serie storica dei dati raccolti per matrici quali fallout, articolato atmosferico,
suoli, muschi, sedimenti, funghi, ecc., permette la conoscenza
approfondita dei fenomeni di trasferimento e di mobilità dei radionuclidi
nell’ambiente e, conseguentemente, una migliore pianificazione di
eventuali emergenze in questo campo. A tal proposito, risulterà
particolarmente utile l’implementazione e l’aggiornamento continuo del
catasto regionale delle sorgenti radioattive.
5
Introduzione
Nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1986, l’esplosione di un reattore
della centrale nucleare di Chernobyl, ha rilasciato materiale radioattivo
principalmente prodotti di fissione e attivazione,diffondendo in gran parte
del territorio europeo radiazioni in quantità di un centinaio di volte maggiori
di quelle rilasciate dalle bombe di Hiroshima e Nagasaki (circa 250 milioni
di Curie).
Stime internazionali suggeriscono che su Russia, Bielorussia e
Ucraina in breve tempo era caduta una quantità di cesio 137 dell’ordine di
un Curie per Km
2
(oltre il 70 % del fallout totale). Il cesio 137 (che ha una
vita media di circa 30 anni) è stato l’isotopo radioattivo che si è distribuito
in maniera maggiormente estesa. La condizioni variabili del tempo
avevano permesso che le radiazioni raggiungessero oltre che i paesi
dell’Unione Sovietica, parte della Scandinavia, Polonia, Germania,
Svizzera, Francia, Italia e Inghilterra.
La nube radioattiva era stata innalzata per oltre un Km e mezzo
nell’aria.
Oltre 40 radionuclidi (alcuni misurabili solo nei primi giorni seguenti
l’incidente) sono fuoriusciti dal reattore. I più significanti di questi erano lo
iodio (I-131), cesio (Cs-137e Cs-134 ) e lo stronzio (Sr-90). Circa il 50 %
dello iodio e il 30 % del cesio furono rilasciati nell’atmosfera.
Il grado di contaminazione è influenzato da vari fattori, quali il
processo naturale di decadimento degli isotopi radioattivi, la loro mobilità
nella terra, il tipo di suolo.
Lo iodio (che ha emivita di 8 giorni) aveva rappresentato il rischio più
grande per le prime settimane. Il corpo umano, infatti, non distingue lo
iodio radioattivo da quello naturale (che è stabile), e la tiroide li assorbe
indistintamente.
Il cesio 137, con un’emivita di 30 anni, è ancora distribuito sul suolo
europeo in maniera estesa; esso persisterà ancora per anni sugli strati
superiori.
6
Il cesio 134, con un’emivita di 2 anni, è attualmente ridotto di un
ordine di 10
3
rispetto alla quantità caduta nell’86; Ciò è dovuto ai processi
naturali di decadimento e di dispersione del suolo.
C’è da considerare anche lo stronzio che ha emivita di 29 anni, e
plutonio (Pu-241). Lo stronzio è molto più mobile del cesio, è solubile in
acqua e molto difficile da rilevare.
Molte misure mostrano che il 90% della contaminazione era
presente entro 5 cm del suolo immediatamente sotto la superficie; basti
pensare che il suolo contaminato nelle zone circostanti a Chernobyl non è
considerato economicamente effettuabile.
Questi radionuclidi presenti nel suolo possono entrare nel cibo
tramite il raccolto e l’allevamento.
Nel laboratorio CRR mediante spettrometria gamma abbiamo
quantificato la concentrazione d’alcuni isotopi radioattivi non naturali nella
deposizione sui muschi italiani; in particolare le località di prelievo sono
state le province di Salerno e d’Avellino.
I muschi sono utilizzati come indicatori di deposizione al suolo, in
alternativa alla misura diretta sul suolo.
La determinazione della radioattività nel muschio consente di
monitorare sia la concentrazione dei radionuclidi a vita medio-lunga
depositati da fallout radioattivi conseguenti ad eventi accidentali che la
concentrazione dei radionuclidi naturali caratteristici del sito .
Per dare un ordine di grandezza alla contaminazione sul suolo si è
scelto come isotopo guida il
137
Cs, perché la sua attività è facilmente
misurabile ed è l’ elemento che contribuisce maggiormente alla dose
ricevuta dalla popolazione una volta che lo
131
I, che ha vita media breve, è
decaduto.
7
Capitolo primo
La radioattività
1. 1 Generalità
La radioattività è un processo naturale e istantaneo in cui atomi
instabili di un elemento emettono o irradiano energia sottoforma di
particelle o d’onde. Queste emissioni sono chiamate radiazioni ionizzanti.
La ionizzazione è una particolare caratteristica della radiazione
prodotta, quando gli elementi radioattivi decadono. La caratteristica di una
radiazione di poter ionizzare un atomo, o di penetrare in profondità
all'interno della materia, dipende oltre che dalla sua energia anche dal tipo
di radiazione e dal materiale con il quale avviene l'interazione. Queste
radiazioni sono caratterizzate da elevata energia e quando esse
interagiscono con i materiali, possono rimuovere o eccitare gli atomi del
materiale. Questa è la ragione per cui le radiazioni ionizzanti sono
dannose alla salute, ed è opportuno approntare le opportune tecniche con
cui le radiazioni possono essere rivelate.
La materia ordinaria è formata da atomi stabili non radioattivi e da
atomi instabili radioattivi. Col trascorrere dei millenni, la maggior parte
degli elementi radioattivi presenti sulla terra, hanno subito processi di
decadimento, esaurendo il loro potenziale radioattivo. Tuttavia, esistono
ancora oggi in natura alcuni isotopi radioattivi, e non é cessato l'apporto
esterno di radioattività prodotto dal bombardamento di raggi cosmici cui
siamo tuttora sottoposti. Ecco perché tutto quello che ci circonda é
"naturalmente" radioattivo.
L' uomo é esposto alla radioattività fin dal momento della sua
apparizione sulla Terra. Dall'alba dei tempi fino ad oggi, gli esseri viventi
sono perciò immersi in un vero e proprio bagno di radioattività: un
chilogrammo di granito ha una radioattività naturale di circa 1000
Becquerel.
8
Un litro di latte ha una radioattività naturale di circa 80 Becquerel. Un
litro d’acqua di mare ha una radioattività naturale di circa 10 Becquerel.
Un individuo di 70 kg ha una radioattività dell'ordine di 8000 Becquerel,
causata dalla presenza, nel corpo umano, d’isotopi radioattivi naturali (in
gran parte, potassio-40).
Da sempre l'uomo è soggetto all'azione di radiazioni ionizzanti
naturali, alle quali sì da il nome di fondo radioattivo naturale (o più
semplicemente fondo naturale). Il fondo naturale è dovuto sia alla
radiazione terrestre (radiazione prodotta da nuclidi primordiali o da nuclidi
cosmogenici) che da quella extraterrestre (la radiazione cosmica). Per la
loro presenza, l’uomo riceve mediamente una dose di 2.4 mSv/a, valore
che però varia moltissimo da luogo a luogo. Nel nostro paese ad esempio
la dose media valutata per la popolazione è di 3.4 mSv/a.
Solo recentemente (circa 100 anni fa), con i lavori dello scienziato
francese Henry Becquerel, l'uomo ha scoperto l'esistenza della
radioattività. I primi, però, a dare un‘interpretazione quantitativa di tale
fenomeno furono Ernest Rutherford e Frederick Soddy.
1. 2 Legge di decadimento radioattivo
Essi verificarono sperimentalmente che alcuni elementi emettevano
spontaneamente delle particelle trasformandosi in altre particelle,
studiarono le curve sperimentali del numero di particelle che decadevano
(l’attività) in funzione del tempo, e ipotizzarono che il rate di decadimento
dei radioelementi, fosse proporzionale al numero di particelle non ancora
decadute e quindi che tra t e t + dt si ha un decremento di radionuclidi pari
a:
dN(t) = -λ N(t) dt
dove λ viene detta costante di disintegrazione o più comunemente
costante di decadimento della sostanza e varia di elemento in elemento,
[λ] = [s¯¹]. N(t) è il numero iniziale di particelle e il fatto che durante il
9
decadimento esso può solo diminuire spiega il segno meno
nell’espressione. Abbiamo quindi
dt
tdN )(
= -λ N(t)
che integrata ci da la legge del decadimento radioattivo:
N(t) = N0 e
-λt
dove N
0
è il numero iniziale di radionuclidi.
Un’ altra interpretazione fu quella di Von Shveidler. Egli non
formulava ipotesi sulle modalità di decadimento, ma pensava che la
disintegrazione di un atomo fosse del tutto casuale e che ci fosse solo una
probabilità P di decadimento proporzionale all’intervallo di tempo
considerato. Per un intervallo di tempo ∆t1 la probabilità di decadere era
P1 = λ ∆t1. L’ idea essenziale era che la probabilità di decadere in un ∆t
successivo fosse indipendente da quanto accaduto prima e quindi dalle
probabilità precedenti. La probabilità di sopravvivenza di un radionuclide è
quindi data da 1–P = 1-λ∆t. Quindi la probabilità che non decade durante
n intervalli di tempo, n∆t, è
P = (1- λ∆t)
n
e cioè considerando un intervallo di tempo che va da 0 a t e dividendolo in
n parti:
P = (1-
n
tλ
)
n
per un numero altissimo di intervalli di tempo (n→∞) e considerando il
limite notevole con x→∞, (1+α/x)
x
→ e
α
10
P = e
-λt
poiché la probabilità è il rapporto fra i casi considerati (N(t)) e quelli totali
N
0
P = N(t) / N0 = e
-λt
da cui
N(t) = N0 e
-λt
ovvero la legge di decadimento trovata in precedenza.
1. 3 Grandezze fondamentali
Si definiscono alcune grandezze caratteristiche di un decadimento
con costante di disintegrazione λ: il tempo di dimezzamento e la vita
media. Il tempo di dimezzamento T è il tempo necessario affinché N(t) / N
0
= 1/2 =0.5, quindi
N(t) = N0 / 2 = N0 e
-λt
da cui
t = T =
λ
)2ln(
=
λ
0.693
La vita media τ è il rapporto tra la somma del tempo d’esistenza di
tutti gli atomi Σ t│dN│e il numero iniziale d’atomi Σ dN:
11
()
()
()
()
∫
∫
∑
∑
∑
∑
∞
∞
⋅
⋅⋅
=
⋅⋅−
⋅⋅⋅−
⇒
⋅
=
0
0
dttN
dttNt
dttN
dttNt
dN
dNt
λ
λ
τ
dove abbiamo sostituito dN con la legge del decadimento radioattivo e la
sommatoria con l’ integrale tra 0 e ∞.
τ =
∫
∫
∫
∫
∞
−
∞
−
∞
−
∞
−
⋅⋅
⋅⋅⋅
⇒
⋅⋅
⋅⋅⋅
0
0
0
0
0
0
0
0
dteN
dtetN
dteN
dteNt
t
t
t
t
λ
λ
λ
λ
La soluzione dell’integrale al numeratore risulta essere N0 / λ2 e-λt
mentre quella del denominatore N
0
/ λ e
-λt
. Per cui la vita media sarà:
τ =
λ
1
Mettendo a sistema quest’ultima relazione con l’espressione trovata
per il tempo di dimezzamento troviamo la relazione che lega la vita media
al tempo di dimezzamento:
T = 0.693 τ
E’ definita attività di un radionuclide il numero medio N di
disintegrazioni che avvengono, nell'unità di tempo, in una certa quantità di
un radionuclide. Secondo il nuovo Sistema Internazionale di misura (SI)
l'attività si misura in Bequerel (Bq) dove 1 Bq = 1 disintegrazione al
secondo. In passato era utilizzato il Curie (Ci) che equivale a 37 GBq e
corrisponde al numero di disintegrazione al secondo che avvengono in un
12
grammo di 226Radio). L’ attività radioattiva A(t) di una sostanza segue la
stessa legge del decadimento:
A(t) = A
0
e
-λt
1. 4 Isotopi
Agli inizi del 900 si scoprì che alcuni elementi, caratterizzati da un
proprio numero di massa e numero atomico, decadevano naturalmente
emettendo delle particelle (disintegrazione o decadimento).
Molti esperimenti dimostrarono che i prodotti di un decadimento
radioattivo erano anch’ essi radioattivi (ma con diverso comportamento
chimico) producendo così un decadimento a catena che si fermava solo
quando un dato elemento risultava stabile. Analizzando i vari prodotti dei
successivi decadimenti si scoprì che alcuni di essi erano chimicamente
indistinguibili, avevano cioè stesse proprietà chimiche fisiche e nucleari. A
queste “copie” d’elementi si diede il nome di isotopi. La parola isotopo
quindi sta ad indicare che l’ elemento occupa lo stesso posto nella tavola
periodica ma ha un numero di massa diverso (più neutroni). Gli isotopi
presenti in natura sono quasi tutti stabili. Tale instabilità provoca la
trasformazione spontanea in altri isotopi, e questa trasformazione si
accompagna con l'emissione di radiazioni ionizzanti per cui essi sono
chiamati isotopi radioattivi, o anche radioisotopi, o anche radionuclidi.
Ad esempio: il ferro presente in natura é costituito da 4 isotopi, tutti
con 26 protoni ma ognuno con 28, 30, 31 e 32 neutroni rispettivamente.
Gli isotopi sono identificati dal nome dell'elemento e dal numero di massa
(esempio: ferro-54, ferro-56, ecc.).
In natura esistono circa 90 elementi (dall'idrogeno, il più leggero,
all'uranio, il più pesante) e circa 270 isotopi. Tra gli elementi, una ventina
sono costituiti da un unico isotopo (come ad esempio il sodio, il cobalto,
l'arsenico e l'oro), gli altri hanno almeno due isotopi (ad esempio: il cloro
ne ha due, lo zinco ne ha cinque, lo stagno ne ha dieci).
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Oltre agli isotopi da sempre presenti in natura (isotopi naturali) ,
esistono oggi un gran numero di isotopi artificiali, cioè prodotti dall'uomo.
Esempi d’isotopi artificiali sono il cobalto-60 (27 protoni, 33 neutroni),
usato in radioterapia e in gammagrafia, il plutonio-239 (94 protoni, 145
neutroni), usato come combustibile nelle centrali nucleari. Tuttavia, alcuni
isotopi naturali, e quasi tutti gli artificiali, presentano nuclei instabili, a
causa di un eccesso di protoni e/o di neutroni.
Distinguiamo i vari tipi d’isotopi:
• Isobari. Sono isobari elementi differenti (diverso Z) che
presentano lo stesso peso atomico (uguale A). In altre
parole presentano lo stesso numero di nucleoni ma
diverso numero di protoni e diverse caratteristiche
chimiche.
• Isotoni. Sono isotoni elementi differenti (diverso Z) che
presentano lo stesso numero di neutroni (diverso A).
Differiscono dunque anche per le caratteristiche
chimiche.
• Isomeri. Sono forme di uno stesso elemento, identiche
nella composizione nucleare (Z e A uguali), che si
differenziano per lo stato di eccitazione del nucleo. Alcuni
elementi, infatti, rimangono in stato eccitato per un tempo
misurabile (da 1E-12 secondi fino ad alcune ore) prima di
decadere ad un livello energetico inferiore attraverso
un'emissione di fotoni gamma per transizione isomerica.
Tale condizione è detta "stato metastabile".
Normalmente, infatti, un nucleo che si trova ad un livello
energetico superiore (in stato eccitato) libera l'energia in
eccesso, sotto forma di radiazione gamma, riportandosi
al livello energetico più basso in un tempo inferiore a 10
-
13
secondi.
In figura 1 mostriamo le differenze tra i vari tipi di isotopi:
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