Introduzione
1. Introduzione
1.1 L’ambra
L’ambra è una resina originata dalle secrezioni di piante
appartenenti a specie ormai estinte, che ha subito un processo di
fossilizzazione.
Si tratta, quindi, di un materiale di origine e composizione organica,
che si rinviene allo stato fossile e che può contenere anche acido
succinico, da cui deriva il nome succinite, con cui è conosciuta l’ambra del
Baltico. Generalmente la composizione chimica dell’ambra comprende:
• Carbonio (67 - 87%)
• Idrogeno (8,5 - 11%)
• Ossigeno (7 - 15%)
• Zolfo, presente in percentuale minima.
L’ambra è un polimero costituito da una miscela di terpenoidi –
identificabili come sequenze di unità di isoprene (C
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H
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) – reseni, acidi
resinosi ed impurità organiche.
Il processo di fossilizzazione inizia con l’evaporazione degli
elementi volatili, responsabili della fluidità della resina. Ciò avvia una
reazione di indurimento dovuta alla polimerizzazione delle molecole
rimanenti (diterpeni) ad opera della luce e dell’ossidazione (Langenheim,
1990). Le successive trasformazioni a livello molecolare (crosslinking ed
isomerizzazione) conferiscono alla materia la capacità di resistere agli
influssi ambientali e di preservarsi per milioni di anni. Tuttavia, è bene
ricordare che anche il sedimento che racchiude i frammenti d’ambra
contribuisce a conservarli, evitando che l’aria ed il calore provochino
alterazioni al processo di fossilizzazione o li danneggino causando crepe e
fratture.
L’ambra è un materiale relativamente tenero, con una durezza che,
nella scala di Mohs, varia tra 2 e 2,5 e questa caratteristica l’ha resa
adatta alla lavorazione, tanto che, fin dall’antichità, è stata utilizzata per
plasmare oggetti e monili destinati al commercio. Il peso specifico
dell’ambra oscilla tra 1,05 e 1,10, peso che le permette di galleggiare
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nell’acqua salata (circa 100–150 g di cloruro di sodio per litro). L’ambra è
monorifrangente, anche se spesso presenta birifrazione anomala con
indice di rifrazione basso (1,53–1,55) e, se sottoposta a luce ultravioletta,
emana fluorescenza. In particolare, se esposta a onde lunghe emana una
fluorescenza bianco-azzurra, mentre in presenza di onde corte produce
una debole fluorescenza verde-azzurra. Alcuni tipi di ambra, specialmente
quelle provenienti dal Messico e dalla Sicilia, emanano fluorescenza
anche solo dopo esposizione al sole. Questa proprietà è dovuta sia alla
composizione chimica che al grado di trasformazione della resina indotta
da agenti esterni. La lucentezza dell’ambra viene definita resinoso-picea,
ma in alcuni tipi di ambra (come quella proveniente da Santo Domingo) si
osserva una lucentezza cerea; infine, la trasparenza può variare dal
cristallino all’opaco (Fig. 1).
Fig. 1 - Frammento d’ambra non levigato (tratta da Ragazzi, 2007)
A seconda del colore che assume si possono distinguere tipologie
d’ambra diverse: la varietà rumanite è di color bruno giallognolo e, come
dice il nome, proviene da una zona della Romania presso la Transilvania.
La burmite, detta anche impropriamente ambra cinese, proviene dalla
Birmania ed è di colore giallo tendente al rossiccio. La simetite è un’ambra
rossiccia, rossa o violacea, talvolta quasi nera, che si trova in Sicilia lungo
il corso del fiume Simeto, presso Catania, e risale a circa 20 milioni di anni
fa. Quest’ambra presenta molte inclusioni, tra cui ragni, acari, ditteri ed
imenotteri. In Italia è stata trovata ambra in piccoli frammenti anche a
Scannello, presso Loiano (Bologna).
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La gedanite è una resina fossile di colore scuro, opaca, proveniente
dalla Prussia Orientale, che è usata nella lavorazione di piccoli oggetti.
Molto spesso accade che la presenza di impurità di natura organica o
inorganica provochino variazioni nella colorazione o nella trasparenza
dell’ambra: si parla di ambra “offuscata” (cloudy), nel caso in cui minuscole
bolle d’aria presenti nel campione ne facciano cambiare la trasparenza, o
di ambra soily, nel caso in cui il campione contenga al suo interno notevoli
quantità di corteccia o humus (Ragazzi, 2007). La classificazione
(Ragazzi, 2007) prevede una distinzione in tre classi:
1. Ambra trasparente con isolate bolle visibili anche ad occhio nudo;
2. Ambra semi-trasparente;
3. Ambra gialla opaca e ambra bianca opaca o scura.
L’uso di questa resina fossile è noto fin dalla primissima fase
dell’età micenea (XVI secolo a.C.), come testimoniano i notevoli
ritrovamenti nelle tombe dell’epoca a Micene. Fu soprattutto con i Greci e
con gli Etruschi che la lavorazione e la commercializzazione dell’ambra
assunsero rilevanza artistica ed economica; gli intagliatori greci
producevano monili e portafortuna, spesso abbinando ambra ed avorio
nelle lavorazioni, mentre gli Etruschi si rivelarono grandi importatori
d’ambra ed, in particolar modo, in Italia abbondano le sculture ed i gioielli
di produzione etrusca. L’ambra era, infatti, materia prima per la
produzione di pendenti e collane, cilindri o dischi da infilare sull’arco delle
fibule, impugnature di spade, sculture di animali o oggetti raffiguranti
esseri umani e divinità. Le statuette votive conobbero un buon periodo di
diffusione tra il VI e il V secolo a.C., specialmente in ambito italico, con la
produzione da parte dei maestri intagliatori di donne alate, animali,
guerrieri e testine femminili dai grandi occhi. L’espansione dei confini
dell’impero romano in direzione dell’Europa centrale ampliò i contatti
diplomatici e gli scali commerciali, permettendo una nuova fioritura
dell’arte dell’ambra scolpita: i corredi funerari romani, specialmente quelli
di personalità aristocratiche e femminili, risultano molto ricchi di gioielli e
monili d’ambra, soprattutto anelli, statuine di animali, dadi da gioco, foglie
di vite arricciate, conocchie e scatolette di varie forme, anche se non
mancano le collane, le saliere e le raffigurazioni di divinità come Venere e
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Dioniso. L’ambra, infatti, era sacra agli dei, in onore dei quali veniva
spesso bruciata e questo costume permane tuttora presso i popoli
dell’Oriente (Buora, 2007).
Inoltre, fin dall’antichità le venivano attribuite proprietà magiche e
terapeutiche, specialmente per la sua capacità di attrarre peli e fili di lana
se strofinata; ma si pensava anche che aiutasse a curare le allergie come
quella agli animali, al fieno o al polline. L’utilizzo del succino nella
medicina antica viene testimoniato già da Ippocrate ed anche Plinio il
Vecchio nella sua Naturalis Historia ne riporta l’impiego come amuleto
contro innumerevoli malattie. Veniva usata nei casi di epilessia,
apoplessia e vertigini, per alleviare il dolore dei bambini che mettono i
primi denti e nel caso di adulti che dovessero devitalizzare un dente. In
generale, si pensava calmasse le infezioni della bocca ed i dolori alla
schiena, che agisse contro i reumatismi e fosse un buon disinfiammante
soprattutto nelle malattie legate al raffreddore, alle infiammazioni della
gola e dei polmoni, alla bronchite e nei casi di asma. Come si può notare, i
campi di utilizzo dell’ambra erano piuttosto vasti e la medicina popolare la
impiegava anche in casi di disturbi allo stomaco, alla milza e ai reni - se ne
ricorda l’estrema utilità in caso di calcoli renali - nonché per stimolare le
funzioni del fegato e della tiroide. Si tramanda anche l’efficacia dell’ambra
per alleviare i dolori del parto ed attenuare i disturbi mestruali. L’ambra era
impiegata in diverse forme: polverizzata e mischiata con liquori cordiali era
un ottimo rimedio contro la peste, mentre si usava il fumo dell’ambra
bruciata in caso di attacchi epilettici. Inoltre, erano molteplici i prodotti e le
formulazioni specifiche ottenuti dall’ambra, tra cui il succino preparato, da
cui si ottenevano pillole purganti, il magisterio di succino, l’olio di succino
(ottimo contro i reumatismi), il sale volatile di succino, lo spirito volatile di
succino, i trochisi di succino (una sorta di pastiglie usate contro la
dissenteria) e la tintura di succino, impiegata nella cura delle ulcere
(Ragazzi, 2007). Gli antichi maestri preparavano un elisir d’ambra che i
pazienti avrebbero dovuto bere e che garantiva eccellenti risultati sia dal
punto di vista fisico che psichico e spirituale, dal momento che l’ambra è
legata all’ottimismo ed alla solarità (Fig. 2).
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Fig. 2 - Infuso d’ambra (tratta da Ragazzi, 2007)
I Greci, infatti, chiamavano questa sostanza elektron, cioè
“sostanza del sole”, dal momento che si pensava fosse quella la sua
origine. In realtà, l’origine del nome ambra proviene dall’arabo haur rumi,
cioè “pioppo romano”, anche se inizialmente lo si faceva risalire all’arabo
anbar, che stava ad indicare una sostanza cerosa costituita da secrezioni
gastriche prodotte dal capodoglio (la cosiddetta ambra grigia oggi usata in
profumeria), ma che non ha alcuna affinità con l’ambra se non il peso
specifico.
La mitologia abbina la nascita dell’ambra alla morte di Fetonte, figlio
prediletto del dio Apollo, che ottenne dal padre la concessione di condurre
da solo per il cielo il suo carro di fuoco; il giovane, per la sua imperizia,
provocò danni terribili alla terra al punto che Zeus, infuriato, lo folgorò con
una saetta, facendone precipitare il corpo senza vita sulle rive del fiume
Eridano (l'odierno Po); lì le dolenti sorelle Eliadi lo piansero a lungo finché,
trasformate in pioppi dall'ancora adirato Re degli Dei, le loro lacrime si
condensarono in lucenti ambre.
La caratteristica più rilevante dell’ambra rimane comunque la sua
capacità di caricarsi, accumulando elettricità statica per sfregamento, e fu
Talete di Mileto, nel 600 a.C. ad accorgersi che l’ambra, se accuratamente
strofinata poteva attrarre piccoli pezzi di stoffa o capelli.
I più importanti giacimenti di ambra si trovano sulle rive del mar
Baltico, e precisamente lungo la penisola di Samland, vicino a Kaliningrad
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in Russia, e nelle cave di Palmniken da cui viene estratta da sedimenti di
arenarie glauconitiche dell’Oligocene inferiore e dell’Eocene superiore,
chiamati blaue Erde (terra azzurra), affioranti poco sotto il livello delle
acque. La forza del mare lungo la costa, specialmente durante le
tempeste – frequenti nel Baltico – libera dai sedimenti i nuclei d’ambra che
vanno ad accumularsi lungo i litorali, dove viene raccolta per essere
messa in commercio.
La famosa Via dell’Ambra era un itinerario commerciale molto
florido che, con l’espansione dei confini dell’impero romano, assunse un
ruolo vitale e di cui l’ambra è stata protagonista visto il suo valore (Fig. 3).
Questo percorso partiva dal Baltico, precisamente dalla costa tra Danzica
e la Lituania, e arrivava ad Aquileia passando per Carnuntum (l’odierna
Bad Deutsch-Altenburg), Scarabantia (oggi Sopron), Savaria
(Szombathely), Poetovio (Ptuj), Celeia (Celje) ed Emona (oggi Ljubljana).
Esisteva anche un secondo itinerario che scendeva da nord per giungere,
lungo il corso del Reno, alla pianura padana (Mastrocinque, 2007). Si può,
quindi, osservare che l’Italia fu un punto d’arrivo fondamentale, con
Aquileia che divenne uno snodo essenziale ed un centro di scambio di
materie prime e prodotti finiti.
Fig. 3 - La via dell’ambra (tratta da Mastrocinque, 2007)
La maggior parte dell’ambra è contenuta in depositi marini
sedimentati in prossimità delle coste (depositi deltizi o depositi litorali) o in
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depositi continentali (fluviali, fluvio-lacustri, lacustri), con l’eccezione
dell’ambra contenuta in depositi torbiditici, costituiti da sedimenti marini
prossimali risedimentati al largo da correnti di torbidità (Poinar, 1992). La
resina viene trasportata lungo i fiumi, insieme ad alberi o grossi tronchi,
che si arenano e si concentrano lungo le coste marine o lacustri. I
sedimenti successivi ricoprono gradualmente i resti vegetali e la resina.
Dopo alcuni milioni di anni il legno diventa lignite e la resina può
trasformarsi dapprima in copale ed eventualmente in ambra. Attualmente
lo sfruttamento dei giacimenti d’ambra, sulle rive del Baltico, avviene
specialmente con lavori di scavo in galleria che permettono di ricavare, dai
banchi ambriferi, 1,6-1,7 Kg di ambra per metro cubo di matrice. Si calcola
che ne vengano estratte diverse centinaia di tonnellate all’anno.
L’ambra del Mar Baltico viene denominata succinite per l’alto
contenuto in acido succinico (3-8%) e spesso non è perfettamente
trasparente per la presenza di numerose bolle gassose (in tal caso si parla
di ambra opaca).
Secondo gli studi a carattere biostratigrafico delle arenarie e argille
che ne costituiscono la matrice, l’ambra baltica risale al Luteziano (parte
bassa dell’Eocene medio) e quindi, a questo periodo corrisponde l’età
delle foreste che l’hanno prodotta. L’origine paleobotanica di quest’ambra,
che si ritrova in quantità molto elevate, è ancora incerta: si pensava
potesse essere attribuita alle Pinaceae e, più precisamente alla specie
Pinites succinifer (oggi estinta), come testimoniato da G őppert nel 1836, o
alla specie Pinus succinifera (Conwentz, 1890), ma entrambe le ipotesi
sono state confutate. La resina della maggior parte delle Pinaceae, infatti,
non può fossilizzare a causa della mancanza, nell’acido abietico, dei
requisiti adatti a polimerizzare. Più recentemente se ne è attribuita l’origine
a forme appartenenti al genere Pseudolarix, che producono resine simili
chimicamente all’ambra baltica (Trevisani, 2007). Solitamente la
colorazione va dal giallo all’arancio-bruno, fino al blu (quest’ultima è molto
rara).
Altrettanto noti sono i giacimenti di Santo Domingo, più recenti
rispetto a quelli del Baltico (15–25 milioni di anni contro i 35–40 milioni di
anni fa dell’area Baltica), la cui ambra risulta più tenera, non contiene
acido succinico e si presenta in varie colorazioni dal giallo al rosso (per
ossidazione superficiale) fino al blu-verde (la fluorescenza bluastra è
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peculiare in questo tipo d’ambra e sembra dovuta alla presenza di
idrocarburi policiclici aromatici come il perilene). La retinite, come viene
anche chiamata quest’ambra, sembra avere origine paleobotanica
riconducibile alla resina di Hymenaea protera (Poinar, 1992), una
leguminosa della famiglia delle Cesalpiniaceae. L’ambra dominicana è
contenuta in ligniti e arenarie marnose, insieme a grosse quantità di resti
inorganici e frammenti vegetali, e si presenta ricca di inclusioni che hanno
forte valore commerciale e scientifico; sono stati rinvenuti parecchi
frammenti, anche di grandi dimensioni, contenenti artropodi, funghi,
molluschi marini e persino vertebrati e peli di mammifero (Trevisani, 2007).
I campioni d’ambra provenienti dal Messico hanno un caratteristico
colore chiaro, quasi trasparente, raramente si presentano rosso-bruni ed
hanno età compresa tra 23 e 26 milioni di anni. Anche in questo caso
l’origine paleobotanica risale alle leguminose del genere Hymenaea,
dimostrando, quindi, l’affinità con l’ambra dominicana. Sono notevoli i
ritrovamenti di aracnidi e insetti in quest’ambra, a cui si affiancano foglie,
fiori e pollini.
Da ricordare anche i giacimenti della Birmania, con ambre che
risalgono a più di 65 milioni di anni fa (Cretaceo superiore) e che
presentano colore rosso-brunastro ed una durezza superiore rispetto agli
altri tipi di ambre. Non bisogna dimenticare i ritrovamenti di ambra
cretacica in Germania (Schmidt et al., 2001), in Spagna, nel Kansas e nel
Mississippi.
I primi ritrovamenti di ambra triassica sono stati segnalati in
Svizzera – proprio da qui giungono le prime gocce, scoperte nel 1823 –
(Soom, 1984) ed in Arizona (Litwin & Ash, 1991).
In Italia, oltre ai ritrovamenti in Sicilia, non vanno dimenticate le
zone del Vicentino, e, naturalmente, l’area delle Dolomiti (Gianolla et al.,
1998) dove sono state raccolte le gocce di ambra Triassica oggetto di
questo lavoro (Fig. 4 e 5).
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Fig. 4 - Distribuzione dei maggiori giacimenti d’ambra (tratta da Trevisani, 2007)
Col termine ambroide viene indicato un materiale che si ottiene
scaldando e pressando i cascami della lavorazione dell’ambra; l’ambroide
ha praticamente lo stesso aspetto dell’ambra nuvolosa (chiazzata e
zonata) e da questa è difficilmente distinguibile.
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