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INTRODUZIONE
Il fenomeno degli incendi, in particolare di quelli boschivi, con il passare del tempo ha assunto una
rilevanza mano a mano maggiore, a causa dei crescenti impatti a livello ambientale, paesaggistico e,
non ultimo, economico; ciò ha portato le Autorità competenti a porre sempre più attenzione, non
solo nei riguardi degli interventi di mitigazione e contenimento dei danni, ma anche rispetto alle
metodologie di prevenzione.
Dai report redatti dal Corpo Forestale dello Stato emerge infatti come, nella sola penisola Italiana,
all’incirca 11.000 incendi all’anno brucino più di 500 km
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di foreste, causando, come già accennato,
una serie di problematiche impattanti, in maniera diretta o indiretta, su vari ambiti, che possono
essere quello ambientale-naturalistico, quello economico e dei danni alle infrastrutture in genere,
per non parlare dell’incolumità delle persone.
Dal punto di vista ambientale, infatti, gli incendi boschivi possono influire su una vasta gamma di
processi terrestri, sia nel breve che nel lungo periodo: gli effetti più immediati riguardano il degrado
ecologico e la distruzione di flora e fauna, con conseguente scomparsa della biodiversità e
deterioramento del suolo, i quali a loro volta possono contribuire a fenomeni di desertificazione,
erosione dei suoli e variazione dei processi geologici in genere.
Inoltre, sempre in riferimento a danni ambientali, bisogna tener conto anche di conseguenze più a
lungo termine quali fenomeni di inquinamento atmosferico, alcuni dei quali rientranti nell’orbita dei
cambiamenti climatici: in particolare il rilascio di gas e materiale particolato durante la
combustione, che costituisce un contributo notevole alle reazioni chimiche e ai processi fisici che
avvengono in atmosfera, e l’aumento della concentrazione di gas serra, soprattutto quella del CO
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,
(diossido di carbonio o anidride carbonica) che viene incrementata a causa del rilascio di carbonio
nel processo di combustione.
A questa vasta gamma di impatti negativi a livello ambientale e naturalistico si vanno ad aggiungere
quelli forse meno evidenti ma non per questo meno rilevanti sull’economia: oltre a possibili danni
sulle attività produttive di vario genere (come strutture turistiche o connesse all’industria del
legname), gli incendi comportano una spesa per lo Stato, quantificabile in termini di costi diretti per
ogni intervento atto a spegnere le fiamme: è stato, infatti, calcolato dal Corpo Forestale come
l’intervento di un elicottero per spegnere un incendio costi in media 2.220 €/ora, ogni chiamata per
un intervento 90 € circa, e ogni ettaro di bosco bruciato circa 20.000 €.
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In virtù di tutte queste considerazioni appare logico come, nella lotta agli incendi, una rapida
segnalazione ed un tempestivo intervento nelle fasi iniziali dell’evento costituirebbero un
importante priorità al fine di contenere gli impatti negativi sopra elencati.
In quest’ottica va visto l’utilizzo delle tecnologie satellitari, che possono efficacemente integrare, se
non addirittura sostituire, i tradizionali sistemi di monitoraggio, portando in dote sia una maggiore
capacità di effettuare osservazioni in maniera continua, giorno e notte, che la possibilità di
monitorare contemporaneamente aree molto più vaste rispetto a quelle osservabili con i sistemi
tradizionali.
Tradizionalmente il monitoraggio degli incendi consiste per lo più in sistemi di osservazioni tramite
pattuglie fisse (attraverso torrette di osservazione) o mobili (a piedi o su mezzi a motore) dislocate
sul territorio in base alle aree considerati maggiormente suscettibili; a questi si aggiunge l’utilizzo
di aerei che periodicamente sorvolano sempre le aree considerate più a rischio, oltre che le
spontanee segnalazioni di cittadini. Negli ultimi anni, inoltre, sempre più Regioni hanno cercato di
installare reti di telecamere con sensori operanti nel visibile (VIS) e nell’infrarosso (IR) al fine di
giungere ad un monitoraggio del loro territorio in maniera capillare, in continuo ed in automatico.
Tuttavia tutti questi sistemi presentano alcune limitazioni legate sostanzialmente alle caratteristiche
spaziali e temporali proprie degli incendi, essendo questi ultimi eventi che possono svilupparsi in
maniera anche abbastanza repentina, e che solitamente, a parte casi di estrema vastità e intensità,
hanno una durata compresa nell’arco di alcune ore, al massimo un giorno.
Proprietà di questo tipo si sposano male con il contenuto campo di vista di torrette e telecamere (per
le quali vi è tra l’altro anche la possibilità di essere inglobate negli incendi stessi, con ulteriori costi
di manutenzione e sostituzione), con la difficoltà di sorvolare con gli aerei vaste porzioni di
territorio in poco tempo, e con la limitata possibilità di monitorare aree difficilmente accessibili a
piedi o con altri mezzi.
Inoltre la realizzazione di una suddetta rete capillare di telecamere, con sensori nel VIS e nel IR,
lungo il territorio, richiede ingenti costi, non solo di installazione, ma anche di gestione e
manutenzione, ai quali spesso non sono corrisposti adeguati risultati, a causa della complessità e
della difficoltà di progettazione di un’adeguata rete di sorveglianza.
Grazie alle numerose piattaforme satellitari orbitanti intorno al pianeta, il telerilevamento satellitare,
in virtù dei numerosi dati acquisiti, generalmente a basso costo e sistematicamente per ogni luogo,
rappresenta, già da oggi ma soprattutto in prospettiva futura, il miglior strumento adottabile al fine
di ridurre i costi e mitigare i danni causati dagli incendi.
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Negli ultimi anni, infatti, sono stati sviluppati vari algoritmi e più in generale diverse metodologie
di Fire Detection (telerilevamento degli incendi), sfruttando proprio il gran numero di immagini
ottenibili dalle diverse bande in cui operano i diversi sensori satellitari; queste tecniche, oltre a
consentire di sviluppare, come già detto, un sistema di monitoraggio più a basso costo e che
consente di osservare anche luoghi difficilmente accessibili altrimenti (come aree particolarmente
impervie), mirano a rendere tale monitoraggio sempre più in linea con le caratteristiche tipiche di
eventi come gli incendi, quali la capacità di svilupparsi repentinamente ma anche con intensità
variabili.
Nel presente lavoro di Tesi viene analizzata una di queste tecniche di fire detection, la tecnica RST-
FIRES (Robust Satellite Techniques for FIRES detection and monitoring), sviluppata presso il
LADSAT (Laboratorio per l’Analisi dei Dati SATellitari) della Scuola di Ingegneria (SI)
dell’Università degli Studi della Basilicata in collaborazione con l’Istituto di Metodologie per
l’Analisi Ambientale (IMAA), afferente al Dipartimento Terra e Ambiente del Consiglio Nazionale
delle Ricerche (CNR), nell’ambito più generale della metodologia di analisi RST (Robust Satellite
TechniqueS – Tecniche Satellitari Robuste, Tramutoli, 1998, 2005, 2007).
Scopo del presente lavoro di Tesi è dunque quello di esaminare la suddetta tecnica RST-FIRES,
concentrandosi sui suoi punti di forza e di debolezza, emergenti anche dal confronto con altre
tecniche di fire detection utilizzate nell’ambito della lotta agli incendi, al fine di valutare le
possibilità di ulteriori migliorie, soprattutto in caso di eventi di grande estensione e/o notevole
intensità.
In particolare, è stata analizzata la metodologia RST-FIRES implementata sui dati acquisiti dal
sensore SEVIRI (Spinning Enhanced Visible and Infrared Imager), a bordo della piattaforma
geostazionaria MSG (Meteosat Second Generation), e confrontata con altri algoritmi di
identificazione degli incendi boschivi implementati sugli stessi dati satellitari; tale raffronto è
avvenuto sulla base delle anomalie individuate in relazione agli incendi boschivi accertati dal
COAU (Centro Operativo Aereo Unificato, servizio di coordinamento della Protezione Civile, che
si occupa di intervenire con unità di aeromobili in caso di incendi particolarmente difficili da
domare attraverso le sole squadre a terra a causa della loro notevole estensione e/o intensità).
Dall’analisi delle performance del suddetto algoritmo RST-FIRES, emergono possibilità di ulteriori
miglioramenti della tecnica stessa; in particolare, dalle varie campagne di validazione, effettuate
negli ultimi anni, del metodo RST-FIRES, è emerso che la principale limitazione è legata alle
prestazioni degli algoritmi di cloud detection, utilizzati a monte dell’algoritmo di fire detection vero
e proprio, al fine di individuare eventuali radianze nuvolose presenti nel campo di vista del satellite.
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Come sarà approfondito meglio in seguito, la problematica delle nubi in relazione alle prestazioni
dell’algoritmo di fire detection RST-FIRES va vista nella doppia ottica dei falsi allarmi e dei
mancati rilevamenti che essa può generare e, in particolare, per quanto riguarda quest’ultimo
aspetto, in riferimento al fumo generato dalla combustione delle foreste, che in questi eventi estesi
ha spesso caratteristiche fisiche simili a quelle dei corpi nuvolosi, portando gli algoritmi di cloud
detection a confondere i due fenomeni.
Obiettivo specifico del presente lavoro di tesi è, dunque, quello di elaborare eventuali migliorie
nella cloud mask a monte di RST-FIRES, che consentano una più accurata “maschera” dei corpi
nuvolosi al fine di evitare i fenomeni di falsi allarmi e, soprattutto, di mancato rilevamento dovuti
alle problematiche sopra accennate.
Per quanto riguarda, infine, l’algoritmo di fire detection vero e proprio, viene considerata, in
riferimento ai vari test di cui esso è composto, la specifica funzione che hanno gli stessi, in
particolar modo nel rilevamento tempestivo e/o nel monitoraggio dell’evento durante tutta la sua
durata, al fine di ricercare eventuali miglioramenti apportabili anche all’interno dell’algoritmo
stesso, consistenti in variazioni nell’ordine dei test, o nel valore delle loro soglie.
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1. TECNICHE SATELLITARI PER IL MONITORAGGIO DEGLI
INCENDI BOSCHIVI
1.1. Introduzione
Vengono analizzate, in questo capitolo, alcune delle tecniche di fire detection implementate con i
dati proveniente dal sensore SEVIRI (Spinning Enhanced Visible and Infrared Imager), montato a
bordo della piattaforma MSG (Meteosat Second Generation), al fine di rapportarle alla
metodologia RST-FIRES; verranno infatti elencati, a tal proposito, i punti di forza di questa
metodologia, rientrante nell’ambito delle tecniche satellitari Robuste RST, in riferimento al suo
differente approccio nelle ricerca delle anomalie rispetto alle tradizionali tecniche di individuazione
degli incendi tramite satellite.
In riferimento agli incendi boschivi analizzati (incendi accertati dal COAU nel mese di Luglio
2011), vengono illustrate, inoltre, le performance dell’algoritmo RST-FIRES confrontate con quelle
di altri algoritmi di fire detection esaminati nel seguito di questo capitolo.
Si pone inoltre l’attenzione sui limiti emersi, anche in questa fase di analisi delle anomalie
individuate e riferite agli incendi boschivi esaminati, al fine di evidenziare i possibili campi di
intervento per le migliorie da apportare.
Qualsiasi tecnica di individuazione e monitoraggio degli incendi è fondata su un concetto cardine:
sfruttare l’elevata sensibilità di canali centrati nel Medio Infrarosso (MIR), rispetto proprio alla
presenza di corpi caldi aventi la temperatura tipica degli incendi.
Come tale, il canale di un qualsiasi sensore utilizzato per tale rilevamento dev’essere
necessariamente centrato nella banda spettrale del medio infrarosso.
Il MIR, infatti, è compreso tra le lunghezza d’onda di 3 e 5 μm, in corrispondenza del picco di
emissione della Radiazione di Corpo Nero per le temperature intorno ai 1000 K (temperature
proprie degli incendi), in accordo con la Legge di Wien, rappresentata dalla seguente equazione:
Legge di Wien
Viene definito corpo nero, infatti, un corpo che assorbe (o emette) completamente tutta la
radiazione a tutte le lunghezze d’onda; un corpo nero ha dunque la caratteristica di emettere il
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massimo a tutte le lunghezze d’onda, quindi, a parità di temperatura, emette a qualunque lunghezza
d’onda più di qualsiasi altro corpo.
Nella figura seguente (Fig. 1.1.1) vengono mostrate le funzioni di emissione della radiazione di
corpo nero, alle varie temperature e rispetto a determinate lunghezze d’onda, e i corpi alle quali esse
possono essere associate:
Fig. 1.1.1 – Radiazioni di Corpo Nero e corrispondenti funzioni ottenute dalla Legge di Wien
Si nota dall’immagine, come detto in precedenza, che il picco della funzione di emissione della
radiazione di corpo nero per temperature intorno ai 1000 gradi Kelvin, tipiche degli incendi
boschivi, si trova in corrispondenza del centro della banda spettrale del Medio Infrarosso.
Si dimostra, quindi, come in caso di incendio boschivo il canale nel MIR riceva molta più energia
radiativa dalle zone che bruciano rispetto alla zone circostanti, le cui temperature in condizioni
normali si aggirano intorno ai 300 K; sempre in accordo con la Legge di Wien, infatti, il massimo di
emissione a queste temperature si ha nel TIR, tra i 10 – 12 μm, in corrispondenza del picco di
emissione della superficie terrestre.
Per il sensore AVHRR (Advanced Very High Resolution Radiometer) ad esempio, è stato calcolato
che la radianza ricevuta nel canale del MIR registra un incremento pari a un fattore di circa 1500 in
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caso di incendi rispetto al background circostante, laddove nei canali centrati sull’Infrarosso
Termico (TIR) questo è pari solo ad un fattore di circa 45.
Il sensore AVHRR, montato fin dagli anni ’70 a bordo dei satelliti polari dell’agenzia NOAA
(National Oceanographic and Atmospheric Administration - agenzia dello U. S. Department of
Commerce), fu il primo ad essere utilizzato per il rilevamento di incendi boschivi, fin dai primi anni
’90.
Altri sensori montati a bordo di satelliti ad orbita polare vennero utilizzati in tal senso, quali: ATSR
(Along Track Scanning Radiometer) e AATSR (Advanced ATSR), montati a bordo dei satelliti ERS
(European Remote Sensing) e utilizzati per ricavare l’Atlante Mondiale degli Incendi ATSR (World
ATSR Fire, sito internet WFA, 2015) dell’Agenzia Spaziale Europea (European Space Agency –
ESA); VIRS (Visible and Infrared Scanner) a bordo del stellite TRMM (Tropical Rainfall
Measuring Mission); MODIS (Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer) a bordo dei
satelliti EOS (Earth Observation Satellites) Terra e Aqua, che utlizzano, nella fire detecion, quello
che attualmente è il prodotto più diffuso e consolidato, MOD14/MYD14, basato sull’omonimo
algoritmo (Giglio et al., 2003).
Con il passare del tempo, tuttavia, sono risultati sempre più evidenti i vantaggi ottenibili
dall’utilizzo delle piattaforme geostazionarie nella fire detection, primo tra tutti l’elevata risoluzione
temporale, ritenuta più idonea nel monitorare la dinamica relativamente rapida di fenomeni come
gli incendi (Laneve et al., 2006a), in combinazione con la scarsa risoluzione spaziale (solitamente
dell’ordine di qualche chilometro), che riduce i casi di saturazione del sensore provocati da incendi
estesi e/o di grande intensità.
In teoria, l’uso di dati provenienti da satelliti geostazionari fornisce maggiori possibilità di rilevare
incendi di minore entità e/o nelle loro fasi iniziali, che si esauriscono in brevi lassi di tempo o la cui
attività ha cicli fortemente giornalieri; nel corso degli anni è stato sempre più evidente come gli
algoritmi concepiti per l’identificazione di incendi relativamente poco estesi potessero beneficiare
delle caratteristiche proprie dei sensori montati su satelliti geostazionari.
L’esperienza maturata nel campo della detection e del monitoraggio degli incendi dai satelliti
GOES (Geostationary Operational Environmental Satellites) è stata molto indicativa in tal senso.
Inoltre, l’analisi svolta da Pereira and Govaerts (2001) sui dati acquisiti dal multispettrale SEVIRI a
bordo delle piattaforme MSG ha mostrato chiaramente il potenziale dei satelliti geostazionari nel
fornire informazioni sull’attività degli incendi nell’Europa Meridionale, utilizzate in seguito per
ottenere statistiche sulle frequenze di occorrenza di tali incendi.