Metodologie di introduzione della concorrenza nei servizi pubblici locali

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bilancio insufficientemente rigidi e la presenza di monopoli determinarono 
bassi livelli di efficienza. È noto in economia che i propulsori più efficaci 
all’efficienza sono rappresentati dagli incentivi del mercato concorrenziale. 
Nell’equilibrio di concorrenza perfetta vengono massimizzate sia l’efficienza 
produttiva (in termini di minimi costi di produzione) sia l’efficienza allocativa 
(in termini di massima somma tra surplus del consumatore e profitto del 
produttore). Se la gestione monopolista pubblica del passato ha condotto a 
inefficienze, e se la massima efficienza è raggiunta in regime di assoluta 
competizione, allora una possibile soluzione per garantire una risposta più 
adeguata ai bisogni da soddisfare può essere rappresentata dall’introduzione 
di concorrenza. L’obiettivo del presente lavoro è, per l’appunto, ricercare e 
illustrare le modalità di introduzione di concorrenza più opportune per i 
settori dei servizi pubblici locali.  
Il primo capitolo è dedicato alla presentazione del contesto: il settore 
dei servizi pubblici locali, che detiene un’importanza primaria nell’intero 
sistema economico di un paese. Le public utilities definiscono l’assetto del 
territorio e contribuiscono a determinare la qualità della vita delle comunità 
locali. Inoltre i beni prodotti da alcuni settori dei servizi pubblici – si pensi 
agli outputs del settore elettrico, del gas e idrico – entrano direttamente nella 
funzione di produzione delle imprese industriali in qualità di inputs. In Italia, 
come nella maggior parte dei paesi Europei, il settore dei servizi pubblici 
locali è sempre stato caratterizzato da una forte ingerenza dello Stato. La 
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prima osservazione da fare è che, a prescindere dalle scelte prettamente 
politiche, esiste una giustificazione economica all’intervento pubblico: la 
presenza di monopoli naturali. Con l’espressione “monopolio naturale” si 
intende una situazione in cui un’unica impresa detiene potere di mercato in un 
determinato settore, potere che le deriva da specifiche caratteristiche tecniche 
della funzione di produzione. L’intervento pubblico ha la funzione di 
correggere le distorsioni e le inefficienze indotte dal monopolio in un settore 
cruciale per il prosperamento dell’intero sistema economico. La moderna 
teoria del monopolio naturale è giunta all’importante conclusione che per 
correggere distorsioni e inefficienze non è necessario sovrapporre un 
monopolio legale a un monopolio naturale. L’introduzione di concorrenza è 
pertanto oggettivamente possibile; perché sia anche effettivamente 
implementabile è necessario in primo luogo operare alla ristrutturazione del 
settore, ossia al recupero di efficienza e imprenditorialità degli operatori 
presenti sul mercato, affinchè possano sostenere l’entrata di nuovi 
competitori. 
La ristrutturazione e gli altri pre-requisiti all’effettiva apertura del 
mercato sono l’oggetto del secondo capitolo.   In Italia le ristrutturazioni nei 
settori delle public utilities sono state condotte attraverso tre strumenti: 
privatizzazione delle imprese ex monopoliste, riforma della regolamentazione 
e liberalizzazione dell’accesso al mercato, ove possibile. Il presente studio 
segue la stessa impostazione. 
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Il primo strumento esaminato è la privatizzazione, intesa non solo 
come cambiamento della natura giuridica dell’impresa, ma anche come via 
per introdurre contendibilità nel controllo dell’impresa. Non si vuole qui 
sostenere la tesi della superiorità del privato sul pubblico, opponendosi al 
principio – sancito dall’Unione Europea come dalla teoria economica – di 
neutralità dell’assetto proprietario dell’erogatore di servizio pubblico. La 
privatizzazione è ivi proposta in qualità di strumento per migliorare le 
performance dell’impresa, l’efficienza produttiva e dinamica e per accelerare 
il processo di liberalizzazione. L’effettivo conseguimento di queste finalità 
dipende da diversi fattori, come è spiegato nel corso dell’analisi, in particolare 
dalle modalità con cui viene condotta la regolamentazione del mercato, ossia 
il secondo strumento proposto. La regolamentazione permette di rendere 
effettivi i recuperi di efficienza che la privatizzazione rende solo potenziale, e 
apre la strada alla liberalizzazione. Nei settori in cui permangono condizioni 
di monopolio naturale la regolamentazione rappresenta un metodo più soft, 
rispetto alla produzione pubblica diretta, per correggere le distorsioni e le 
inefficienze (sia produttive sia allocative) del monopolio. Nei settori invece 
potenzialmente concorrenziali la regolamentazione ha la funzione di 
promuovere la definitiva apertura del mercato. Le modalità di 
regolamentazione più opportune per le public utilities sono esaminate 
dettagliatamente nel corso del II capitolo, con attenzione particolare alle 
finalità dello strumento nei settori monopolistici e non.  
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L’ultimo strumento, in ordine di presentazione ma non di importanza, 
che viene infine proposto è la liberalizzazione del mercato. La prima 
osservazione da fare è che, nonostante le innovazioni tecnologiche che 
mutano la funzione di produzione e le ristrutturazioni operate, permangono 
nei settori delle public utilities segmenti caratterizzati da monopolio naturale: 
è il caso, tipicamente, dei servizi a rete. I segmenti in cui si verificano queste 
condizioni sono illustrati nel III capitolo. In generale, si osserva che esistono 
delle limitazioni all’apertura dei mercati in tutti i casi in cui l’aggregazione 
territoriale delle aree servite non presenta un livello di utenza tale da 
giustificare, in termini economici, il pluralismo degli operatori. 
La condizione essenziale per promuovere la liberalizzazione nei 
settori ancora interessati da forme di mercato non perfettamente 
concorrenziali è imporre la separazione tra le attività che possono essere 
svolte in regime di concorrenza da quelle che, per ragioni strutturali, devono 
essere svolte in regime di monopolio. 
Una volta operata questa separazione, l’introduzione di concorrenza si 
sviluppa attraverso due indirizzi distinti, illustrati nel III capitolo. Per le 
attività che possono essere svolte da più soggetti in regime di competizione si 
procede alla progressiva, ma completa, liberalizzazione o concorrenza “nel” 
mercato. L’apertura del mercato deve essere graduale per evitare 
sconvolgimenti nell’intera economia, ma ben pianificata, senza possibilità di 
ripensamenti: l’efficacia dell’intero processo di liberalizzazione è infatti 
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subordinata ai tempi di attuazione. I settori che non presentano caratteristiche 
di fallimento del mercato vanno liberalizzati in tempi brevi, consentendo 
l’entrata di nuovi operatori ed impedendo, mediante un’efficace applicazione 
della normativa antitrust, che le imprese che fino ad allora detenevano potere 
di mercato (i cosiddetti incumbents) abusino della loro posizione dominante. 
Come vedremo, gli attori fondamentali nell’introduzione di forme di 
concorrenza “nel” mercato sono i soggetti preposti alla regolamentazione (in 
primis le Autorità di settore) e l’Authority Antitrust. 
L’ultima parte dell’analisi è invece dedicata ai settori ancora 
caratterizzati da forme di mercato non perfettamente concorrenziali. Per 
questi settori, in luogo dell’apertura del mercato, viene proposta 
l’introduzione di forme di concorrenza “per” il mercato. In particolare, 
vengono presentati due strumenti che possono costituire un valido supporto 
all’attività di regolamentazione: il franchising, ossia l’assegnazione del 
servizio in concessione attraverso una procedura di gara, e la yardstick 
competition o regulation, o regolazione per comparazione. L’obiettivo di 
questi strumenti è rendere contendibili mercati in monopolio naturale. Le 
condizioni per l’applicabilità di questi strumenti e le modalità effettive di 
implementazione sono fortemente condizionate dalle peculiarità del settore 
medesimo, e quindi vanno valutate caso per caso.