P remessa
Mi chel Contini, nato a Cagliari nel 1937, ha compiuto in Sardegna gli studi elementari
e secondari fino alla maturità scientifica. Dal 1958 risiede a Grenoble, in Francia, dove ha
fatto gli studi universitari per conseguire la laurea in lingue all’Università di Grenoble nel
1964. Nel 1965 ha acquisito la nazionalità francese; due anni dopo si specializza in fonetica
generale e sperimentale. Cominciano in quegli anni le sue prime ricerche sui dialetti sardi: la
tesi di Dottorato del 3° ciclo discussa nel 1970 è dedicata alla descrizione fonetica e fonolo-
gica del dialetto di Nughedu San Nicolò. In quello stesso anno inizia l’insegnamento univer-
sitario presso l’Istituto di Fonetica dell’Università di Grenoble che dirigerà più tardi per di-
versi anni. Allo stesso tempo lavora al C.N.R.S. come ricercatore per tre anni (1967-1970) e
intraprende le ricerche sulla struttura fonetica dell’italiano e del francese (analisi acustica,
sintesi, prosodia) e sviluppa soprattutto le ricerche sul sardo estendendo le inchieste sul cam-
po alla maggior parte dell’isola (214 comuni). Queste ricerche gli permettono di conseguire
il Dottorato di Stato (Strasburgo 1983) con il lavoro Etude de géographie phonétique et pho-
nétique instrumentale du sarde, pubblicato in due volumi in francese nel 1987 e la cui edizio-
ne italiana è oggetto di questa tesi. Attualmente Michele Contini (diventato Michel) è profes-
sore ordinario di geolinguistica e di fonetica all’Università Stendhal di Grenoble dove dirige
il centro di Dialettologia. Dal 1987 dirige l’Atlante Linguistico Romanzo progetto europeo al
quale partecipano 85 università e ricercatori di 31 università di tutti i paesi di lingua roman-
za. L’Atlante Linguistico è pubblicato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato di Roma.
Il lavoro di M. Contini rappresenta un’analisi particolareggiata dei suoni, o meglio dei
foni, della lingua sarda e della loro evoluzione e distribuzione geografica in Sardegna.
Si tratta di un libro complesso per i non esperti del settore, per la comprensione del te-
sto è necessario avere buone conoscenze di fonetica e di linguistica, in questa premessa ven-
gono chiariti i concetti più complicati. Inoltre, la pubblicazione unicamente il lingua francese
ha reso necessaria la traduzione fatta con l’aiuto e la gentile collaborazione della Professo-
ressa Margherita Botto, docente presso l’Università di Sassari, in modo tale da rendere que-
sto libro comprensibile anche per coloro che non hanno dimestichezza con la lingua france-
se. Durante le lezioni di linguistica sarda tenute dal Prof. Paulis la mia passione per il sardo
è cresciuta a tal punto che ho deciso di farla diventare oggetto della mia tesi di laurea e ho
scoperto che forse il cognome che porto cioè Atzori, ha un legame particolare con tutto quel-
I
lo che ha a che fare con la terra in cui vivo, cioè la Sardegna, visto che altri studiosi con il
mio stesso cognome condividono questa passione!
Considerato che quest’opera è oggetto della mia tesi, ho voluto ampliare con delle pre-
cisazioni di carattere fonetico e linguistico frutto delle mie conoscenze acquisite durante gli
studi universitari, anche se il lavoro di traduzione e di trascrizione in caratteri fonetici è sta-
to abbastanza ampio e ha voluto un notevole dispendio di tempo. Il libro è ben organizzato,
ogni capitolo contiene la descrizione di una determinato suono della lingua sarda, la sua di-
stribuzione all’interno della frase o della parola, la ripartizione geografica e l’analisi acusti-
ca fatta grazie alle apparecchiature dell’istituto di fonetica dell’Università di Grenoble. Le
località analizzate sono 214 e corrispondono alla zona centro settentrionale dell’isola. Per
effettuare dei paragoni con altre parlate dell’isola, sono state analizzate anche le località del
Campidano di Cagliari.
Con questa premessa non intendo scrivere un manuale di fonetica ma semplicemente
dare le basi per capire i contenuti di questo saggio.
LE SCIENZE DEL LINGUAGGIO
LE SCIENZE DEL LINGUAGGIO
Il titolo di questo saggio è: studio di geografia fonetica e di fonetica strumentale del
sardo. Ma cos’è la fonetica?
Lo scopo fondamentale di una lingua è quello di permettere la comunicazione e affin-
ché questo accada è necessaria la presenza di tre elementi:
• un locutore, che emette il messaggio sottoforma di suoni, se si tratta di comunica-
zione orale, oppure di segni se si tratta di comunicazione scritta, parleremo allora
più in generale di mittente;
• il messaggio orale o scritto;
• il ricevente, o destinatario del messaggio.
Le discipline che si occupano delle problematiche relative alla lingua fanno parte delle
scienze del linguaggio: la fonetica e la linguistica.
La fonetica (dal greco phoné = voce, suono) è la scienza che studia la voce, o in altri
termini, i suoni prodotti e percepiti dagli esseri umani per comunicare verbalmente. Tuttavia
la fonetica è una scienza complessa che si articola in vari settori:
• la fonetica articolatoria che si occupa della descrizione del processo di produzione
II
dei suoni linguistici;
• la fonetica acustica che si occupa della descrizione della consistenza fisica dei foni
e della loro propagazione nell’aria;
• la fonetica uditiva che descrive i processi di percezione dei foni.
LE INDAGINI LINGUISTICHELE INDAGINI LINGUISTICHE
Durante un’indagine linguistica l’attenzione è rivolta soprattutto ai tre elementi de-
scritti prima e al parlato che tende all’iperarticolazione in altre parole un parlato accurato e
scandito nel quale sono più evidenti le caratteristiche ideali dei suoni della lingua.
Questa pratica fonetica ha molti vantaggi poiché consente di lavorare su registrazioni
d’ottima qualità e permette di dare descrizioni precise di fenomeni fonetici perché i fattori di
disturbo sono ridotti al minimo.
Il ricorso a questo tipo di parlato, che è molto artificiale, tuttavia non permette di
osservare le caratteristiche vere e proprie di un linguaggio che in genere è spontaneo e
naturale. Pronunciando foni isolati si tralascia così l’importanza della fonetica sintattica che
si occupa dei foni nella loro concatenazione nella frase all’interno di un discorso.
Dopo aver registrato i suoni di una lingua, la seconda fase consiste nella trascrizione
in caratteri fonetici, in pratica nel rappresentare per iscritto la forma fonica di una parola, di
una frase, di un intero testo o di un singolo fono, utilizzando l’alfabeto fonetico. Per fare ciò
si usano i simboli fonetici dell’alfabeto fonetico internazionale chiamati con la sigla I.P.A.
(International Phonetic Association) oppure A.P.I. (Association Phonétique International).
1
Diverso è invece trascrivere il sardo ortograficamente. Anche se potrebbe sembrare
facile, la trascrizione è uno dei problemi principali attorno al quale si sono sollevate numero-
se polemiche in quanto prevede la formulazione di una norma linguistica per la scrittura. La
codificazione di una lingua consiste nella creazione di una norma linguistica che sia valida
indipendentemente dal dialetto, cioè che sia sovradialettale e soprattutto, cosa molto impor-
tante, che sia unanimemente accettata da tutti i parlanti.
L’insieme delle regole grammaticali che sottostanno all’uso corretto di una lingua vie-
ne tradizionalmente denominata «norma linguistica» e la sua formulazione può avere molte-
1 E. Blasco Ferrer, Scrivere e parlare il sardo, «La Grotta della Vipera», trimestrale a cura della C.U.E.C., Autunno-
inverno 1982.
III
plici origini. La più comune è quella politica che scaturisce dall’imposizione di un dialetto
sugli altri per motivi di espansione o di prestigio sociale ed economico (come si sta cercando
di fare attualmente con il Logudorese). Un'altra ha origine dalle abitudini linguistiche di un
dialetto, destinato a diventare normativo è data dalla sua tradizione letteraria, la quale per
motivi storici di vario ordine godrà di maggior diffusione e verrà accolta dai parlanti. Un’al-
tra origine è data dalla somma di diversi criteri: posizione geografica, politica ecc. che a sua
volta crea una sorta di koinè cioè di lingua universale. Vi sono poi dei motivi di ordine psico-
logico-sociale che fan sì che una lingua venga accettata o meno.
Considerando il fatto che la lingua «viene intesa tradizionalmente come realtà
linguistica, ricca di vivacità e di vitalità, intermediario fedele dei nostri intimi affetti e dei
nostri tradizionali costumi» la necessità di una norma che vegli l’uso corretto viene
giustificata dal fatto che il dialetto (o la lingua) si modifica in continuazione e la norma tende
a fissare nel tempo le caratteristiche di una lingua.
Tenendo d’occhio la contingente polemica esistente su questo punto è opportuno vedere
i criteri esclusivamente linguistici che permettono di fissare una grafia coerente del sardo.
Com’è noto, i tre criteri determinanti nel preparare una riforma ortografica sono: il criterio
fonetico, il criterio fonologico e il criterio tradizionale:
• quando diciamo che una lingua ha una ortografia fonetica sottolineiamo il fatto che
la sua ortografia è stabilita facendo coincidere un simbolo (o una lettera, grafema o
digrafo) a ciascun suono. È chiaro che un tal criterio non può essere assoluto, non
essendoci trascrizioni fonetiche universali per tutti i suoni esistenti.
• il criterio etimologico cerca di stabilire un rapporto causale genetico tra i suoni
odierni e la loro forma di partenza (ad esempio il latino).
• l’ultimo criterio, quello tradizionale, consiste nel mantenimento di una grafia che
ha goduto di una certa diffusione.
L’ARTICOLAZIONE DEI FONIL’ARTICOLAZIONE DEI FONI
Ogni fono ha una determinata nomenclatura a seconda del tipo e del luogo di articola-
zione. Per capire come si articola un suono è necessario conoscere l’anatomia dell’apparato
fonatorio, cioè dell’insieme degli organi che l’uomo utilizza per parlare, e che sono princi-
palmente adibiti ad altre funzioni (respirazione, digestione, ecc). G li organi che vengono
IV
coinvolti nel processo di fonazione sono:
• I polmoni, che forniscono il flusso dell’aria che viene spinto verso l’esterno median -
te il normale processo di espirazione.
• I bronchi e la trachea , che consentono il passaggio dell’aria,
• La laringe , che costituisce il proseguimento superiore del tubo della trachea ed è in -
dividuabile al tatto e alla vista nella parte anteriore al collo, in corrispondenza del
cosiddetto “pomo di Adamo”;al suo interno vi sono le pliche vocali che durante la
normale respirazione restano separate, consentendo il libero passaggio dell’aria
mentre si avvicinano quando i muscoli vocali si contraggono; la parte della laringe
che comprende le pliche vocali è chiamata anche e lo spazio che separa le
pliche si chiama rima glottidale;
• La faringe , è l’organo che appartiene contemporaneamente all’apparato respirato-
rio e a quello digerente. Si divide in tre parti: laringofaringe, posta vicino alla fa-
ringe, orofaringe, la parte intermedia e rinofaringe, la parte che comunica con le
cavità nasali ed è limitata anteriormente dal velo del palato o velo palatino.
• L’ugola, organo che pende dal margine inferiore del velo palatino.
• La lingua, il più mobile degli organi che partecipano alla fonazione, si può dividere
in tre parti: la radice (la parte posteriore), il dorso (la parte centrale) e l’apice o
punta (l’estremità), i movimenti della lingua hanno luogo di norma quando la cavità
orale è leggermente aperta, grazie all’abbassamento della .
• Il palato , cioè la cupola ossea che sovrasta la cavità orale;
• Gli alveoli dei denti, che si trovano nella zona anteriore del palato;
• I denti , tra i quali sono particolarmente coinvolti nella fonazione gli incisivi;
• Le labbra , che grazie all’azione dei muscoli del viso possono essere distese, cioè ac -
costate ai denti, oppure arrotondate e protuse verso l’esterno.
• Le cavità nasali che consentono il passaggio dell’aria espiratoria verso il naso at -
traverso la parte superiore della faringe.
V
mandibola
glottide
L’aria che espiriamo, oltrepassato il primo ostacolo che è rappresentato dalla laringe,
continua il suo percorso attraverso la faringe, la cavità orale o eventualmente quella nasale
che assumono una particolare configurazione articolatoria a seconda del suono che s’intende
produrre. Se l’aria incontra restringimenti oppure occlusioni in qualche punto del suo
percorso tali da generare un qualche tipo di rumore il fono prodotto è una consonante che a
sua volta sarà sorda se non vi è vibrazione delle pliche vocali nel caso contrario sarà sonora.
Se invece la configurazione articolatoria non crea nessun ostacolo al passaggio dell’aria,
avremo con la vibrazione delle pliche vocali, le vocali.
Le vocali si distinguono in anteriori, centrali e posteriori in base al grado di avanza-
mento/ arretramento della lingua, in alte, medie e basse in base al grado di innalzamento del-
la lingua rispetto alla posizione di riposo, infine a seconda della posizione delle labbra, avre-
mo le vocali non arrotondate o non labializzate se le labbra sono distese, e arrotondate o la-
a seconda che le labbra siano più o meno sporgenti in avanti. Spesso per indicare
con maggiore precisione l’esatto punto di articolazione di un fono vocalico si fa ricorso a dei
segni diacritici che l’IPA fornisce.
Le consonanti si distinguono a seconda che ci sia vibrazione o meno delle corde vocali
in sonore e sorde, poi si classificano in base al modo di articolazione e al punto di
articolazione.
I modi di articolazione sono;
a) O cclusivo . L’ostacolo consiste nel blocco totale del passaggio dell’aria causato dallo
stretto contatto tra due organi, ad esempio le labbra, o la lingua e il palato. In questo
caso l’aria espiratoria proveniente dalle cavità inferiori si accumula dietro l’ostacolo
fino a quando la sua pressione non riesce a forzarlo e a proseguire verso l’esterno.
La prima fase, di chiusura totale viene detta occlusione, la seconda, cioè quella della
brusca apertura, è detta esplosione.
b) Fricativo (o spirante o costrittiva). L’ostacolo consiste nell’avvicinamento senza con -
tatto di due organi articolatori; l’aria può continuare a uscire, sia pure in modo for-
zato, passando attraverso la stretta fessura rimasta aperta.. il flusso dell’aria diviene
in questo modo turbolento e produce un rumore di frizione.
c) Affricato . L’ostacolo consiste in una occlusione determinata dallo stretto contatto di
due organi; questa occlusione però non viene rilasciata bruscamente ma gradualmen-
te provocando un rumore di frizione.
d) Nasale . Si realizza quanto nel canale orale si determina un ostacolo e contempora-
VI
bializzate
neamente il velo del palato rimane abbassato facendo passare l’aria dalle cavità na-
sali.
e) Laterale . L’ostacolo è costituito da un’occlusione centrale del canale, provocata dal-
la lingua, che permette il passaggio dell’aria dai lati o da un solo lato.
f) Vibrante . L’ostacolo è prodotto da una debole occlusione intermittente, cioè che s’in -
terrompe e si ripristina velocemente.
g) Approssimante ( o semi consonantico o semivocalico) si tratta di un modo di articola-
zione difficile da definire perché si situa al confine tra l’articolazione vocalica e quel-
la consonantica.
A seconda del luogo di articolazione avremo:
• Bilabiale. Sono articolate unendo il labbro inferiore con quello superiore.
• Labiodentale. Sono articolate unendo o avvicinando il labbro inferiore ai denti
incisivi superiori.
• Dentale. Si articolano accostando la punta della lingua (apice) ai denti incisivi
superiori.
• Alveolare. Si articolano con la punta della lingua che si accosta agli alveoli dei denti
incisivi superiori.
• Postalveolare o prepalatale. Sono articolate con la parte anteriore della lingua che si
accosta alla parte anteriore del palato, immediatamente dietro gli alveoli
• Retroflessa (o in certi casi cacuminale). Si articolano flettendo leggermente in alto e
all’indietro l’apice della lingua, in direzione della parte anteriore del palato, subito
al di sopra degli alveoli.
• Palatale. Si articolano col dorso della lingua a contatto col palato.
• Velare. Sono articolate col dorso della lingua a contatto col velo palatino.
• Uvulare. Si articolano col dorso della lingua a contatto con l’ugola.
• Faringale. Sono articolate ponendo la radice della lingua a contatto con la parete
posteriore della faringe.
• Glottidale (o laringale). Hanno la sorgente del rumore nella glottide.
Per ogni configurazione articolatoria si distinguono tre diverse fasi:
• la fase di impostazione, in cui gli organi, abbandonando la posizione del fono
precedente (o quella di riposo) si spostano progressivamente verso la
VII
configurazione caratteristica del fono da articolare;
• la fase di tenuta, in cui gli organi hanno raggiunto la configurazione specifica
del fono dato restando fermi in quella posizione;
• una fase di soluzione, durante la quale la configurazione del fono viene
abbandonata più o meno rapidamente, per passare al fono successivo (o alla
posizione di riposo).
I MECCANISMI ARTICOLATORII MECCANISMI ARTICOLATORI
I meccanismi articolatori sono, nei singoli foni e nelle unità superiori, responsabili del-
le variazioni di:
• durata, che si misura in centesimi di secondo (cs)
• intensità, cioè quantità di energia con la quale i foni vengono articolati, corrispon-
dente al volume della voce che parla, si misura in Herz (Hz);
• l’altezza, cioè la velocità con cui vibrano le corde vocali durante l’articolazione, che
corrisponde alla sensazione di acutezza della voce. Il numero di cicli di apertura e
chiusura della glottide per ogni secondo corrisponde alla frequenza fondamentale
della voce: F. L’unità di misura di F è lo Herz = cicli al secondo. La frequenza me-
00
dia di base dipende dal sesso, dall’età ecc.
Per studiare i meccanismi articolatori i fonetisti utilizzano delle tecniche particolari:
- per lo studio dell’attività laringea
• osservazione visiva con la laringoscopia diretta;
• elettromiografia
• elettroglottografia
- per lo studio degli organi superiori:
• Radiografia e radiocinematografia del cranio, eseguite in genere di profilo. In
alcuni casi, come per l’osservazione dei movimenti della lingua, che è un organo
privo di elementi ossei, è necessario usare mezzi di contrasto che la rendono visibile
ai raggi x, come il bario, che viene sparso su un punto o un altro della lingua. Si ot-
tiene così il linguagramma.
• Palatografia diretta: si basa sull’applicazione di sostanze coloranti sul palato,
dopo la produzione del fono consonantico si osserva nel palato la zona in cui il con-
VIII
tatto con la lingua ha rimosso il colore. Si ottiene cosi il palatogramma. Vi è anche
una tecnica più moderna: la palatografia indiretta.
• Aerometria. Misura i flussi dell’aria.
• Elite. Sistema elettronico di misura degli spostamenti degli organi.
Lo studio dei suoni linguistici dal punto di vista della loro concretezza fisica presuppo-
ne la conoscenza di alcuni elementi di base dell’acustica.
Il suono consiste in una oscillazione di particelle e la sua propagazione avviene
attraverso le onde sonore. La velocità con cui l’onda si propaga nello spazio dipende
unicamente dal mezzo e dalle sue caratteristiche fisiche (densità, temperatura, pressione,
ecc). A parità di tutte queste variabili la velocità del suono è costante e corrisponde circa a
1.235 km/h. Le onde sonore sono quindi caratterizzate da delle variazioni cicliche
dell’intensità. Questo andamento, rappresentato sugli assi cartesiani, ci dà un’immagine
caratteristica: l’onda sinusoidale.
In un’onda sinusoidale, l’intensità varia continuamente: da valori zero passa a valori
massimi, poi successivamente di nuovo a valori zero e così via.
Questo è un ciclo completo di un’onda. Ovviamente al termine di un ciclo ne inizia
subito un altro del tutto simile.
Come si vede nell’immagine un’onda sinusoidale è caratterizzata da alcune grandezze
fondamentali: queste, a seconda del valore posseduto, differenziano le onde tra loro.
Le grandezze sono:
IX
1) lunghezza d’onda – spesso indicata con la lettera greca λ; è la distanza tra
due massimi positivi o negativi dell’onda;
frequenza è il numero dei cicli o periodi che vengono compiuti in un secondo;
2) am piezza, è la distanza tra il valore minimo e quello massimo dell’onda.
La forma sinusoidale e la periodicità non sono comuni a tutti i tipi di onda sonora. In
base alla presenza o all’assenza di queste due caratteristiche è possibile suddividere le onde
sonore in:
• onde periodiche sinusoidali o semplici,
• onde periodiche non sinusoidali o complesse che hanno forma diversa dalla
sinusoide ma sono comunque dotate di periodicità :
• onde non periodiche o aperiodiche un termine per definirle è rumore.
Tutti i suoni linguistici appartengono a queste ultime due categorie.
Ogni onda periodica complessa può essere scomposta e analizzata come una serie di
onde periodiche semplici (sinusoidali) utilizzando dei determinati dispositivi chiamati filtri.
Queste componenti semplici dell’onda periodica complessa vengono chiamate armoniche del
segnale complesso e il loro insieme è chiamato spettro. Un filtro può ad esempio isolare tutte
le componenti comprese in una banda che va dai 50 ai 150 Hz. Ogni volta che si adopera un
filtro con una larghezza di banda sufficientemente stretta da separare l’una dall’altra tutte le
armoniche, si dice che si esegue un’analisi a banda stretta. In caso contrario si dice invece
analisi a banda larga.
La rappresentazione grafica del suono avviene attraverso lo spettrogramma che
consente di fare delle rappresentazioni analitiche e complesse di tutto ciò che riguarda la
frequenza e l’ampiezza del suono. Nello spettrogramma ad ogni armonica corrisponde una
colonnina che parte in corrispondenza della rispettiva frequenza e si estende verso l’alto in
proporzione alla rispettiva ampiezza. Si ottiene così un grafico formato da numerose righe
verticali, detto spettro a righe. Se congiungiamo tra loro le estremità superiori delle righe
dello spettro otteniamo l’inviluppo spettrale.
In corrispondenza dei gruppi di armoniche amplificate dal risuonatore,(cioè
X
qualunque corpo elastico (solido, liquido o gassoso) che ha la proprietà di entrare in
vibrazione quando è sollecitato da una particolare frequenza (frequenza di risonanza) legata
alle dimensioni e alla forma del corpo stesso), l’inviluppo spettrale presenta dei picchi, che si
chiamano formanti (F).
Per quanto riguarda invece le informazioni sulla durata dei fenomeni e sul loro
variare nel tempo occorre utilizzare il sonagramma (o sonogramma), che può essere a banda
larga o a banda stretta.
Mentre le vocali costituiscono, da molti punti di vista una categoria molto omogenea di
foni, le consonanti presentano al contrario grandi differenziazioni dovute essenzialmente alla
varietà dei modi di articolazione. Nel tracciato delle occlusive sorde, in corrispondenza della
fase di occlusione, si osserva l’assenza di traccia sonagrafica, invece in quello delle
occlusive sonore, in conseguenza dell’attività laringea che accompagna la loro articolazione
si osserva una formante di bassa frequenza detta barra sonora. L a principale traccia
sonagrafica viene chiamata spike. La traccia sonagrafica della rapida variazione della forma
del condotto vocale nel momento in cui l’articolazione vocalica si sposta verso quella
consonantica o viceversa è una deviazione e si chiama transizione formantica. Sulla base
dell’andamento delle transizioni viene definito, per ciascun luogo di articolazione
, verso il quale tendono le F delle vocali
consonantica, un punto ideale, detto Locus
2
adiacenti.
UNA LINGUA ROMANZA, IL SARDO
UNA LINGUA ROMANZA, IL SARDO
Si parla sempre di lingue romanze, ma cosa vuol dire? Spesso a questo termine viene
associata la definizione di lingua avente come sostrato linguistico il latino. Occorre però
chiedersi: il latino è l’unica lingua che ha lasciato tracce nella lingua sarda? Per dare una
risposta a questa domanda occorre ripercorrere, molto sinteticamente, le tappe della storia
della Sardegna.
Mettendo da parte le notizie riguardanti la preistoria possiamo dire che la Sardegna fu
terra di espansione di numerose popolazioni tra le quali vi sono quelle che nel neolitico,
provenienti dall’Africa e gli Iberi e i Balari provenienti dalla Spagna hanno occupato una
parte dell’isola. Le tracce della lingua di queste popolazioni fanno parte di ciò che si chiama
«paleosardo».
Più tardi, verso il 1000 a.C., la Sardegna divenne meta dei grandi navigatori
XI
provenienti dall’area orientale, dal Libano e dalla Siria: i Fenici. L’isola veniva utilizzata
come stazione intermedia dei viaggi che queste genti facevano verso Tartasso, località situata
nella penisola iberica famosa per le miniere d’argento, ma ben presto furono attratti dai
giacimenti metalliferi di cui era ricca l’isola. Fu così che i Fenici stabilirono scali stagionali
sulle coste meridionali e occidentali della Sardegna, per poi creare verso il IX – VIII secolo
a.C. degli insediamenti stabili a Nora, Sulcis, Tharros, Capo S.Marco e a Bosa e più tardi a
Caralis (Cagliari) e a Bitia.
Secondo la storia, intorno al 550 a.C. le città fenicie della Siria e del Libano furono
conquistate dagli Assiri, quindi decadde la potenza fenicia e venne sostituita da quella
cartaginese o punica rivale dei Romani grande potenza bellica. I Cartaginesi subentrarono in
Sardegna la posto dei Fenici e tentarono di conquistare tutta l’isola incontrando tuttavia la
dura opposizione dei Sardi che si durò dal 540 al 505 a.C. e che portò alla distruzione della
fortezza cartaginese del Monte Sirai ma anche alla successiva conquista dei Cartaginesi
della parte meridionale dell’isola e delle pianure che venivano usate per la coltivazione del
grano per l’esercito. Il resto della Sardegna e in particolare la parte centrale, furono i centri
in cui si rifugiarono i protosardi per sottrarsi alla dominazione cartaginese.
Dopo questa importante conquista, avviene quella più imponente e più importante dal
punto di vista linguistico e che segna la nascita di quello che oggi chiamiamo SARDO. Nel
238 a.C. la Sardegna diventa provincia romana. Ci furono tentativi di conquista anche prima
di questa data, ma ci volle un secolo per riuscire a stanziarsi nell’isola. Ci furono numerose
insurrezioni dei Sardi alleati con i Punici che cercarono di resistere e di ribellarsi finché nel
215 vennero sconfitti in una battaglia in cui morirono Amsicora e suo figlio Iosto (che
vengono considerati spesso come degli eroi sardi ma in realtà erano punici!!!).
Da questo momento in poi, la lingua latina inizia a diventare la lingua dei Sardi, ma
non si tratta di lingua latina colta, bensì quella che si definisce volgare, cioè la lingua
comune, quella che si parla tutti i giorni e perciò quella più soggetta alle evoluzioni. La
dominazione romana durò 694 anni, si estese a tutte le parti dell’isola.
XII
Ad interrompere questa dominazione furono le popolazioni barbariche che segnano con
il loro arrivo e la caduta dell’Impero Romano, l’inizio del Medioevo.
Nel 455 d.C. e per 80 anni, la Sardegna fu dominata dai Vandali che parlavano lingue
germaniche del ceppo indoeuropeo. Questi si fermarono in Sardegna e in Spagna, in
Andalusia (< Vandalusia ) ma la nostra isola veniva considerata come una terra di esilio
perché il loro re Genserico fece esiliare 3000 Maurusi, cioè una popolazione dell’Africa
settentrionale recalcitrante alla dominazione vandalica che si stanziò nella zona del Sulcis e
che ha dato il nome alle popolazioni dei Maureddos. Poi i Vandali mandarono in esilio in
Sardegna Fulgenzio e altri vescovi e prelati cattolici in quanto al pari dei Goti, i Vandali
praticavano l’Arianesimo (Ario era un prete alessandrino che predicava il culto secondo cui
Gesù Cristo non era della stessa sostanza del padre ma un essere umano prescelto da Dio
come figlio). I Vandali vennero sconfitti dai Bizantini nel 534 d.C. da Belisario e inizia così il
periodo bizantino che si protrae per vari secoli.
In base ai codici dell’area cagliaritana: S. Ilario Basilicano (conservato nella
Biblioteca Apostolica Vaticana) e il codice Laudano (conservato nella Biblioteca Bodleiana
di Oxford) e il codice di Claromontanus (conservato nella Biblioteca nazionale di Parigi)
alcuni studiosi hanno ipotizzato che i ceti alfabetizzati sardi urbani dei secc. V – VII fossero
bilingui. A mettere in evidenza questa ipotesi è il Prof. Manichedda in un suo articolo
pubblicato nei «Quaderni Bolotanesi (1988)». In base a quanto si afferma, la Sardegna tra il
V e VI secolo viene coinvolta in una ampia circolazione di codici che da Roma raggiunse
l’Inghilterra per poi investire con una nuova ondata tutta l’Europa continentale. Dopo il 568,
la Sardegna greca-latina i cui elementi latini sono stati messi da parte a vantaggio della
lingua bizantina da parte degli studiosi di storia conoscerebbe nelle classi colte un periodo di
bilinguismo. Occorre precisare che il rapporto tra alfabetizzati e analfabeti si pone come un
rapporto tra città e campagna, ma anche che il livello di istruzione era legato anche a fattori
come la condizione delle strutture scolastiche tardo-antiche e/o della loro sostituzione con le
istituzioni culturali medievali. Gli storici della lingua si sono posti il problema della durata
della tradizione latina accanto a quella greca e della funzione sociale che a quella viene
XIII
attribuita.
Nei secoli bui (IX – X) vi è la possibilità di analizzare la situazione linguistica della
Sardegna da diversi punti di vista:
• dal punto di vista grafico, la scrittura era variegata. Per le fonti epigrafiche e
documentarie di area cagliaritana è stato ormai accertato un uso simbolico-
figurativo dell’alfabeto greco. Mentre per quelle logudoresi, galluresi e arborense
si è parlato invece di influssi franchi risalenti all’ VIII secolo che si sono
sovrapposti a quelli bizantini.
• dal punto di vista linguistico: i documenti del XI secolo sono stati intesi come
il risultato di una situazione caratterizzata da un’ipertrofia del volgare rispetto al
latino e al greco.
Agli inizi del VIII secolo iniziano le incursioni saracene, per contrastarle si coalizzano
le potenze marinare di Pisa e Genova che nel 1016 sconfiggono sulle coste sarde i saraceni e
iniziano così la loro influenza sulla Sardegna che porterà al periodo giudicale. I genovesi
esercitarono una influenza particolare, e anche linguistica passaggio [ala > ara], nella parte
settentrionale (la Corsica e la Gallura) dove assume una particolare preponderanza la
famiglia Doria. La città di Sassari che aveva inizialmente accolto la protezione pisana si
sottrae a questi e si proclama repubblica nel 1276, si allea a Genova e si emana gli Statuti
Sassaresi che in seguito verranno riconosciuti anche dagli Aragonesi.
Vi erano nell’isola 4 Giudicati: quello di Torres, quello di Gallura, quello di Arborea e
quello di Cagliari guidati dalle famiglie Laccon de Gunale. Il Giudicato di Cagliari fu filo-
genovese fino al 1258 anno in cui la sua capitale Santa Iggia fu distrutta dalle forze sardo-
pisane facendo diventare il territorio una colonia pisana per sfruttare il bacino minerario del
Sulcis-Iglesiente.
Ciò ha determinato la differenziazione del logudorese dal campidanese in quanto i
principali fenomeni fonetici che contraddistinguono i dialetti dell’area meridionale parlati
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nel Giudicato di Cagliari sono influenzati dal pisano.
Seguendo la storia è quindi possibile capire le influenze linguistiche che ha subito il
sardo nei secoli. Non tutti i fenomeni fonetici sono però spiegabili tenendo conto delle
influenze esterne può capitare infatti che alcuni di essi si possano spiegare come fenomeni
locali derivati da una lingua arcaica parlata prima dell’avvento del latino. È il caso ad
esempio del colpo di glottide barbaricino che ha fatto tanto discutere i migliori studiosi del
sardo.
In un articolo pubblicato nei «Quaderni Bolotanesi» (1989), Colpo di glottide
barbaricino, gorgia dorgalese e gorgia toscana, vi è un vero è proprio scontro tra i
Professori Massimo Pittau e Giulio Paulis circa l’origine del colpo di glottide. Mentre il
primo, come M.L. Wagner, sostiene che il colpo di glottide sia un fenomeno locale e arcaico,
il secondo afferma invece che si tratta di un fenomeno di imitazione tarda, adattata alla
struttura generale del sistema fonetico locale della lenizione intervocalica sonoro-
spirantizzante emanata da Cagliari. Lo stesso accade per il fenomeno di spirantizzazione
delle occlusive sorde intervocaliche della parlata di Dorgali. Anche questo fenomeno è stato
riportato da Giulio Paulis a un fenomeno di imitazione del modello della capitale, mentre
Massimo Pittau lo considera un fenomeno derivato dal sostrato linguistico paleosardo o
nuragico e inoltre connesso alla gorgia toscana passata attraverso gli etruschi.
Intorno al sardo insomma si può dire che vi è sempre stato e sempre vi sarà da
dibattere su alcuni punti in particolare:
• il riconoscimento della lingua sarda tra le lingue romanze;
• il riconoscimento della lingua sarda tra le lingue minoritarie dell’Italia;
• l’origine del sardo e l’evoluzione nei secoli.
IL RICONOSCIMENTO DELLA LINGUA SARDA COME LINGUA ROMANZA
IL RICONOSCIMENTO DELLA LINGUA SARDA COME LINGUA ROMANZA
Questo dibattito ha origini molto antiche, già Dante Alighieri nel De Vulgari
Eloquentia cercò di dare una definizione della lingua sarda, ma è agli inizi del XIX secolo
che cominciano a farsi strada le prime ipotesi a nascere l’interesse verso il sardo.
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