3
un regno non precisamente collocabile nel tempo e nello spazio,
dotato di ferree leggi e di antichi rituali. Ciò non è del tutto
erroneo, visto che la storia si concentra sull’evoluzione di Titus
da bambino ad adulto, con una dinamica concentrata sugli eventi
che formano interiormente il personaggio e sugli incontri che
questi fa con le persone che lo circondano.
Tuttavia, ancora prima di incontrare Titus, l’attenzione del
lettore si sofferma sull’architettura di Gormenghast. Non a caso
Titus Groan inizia con la frase sopra citata, la quale riesce in
poche parole a descrivere il castello. Seguendo un tragitto
circolare, Peake termina Titus Alone riferendosi all’aspetto
esteriore del maniero dei Groan:
He had no longer any need for home, for he carried his Gormeghast
within him. All that he sought was jostling within himself. He had
grown up…There he stood: Titus Groan, and he turned his heel so that
the great boulder was never seen by him again…With every pace he
drew away from Gormenghast Mountain, and from everything that
belonged to his home.
3
Occorre dunque considerare il castello di Gormenghast nella sua
massiccia materialità e nella sua valenza simbolica come un
elemento basilare su cui si concentra l’opera. Il castello di
Gormenghast non è un semplice contenitore delle azioni dei
personaggi, ma un’entità che ad essi è collegata in modo
inscindibile: durante la trilogia si mettono infatti in moto dei
processi di dehumanization sui personaggi da parte del castello,
e, inversamente, dei moti di humanization ad opera degli esseri
3
M. Peake, op. cit., pp.1022-1023. “Non aveva più bisogno della sua casa,
in quanto portava la sua Gormenghast dentro sé. Tutto ciò che stava
cercando si stava facendo largo dentro di sé. Era cresciuto… Lì stava in
piedi: Titus Groan, e si voltò in modo da non vedere mai più l’enorme
massa tondeggiante…Ad ogni passo si allontanava dal Monte Gormenghast,
e da tutto ciò che apparteneva alla sua casa”.
4
umani sulla costruzione architettonica. C’è un interscambio
continuo tra il castello e i suoi abitanti, tanto che l’aspetto
dell’edificio più di una volta sembra trasformarsi a seconda del
clima psicologico che si manifesta al suo interno. Per esempio, in
un momento critico per la stirpe dei Groan, quando si teme per
l’incolumità della casata e dei suoi rituali, l’immagine che viene
resa del castello è tutt’altro che confortante:
High, sinister walls, like the falls of wharves, or dungeons for the
damned, lifted into the watery air or swept in prodigious arcs of
ruthless stone…Buttresses and outcrops of unrecognisable masonry
loomed over Steerpike’s head like the hulks of mouldering ships, or
stranded monsters whose streaming mouths and brows were the
sardonic work of a thousand tempests. Roof after roof every gradient
rose or slid away before his eyes: terrace after terrace shone dimly
below him through the rain, their long-forgotten flagstones dancing
and hissing with the downpour.
4
Meno cupo ma soggetto a disfacimento, è il castello abbandonato
da Titus dopo aver sconfitto il nemico Steerpike:
The weather was almost monotously beautiful…Above the encircling
encampments the great masonry wasted.
5
L’obiettivo di questa tesi non è semplicemente quello di
descrivere il castello di Gormenghast nel suo aspetto esteriore e
4
Ibidem, pp. 414-415. “Muri alti, sinistri, come i tiranti di un pontile, come
prigioni sotterranee per i dannati, si ergevano nell’aria acquosa o si
trascinavano dietro prodigiosi archi di crudele pietra. Perdute nelle nuvole
che si spostavano velocemente, le vette scolpite del Gormenghast erano rese
selvagge e deformate dall’aria- matasse di erbaccia infradiciata. Contrafforti
e affioramenti di irriconoscibile muratura incombevano sopra il capo di
Steerpike come le carcasse di navi in rovina, o come mostri incagliati le cui
bocche e sopracciglia ondeggianti erano l’opera sardonica di mille tempeste.
Tetto dopo tetto ogni pendenza si elevava o scivolava davanti ai suoi occhi:
terrazza dopo terrazza brillava profondamente sotto di lui attraverso la
pioggia, mentre le loro lastre dimenticate da tempo danzavano e fischiavano
sotto l’acquazzone”.
5
Ibidem, p. 802. “Il tempo era bello in modo pressoché monotono… Al di
sopra degli accampamenti che la abbracciavano, l’imponente architettura
andava in rovina”.
5
nelle sue valenze metaforiche: si vuole porre l’accento
sull’evoluzione parallela del personaggio di Titus Groan e dello
spazio immaginario nel corso dei tre romanzi. Alcuni elementi
rimangono costanti nella trilogia, assumendo però significati
differenti nei tre romanzi. Un esempio efficace è offerto
dall’immagine del labirinto.
Seguiamo il viaggiatore del labirinto. Egli passa da incrocio a incrocio
attraverso corridoi ciechi…Il viaggiatore può visitare incroci già visti
oppure altri che sono la riproduzione identica di incroci già visitati.
Tutto ciò provoca nel viaggiatore sorpresa, confusione, anzi stupore
(in inglese labyrinth ha come sinonimo maze, oggetto di stupefazione).
Corridoi e incroci alternati sono per il viaggiatore la sola certezza che
si ripete di volta in volta. Tutto gli appare infinito, tanto è sconcertante
l’illusione delle similitudini (il viaggiatore ha infatti l’intuizione del
potere senza limiti dell’uniformità). Egli muove i suoi passi in
fastidiose ripetizioni degli stessi incroci e tali ripetizioni gli sembrano
vane quando deve ritornare indietro, inattese quando egli ricade,
attraverso giravolte, in un incrocio già visitato (in tedesco Labyrinth
ha come sinonimo Irrweg, o cammino di errori e di confusione).
6
Metaforicamente, l’ingresso nel labirinto assume il valore di
iniziazione, e il percorso tortuoso avrebbe la funzione simbolica
di difesa del “centro” sacro, che così rimarrebbe inaccessibile ai
non iniziati. Nel caso della trilogia di Mervyn Peake, il labirinto è
da ricollegare, oltre che alla tradizione gotica, alla simbologia
classica sopra descritta. I percorsi di Titus Groan dentro e, in
Titus Alone, al di fuori del castello, sono cammini iniziatici che
lo porteranno alla scoperta della propria identità.
In Titus Groan il concetto di labirinto è ricollegabile
all’architettura in continua espansione del castello. Non a caso,
nella traduzione italiana dell’opera, la traduttrice Anna Ravano
6
Una digressione sul tema può essere trovata alla voce “labirinto”
nell’Enciclopedia Einaudi, vol. 8, a cura di Pierre Rosenstiehl.
6
rende la frase “miles of rambling stones and mortar”
7
con “ un
labirinto di malta e pietra”.
8
Gormenghast è in assoluto il romanzo della trilogia che
reitera i termini labyrinth e maze più volte. In questo caso l’idea
di labirinto è in modo ancora maggiore ricollegabile
all’inquietante intrico di corridoi e tunnel del castello gotico.
Infatti, l’atmosfera che regna, nel secondo romanzo della trilogia
è di massima tensione, quasi che un male silenzioso si stia
impossessando lentamente del castello. Nel capitolo
ventiduesimo di Gormenghast si può leggere: “endless,
interwoven and numberless as were the halls and corridors of the
castle…”.
9
mentre quattro capitoli dopo: “Like a child lost in the
chasmic mazes of a darkening forest, so was Titus lost in the
uncharted wilderness of a region long forgotten”.
10
Titus Alone si discosta dai primi due romanzi della trilogia
proponendo un’ottica che devia da quella che potremmo definire
“Gormenghast-centrica”. In questo caso il concetto di labirinto
non scompare, anche se si fa meno centrale, ma viene messo in
relazione alla città piuttosto che al castello. Titus è definito
frequentemente “lost”, perso, al di fuori di Gormenghast, e
questo aggettivo è riconducibile al labirinto in quanto
quest’ultimo è un percorso molto complicato in cui è facile
perdere il senso dell’orientamento. Considerando questo
7
M. Peake, op. cit., p. 105. “Miglia di pietra vagante e malta”
8
M. Peake, Tito di Gormenghast, traduzione di Anna Ravano, Milano,
Adelphi, 1981.
9
M. Peake, op. cit., p. 523 “Infiniti, intrecciati e innumerevoli così come i
saloni ed i corridoi del castello”.
10
Ibidem, p. 539 “Come un bambino perso nei labirinti abissali di una buia
foresta, così era Titus nella sconosciuta landa di una regione a lungo
dimenticata”.
7
smarrimento dal punto di vista metaforico si può asserire che,
abbandonando Gormenghast, Titus abbia perso una serie di valori
e rituali rassicuranti, sebbene soffocanti. Il concetto di labirinto è
reso, nel terzo romanzo della trilogia, con sostantivi quali
labyrinth”, “maze”, “network”, “entanglement”. Ad esempio:
Hardly knowing where he was going, he found after a long while that
he was drawing near to that network of streets that surrounded
Muzzlehatch’s house and zoo; but before he reached that tortuous
quarter he became aware of something else.
11
Questo breve esempio di analisi degli elementi principali
dell’architettura di Gormenghast vuole mettere in luce, seguendo
un ordine cronologico, i dettagli utili a spiegare i significati della
sacred masonry del castello; in seguito si cercherà di delineare
l’evoluzione che questi hanno nel corso della trilogia.
Il castello è dunque una costruzione immaginaria dinamica,
e analizzare i tre romanzi significa seguire in parallelo
l’evoluzione architettonica del castello e lo sviluppo narrativo
dell’opera.
11
Ibidem, p. 890 “Sapendo a stento dove si stava dirigendo, capì dopo un
grande lasso di tempo che si stava incamminando verso quel reticolato di
strade che circondava la casa e lo zoo di Muzzlehatch; ma prima di arrivare
a quel tortuoso quartiere si accorse di qualcos’altro”.
8
0.2 ELEMENTI AUTOBIOGRAFICI
Più di un critico ha suggerito l’esistenza di un legame tra
Titus Groan e l’infanzia di Peake, in particolare per gli anni
passati in Cina. Egli se ne allontanò nel 1923, portando dentro di
sé un forte senso di nostalgia.
12
Se si associa dunque la Cina di
Peake al mondo immaginario di Gormenghast, si può asserire
che, nonostante quest’ultimo sia un universo chiuso ed
oppressivo, esso possiede anche caratteristiche che esercitarono
su Peake un notevole fascino. La lontananza spazio-temporale
rende Gormenghast e la Cina due luoghi mitici e leggendari.
Non si può tralasciare, quindi, l’influenza della biografia di
Peake sulla creazione del mondo di Gormenghast. Come già
ricordato, Peake nacque a Kuling nel 1911, nella provincia dello
Kiang-Hsi. A cinque mesi egli si trasferì con la famiglia a
Hengchow, dove il padre medico si occupava di una missione.
Seguirono numerosi e frequenti spostamenti in tutta la Cina, fino
a quando i Peake si stabilirono a Tientsin, dove stettero per sei
anni tornando a Kuling solo per le vacanze. A undici anni, nel
1922, Mervyn Peake lasciò la terra natale per trasferirsi in
Inghilterra.
La Cina di inizio secolo era notevolmente diversa da quella
che sarebbe diventata a seguito delle grandi rivoluzioni del ‘900.
12
Cfr. L. Bristow-Smith, “The Chinese Puzzle of Mervyn Peake”, Peake
Studies, Winter 1993, pp. 25-44.
9
Come afferma Bristow-Smith “there is an evitable
temptation to romanticize- China, heart of the mystic East”
13
.
Ricordiamo che all’inizio del XX secolo la Cina era un
Paese semi-medievale, abitato per la maggior parte da contadini e
dove l’élite culturale consisteva solamente nel 20% della
popolazione.
Non esiste quindi un grosso divario che separi questo mondo
da quello di Gormenghast, sebbene non si possa affermare che il
castello abbia unicamente caratteristiche architettoniche cinesi.
Queste ultime si possono scorgere in alcune statue che ornano i
bastioni della costruzione e si mescolano alla tradizione
architettonica gotica e vittoriana inglese, fino a formare un
pastiche di stili. Nell’opera gli elementi orientali vengono fusi
assieme a quelli europei. Secondo C. Gilbert:
There is no doubt that the author’s memories of the concession world
influenced his creation of Gormenghast. The castle is full of densely
European detail: …the battlement appearance of Gormenghast itself
may well take its origin from a style which Brian Power (in The Ford
of Heaven, a delightful memoir of concession life…) describes as
“Victorian Tientsin”: Looming over the park, a dark grey building,
half castle and half cathedral in appearance, commanded the centre of
British Tientsin…Outside, a crenellated battlement ran between the
hall’s two big towers. The arches of all the doors and windows were
pointed in the Gothic style…Most of the British Tientsin settlers were
agreed that Victorian Tientsin architecture was unique in the world,
but Mad Mac the piano tuner said that it reminded him of a prison
hospital on the outskirts of Edinburgh.
14
13
Ibidem, “C’è un’inevitabile tentazione di rendere romantica la Cina, il
cuore del mistico Oriente”.
14
C. Gilbert, “Mervyn Peake and Memory”, Peake Studies, April 1998, p. 9.
“Non c’è dubbio che i ricordi dell’autore sul mondo della concession
influenzarono la sua creazione di Gormenghast. Il castello è pieno di
dettagli fittamente europei:…lo stesso aspetto delle merlature di
Gormenghast può aver tratto le sue origini da ciò che Brian Power (in The
Ford of Heaven, una deliziosa memoria sulla vita della concession) descrive
come “Tientsin vittoriano”: incombente sopra il parco, un edificio grigio
scuro, mezzo castello mezzo cattedrale nel suo aspetto, comandava il centro
10
Non vi è comunque una semplice corrispondenza tra
Gormenghast e l’urbanistica di Tientsin. L’opera di Peake non ha
carattere autobiografico ed evita deliberatamente ogni tipo di
riferimenti specifici. Il castello di Gormenghast, come quello di
Kafka, non appartiene a nessuna epoca e a nessun luogo.
E’ attestato che nel 1950 Peake scrisse una serie di note in
vista della stesura di un’autobiografia. Come Maeve Gilmore, la
moglie dello scrittore, sottolinea in Peake’s Progress Peake
dichiarò che quello che rimaneva nella sua memoria dei giorni
passati in Cina: “is a sense of space - of something infinite. The
compound was my world-my arena. A world surrounded by a
wall…And on the other side of the wall was China”.
15
Charles
Gilbert commenta: “details have faded but what remains pristine
is the memory of intimacy, enclosure, circumscribing infinity”.
16
L’idea di infinitezza e di estensione illimitata è una delle
principali caratteristiche di Gormenghast, tanto che l’edificio
comprende anche aree dimenticate dai propri abitanti, e quindi
non ancora esplorate. Un esempio è la South Wing dove
Steerpike confinerà le gemelle Cora e Clarice:
Far from them having a Room of Roots and a great tree leaning over
space hundreds of feet above the earth, they were now on the round
della Tientsin britannica….Al di fuori, una merlatura correva lungo le due
torri del palazzo. Gli archi di tutte le porte e finestre erano affilate in stile
gotico…. La maggior parte dei coloni della Tientsin britannica
concordavano nel fatto che questo tipo di architettura era unica al mondo,
ma Mad Mac, l’accordatore di pianoforti, diceva che gli ricordava una
prigione-ospedale nei dintorni di Edimburgo”.
15
Ibidem, p. 6. “E’ un senso di spazio, di qualcosa infinito. Il recinto era il
mio mondo-la mia arena. Un mondo circondato da un muro… E dall’altra
parte del muro c’era la Cina”.
16
Ibidem, p. 7. “I dettagli sono svaniti ma ciò che rimane puro è la memoria
della familiarità, della chiusura, dell’infinità circostante”.
11
level in an obscure precint of the castle, a dead end, a promontory of
dank stone, removed from even the less frequented routes.
17
Il castello di Gormenghast è talmente vasto che non si può
descriverlo se non procedendo per frammenti. La voce narrante,
infatti, procede nelle sue descrizioni per dettagli, focalizzando
l’attenzione del lettore sui particolari di questa entità ineffabile e,
rappresentandoli con precisione, restituisce al lettore una
versione pittorica e architettonica dello spazio.
Oltre alla permanenza in Cina, anche il coinvolgimento nella
seconda guerra mondiale influenzò notevolmente la creazione
fantastica di Gormenghast. Durante la Seconda Guerra Mondiale
Peake non fu coinvolto se non raramente nelle operazioni
belliche. Egli chiese al suo comandante di poter operare in
disparte e non partecipare alla guerra come soldato per potersi
dedicare alla stesura del suo libro: Titus Groan. Peake fu
congedato dall’esercito in seguito ad un esaurimento nervoso, e
dovette tornare a casa prima della resa della Germania. In seguito
egli ritornò nell’esercito come artista di guerra britannico. Nel
1945, egli fu uno dei primi ad entrare nel campo di
concentramento di Belsen dopo la liberazione da parte degli
alleati, testimoniando scene di estremo orrore che lo sconvolsero.
Il figlio di Peake, Sebastian, affermò che le esperienze di suo
17
M. Peake, op. cit., p. 430. “Lontano dalle loro stanze, dove avevano una
Stanza delle Radici ed un grande albero pendente centinaia di piedi sopra la
terra, le gemelle erano adesso in una stanza rotonda in un oscuro distretto
del castello, una zona morta, un promontorio di pietra fetida, al di fuori
anche dagli itinerari meno frequentati”.
12
padre a Belsen “remained in his conscious and subconscious
mind until he died”.
18
Questa esperienza segnò profondamente Peake, che
intendeva “to make records of what humanity suffered through
war”.
19
Charles Gilbert, riferendosi ad uno dei luoghi chiave del
castello, ovvero l’attico di Fuchsia, afferma:
Here is the heartland of Peake’s imagination, the imagination’s own
image of itself: a private, shadowy dreaming in the lumber rooms of
memory. Fuchsia’s attic is a domain within a larger domain, that of the
imaginary castle and its consoling privacy to which its author had fled
from the rebarbative realities of 1940.
20
Il castello di Gormenghast, paragonabile ad un campo di
concentramento, può essere dunque visto sotto due aspetti
differenti: come microcosmo di violenza e luogo in cui esplode la
sete di potere, e come rifugio da un universo che l’autore intende
rifiutare.
In terzo luogo, un elemento biografico che ha influenzato la
costruzione dell’universo di Gormenghast può essere la
permanenza di Mervyn Peake a Sark,
21
una piccola isola tra
18
M. Gilmore, A World Away. A Memoir of Mervyn Peake, London,
Mandarin Paperbacks, 1992. “Rimasero nella sua mente conscia e inconscia
fino alla morte”.
Si confronti anche la biografia di G.P. Winnington.
19
T. Gardiner-Scott, “The Consumptive. Belsen 1945. A note”, Peake
Studies, Summer 1989, p. 27. “Registrare di che cosa soffriva l’umanità in
Guerra”.
20
C. Gilbert, op. cit., p. 13. “Questo è il cuore dell’immaginazione di Peake,
la stessa immagine dell’immaginazione: un sogno privato e nebuloso nei
ripostigli della memoria. La soffitta di Fuchsia è un regno nel regno, quello
del castello immaginario e il suo confortante isolamento verso i quali
l’autore si è rifugiato dalle realtà ripugnanti del 1940”.
21
Cfr. G. P. Winnington, op. cit., pp. 65-66. “its 1,270 acres stand more than
300 feet above the sea, for it has precipitous cliffs on all sides. From the air
it resembles two diamond-shaped pieces of land, joined together at the
points…Sark has excellent literary antecedents: Victor Hugo visited it to
acquire background material for The Toilers of the Sea, and a cave is named
13
Guernsey e Jersey, distante venticinque miglia dalla costa della
Normandia. Peake visse a Sark dal 1933 al 1935, assieme ad un
gruppo d’artisti ed esibendo i propri quadri e bozzetti nella Sark
Gallery. Gormenghast possiede delle caratteristiche insulari.
Questo mondo è infatti remoto, isolato, privo di contatto con la
nostra realtà. A sostegno di questa tesi Davis Shayer afferma:
The fact that Gormenghast was written on Sark explains the fusion of
castle and island, and accounts for the 131 sea/island images in its 504
pages-one reference every 3.75 pages (Penguin edition), including a
number of sustained “island”sections.
22
0.3 INFLUENZE LETTERARIE
Mettendo in rapporto l’opera di Peake con la tradizione
letteraria, si potrebbero tracciare dei paralleli tra la trilogia di
Gormenghast e il Macbeth di Shakespeare, pubblicato per la
prima volta nell’in-folio del 1623.
23
Scritto dopo Othello e King
Lear, Macbeth conclude la fase tragica di Shakespeare. Nelle
Gormenghast Novels, come nel Macbeth, il motivo dominante è
quello delle passioni e dei delitti che vengono compiuti in un
after him; Swimburne wrote the “Ballad of Sark”…and Turner made a
celebrated painting of the Coupée…Eric Drake’s ambition was to build on
these antecedents and make Sark a famous centre for the arts…Mervyn and
Goatie visited him (Drake) in the summer of 1932. At this point they were
happy to spend their time exploring the island, with its windblown trees,
grassy clifftops and dizzying views down to lonely bays where towers of
rock rise from the boiling sea…Sark itself was a permanent source of
inspiration; the ever-changing light is particularly striking to an artist, not to
mention the exceptional variety of landscape”.
22
Ibidem, pp. 29-36. “Il fatto che Gormenghast fu scritta a Sark spiega la
fusione tra castello ed isola, e spiegale 131 immagini relative a mare/isola
nelle sue 504 pagine - un riferimento ogni 3.75 pagine (edizione Penguin),
incluso un numero consistente di sezioni dedicate all’isola”.
23
W. Shakespeare, Macbeth, in: William Shakespeare. The Complete Works,
Odhams Press Limited, London. Edizione a cura di Charles Jasper Sisson.
14
castello. E’ stato affermato che il Macbeth è “la tragedia
dell’ambizione e del rimorso”;
24
questa caratteristica accomuna
fortemente l’opera di Peake a quella di Shakespeare. Infatti, in
Titus Groan, il fulcro della narrazione si articola intorno alla sete
di potere di Steerpike, un giovane di bassa estrazione che compie
un’arrampicata sociale sovvertendo l’ordine millenario di
Gormenghast.
In entrambe le opere la costruzione architettonica non è un
semplice sfondo alle azioni dei personaggi: il castello partecipa
alla vita dei suoi abitanti enfatizzando le tragedie che si svolgono
al suo interno.
Nell’atto primo della tragedia Duncan, re di Scozia, ammira
il castello, che rivelerà di lì a poco confortante e piacevole solo in
apparenza. Il re esclama: “This castle hath a pleasant seat; the air/
nimbly and sweetly recommends itself/ unto our gentle senses”.
25
Come commenta Lombardo:
L’atteggiamento di Banquo nei confronti del chiaro paesaggio che gli
sta davanti non è quello, di serena contemplazione, di Duncan; egli
intuisce, a differenza del re…il buio che minaccia la luce, egli scorge
le ombre che il castello getta sulla natura, sul re, su se medesimo, e
perciò la sua visione della scena esprime soprattutto il rimpianto di
una realtà che gli appare già illusoria.
26
Queste due opere hanno in comune anche i temi del contrasto tra
luce ed ombra e tra natura ed elementi innaturali. La maggior
parte del Macbeth si svolge al buio, considerato sia da Macbeth
che da Lady Macbeth un elemento fondamentale per nascondere i
24
A. Lombardo, Lettura del Macbeth, Vicenza, Neri Pozza Editore, 1969,
p.24.
25
W. Shakespeare, cit. Traduzione dell’autrice di questa tesi: “Il castello ha
una sede gradevole. L’aria frizzante e dolce accarezza i nostri gentili sensi”.
26
A. Lombardo, op. cit, p. 25.
15
loro crimini al mondo intero, e forse anche a loro stessi. Il
conflitto tra naturale ed innaturale assume connotazioni differenti
all’interno delle due opere: in quella di Shakespeare ci si riferisce
alla natura, anche umana, e a quanto di innaturale esiste
all’interno di essa; nella trilogia di Peake l’elemento
maggiormente innaturale ed artificioso è il castello stesso, che si
contrappone al background naturale con cui intrattiene un
continuo interscambio di caratteristiche.
Inserire la trilogia di Gormenghast in una specifica corrente
letteraria non è cosa facile. Come conferma G. Peter Winnington,
il direttore dei Peake’s Studies:
Placing Titus in a category remains a problem, which explains the
ambivalence of many of the reviews. Much depended on the
reviewers’ attitudes towards the grotesque, the fantastic and the
Gothic.
27
Lo stesso studioso afferma che queste difficoltà di classificazione
sono state un ostacolo per il successo della trilogia di
Gormenghast, tanto che spesso le lodi nei confronti dell’opera
sono state condizionate da affermazioni quali: “it is almost
impossibile to classify… a flight of allegorical fantasy that defies
classification”.
28
L’opera di Peake vanta sicuramente alcune affinità con la
tradizione gotica, ad esempio per quanto riguarda l’architettura
del castello. Stephen Fry mette in crisi la stessa definizione di
27
G.P. Winnington, “The Critical Reception of Mervyn Peake’s Titus
Books” in: M. Peake, op. cit., pp. 1027-1036. “Collocare Titus in una
categoria rimane un problema che spiega l’ambivalenza delle recensioni.
Molto dipendeva dall’atteggiamento dei critici verso il grottesco, il
fantastico e il gotico”.
28
Ibidem, “E’ quasi impossibile da classificare…un volo di fantasia
allegorica che sfida ogni classificazione”.
16
gotico partendo dal gotico in architettura per poi passare alle sue
manifestazioni contemporanee ed ormai prive di ogni significato.
Egli afferma: “Many who have not read the books believe in the
three Gs. Gormenghast is Gothic. Gormenghast is Gloomy.
Gormenghast is Grotesque”.
29
Come afferma M. Billi,
30
il revival gotico delle prime decadi
del Settecento trae origine da un rinnovato gusto per le
costruzioni ispirate ai palazzi ed ai monumenti medievali. Nel
gotico esiste dunque un rapporto che lega architettura e
letteratura. Ad esempio, nel romanzo di Walpole, The Castle of
Otranto, l’autore traduce un orientamento estetico nella sua
realizzazione letteraria. In quest’opera è presente una
correlazione tra arte e letteratura per quanto riguarda la
concezione dello spazio. Il castello, assieme all’abbazia, le grotte
e le foreste è uno dei luoghi privilegiati dal romanzo gotico. Billi
spiega il motivo della fortuna di questa costruzione architettonica
nell’ambito della tradizione del genere:
Il castello del romanzo gotico, luogo privilegiato e immancabile,
sempre feudale, imponente, impenetrabile, appare il prodotto del suolo
da cui emerge come la testa di un gigantesco corpo naturale al quale è
legato da radici profonde, tentacolari, simili a quelle di un albero
immane…Esso non è composto di luoghi definiti e identificabili, ma
soprattutto di passaggi, di corridoi, di meandri che negano la partenza
e l’arrivo, il senso stesso della destinazione, ma si percorrono
incessantemente alla ricerca di un’uscita che appare sempre più
lontana e irraggiungibile.
31
29
E. Daniel, The Art of Gormenghast. The Making of a TV Fantasy, London,
Harper Collins Publishers, 2000. “Molti di coloro che non hanno letto la
trilogia di Gormenghast credono nelle tre G. Gormenghast è gotica.
Gormeghast è oscura. Gormenghast è grottesca”.
30
M. Billi, Il gotico, Il Mulino, Bologna, 1986
31
Ibidem, p. 29