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1 INTRODUZIONE
1.1 I.S.P.E.S.L. – Compiti Istituzionali
L'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro ISPESL e' un ente di diritto
pubblico, nel settore della ricerca, dotato di autonomia scientifica, organizzativa,
patrimoniale, gestionale e tecnica. L'ISPESL e' organo tecnico-scientifico del Servizio
Sanitario Nazionale, del quale il Ministero della Salute, le regioni e, tramite queste, le
Aziende sanitarie locali e le Aziende ospedaliere si avvalgono nell'esercizio delle attribuzioni
conferite dalla normativa vigente.
L'Istituto svolge le seguenti attività:
Ricerca, studio, sperimentazione ed elaborazione dei criteri e delle metodologie per
la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali con particolare riguardo
all'evoluzione tecnologica degli impianti, dei materiali, delle attrezzature e dei
processi produttivi.
Individuazione dei criteri di sicurezza e dei relativi metodi di rilevazione ai fini
dell'omologazione di macchine, impianti, apparecchi, strumenti e mezzi personali di
protezione. Funzione statale di omologazione di prodotti industriali di serie e
verifiche di rispondenza dei prodotti al prototipo omologato.
Prevenzione dei lavoratori contro i rischi di incidenti rilevanti connessi a determinate
attività industriali e da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il
lavoro.
Consulenza nella elaborazione dei Piani sanitari nazionale e regionale e nella
predisposizione della relazione sullo stato sanitario del paese, nonché consulenza
tecnica ai presidi multizonali di prevenzione e, su richiesta, ad organismi pubblici e
privati.
Standardizzazione tecnico-scientifica delle metodiche e delle procedure di
valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza di lavoratori.
Esame e formulazione di proposte sulle questioni generali relative alla salute e alla
sicurezza negli ambienti di vita e di lavoro.
Svolgimento di attività di ricerca, didattica e di formazione, di perfezionamento e di
aggiornamento professionali, rivolti al personale del SSN in materia di prevenzione
salute e sicurezza negli ambienti di lavoro.
Certificazione, nell'ambito delle aziende ospedaliere e dei presidi sanitari, ai fini della
sicurezza del lavoro e della consulenza in materia di tutela nell'impiego dell'energia
termoelettrica, nucleare, delle sostanze radioattive e di qualunque forma di energia
usata a scopi diagnostici e terapeutici.
La struttura I.S.P.E.S.L. presso la quale sono state svolte le ricerche è il D.I.L.“Dipartimento
Igiene del Lavoro”, presso il centro ricerche di Monte Porzio Catone.
Il Dipartimento svolge attività di ricerca, consulenza, formazione e normazione nel settore
dei rischi per la salute provocati dall'azione di agenti fisici, chimici e biologici negli ambienti
di lavoro.
Il DIL promuove in tutti settori dell'attività lavorativa, sia outdoor che indoor, ricerche mirate
all’individuazione riduzione ed, ove possibile, all'eliminazione del rischio per i lavoratori
esposti. Le ricerche riguardano non solo proposte sviluppate all'interno del Dipartimento ma
anche collaborazioni interdipartimentali e con istituzioni pubbliche o private esterne
all'istituto.
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Il DIL è suddiviso in sei laboratori e quello dove ho svolto i miei studi per la realizzazione
del presente lavoro è quello di Agenti Fisici.
Il Laboratorio Agenti Fisici svolge attività di consulenza, assistenza tecnico-scientifica e alta
formazione nell’ambito della protezione dei lavoratori dall’esposizione ai rischi fisici:
rumore, vibrazioni, microclima e radiazioni ottiche.
In questo laboratorio si studiano le condizioni igienico-ambientali dei luoghi di lavoro
tramite misurazione di grandezze fisico-protezionistiche in relazione ai fattori di rischio
citati. Si effettua la ricerca, l’ottimizzazione e la standardizzazione delle metodologie di
misura e dei criteri di valutazione dei rischio di esposizione, nonchè delle metodologie e
tecniche d'intervento per la prevenzione dei rischi di esposizione agli agenti fisici e per la
bonifica degli ambienti di lavoro.
Il Laboratorio partecipa inoltre alla definizione normativa dei valori limite di esposizione
agli agenti fisici.
Vengono infine effettuate prove di efficienza di dispositivi individuali di protezione
dell'udito e della vista ed elaborati interventi per la riduzione del rischio e le bonifiche degli
ambienti di lavoro.
1.2 Obiettivi della Tesi
Il presente lavoro di tesi si pone l’obiettivo di effettuare una caratterizzazione acustica delle
sirene bitonali in dotazione alle ambulanze, auto mediche, e pick-up di supporto al Servizio
Sanitario di Urgenza ed Emergenza 118.
È prevista la prosecuzione dello studio agli elicotteri dell’elisoccorso ARES 118 Lazio.
Col presente documento si cerca di definire gli standard di rumorosità che hanno le sorgenti
sonore in esame, nel rispetto del D.M 17/10/1980 e delle attuali disposizioni di legge in
materia di Sicurezza ed Igiene del lavoro.
Si vuole inoltre definire la rumorosità delle sorgenti esaminate avvalendosi delle misure di
pressione sonora effettuate presso i laboratori del centro ricerche ISPESL di Monte Porzio
Catone (RM) le quali hanno permesso il calcolo della potenza acustica secondo la normativa
tecnica vigente ( UNI EN ISO 3745-3746).
Nei primi capitoli vengono definiti i compiti istituzionali dell’ente di ricerca pubblico che ha
supportato il lavoro di tesi (Capitolo 1) e descritta la situazione attuale dell’esposizione al
rumore degli addetti al servizio di soccorso, nonché le tecniche utilizzate ai fini della
caratterizzazione acustica delle sorgenti e del controllo del rumore emesso dalle stesse
(Capitolo 2).
Nel Capitolo 3, vengono descritti in dettaglio i processi mediante i quali l’apparato uditivo
interagisce con l’agente fisico rumore.
I Capitoli 4 e 5 trattano poi la fisica di base delle onde acustiche, la normativa vigente in
materia di sicurezza sul lavoro e le procedure mirate al collaudo acustico.
Il lavoro eseguito dal tesista, il contributo sperimentale finalizzato alla riduzione del rumore
generato delle sirene bitonali e la strumentazione utilizzata a tal proposito sono poi descritti
nei Capitoli 6 e 7.
Infine nei Capitoli 8 e 9 vengono esposti i possibili interventi tecnici volti al controllo del
rumore negli ambienti di lavoro, sia mediante l’utilizzo di tecniche passive (materiali
fonoassorbenti, fonoisolanti e antivibranti), nonché mediante tecniche ANC Active Noise
Control che permettono di ridurre il rumore mediante il principio fisico dell’interferenza
distruttiva delle onde sonore.
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2 STATO DELL’ARTE
2.1 Esposizione al rumore negli ambienti di lavoro
La sicurezza dei lavoratori e la salvaguardia della loro salute è problema sempre più
considerato ed oggetto di specifica regolamentazione da parte della Comunità e degli stati
membri. Ciò è il frutto di un crescente rispetto per l’individuo da parte della società che nella
prevenzione ha intravisto il mezzo più efficace per contenere i costi - diretti ed indiretti –
delle malattie e delle invalidità occupazionali.
In particolare il rumore negli ambienti di lavoro è ormai diventato uno dei problemi più
importanti tra quelli compresi nell’igiene del lavoro. La continua meccanizzazione della
produzione con l’introduzione di processi tecnologici continui ha portato al moltiplicarsi
delle fonti di rumore e ad un aumento della percentuale di lavoratori esposti a questo fattore
di rischio.
Lo sviluppo tecnologico, con il relativo aumento esponenziale del rischio da esposizione,
deve quindi esser seguito da adeguate misure preventive.
I principi fondamentali della prevenzione consistono nella riduzione del rumore alla fonte
progettando ed acquistando macchine e impianti con la più bassa emissione di rumore;
limitando la propagazione delle onde sonore utilizzando per le pareti, i muri ed i soffitti degli
ambienti di lavoro dei materiali assorbenti; limitando il tempo di esposizione del lavoratore e
infine proteggendo il lavoratore con ambienti cabinati o mediante protezioni individuali quali
cuffie o tappi auricolari.
È da sottolineare come nelle patologie professionali, al contrario degli eventi lesivi di natura
traumatica, non vi è corrispondenza temporale immediata tra il momento lavorativo e quello
lesivo; intercorrono infatti tempi variabili e a volte molto lunghi fra l’esposizione al rischio,
la manifestazione della malattia, il suo riconoscimento e la sua eventuale indennizzabilità.
Pertanto l’evoluzione del fenomeno delle malattie professionali deve essere correttamente
analizzata e valutata nel lungo periodo, in modo da apprezzare l’influenza di quei fattori -
quali le innovazioni tecnologiche e trasformazioni dei processi produttivi - i cui effetti si
esplicano in tempi dilazionati.
In Italia sono stati indennizzati dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli
Infortuni sul Lavoro (INAIL) più di 300 casi di ipoacusia professionale nel settore
dell’industria e dei servizi, manifestatesi nel corso del 2004. Questa tecnopatia, tra le
malattie tabellate dall’INAIL, è seconda solo alle neoplasie da amianto. Il rumore, oltre a
provocare l’ipoacusia e la sordità, contribuisce ad accentuare i disturbi psicologici e somatici
del lavoratore, causando una diminuzione della capacità lavorativa e una riduzione dello
stato di attenzione con conseguente accrescimento del rischio di infortunio. La perdita
dell’udito causata dal rumore viene procurata sia per esposizioni prolungate a rumori intensi,
sia da brevi rumori impulsivi.
Le tabelle annesse al D.P.R. 336 del 13 aprile 1994, elencano le lavorazioni nelle quali, in
presenza di ipoacusia professionale, il rischio debba ritenersi presunto.
Se la lavorazione è tabellata e se si diagnostica un’ipoacusia neurosensoriale con i caratteri
tipici del trauma acustico cronico, il danno deve essere riconosciuto, a meno che non risulti,
in modo rigoroso ed inequivocabile, che sia intervenuto un fattore patogeno diverso capace
da solo o in misura prevalente a generare la condizione patologica.
L’ipoacusia è malattia a genesi multifattoriale e, pur se la lavorazione è tabellata, il nesso di
causalità non può essere automaticamente presunto nelle ipoacusie neurosensoriali come in
tutte le altre malattie a genesi multifattoriale.
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Con sentenza 179/88 la Corte Costituzionale ha introdotto il cosiddetto sistema “misto” il
quale tutela non soltanto le malattie contratte in lavorazioni tabellate ma anche quelle
contratte in lavorazioni non elencate nelle citate leggi.
Il lavoratore può, quindi in ogni caso, denunciare l’ipoacusia professionale a condizione di
fornire la prova che la patologia derivi dalla reale esposizione al rischio.
E’ tuttavia incombenza dell’INAIL dimostrare che l’Assicurato non è stato esposto durante
l’intera attività lavorativa ad un rischio idoneo, per intensità e durata, a provocare la
condizione patologica denunciata e che detta condizione trovi certa o prevalente causa in
fattori patogeni extralavorativi.
Le lavorazioni tabellate in merito alla ipoacusia e sordità da rumore sono:
a) Lavori dei calderai;
b) ribattitura dei bulloni;
c) battitura e foratura delle lamiere con punzoni;
d) prove dei motori a scoppio;
e) produzione di polveri metalliche con macchine a pestelli;
f) condotta di aereomobili;
g) fabbricazione di chiodi;
h) lavoro dei telai;
i) taglio di lastre e blocchi di marmo con dischi di acciaio a corona diamantata;
l) lavorazioni eseguite con utensili ad aria compressa;
m) lavorazioni di produzione degli acciai ai forni ad arco e ad induzione;
n) lavorazioni con impiego di seghe per metalli;
o) prova dei dispositivi di segnalazione acustica;
p) lavorazione meccanica del legno con impiego di:
1) seghe circolari;
2) piallatrici;
3) toupies;
q) fucinatura nelle fonderie;
r) fabbricazione delle falci;
s) lavori in galleria con mezzi meccanici ad aria compressa;
t) lavori svolti all’interno delle navi
Analizzando il fenomeno si registra, nel macrosettore Industria, Commercio e Servizi, una
diminuzione di oltre il 50% per l’ipoacusia e sordità da rumore che rappresenta la metà di
tutte le malattie tabellate.
Nella tabella sono riportate le statistiche relative alle ipoacusie riconosciute nel triennio
1999-2001.
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Altro importante dato si evince dal notevole contenimento dei casi denunciati passato dagli
oltre 12.000 nel 1999 ai 4573 nel 2003. Il fenomeno delle ipoacusie e sordità da rumore è
quindi ancora imponente anche se il suo andamento generale è in diminuzione.
MALATTIE PROFESSIONALI DA AGENTI FISICI IN ITALIA
Gli agenti fisici provocano oltre la metà delle tecnopatie denunciate: annualmente si
registrano più di 13mila casi (sui circa 26mila complessivi), soprattutto a carico dell’apparato
uditivo (l’ipoacusia, con oltre 7mila casi l’anno, è in assoluto la patologia più rilevante in
Italia) ed osteoarticolare, nonché le sempre più ricorrenti tendiniti ed affezioni dei dischi
intervertebrali.[1]
Differenti però le quote d’incidenza nelle varie gestioni: se per l’Industria e Servizi, in cui si
concentra il 95% dei casi, le malattie da agenti fisici sono la metà (mediamente oltre 12.700
casi su circa 25mila), un’incidenza maggiore si riscontra in Agricoltura (65% nel 2005) e,
viceversa, inferiore tra i dipendenti dello Stato (41% nel 2005).
MALATTIE PROFESSIONALI DA AGENTI FISICI NELL’UNIONE EUROPEA
Anche in Europa, così come in Italia, il gruppo di malattie professionali più consistente ha
riguardato nel 2003, ultimo anno disponibile per EUROSTAT, quelle provocate da agenti
fisici con circa il 70% degli oltre 54mila casi riconosciuti in complesso. Le ipoacusie sono il
26,9% del totale.
Si stima che un terzo dei lavoratori europei (più di 60 milioni di persone) siano esposti ad
elevati livelli di rumore per più di un quarto della loro giornata lavorativa e che quasi 40
milioni siano costretti ad alzare la voce al di sopra dei normali standard di conversazione per
essere uditi e ciò per almeno la metà del loro orario di lavoro.
La perdita dell’udito in seguito all’esposizione al rumore è riconosciuta dall’Organizzazione
mondiale della sanità come “la malattia industriale irreversibile più diffusa”. L’ipoacusia è
la malattia professionale più diffusa in Italia e in Europa nonostante che le denunce
all’Inail, relative alla ipoacusia da lavoro, siano diminuite del 50% negli ultimi cinque anni.
Il rumore non è solamente un fattore di rischio di malattia professionale ma può essere
anche concausa di stress e di infortunio sul lavoro; bisogna, inoltre, tener presente che non
coinvolge soltanto i lavoratori di settori tradizionalmente più esposti – metallurgia, edilizia
eccetera - ma anche coloro che operano in settori quali la scuola, l’intrattenimento e servizi.
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2.2 Esposizione degli addetti ai servizi di emergenza sanitaria
Il quadro statistico appena esposto evidenzia il problema di ipoacusia non solo nell’industria
bensì anche nei servizi e nei trasporti.
A tal proposito si pone la necessità di approfondire il problema per tutti quei lavoratori che
nell’arco della giornata sono sottoposti all’esposizione dei dispositivi di segnalazione
acustica di allarme quali sirene bitonali di mezzi di soccorso sanitario.
Finora infatti il problema è stato poco approfondito non solo dal punto di vista del danno
diretto (ipoacusia) ma anche dal punto di vista degli effetti secondari (aumento del battito
cardiaco, aumento dello stress indotto dalla sinergia tra alti livelli di rumore e velocità
sostenuta, difficoltà nell’avvertire segnali di pericolo provenienti da altri mezzi, problemi di
comunicazione via radio all’interno dell’abitacolo ecc..), generati dai valori elevati di rumore
espressamente richiesti dal D.M 17/10/1980 per la certificazione della sirena bitonale.
Le misure sperimentali svolte hanno lo scopo di analizzare la situazione acustica di
esposizione degli addetti ai servizi di ambulanze, auto mediche, moto mediche, pick-up
attrezzati per il soccorso e elicotteri.
Il discorso non si limita a tali categorie bensì è estendibile a tutte quelle attività che si
servono di mezzi di segnalazione acustica di allarme quali polizia, carabinieri, guardia di
finanza e vigili del fuoco.
2.3 Caratterizzazione acustica delle sirene bitonali: misure di pressione,
potenza sonora e analisi del contenuto spettrale
Attualmente in Italia vige il Decreto Ministeriale del 17/10/1980 “Modifiche sperimentali
delle caratteristiche acustiche dei dispositivi supplementari di allarme da applicare ad
autoveicoli e motoveicoli adibiti a servizi antincendi e ad autoambulanze”.
In merito alle caratteristiche acustiche l’articolo 2 dichiara:
“Il dispositivo supplementare di allarme deve presentare, in condizioni di campo libero, le
caratteristiche acustiche seguenti:
a) emissione di due suoni di frequenza rispettivamente pari a 392 Hz (Sol naturale) e 660 Hz
(Mi naturale) con tolleranza in più o in meno del 5%;
b) il livello di pressione sonora globale per ciascuna nota, misurata in condizioni di campo
libero ed alla tensione nominale misurata ai capi del dispositivo deve essere massimo
sull'asse principale dell'apparecchio e compreso fra i 115 e i 125 dB a due metri di distanza
da esso;
c) lo spettro acustico di ciascuno dei due suoni, rilevato nelle condizioni di cui al punto b)
con filtri a terze di ottava, deve risultare, su tutta la gamma di frequenze, almeno di 4 dB
inferiore al livello di pressione sonora - lineare. Nella banda da 1800 a 4500 Hz, nelle stesse
condizioni di misura, il livello di pressione sonora deve risultare non inferiore a 105 dB;
d) un ciclo acustico completo comprende un suono a 392 Hz per la durata di 1/3 della durata
totale del ciclo, un suono a 660 Hz per la durata di 1/18 della durata totale del ciclo, un suono
a 392 Hz per la durata di 1/18 della durata totale del ciclo, un suono a 660 Hz per la durata di
1/18 della durata totale del ciclo, un suono a 392 Hz per la durata di 1/3 della durata totale
del ciclo, un suono a 660 Hz per la durata totale di 1/18 della durata totale del ciclo un suono
a 392 Hz per la durata di 1/18 della durata totale del ciclo e, infine un suono di 660 Hz per la
durata di 1/18 della durata totale del ciclo. Sulla frazioni di tempo succitate è ammessa una
tolleranza del ±5%. I suoni devono susseguirsi senza interruzioni apprezzabili e senza
sovrapposizioni. La durata totale del ciclo completo sopra descritto deve essere di 3±0,5 s.
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Fra un ciclo acustico completo ed il successivo può sussistere un intervallo la cui durata
massima non deve comunque superare i 0,2 s.”
Da quanto esposto risulta evidente che la procedura di misurazione dei descrittori acustici ai
fini del collaudo è ben definita; nulla però si dice in merito al possibile danno uditivo che i
lavoratori potrebbero subire in relazione all’esposizione di una sorgente sonora che emette
livelli di pressione sonora compresi fra i 115 e i 125 dB a due metri di distanza da essa.
A tal proposito, vista la pressoché totale assenza di dati significativi in tale ambito, si deve
procedere con una campagna di misure su campo volte ad ottenere una panoramica dei valori
ai quali sono esposti i lavoratori operanti nel settore delle emergenze mediche.
Inoltre da una attenta campagna informativa di mercato si è constatato che le società che
commercializzano le varie tipologie di sirene non riportano sul libretto di uso e
manutenzione il valore della potenza sonora dell’apparato, dato necessario a caratterizzare la
sorgente indipendentemente dall’ambiente in cui verrà utilizzata.
In merito ai dati di direttività la situazione è analoga, non perché i costruttori non abbiano
progettato al meglio i diffusori acustici, quanto alla difficoltà con cui tali dati si possano
reperire.
2.4 Tecniche per il controllo del rumore
Particolare attenzione va posta alle tecniche di controllo e riduzione del rumore utilizzate in
tale campo.
Nel settore dell’industria automobilistica infatti le ambulanze nascono come furgoni
commerciali classici e poi vengono successivamente allestite con la strumentazione medica.
Inoltre si interviene sull’impianto elettrico, sui dispositivi di segnalazione luminosa e
acustica ecc.., senza però intervenire significatamente sulle caratteristiche di isolamento
acustico della cabina lasciando la stessa dotata del solo materiale bituminoso antirombo per
lo smorzamento delle vibrazioni della scocca metallica e di un tettino interno dalle dubbie
capacità di fonoassorbimento.
Spesso accade di trovare schede tecniche del tipo mostrato di seguito in cui le caratteristiche
acustiche sono classificate in modo “non propriamente” tecnico.
A tal proposito, come conclusione del presente lavoro, si cercherà di analizzare a fondo il
problema così da poter poi proporre l’uso di materiali più efficaci dal punto di vista
dall’isolamento e dell’assorbimento acustico.
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3 APPARATO UDITIVO
3.1 Anatomia dell’orecchio: funzione e morfologia degli organi
dell’apparato uditivo
L'apparato uditivo è costituito dall'orecchio, dal nervo acustico, dai nuclei e dalle vie uditive
del sistema nervoso centrale.[2]
L'orecchio, alloggiato nell’osso temporale, viene suddiviso in tre parti: orecchio esterno,
orecchio medio e orecchio interno.
L'orecchio esterno è formato dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo esterno che
termina con la membrana del timpano, la quale divide l'orecchio esterno dall'orecchio medio.
Compito dell'orecchio esterno è quello di captare le onde sonore e convogliarle verso la
membrana del timpano.
L’orecchio medio è costituito da una cavità piena d'aria (cassa del timpano) separata dal
condotto uditivo esterno dalla membrana timpanica.
Nella cavità alloggiano tre ossicini: martello, incudine e staffa, che costituiscono, nel loro
insieme, la catena ossiculare.
Fig.1 Anatonia dell’orecchio
Per far sì che la membrana del timpano possa vibrare correttamente, l'orecchio medio è
connesso alle cavità nasali attraverso un sottile condotto osteo-cartilagineo, la tuba di
Eustachio.
La membrana del timpano ha il compito di trasmettere lo stimolo sonoro all'orecchio medio
ed in particolare alla catena degli ossicini. L'onda sonora pervenuta attraverso il condotto
uditivo esterno, viene amplificata. Per evitare che rumori intensi e improvvisi possano
provocare lesioni all'organo dell'udito, l'orecchio medio possiede un meccanismo di
protezione detto riflesso stapediale.
Situato interamente all'interno dell'osso temporale, l’orecchio interno viene anche indicato
con il nome di " labirinto".
Nel labirinto si distinguono due porzioni, ciascuna deputata ad una funzione specifica.
La porzione anteriore, coclea, appartiene funzionalmente all'apparato uditivo, mentre il
labirinto posteriore (costituito dal vestibolo e dai canali semicircolari) partecipa alla
regolazione dell'equilibrio.
La coclea, in tutto il suo decorso a spirale, è divisa in tre distinti compartimenti.
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All'interno dei due spazi laterali circola un liquido di composizione simile al liquor cerebrale,
la perilinfa, mentre nel compartimento interno si trova l' endolinfa.
Fig. 2 Anatomia dell’orecchio
L'onda sonora che arriva all'orecchio interno come stimolo meccanico, viaggia lungo tutta la
coclea stimolando i recettori uditivi contenuti nel canale cocleare dove si trovano le cellule
cocleari riunite nell'organo del Corti. Queste modificano l'onda sonora, trasformando il
segnale meccanico in un segnale bioelettrico, comprensibile al nostro cervello.
Nel nostro organismo tutte le cellule si rinnovano continuamente; solo le cellule cocleari,
purtroppo, sono perenni. Questo particolare aspetto si ripercuote negativamente sulla
possibilità di recupero di un danno a livello delle suddette cellule.
Fig.3 Cellule ciliate viste al microscopio a scansione
Le cellule dell'Organo del Corti sono connesse alle fibre nervose del nervo acustico le quali
portano il segnale bioelettrico al tronco dell'encefalo; qui il segnale viene ulteriormente
analizzato ed elaborato, quindi propagato verso la corteccia cerebrale dove finalmente
raggiunge il livello di coscienza.