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CAPITOLO1
ANALISI D’IMPATTO DELLA
REGOLAMENTAZIONE
Premessa
L’analisi d’impatto della regolazione (AIR) è uno strumento particolarmente
importante nel campo normativo finanziario. Nonostante la sua difficoltà di
realizzazione, l’AIR offre un notevole contributo alla qualità della
regolamentazione e sono numerose le istituzioni che hanno deciso di adottare
questo strumento nel processo di formazione delle decisioni di regolamentazione
finanziaria.
La diffusione dell’AIR, in Europa, è stato incoraggiata dall’azione intrapresa
dall’OCSE, che, lungo tutto l’arco degli anni ’90, ha, a più riprese, sottolineato la
necessità di un miglioramento della regolamentazione, formulando
raccomandazioni e pubblicando linee guida
1
. I principi raccomandati
dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, hanno trovato
terreno fertile nella Commissione Europea, che è tra le autorità che più di altre ha
preso ispirazione da tali principi nei processi decisionali riguardanti la
regolamentazione finanziaria
2
. Per quanto importante, l’attività di analisi
dell’impatto non può sostituire l’attività decisionale politica, avendo il ruolo di
parere tecnico non vincolante. Nella “Guida alla sperimentazione dell’AIR”
1
Ad esempio, “Improving the Quality of Government Regulation”, 1995.
2
Già nel Libro Bianco “Financial Services Policy 2005-2010”, in cui venivano rese note le linee
strategiche e programmatiche per il quinquennio, il consolidamento della legislazione esistente e
il rispetto dei principi della “Better Regulation” erano individuate come priorità delle istituzioni
europee. Nel settore finanziario essa è utilizzata in misura crescente anche dai Comitati di 3°
livello previsti dalla procedura Lamfalussy e da diverse autorità nazionali, seppur non sempre in
modo strutturato.
8
predisposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (2000) si menziona che “la
corretta effettuazione dell’AIR non precostituisce la scelta regolativa. Piuttosto
essa mette il soggetto responsabile nella condizione di decidere in modo più
informato, prendendo atto di alcuni fondamentali dati e stime sull’impatto
probabile. A tali condizioni, non solo l’AIR non si sostituisce alle decisioni, ma
rappresenta un importante fattore di miglioramento della loro qualità”.
1.1 Definizione
La Banca d’Italia definisce
3
l’analisi di impatto della regolamentazione (AIR)
come “parte integrante del processo di legislazione e regolamentazione nel
settore finanziario, sia nelle sedi internazionali sia a livello nazionale, che
risponde all’esigenza di indirizzare le autorità verso una più compiuta
valutazione delle opzioni disponibili, al fine di individuare quelle più efficaci e/o
meno onerose e rendere più efficiente e trasparente il processo regolamentare e
che contribuisce inoltre alla semplificazione della normativa e al perseguimento
di più elevati standard qualitativi nella sua predisposizione.”
L’AIR rappresenta, sempre secondo la Banca d’Italia, “il complesso delle
procedure e delle metodologie per la valutazione sia dell’opportunità di un
intervento sia degli effetti di determinate scelte di policy (introduzione di una
nuova normativa, variazione del regime regolamentare vigente o di specifiche
misure, rimozione di norme)”; la stessa ne circoscrive gli obiettivi:
- assicurare una corretta individuazione del problema da affrontare e dei
presumibili effetti di un eventuale intervento regolamentare, avendo come
3
“Linee Guida per l’analisi d’impatto della regolamentazione”, SERVIZIO NORMATIVA E POLITICHE
DI VIGILANZA, Circolare n. 277 del 20.7.2010
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finalità ultima la massimizzazione dei benefici netti per i diversi portatori
di interesse (intermediari, utenti dei servizi bancari e finanziari, sistema
economico);
- rafforzare l’azione regolamentare, apportando al processo decisionale un
contributo sostanziale sotto il profilo economico;
- aumentare la trasparenza del processo decisionale.
L’AIR provvede a fornire alle autorità preposte informazioni utili ad assumere
decisioni più ponderate, aiutando il policy-maker, attraverso l’analisi economica,
a conseguire gli obiettivi prestabiliti, evitando di introdurre nuove inefficienze,
aumentando,inoltre, la trasparenza del processo decisionale del regolatore.
L’AIR si configura come “un processo iterativo, nel quale la componente
qualitativa è centrale, ispirato al principio di proporzionalità”
4
.
L’analisi d’impatto è detta “processo itinerante” in quanto, l’autorità responsabile
della regolamentazione e il soggetto deputato all’analisi d’impatto, devono
confrontarsi in modo continuativo durante la formazione delle regolamentazioni,
in modo tale che l’AIR possa fornire, tramite anche analisi preliminare, un ordine
di preferenza in termine di effetti attesi, tra le diverse opzioni possibili stilate e
proposte dal policy-maker.
La centralità della componente qualitativa si riferisce sia all’analisi costi e
benefici, sia all’esame dei fallimenti del mercato e della regolamentazione (che
vedremo in breve in seguito). La componente quantitativa è indubbiamente utile
nell’integrare le indicazioni qualitative e giungere ad una valutazione esaustiva,
tuttavia è innegabile che tali stime sono difficilmente disponibili e si prestano ad
un alto livello di incertezza.
4
“Linee Guida per l’analisi d’impatto della regolamentazione”, SERVIZIO NORMATIVA E
POLITICHE DI VIGILANZA, Circolare n. 277 del 20.7.2010
10
Il “principio di proporzionalità” deve ispirare l’attività di analisi con riferimento
ai contenuti (intrinseco della finalità d’analisi, che deve “selezionare” le opzioni
normative più convenienti sotto il profilo economico), sia per quanto riguarda le
caratteristiche del processo di elaborazione regolamentare (l’analisi d’impatto è
una procedura complessa e non sempre necessaria, costosa sia per le autorità sia
per gli intermediari coinvolti).
1.2 Approccio economico e approccio aziendalistico
L’analisi d’impatto della regolamentazione nasce dall’esigenza di valutare gli
effetti delle decisioni del policy-maker, attraverso una puntuale analisi dei costi e
dei benefici. Lo studio si discosta per vari motivi da un’analisi con orientamento
aziendalistico (conto profitti e perdite). Possiamo, prima di tutto, sfruttare una
definizione di Ezra J.Mishan
5
per rimarcare le differenze tra i diversi approcci:
“Ciò che viene conteggiato come un beneficio o una perdita per una parte
dell’economia non necessariamente viene conteggiato come un beneficio o una
perdita per l’economia nel suo complesso.[…]L’economista impegnato nella
valutazione costi-benefici di un progetto non si pone una domanda di natura
diversa da quella che si pone il contabile di un’impresa privata; anzi, egli si pone
una domanda dello stesso tipo a proposito di un gruppo più ampio, la società nel
suo complesso[…]. L’economista si chiede se la società nel suo complesso
migliorerà la propria situazione realizzando il progetto in questione anziché
scartarlo, o realizzando invece uno o più progetti diversi da quello in
questione[…]. Egli sostituisce al più preciso concetto di ricavo dell’impresa
privata il concetto meno preciso, eppure significativo, di beneficio sociale; ai
5
E. J. Mishan, Cost-benefit analysis, 1971
11
costi dell’impresa privata il concetto di costo-opportunità[…]; al concetto di
profitto dell’impresa privata quello di eccedenza dei benefici sociali sui costi”.
Oltre alla differente ottica d’analisi sottolineata da Mishan, l’analisi d’impatto
presenta alcune particolarità. La peculiarità più evidente è che l’AIR deve
compiere una ricostruzione “controffattuale”, ossia deve ricostruire lo scenario
che si crea nel caso in cui non vi sia nessun intervento normativo, in modo da
poter stabilire un nesso causale tra la regolamentazione e gli effetti prodotti,
confrontando i due scenari: il nesso di causalità consente di “isolare gli effetti
della regolamentazione da altri fattori che possono influenzare il mercato di
riferimento”
6
.
L’incertezza della valutazione dei costi-benefici legati alla regolamentazione fa
sorgere difficoltà ulteriori rispetto all’analisi dei conti profitti e perdite di un
investimento, che possono derivare da vari fattori
7
:
- l’introduzione di nuove regole può indurre reazioni dei soggetti interessati
difficilmente prevedibili;
- la definizione di un orizzonte temporale per la valutazione degli effetti è
meno agevole rispetto a un progetto di investimento;
- i benefici della regolamentazione sono beni privi di un prezzo di mercato;
- la riduzione dei rischi, che è spesso obiettivo della regolamentazione
finanziaria, è difficile da quantificare;
- l’analisi dei costi di compliance può richiedere informazioni onerose.
Un’altra differenza sostanziale può riguardare lo spazio di manovra del policy-
maker. Infatti, spesso, la regolamentazione finanziaria è emanata da organismi
tecnici che devono seguire gli indirizzi di autorità politiche, in adempimento,
6
Martini e Sisti (2009) “Valutare il successo delle politiche pubbliche”
7
Momigliano e Giovanetti Nuti (2001), La valutazione dei costi e dei benefici nell’analisi
dell’impatto della regolazione.
12
quindi, di normative di rango superiore (basti pensare alle direttive comunitarie o
ai decreti legislativi). Ciò si traduce in un inferiore grado di libertà dell’autorità
regolatrice, con riferimento, soprattutto alle opzioni effettivamente percorribili. Di
riflesso, variano i metodi e gli obiettivi dell’analisi d’impatto.
1.3 METODOLOGIE E FASI DELL’ANALISI
1.3.1 Individuazione delle cause di inefficienza
Ogni intervento regolatore del mercato finanziario, se ben indirizzato, ha come
scopo l’eliminazione o il ridimensionamento di una causa di malfunzionamento
del mercato e non delle sue conseguenze.
Il primo passo che bisogna affrontare per l’analisi, è circoscrivere il problema che
la regolamentazione si propone di eliminare e le misure che possono essere
efficaci nel raggiungere l’obiettivo preposto; inoltre, è opportuno delimitare
l’ambito in cui il problema si manifesta e i soggetti maggiormente interessati, in
termine di costi e benefici, dalla normativa
8
.
Il presentarsi, sui mercati finanziari, di un problema, può derivare da due cause
originarie
9
:
- fallimenti del mercato;
- fallimenti della regolamentazione.
Nell’economia politica classica, le forze del mercato sono auto-regolatrici e
permettono la massimizzazione del benessere sociale
10
.
8;
9
“Linee Guida per l’analisi d’impatto della regolamentazione”, Banca d’Italia, circolare
277/2010
10
Primo teorema dell’economia del benessere: “L’allocazione associata ad un equilibrio
Walrasiano è sempre Pareto-efficiente”- Microeconomia, metodi e strumenti, Chirco e Scrimitore
13
In concorrenza, tramite la legge della domanda e dell’offerta, si arriva ad un
equilibrio in cui le risorse sono efficientemente allocate.
L’ipotesi su cui è basato l’equilibrio concorrenziale possono venir meno,
generando fallimento del mercato e quindi un’allocazione inefficiente.
Possiamo distinguere quattro fallimenti del mercato:
a) Esternalità: l’ipotesi di fondo che viene meno in questo caso, è quella che
il benessere di ciascun agente non deve dipendere dalle azioni degli altri
agenti. Le esternalità possono essere positive (benefici) o negative (costi),
ricadono su altri agenti e non sono riflessi nel prezzo di mercato.
L’intervento del regolatore è volto a riportare i prezzi e la produzione sui
livelli ottimali (ossia quelli che ci sarebbero in assenza di esternalità),
attraverso incentivi e disincentivi (“internalizzazione” delle esternalità).
b) Asimmetrie informative: tutti gli agenti presenti sul mercato devono avere
le stesse informazione, riflesse sul prezzo, riguardante il bene o il servizio
scambiato. Nel caso in cui questa ipotesi non sia verificata, siamo in
presenza di a.i., che può generare effetti di tre tipi:
- Selezione avversa, in cui si è in presenza di a.i. precontrattuale, solo una
parte è pienamente informata sulle qualità del prodotto (o servizio) oggetto
dello scambio. Quindi l’informazione sulla qualità non è racchiusa nel
prezzo e, per un dato livello di prezzo saranno scambiati solo i beni di
minore qualità mentre quelli di buona qualità non saranno scambiati
11
.
- Moral Hazard, in cui l’a.i. è post-contrattuale e un agente non potrà
controllare i comportamenti della controparte successivamente alla stipula
11
Ad esempio si veda G. Akerlof, “The Market for Lemons: Quality Uncertainty and the Market
Mechanism ”
14
dell’accordo (Hidden action). Questo fenomeno comporta razionamento
dell’offerta ex-ante
12
.
- Costi di agenzia: esistono nei contratti di delega o nei contratti in cui vige
un Principale e un agente. Il comportamento del delegato (o dell’agente)
non è pienamente controllabile dal delegante (o principale), quindi le
azioni del primo potrebbero non essere quelle desiderate dal secondo
13
.
c) Potere di mercato: nei mercati concorrenziali gli agenti non possono
alterare il prezzo di equilibrio (né soli, né cooperando tra loro) in quanto
ogni impresa rappresenta solo una piccola frazione dell’offerta. Il prezzo è
dato, nessun impresa può aumentarlo né diminuirlo neanche in maniera
infinitesima, pena l’uscita dal mercato; le imprese non hanno alcun potere
di influenza. Qualora un’impresa abbia una dimensione tale far valere il
proprio peso, in quanto detenente un’importante fetta del mercato,
potrebbe incorrere in pratiche monopolistiche con ripercussioni negative
su prezzi (quindi quantità) e qualità dei beni.
14
d) Bene pubblico: In economia, un bene pubblico è un bene che è difficile, o
impossibile, produrre per trarne un profitto privato. Per definizione, un
bene pubblico è caratterizzato da: assenza di rivalità nel consumo (il
consumo di un bene pubblico da parte di un individuo non implica
l'impossibilità per un altro individuo di consumarlo) e non escludibilità nel
consumo (una volta che il bene pubblico è prodotto, è difficile o
12
Interessante il “Modello di razionamento del credito” Stiglitz-Weiss, AER 1981
13
Il costo dell’informazione ricade sull’agente se i profitti del principale sono nulli (concorrenza
perfetta), mentre ricade sul principale in monopolio o oligopolio. Si veda, ad esempio, il
Rothschild- Stiglitz model
14
Le fusioni tra intermediari potrebbero determinare una concentrazione eccessiva di rapporti in
capo a un singolo operatore in determinati ambiti territoriali e, conseguentemente un eccessivo
potere di mercato. Al fine di evitare che esso si traduca nell’esercizio di pratiche monopolistiche,
le maggiori operazioni di concentrazione sono spesso accompagnate da provvedimenti
dell’Autorità antitrust volti alla dismissione di una quota di dipendenze bancarie.
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impossibile impedirne la fruizione da parte di consumatori). I beni
pubblici danno luogo ad esternalità non sanabili dal mercato, per cui
devono essere “prodotti” da un soggetto pubblico
15
.
Le inefficienze possono dipendere, oltre che da fallimenti del mercato, da effetti
negativi prodotte dal fallimento di interventi regolamentari precedenti.
I fallimenti regolamentari sono classificati da Bankitalia come segue
16
:
1. effetti collaterali indesiderati non tenuti nella dovuta considerazione in sede di
produzione normativa, anche riferiti a normative introdotte in settori/mercati
differenti da quello rilevante;
2. variazione dei comportamenti degli operatori in risposta alla
regolamentazione;
3. sottovalutazione dei costi e/o sopravvalutazione dei benefici nella stima
effettuata in sede di introduzione della normativa, tali per cui la
regolamentazione non è più economicamente giustificabile;
4. errore commesso nell’identificare il problema (fallimento del mercato) cui
porre rimedio, per cui la regolamentazione adottata ha, di fatto, peggiorato la
situazione, introducendo ulteriori distorsioni nel mercato;
5. superamento della regolamentazione esistente, in quanto ritenuta non più
necessaria alla luce della presenza di ulteriori strumenti, normativi o di mercato,
sufficienti alla soluzione del problema;
6. obsolescenza di una data regolamentazione, non più al passo con
l’evoluzione e le innovazioni introdotte nel mercato.
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Nel settore finanziario un tipico bene pubblico è la stabilita finanziaria: di essa beneficiano
contemporaneamente tutti gli operatori, ma è difficile attribuire ad essa un prezzo. In
conseguenza di ciò, generalmente, è affidato alle autorità di vigilanza, alle banche centrali e alle
istituzioni internazionali il compito di mantenere condizioni complessive di stabilita nel sistema
finanziario.
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“Linee Guida per l’analisi d’impatto della regolamentazione”, Banca d’Italia, circolare 277/2010