5
Introduzione
La sopravvivenza culturale dei Rom in quanto “Popolo”, nell‟epoca della globalizzazione e
dell‟omologazione delle culture, rappresenta una risorsa per tutte le metropoli europee, alle
periferie delle quali nascono e si radicano, spesso in maniera non provvisoria, gli
accampamenti. Il popolo rom con la sua esistenza e silenziosa resistenza, vivendo ai margini
di un mondo istituzionalmente complesso e globalizzato, cerca pacificamente, e, purtroppo,
attende ancora una dignitosa accoglienza ed integrazione. L‟Italia si è caratterizzata negli
ultimi anni per l‟adozione da parte del Governo di misure straordinarie ed eccezionali con le
quali si presume di poter dar risposta e soluzioni cronicizzate che si vuole definire “di
emergenza”. Il termine nomade che spesso viene usato, anche se i rom sono presenti in Italia
da oltre 30 anni, lascia intendere l‟idea che si tratti di presenze temporanee per le quali non è
necessario mettere in campo politiche di lungo periodo, ma, al contrario agire con interventi
provvisori. L‟esperienza ha mostrato chiaramente che i rom non sono nomadi e che
l‟approccio come quello italiano, ispirato alla provvisorietà e all‟emergenza, è fallimentare
perché provoca e aumenta i livelli di esclusione sociale, con gravi ripercussioni in termini
economici e culturali. Su tutto il territorio italiano sono presenti insediamenti provvisori “per
soli rom”, quasi sempre recintati, con regolamenti di gestione attuati da associazioni di terzo
settore che presidiano i luoghi; ma ciò non è abbastanza, anzi può avere effetti di ulteriore
ghettizzazione e non favorisce né chi abita, né la società civile . L‟universo “zingaro” è una
realtà riconosciuta solo attraverso stereotipi e pregiudizi circondata dal silenzio, ignorarli
potrebbe divenire la via “napoletana” alla tolleranza e all‟accoglienza, tuttavia, soltanto la
conoscenza potrebbe essere il miglior antidoto contro il razzismo. Conoscere significa aprirsi
all‟ignoto, non aver paura dell‟altro. Spesso i pregiudizi dei non zingari si incrociano con
quelli dei rom, alla base c‟è una visione distorta dell‟altro, una svalutazione che è vissuta
come minaccia. Occorre creare un clima di fiducia se si vuole un superamento delle diffidenze
reciproche. Di solito nessuno si chiede se lo stile di vita dei campi-sosta sia scelto e voluto dai
rom e dai sinti, quest‟ ultimi sono percepiti come pericolosi, “loro sono quelli che rubano, non
lavorano, non si lavano, portano malattie e sono ignoranti”; incompatibili con i nostri valori e
il nostro stile di vita. La fiducia va costruita con comportamenti concreti pertanto le
6
associazioni sono esempi di strutture in cui i rom e i gagè si sono fidati gli uni degli altri.
Conoscere questo popolo è anche l‟occasione per attuare una vera integrazione intesa come
scambio e incontro di culture e non certo come mera assimilazione. L‟accento è posto
soprattutto sull‟ “Infanzia Rom” che viene indicata dal popolo rom stesso come il soggetto
protagonista di ogni progetto di accoglienza e integrazione. I rom amano l‟infanzia e si
circondano di bambini, spesso accuditi da sorelle, nonne, nuore, è molto forte il legame
simbiotico con la primissima infanzia(accoglimento corporeo, nutrizione al seno, capacità di
comunicazione). Tuttavia, come tutti i bambini cui è mancato il benessere, ma non l‟affetto, il
bambino rom diventa precocemente adulto e contribuisce al bilancio familiare: il senso della
solidarietà reciproca e il valore comunitario sono evidenti in questo popolo, infatti una
famiglia in difficoltà, viene di regola, supportata dalla famiglia allargata, con un gran rispetto
dell‟identità “persona-bambino”. L‟obiettivo delle istituzioni dovrebbe essere quello di
favorire l’inclusione sociale dei bambini rom, che per quanto sia serio e impegnativo non può
essere ignorato o trascurato. I rom censiti due anni fa presso il Dipartimento dei Servizi
Sociali come dimoranti nella città di Napoli risultano essere 1500. Essi si sono
sostanzialmente legati ai due quartieri periferici più grandi e problematici di Napoli: Scampia
e Ponticelli. Probabilmente lì dove, nella Napoli del dopo sisma e della ricostruzione, si
costituivano dei macro-insediamenti abitativi tragicamente privi di infrastrutture, cioè in
territori verso i quali nessuno rivendicava una reale appartenenza, i Nomadi hanno proliferato
sostanzialmente come non percepiti. A Scampia, proprio mentre veniva aperto il tratto di
Metropolitana che collegava con grandi speranze gli abitanti del quartiere al Vomero, si
scoprì che le baracche che si affacciavano sotto il ponte della ferrovia erano solo il primo
tratto dell‟immensa baraccopoli che gravava ai bordi di una strada dismessa. Ancora a
tutt‟oggi è difficile percepire, per chi passi con l‟auto per le strade del quartiere, che una via
traversa porti all‟interno di un enorme insediamento abusivo che il quartiere nasconde e
subisce. Baracche di nome e di fatto, quindi, circondate spesso da cumuli di spazzatura, sono
presenti sotto un‟arteria stradale che dovrebbe mettere in comunicazione Napoli con
l‟hinterland, chiamata asse mediano, che però non è mai stata completata. E‟ una zona
marginale ma non troppo, visto che confina anche con una scuola elementare. I rom vivono
senz‟acqua, senza luce, senza servizi igienici. Sono queste le condizioni di vita di un popolo
costretto a gravare sui più poveri tra i poveri, i più diseredati tra i diseredati, tutti accomunati
dalla comune e totale mancanza di diritti riconosciuti. I rom condividono con Napoli una
7
affinità nell‟irriducibilità all‟omologazione, nella capacità di sopravvivenza, nell‟arte di
“arrangiarsi”, possiedono una specificità culturale tale che obbliga gli studiosi, gli assistenti
sociali che a tale realtà si avvicinano, ad uno sforzo d‟interpretazione superiore.
Al fine di rafforzare la conoscenza degli “addetti ai lavori” e dei giovani, la presente
dissertazione dal titolo “Minori rom a Scampia: tra esclusione e integrazione”
approfondisce la questione dell’inclusione sociale dei bambini rom nel territorio campano.
Il punto di riflessione da cui sono partita, nel primo capitolo, è la riscoperta del Rom come
persona umana, con la sua dignità, la sua storia, la sua cultura, e il tentativo di leggere la
loro realtà con i nostri occhi, rappresenta il primo passo per abbattere quel muro di diffidenza
che ci distanzia. Nel secondo capitolo, mi sono proposta di verificare l‟esistenza concreta di
una “rete” sul territorio di Scampia che si occupi dei bambini e dei giovani rom, mettendo in
luce gli interventi e le attività che gli attori del sociale - istituzionali e non- progettano nei loro
confronti. Nel terzo capitolo, invece, ho affrontato il tema dell‟infanzia rom e in particolare l‟
aspetto delicato della minaccia incombente di decadimento della potestà genitoriale che
investe i genitori rom. Il nuovo diritto minorile ha precisato finalmente che l‟unico concreto
motivo per procedere ad una rescissione del legame familiare è la lampante inadeguatezza
della funzione genitoriale. La categoria degli assistenti sociali diventa a questo punto
fondamentale per la presa in carico ed il trattamento del caso da dirimere; mai come in questi
casi l‟affidamento e l‟adozione dovrebbero essere meditati, con un continuo e pressante
lavoro di confronto con il Giudice sulle modalità di applicazione della norma e per valorizzare
le risorse della famiglia allargata nell‟eventuale affido. A tal proposito nel lavoro proposto ho
inserito una ricerca realizzata in Italia, in collaborazione con OsservAzione centro di ricerca
azione contro la discriminazione di rom e sinti, in seguito alla ricerca realizzata nell‟ambito
del progetto finanziato dalla Commissione Europea dal titolo “La protezione dei minori rom
in Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Italia, Romania e Slovacchia” che ha avuto
come obiettivo quello di verificare se il trattamento riservato ai minori rom, che entrano nei
sistemi nazionali di protezione, sia o meno diverso dagli altri minori per quanto riguarda le
ragioni di avvio delle procedure e le modalità d‟intervento, le principali motivazioni che
giustificano l‟allontanamento e le tipologie di affido. Nella regione Campania la ricerca è
stata condotta dall‟ Associazione chi rom e….chi no, realizzando un report che raccoglie ed
elabora le testimonianze di quaranta testimoni privilegiati coinvolti a vario titolo nel sistema
di protezione dell‟infanzia. Dalla ricerca non emerge esplicitamente un‟ attitudine razzista nei
8
confronti dei rom, l‟accento da parte delle autorità viene posto sull‟inadeguatezza delle
strutture familiari e sulla ferma condanna, anche in senso etico, dell‟accattonaggio. Tuttavia è
significativo e diffuso il dato che in contesti di povertà ed esclusione sociale- come lo sono i
campi e molti rioni popolari- , i processi legali di protezione a carico dei minori si innescano
con più facilità, come rilevano e denunciano soprattutto le associazioni del terzo settore.
L‟associazione ha organizzato il 25 marzo 2011, presso la loro sede “Scola Jungla”, nel
campo rom non autorizzato di via Cupa Perillo di Scampia – Napoli, una tavola rotonda per
presentare e discutere i risultati della ricerca, pensata come momento di approfondimento e
confronto tra i vari protagonisti della ricerca. Dall‟incontro, a cui ho avuto il piacere di
partecipare, è emerso quanto il lavoro di rete sia riconosciuto come punto di forza a sostegno
di un reale ed efficace protezione dei minori. Nel quarto capitolo, utilizzando lo strumento
metodologico dell‟ intervista semi-strutturata, ho realizzato un‟ indagine intervistando l‟
Assistente sociale, responsabile dell‟ Ufficio Rom e Patti di cittadinanza del Comune di
Napoli, al fine di rilevare l‟approccio dei Servizi Sociali nei confronti delle famiglie rom, e
conoscere gli interventi progettati per i minori. Infine mediante l’ osservazione sul campo
di attività laboratoriali, organizzate dall‟ Associazione chi rom e chi no presso l‟ auditorium di
Scampia, mi sono posta l‟ obiettivo di conoscere l‟ atteggiamento dei bambini rom in un
contesto socio-educativo e ricreativo, distante dal loro vivere quotidiano. E‟ chiaro che la
forza del potere mirante al cambiamento e al miglioramento di vita dei bambini e giovani rom
non può che concentrarsi soprattutto nella relazione famiglia- scuola- comune- associazioni e
sul coinvolgimento della società civile nonché sulla sensibilità e buona volontà degli
operatori, auspicando in un intervento legislativo, fondamentale, da parte della Regione.
9
CAPITOLO 1
Un breve viaggio nella storia e nella cultura
dei Rom
“Ora alzatevi spose bambine
che è venuto il tempo di andare
con le vene celesti dei polsi
anche oggi si va a caritare
e se questo vuol dire rubare
questo filo di pane tra miseria e fortuna
allo specchio di questa
Kampina
ai miei occhi limpidi come un
addio
lo può dire soltanto chi sa
di raccogliere in bocca
Il punto di vista di Dio”
( F. De André)
10
1.1 Rom e Sinti: le origini
Si parla spesso di “zingari”, ma questo termine, oltre a risultare spesso denigratorio, nasconde
la complessità che è rinchiusa al suo interno. A grandi linee, si può dire che in Italia esistono
due grandi gruppi: rom e sinti. Tra questi gruppi troviamo sia cittadini italiani che cittadini
stranieri. I Rom di cittadinanza italiana sono presenti soprattutto al centro e al Sud del paese e
maggiormente tendenti alla sedentarizzazione, mentre i Sinti, sono tradizionalmente presenti
nelle regioni settentrionali, e mantengono più viva la tradizione del nomadismo. Essi
rappresentano gli zingari di antico insediamento a cui si aggiunsero vari gruppi zingari di
recente immigrazione,quelli arrivati in Italia dopo la prima, la seconda guerra mondiale e
partire dagli anni „60. L‟etnonimo “Rom”, nella loro lingua detta “romanes”, significa “
uomo ”, termine che li differenzia dai non zingari, nel loro idioma detti “ gagé ”, che in
origine individuava i “contadini zotici e ignoranti”. I gagé sono l‟espressione del non essere
rom, gli “altri” per definizione e visti come i nemici dalla comunità rom. In assenza di
statistiche ufficiali sulla popolazione rom e sinti in Italia, ci si affida a stime che indicano
approssimativamente una presenza di 120,000-150,000 persone rom e sinti, la maggioranza
delle quali sono cittadini italiani. Il restante è formato da cittadini stranieri giunti in Italia in
varie ondate, la più consistente delle quali è iniziata alla fine degli anni ‟60 conseguente la
crisi del modello jugoslavo e poi cresciuta negli anni ‟90 con la dissoluzione del paese. Gli
stranieri appartengono a vari gruppi e provengono in particolare da Macedonia, Kossovo,
Bosnia, Albania, Serbia e più recentemente Romania. Tra i rom stranieri, molti dei quali
fuggiti da territori in conflitto, da condizioni di estrema povertà, da situazioni di vera e propria
persecuzione razziale, un numero consistente ha periodicamente problemi con il rinnovo dei
documenti di soggiorno. Si tratta di documenti scaduti e non rinnovati, o di persone prive di
qualsiasi documento di identità. Una presenza di immigrati destinata tuttavia a crescere, non a
diminuire, tenendo conto anche dell‟allargamento dell‟Unione Europea e del diritto di tutti i
cittadini degli stati membri alla libera circolazione. E‟ opportuno precisare fin da subito che la
ricostruzione della storia dei Rom è un compito difficile sia perché i documenti a disposizione
sono pochi ed incompleti sia perché i Rom non hanno lasciato nessuna testimonianza scritta;
essi rappresentano un popolo senza scrittura che affida alla memoria e alla tradizione orale il