,6 73,5
1995 0 2,5 2,5
2010 3 79,5 82,5
1996 0 3,4 3,4
2011 4,5 88,9 93,4
1997 0 4,7 4,7
2012 6,5 98,3 104,8
1998 0 6,4 6,4
2013 8,9 107,9 116,8
1999 0 9,6 9,6
2014 11,6 117,9 129,5
2000 0 12,9 12,9
2015 14,7 128,3 143
2001 0,1 17,2 17,3
2016 18,3 139,2 157,5
2002 0,3 22,8 23,1
2017 22,4 150,8 173,2
2003 0,5 28 28,5
2018 27,2 163,3 190,5
2004 0,6 33,8 34,4
2019 33,1 176,4 209,5
2020 40 190 230
Figura 1.2 - Cumulativo della UE sulla capacità energetica eolica.
Per il futuro si prevede, quindi, un incremento esponenziale nel numero di centrali
eoliche funzionanti, ed in particolar modo di impianti eolici off-shore, ovvero
fattorie del vento costruite in mare. Secondo alcune stime, infatti, gli impianti
eolici nei mari europei potrebbero fornire oltre il 20% del fabbisogno energetico
0
50
100
150
200
250
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
2016
2017
2018
2019
2020
Offshore
Onshore
6
dei paesi costieri, e costituirebbero la vera tecnologia del domani, con un
risparmio in termini d‟immissione di sostanze dannose incalcolabile.
1.2 Valutazione del potenziale eolico
La diffusione sul territorio delle centrali eoliche deve essere il prodotto di
un‟analisi energetica volta all‟individuazione dei siti più idone i. Essa dovrà tenere
presente sia della presenza di una ventosità adeguata, che i vincoli paesaggistici
ambientali a cui queste centrali sono soggette. È fondamentale, per condurre
questa analisi, avere a disposizione più dati possibili.
1.2.1 Il vento
La fisica più elementare insegna che la nascita e l‟evoluzione del movimento di
ogni oggetto sono legate a forze che interagiscono e partecipano tra loro nel
dettarne la direzione e l‟intensità.
Nel caso del vento la principale forza responsabile dello spostamento delle masse
d‟aria è legata alla pressione atmosferica: l‟aria attirata dalla gravità sulla Terra
esercita una pressione sul suolo, una pressione che non è uniforme e costante, ma
varia nel tempo. L‟atmosfera tende costantemente a riequilibrare questi dislivelli
generando moti convettivi di masse d‟aria; un fenomeno naturale causato dal
riscaldamento non uniforme della superficie terrestre da parte dell‟irraggiamento
solare che determina - fra le zone equatoriali e quelle polari - aree di alta e di
bassa pressione
7
.
Consideriamo, ad esempio, una porzione di superficie terrestre uniformemente
riscaldata: in questo caso le masse d‟aria sovrastanti sono a temperatura e
pressione costanti, non si ha formazione di vento e le isobare
8
, cioè le linee
congiungenti i punti aventi uguale pressione, risultano parallele al suolo.
Supponiamo adesso che avvenga un riscaldamento della parte centrale di tale
superficie in modo che si crei una differenza di temperatura con la zona periferica.
7
Un esempio tipico è quello della brezza marina: di giorno, per via della minore capacità termica, la radiazione
solare riscalda più rapidamente le terre emerse rispetto al mare, e questo porta ad un flusso d‟aria dal mare verso
la terra, mentre di notte il verso si inverte poiché la terra si raffredda più rapidamente. S. ABELLI, G.
DIPIERRO, M. GIULIACCI, Il clima dell’Italia nell’ultimo ventennio , Milano, Alpha Test 2001, p. 288.
8
Le isobare hanno a che fare con il vento in quanto dalla loro lettura deriva la conoscenza della probabile
direzione che i venti assumono in quella determinata regione con quei valori di pressione barica. A.
GIUFFRIDA, G. SANSOSTI, Manuale di meteorologia. Una guida alla comprensione dei fenomeni atmosferici
e climatici, Roma, Gremese Editore 2006, p. 42.
7
Figura 1.3 - L’aria calda, meno densa, sale e origina un’area di bassa pressione. In seguito l’aria
in quota si raffredda e discende verso il suolo, formando aree di alta pressione.
Come si evince dalla fig. 1.3, nella zona più calda l‟aria tende a portarsi verso
l‟alto perché, riscaldandosi, diminuisce di densità; le linee isobare si incurvano
assumendo una convessità verso l‟alto e le particelle d‟aria tendono a scivolare ai
lati verso le zone fredde in cui si ha, di conseguenza, un accumulo d‟aria ed un
aumento di pressione. Pertanto nella zona calda la pressione tende a diminuire,
mentre nella zona fredda ad aumentare.
In ogni caso con questi movimenti si sarà rotto l‟equilibrio t ra le pressioni, per cui
delle masse di aria si dirigeranno dalla zona fredda ad alta pressione verso la zona
calda, al livello del suolo, per compensare la differenza di pressione che si è
intanto venuta a creare. Si generano così dei moti convettivi che costituiscono i
venti, la cui forza e velocità dipendono, quindi, dalle differenze di temperatura e
di pressione esistenti tra le varie zone.
Dunque il riscaldamento differenziale delle masse d‟aria può avere cause diverse,
come la differente insolazione, la differente riflessività del suolo o la differente
capacità termica del suolo. Se prendiamo in esame solo la variabilità della
radiazione solare, la formazione del vento si potrebbe spiegare con l‟accelerazione
subita dalla parte di atmosfera esposta alla radiazione solare, che è contemporanea
al rallentamento della restante parte in ombra, e con il movimento di masse d‟aria
calda equatoriale che, salite verso le parti alte dell‟atmosfera, si dirigono verso i
poli richiamando altra aria dai tropici. In realtà questi movimenti d‟aria vengono
profondamente perturbati da altri fattori, fra i quali il moto di rivoluzione attorno
al Sole e l‟inclinazione dell‟asse terrestre: in questo caso il flusso d‟aria non segue
la direzione che congiunge le zone di alta pressione a quelle di bassa pressione,
8
ma viene deviato dall‟accelerazione di Coriolis
9
. Descritta per la prima volta in
maniera dettagliata dal fisico francese Gaspard Gustave de Coriolis nel 1835, la
forza di Coriolis è la diretta conseguenza della rotazione terrestre attorno al
proprio asse e che agisce solo sui corpi in movimento, in modo direttamente
proporzionale alla loro velocità. La deviazione di traiettoria provocata dalla forza
di Coriolis - che per tale motivo è denominata anche forza deviante - è tanto
maggiore quanto più i corpi sono veloci, e dipende anche dalla latitudine del
luogo, tanto che è massima ai poli mentre è assente all‟equatore
10
. Infatti, salvo
che sulla fascia equatoriale, in qualsiasi altro punto della terra un corpo in
movimento sente l‟effetto della rotazione in modo tanto più sensibile quanto più si
è in prossimità dei poli. Cosicché, in una data zona dell‟emisfero settentrionale,
l‟aria che si muove ad esempio verso no rd subisce uno spostamento verso nord-
est. In realtà, è la zona di superficie terrestre sottostante che durante il movimento
dell‟aria ruota in senso antiorario.
Figura 1.4 - Circolazione dei venti dovuta alle fasce di alta e di bassa pressione che si creano alle
diverse latitudini terrestri.
In conseguenza di quanto sopra descritto si determina sulla superficie terrestre la
situazione indicata in fig. 1.4: le isobare disegnerebbero il percorso seguito
dall‟aria in movimento, la cui velocità è tanto ma ggiore quanto più le stesse
isobare sono ravvicinate. Si ha nel nostro emisfero una rotazione antioraria
intorno ai centri di bassa pressione, chiamati anche cicloni o depressioni, una
9
A. CAFFARELLI, G. DE SIMONE, M. STIZZA, A. D‟AMATO, V. VERGELLI, Sistemi eolici: progettazione
e valutazione economica. Impianti micro, mini, multi megawatt, Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore
2009, p. 89.
10
A. GIULIACCI, I protagonisti del clima, Milano, Alpha Test 2002, p. 133.
9
rotazione oraria intorno alle alte pressioni o anticicloni. Nelle aree anticicloniche i
gradienti di pressione sono in genere meno interni che nelle depressioni, per cui
anche i venti risultano più deboli
11
.
1.2.2 L’effetto dell’altezza dal suolo
La velocità e l‟intensità del vento dipendono, oltre che dai parametri atmosferici,
anche dalle caratteristiche orografiche del terreno, in particolar modo dalla
rugosità e dall‟altezza del suolo. Negli strati più bassi dell‟atmosfera le masse
d‟aria in movimento risentono dell‟influenza del suolo sottostante: le particelle
d‟aria che fluiscono sopra la superficie terrestre vengono rallentate da questa in
maniera tanto maggiore quanto più ci si avvicina al suolo, fino ad arrivare ad una
condizione di velocità nulla per quelle a diretto contatto con il terreno. Tale
progressiva diminuzione è chiamata gradiente di velocità del vento e insorge a
causa della viscosità dell‟atmosfera che, nel suo moto, è frenata da forze di
frizione provocate dal suolo e dipendenti dalla morfologia di esso; pertanto la
velocità del vento diminuisce progressivamente con l‟avvicinarsi al suolo per
effetto dell‟attrito dell‟aria con la superficie terrestre, creando un profilo di
velocità denominato strato limite ambientale (Atmosferic Boundary Layer -
ABL)
12
. Se la presenza di grandi pianure non provoca mutamenti o deviazioni, le
catene montuose, le valli e gli stessi edifici, danno luogo a situazioni locali del
tutto particolari e determinano spesso delle vere e proprie “corsie preferenziali”
per la circolazione dell‟aria . Dunque se a grande distanza dal terreno (1.500 -
2.000 m) l‟effetto del suolo è trascurabile e la velocità del vento dipende soltanto
dalle condizioni meteorologiche, in quota - a parità di vento - la velocità del
vento sarà rallentata dalla scabrezza del terreno stesso.
11
S. ABELLI, G. DIPIERRO, M. GIULIACCI, Il clima dell’Italia nell’ultimo ventennio , op. cit.,p. 288.
12
N. MANFREDI, U. CARDARELLI, L’ecosistema urbano , Bari, Edizioni Dedalo 1985, p. 51.
10
Figura 1.5 - Andamenti della velocità del vento al variare della quota e della rugosità della
superficie terrestre.
Una superficie liscia come quella di uno specchio d‟acqua esercita un effetto di
rallentamento della velocità del vento fino ad un‟altezza di circa 200 m sopra il
pelo dell‟acqua .
Il terreno che circonda gli aeroporti esercita un effetto di rallentamento fino ad
un‟altezza di circa 300 m. Il terreno suburbano che circonda l e grandi città
esercita un effetto di rallentamento fino ad un‟altezza di circa 400 m, mentre, nel
centro di grandi città, il vento può rallentare fino a 500 m di altezza. Questo
effetto è descritto in fig. 1.5: ipotizzando che la velocità del vento a quote
significative sul livello del terreno non risenta delle condizioni orografiche e di
scabrezza del territorio - premesso che la velocità al terreno deve essere nulla -
l‟intensità del vento nella zona centrale del profilo di velocità è diversa in
funzione della scabrezza del territorio, ed in particolare è minore per territori
maggiormente frastagliati, con presenza di alberi, edifici, grattacieli, etc.
Le espressioni più usate per poter descrivere matematicamente il profilo della
velocità del vento sono la legge di potenza (sperimentale, più utilizzata negli Usa),
e la legge logaritmica (teorico - sperimentale, più diffusa in Europa) che deriva
11
dalla teoria dello strato limite per il caso di flusso su lastra piana, descritto per la
prima volta da Ludwig Prandtl nel 1904
13
.
L‟equazione che esprime la legge logaritmica è :
Tale modello consente la determinazione della velocità del vento alla i – esima
quota (v
i
), note che siano le condizioni di riferimento v
0
alla quota Z
0
ed il
coefficiente di scabrezza m.
I valori del coefficiente di scabrezza m possono essere desunti con buona
accuratezza effettuando dei rilievi di velocità del vento a varie quote (almeno
due), ricavando il valore di m dalla manipolazione dell‟equazione precedente. In
particolare, nell‟ipotesi in cui vengano effettuati due rilievi alla quota Z
0
ed alla
quota Z
1
, risulta:
dove v
0
e v
i
sono le velocità medie alle rispettive quote. Va comunque
sottolineato che la scabrezza e l‟orografia del territorio potrebbero essere
differenti in funzione della direzione da cui proviene il vento; in tal caso l‟analisi
deve essere condotta indipendentemente per ciascun settore di provenienza e
questo porta a dover considerare per il settore i-esimo le velocità medie di v
0
e v
i
del settore specifico.
13
Lud wig Prandtl nel suo articolo, presentato al congresso di Heidelberg, intitolato Über
Flüssigkeitsbewegung bei sehr kleiner Reibung (Sul moto dei fluidi con poco attrito) diede
la prima descrizione del concetto di strato limite permettendo di calcolare teoricamente
(solo su particolari geometrie) gli sforzi viscosi. Egli, assumendo la condizione di
adesione del fluido alla parete solida, teorizzò che gli effetti dell‟attrito viscoso fossero
concentrati in una sottile regione del campo di moto, lo strato limite, di dimensione
caratteristica molto minore di quella caratteristica del corpo investito dalla corrente fluida
e localizzata in prossimità ed in corrispondenza del corpo solido. J.D. ANDERSON, Jr.
Ludwig Prandtl‟s Boundary Layer. Physics Today, December 2005; American Physical
Society.
12
T
a
b
e
T
a
b
e
l
l
Tabella 1.2 - Classi di rugosità del terreno e loro descrizioni.
Talvolta, in alternativa al profilo logaritmico, viene utilizzata la legge di potenza
(sperimentale), che allo stesso modo consente la determinazione della velocità del
vento alla i-esima quota v
i
purché siano note le condizioni di riferimento v
0
alla
quota Z
0
ed il parametro di rugosità α:
Analogamente a quanto visto in precedenza, qualora si disponga dei rilievi di
velocità del vento per due quote differenti, si può ricavare il parametro di rugosità
α come:
In sede di analisi preliminare si può, invece, desumere un valore indicativo del
parametro di rugosità α (adimensionale) dalla tab. 1.3.
Classe
Descrizione
0 0,0002 Mare aperto senza onde
0,5 0,0024 Terreni completamente aperti con superficie liscia.
1 0,03 Aree agricole aperte con presenza limitata di ostacoli bassi.
1,5 0,055
Aree agricole con presenza limitata di ostacoli di media
grandezza (6 – 8 m)
2 0,1 Aree agricole on presenza di ostacoli di media grandezza
(6 – 8m)
2,5 0,2 Aree agricole con presenza di numerosi ostacoli di media
grandezza (6 – 8 m)
3 0,4 Piccoli centri abitati, boschi
3,5 0,8 Città con edifici alti
4 1,6 Metropoli con edifici alti e grattacieli