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INTRODUZIONE
Il presente studio è rivolto ad una indagine sui mezzi di conservazione
delle garanzie patrimoniali del creditore letti alla luce di numerosi casi
concreti.
Il lavoro si articola in tre capitoli che rappresentano, specularmente,
l’impianto complessivo dell’elaborato: la responsabilità patrimoniale del
debitore, i mezzi di conservazione delle garanzie patrimoniali e l’abuso.
Obiettivo della ricerca è cimentarsi nel tentativo di comprendere se il
creditore, nel legittimo esercizio del potere conferito dalla legge,
nell’utilizzo dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, sia
sempre libero di tutelare il proprio credito con le modalità da egli
prescelte, o se possa essere limitato nell’esercizio dei suoi poteri
conservativi.
Al cospetto, infatti, di condotte creditorie tendenzialmente arbitrarie ci si
chiede se esse possano meramente configurare un comportamento
eticamente riprovevole o, al contrario, se tali condotte possano assumere
rilevanza giuridica.
In tal caso appare evidente che la situazione del debitore, vessato da
una condotta arbitraria, superando l’ aprioristica soccombenza prevista
dal dettame dell’art. 2740 del codice civile, assumerebbe rilevanza
giuridica nel momento in cui l’interesse debitorio venisse interpretato alla
luce di valori che travalicano il rigido dettame codicistico.
Ci si chiede, insomma, se dalla disamina di singole fattispecie concrete,
emerga che la posizione del debitore possa assumere suscettibilità di
tutela giuridica per violazione di un potenziale interesse concorrente,
anche di grado superiore nella gerarchia delle fonti o nel diritto
sovranazionale.
Ciò, appare concretamente realizzabile solo in presenza di tecniche
ermeneutiche che, in presenza di un uso distorto degli strumenti posti a
garanzia del credito, si distacchino dalla lettera del codice e si cimentino
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in un bilanciamento degli interessi delle parti del rapporto, sulla base di
valori giuridici, e talvolta anche extragiuridici, allontanandosi dal rigido
schematismo della regola astratta.
In pratica nella valutazione del giudice sarà necessario che la posizione
debitoria possa rinvenire la sua tutela nella applicazione diretta di una
norma costituzionale con rango evidentemente superiore a quella
ordinaria.
È evidente che tale impostazione non appare suscettibile di aprioristica
canonizzazione ma necessita di approfondimenti puntuali per ogni
distinta fattispecie sottoposta all’attenzione del giudice.
L’elaborato, quindi, prendendo le mosse dai concetti di responsabilità
patrimoniale del debitore e dalla disciplina delle garanzie patrimoniali del
creditore, dipana la sua attenzione verso un approfondimento critico
delle dinamiche interpretative con espressi riferimenti alla discrezionalità
giurisdizionale.
Il cuore della ricerca, rifacendosi al capo V del VI Libro del codice civile,
artt. 2900-2906, è, quindi, rappresentato dal II capitolo che contiene un
approfondimento sull’utilizzo dei mezzi per la conservazione della
garanzia patrimoniale a disposizione del creditore atti ad evitare che la
consistenza del patrimonio del debitore diminuisca prima della fase
esecutiva.
Vengono, così, singolarmente declinati ed approfonditi i mezzi di
conservazione della garanzia patrimoniale, definiti di diritto “comune”,
cioè l'azione surrogatoria, l'azione revocatoria ed il sequestro
conservativo, nonché taluni mezzi di conservazione definiti di natura
“speciale”, come ad esempio il fermo amministrativo, alla luce di una
recente casistica esplicativa e semplificatoria.
Inoltre, sempre nella logica del contemperamento degli interessi tra le
parti del rapporto obbligatorio, si approfondisce lo spirito e la lettera di
un nuovo articolo del codice civile: il 2929-bis alla luce della sua
intrinseca capacità di incidere sostanzialmente sulle modalità applicative
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dell’azione revocatoria, nonché, sulle dinamiche dell’art. 2465-ter del
codice civile con cui il legislatore ha creato la nuova figura di atto di
destinazione di scopo.
L’art. 2929-bis, già caratterizzato da una approssimativa e discutibile
formulazione testuale, assume una notevole rilevanza ed incidenza
rispetto agli interessi contrapposti nella direzione creditoria
condizionando, altresì, gli istituti segregativi quali il fondo patrimoniale o
il trust che in passato avevano rappresentato, in talune circostanze,
paradigma di riferimento per condotte abusive poste in essere dal
debitore.
La legge in esame, tuttavia, limitando ulteriormente le possibilità di
difesa del debitore, amplifica maggiormente il divario tra le parti per cui
sul suo aspetto essenziale vengono addirittura sollevati dubbi di
costituzionalità.
Ovviamente anche l’art. 2465-ter prevedendo una novellata disciplina di
segregazione patrimoniale rientra nel medesimo contesto.
La disamina contiene, quindi, un'indagine sistematica in cui rilevano i
confini tra il legittimo impiego dei mezzi di conservazione della garanzia
patrimoniale del credito e l’utilizzo distorto degli stessi che, talvolta,
sfocia in quel fenomeno definito giuridicamente “abuso del diritto”.
In merito si premette che il nostro ordinamento, tranne che per
determinate specifiche fattispecie, non ha mai positivizzato il divieto di
abuso del diritto.
Tuttavia, l’indeterminatezza e la vaghezza normativa in materia offrono
la possibilità di cimentarsi, in fase di applicazione, in percorsi ermeneutici
“antiformalistici” basati su un rinnovato approccio interpretativo.
Tale prospettiva ermeneutica, presuppone, quindi, bilanciamento reale
dell’interesse del creditore con quello del debitore, che consente di
definire quali condotte possano ritenersi abusive.
In fase di giudizio ponderativo, tuttavia, l'analisi dovrà essere realizzata
“endosistemicamente” all’interno dell’impianto normativo vigente
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orientando lo sguardo direttamente verso valori costituzionalmente
garantiti e verso vincolanti principi di matrice sovranazionale.
La Costituzione si appresta, cioè, ad assumere un ruolo nuovo.
Essa, infatti, non sarà limitata alla funzione di verifica della compatibilità
normativa realizzata dalla Corte Costituzionale, ma estenderà la sua
dimensione, con l’applicazione diretta di taluni suoi principi, a fattispecie
negoziali concrete.
Il bilanciamento dovrà essere, quindi, realizzato nel pieno rispetto di tre
canoni fondamentali.
Il principio della proporzionalità che, ispirato evidentemente ad un
criterio quantitativo, risulta spesso insufficiente per un giudizio esaustivo.
Il principio dell’adeguatezza che, ovviamente, non potendo prescindere
da osservazioni di contesto, assume importante rilievo qualitativo.
Quindi l’ultimo principio, indispensabile ai fini di un bilanciamento
efficace, sarà quello della ragionevolezza costituzionale.
La soluzione, condivisa anche da autorevole dottrina, per trovare risposta
ai casi di presunta condotta distorsiva, è riposta, quindi, nella
Drittwirkung (trad. diretta applicazione) dei principi costituzionali
nazionali, ed europei.
Evidentemente questo approccio, distaccandosi dalla lettera del rigido
testo di legge, assume un connotato sicuramente più ampio e dinamico.
L’elaborato trova il suo epilogo in un approfondimento specifico dei casi
più frequenti di abuso.
Si approfondiscono, così, alla luce di recentissimi orientamenti
giurisprudenziali, l’abuso del diritto e l’abuso del processo, quest'ultima
come particolare forma di abuso del diritto che assume rilevanza in sede
processuale.
Si coglie l’occasione per ringraziare il Prof. Avv. Giovanni Perlingieri che,
oltre ad offrire gli spunti più rilevanti ai fini elaborativi, ha manifestato in
ogni circostanza disponibilità e collaborazione.
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Ringrazio, inoltre mia moglie, mia sorella, i miei genitori, i miei suoceri,
gli amici ed i colleghi di lavoro per la costante vicinanza prestata nei
momenti più importanti dell’intero percorso di studi.
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1.1. LA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE DEL DEBITORE
Il fenomeno della responsabilità patrimoniale del debitore rinviene le sue
radici nel diritto romano, ed oggi, sicuramente, rappresenta la
conseguenza di una sua articolata evoluzione.
Nel momento genetico di tale percorso evolutivo, ovviamente, non
poteva ancora parlarsi di responsabilità patrimoniale nell'accezione
contemporanea.
Il diritto romano più risalente conosceva, infatti, soltanto una forma di
responsabilità personale del debitore.
La nozione dell’esecuzione forzata sulla persona del debitore
inadempiente, si rinviene nelle XII Tavole (V sec. a. C.), che attribuivano
al creditore, in favore del quale fosse stata emessa una sentenza di
condanna, la facoltà di esperire la legis actio per manus iniectionem.
Tale azione consentiva al creditore, dopo l’addictio pretorea, di tenere il
debitore inottemperante incatenato per sessanta giorni e in quella fase la
facoltà di condurlo al mercato ai fini del riscatto.
In caso di esito negativo il creditore poteva vendere l’insolvente trans
Tiberim o addirittura ucciderlo
1
Attualmente, nel nostro ordinamento, la responsabilità patrimoniale è
intimamente connessa con i diritti obbligatori di credito.
Infatti, essa nasce contestualmente al sorgere di un’obbligazione, ed
inoltre, costituisce il presupposto indispensabile per consentire al
creditore di reagire all’inadempimento ed ottenere, quindi, in maniera
coattiva, quanto si sarebbe ottenuto mediante l’adempimento spontaneo.
Le modalità attuative del rapporto obbligatorio sono regolate, nel nostro
ordinamento, dal Libro VI del codice civile, riservato alla tutela dei diritti
2
.
1 G. Laserra, La responsabilità patrimoniale, Napoli, 1966, p. 313.
2
G. Perlingieri, Codice civile annotato, Libro VI, III Ed., Napoli, 2010, p. 685.
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L’impostazione codicistica è affidata a un complesso e variegato impianto
normativo orientato innanzitutto al fatto che il debitore debba eseguire la
propria prestazione.
Infatti il debitore che onora il proprio debito soddisfa l’interesse primario
del creditore.
Tuttavia, dal mancato adempimento emerge il concetto più rilevante: la
responsabilità del debitore.
La norma va letta, pertanto, in connessione al potere di aggressione del
creditore che può agire per soddisfare il suo interesse secondario di
conseguire l’utile economico della prestazione non eseguita.
La prima norma codicistica che in materia rileva è, quindi, l'articolo 2740
c.c., rubricata come “responsabilità patrimoniale”.
Tale impropria locuzione, per motivi di puntualità esplicativa, sarebbe da
integrare con l’attributo generica, poiché siamo, con palmare evidenza, al
cospetto di un oggetto molto ampio su cui la norma dipana la sua
efficacia.
Il dettato dell’art. 2740 c.c. espressamente recita: “Il debitore garantisce
l'adempimento l'obbligazione con tutti i suoi beni presenti futuri”.
Quindi, in caso di inadempimento del debitore il creditore potrà rivalersi
su tutto il patrimonio del debitore per i danni che eventualmente gli siano
stati arrecati.
Solo a seguito dell’'inadempimento del debitore, e quindi in caso di
mancata collaborazione dello stesso, il creditore potrà avviare il
procedimento di esecuzione forzata.
Il dettame dell’art. 2740 c.c., tra le righe, precisa, quindi, che tutti i beni
del debitore, presenti e futuri, servono al debitore, non per adempiere
bensì, per rispondere dell’inadempimento.
Al centro dell’art. 2740 è quindi riposto il concetto di responsabilità, che,
entro la nozione del rapporto obbligatorio, necessita di assoluta
distinzione dal concetto di debito, cioè dal dovere di eseguire la
prestazione.