Capitolo: Prefazione
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1 PREFAZIONE
«Quanto alla scienza stessa,» scrive Galileo Galilei, «ella non può se non avanzare». Sulla
base di questa certezza il connubio tra rigore sistematico della matematica ed empirismo della
fisica hanno in continuum sostenuto il progresso tecnologico, fornendo, nel corso della storia,
apparecchi sperimentali sempre più potenti e precisi. Teoria e pratica non risultano separate da
un abisso; esiste, invece, un continuo interscambio fra esse. L’idea di una scienza sterile,
puramente contemplativa, è abbandonata: l’applicazione non è più considerata come un
sottoprodotto della ricerca scientifica ma inserita nella stessa scienza.
Varcate le soglie del terzo millennio, forti della certezza di “galileiana genesi”, si è passati
dall’economia di Prodotto all’economia della Conoscenza, nella quale ciò che conta per
un’impresa e per un intero sistema produttivo è “il tasso di sapere aggiunto” che si riesce a
mettere nei beni e nei servizi realizzati. In questo scenario la leva strategica più efficace di cui
un’azienda può disporre è la metodica fruizione del progresso scientifico. Tanto più un’azienda
riuscirà a proporre innovazione tecnologica attingendo alla scienza, tanto maggiore sarà la sua
forza di conquista del mondo.
Tradizionalmente, nella realtà delle imprese, si tende a considerare l’insieme delle attività di
sviluppo delle conoscenze, di nuove tecnologie o di nuovi prodotti e servizi in modo indistinto,
parlando in maniera equipollente di ricerca e innovazione. In realtà, ricerca ed innovazione sono
due attività distinte ancorché, come è ovvio, fortemente connesse e interrelate. Pasteur affermava
che non esiste la “ricerca applicata”: esiste la ricerca e le sue applicazioni. Parafrasando
l’espressione di Pasteur, si può affermare che esiste la ricerca e l’insieme delle sue applicazioni,
cioè l’innovazione. La ricerca, avendo come scopo principale lo sviluppo di nuove conoscenze,
deve essere finanziata con programmi di ampio e lungo respiro, sapendo che può fallire o
generare risultati diversi da quelli attesi; deve premiare qualità ed intelligenza dei gruppi di ricerca,
stimolare la loro intuizione e curiosità; non deve essere vincolata da obiettivi commerciali di corto
periodo. Scopo dell’innovazione è, invece, l’applicazione delle conoscenze maturate nel campo
della ricerca, ai bisogni, alle esigenze e alle aspettative -spesso latenti- presenti nel mercato. Per
questo l’innovazione richiede finanziamenti rapidi, finalizzati, capaci di attivare nell’arco di “pochi
mesi” quei processi che permettono di trasformare idee ed intuizioni in prodotti e servizi fruibili
dall’azienda.
Queste preliminari considerazioni inquadrano il preciso ufficio del presente lavoro, che
attingendo alla messe di “documentazione oggettiva” (“verum est ipsum factum”, diceva
Giambattista Vico, per cui si può veramente conoscere solo dopo un’attenta disamina e
Capitolo: Prefazione
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comprensione delle fonti prodotte) frutto della meticolosa e pluriennale ricerca accademica in
materia di simulazioni stocastiche e agli strumenti software sviluppati (precisamente il modulo
statistico “Sigma” del software “Autoform”), ha individuato all’interno della realtà aziendale del
Centro Ricerche Fiat un’innovativa metodologia e un’applicazione di portata generale per la
famiglia dei componenti traversa, fondata sulle credibili ipotesi di un sensato ragionamento, come
esigeva il grande Galileo. L’innovativa metodologia progettuale impiega le tradizionali tecniche
statistiche di controllo del processo già nelle prime fasi di progettazione (early design) così da
potere affrontare e risolvere i problemi legati ai fenomeni aleatori (connaturati al processo di
formatura delle lamiere) molto prima di entrare in produzione, andando a compensare l’ingente
ritorno elastico manifestato con specifiche peculiarità da una famiglia di componenti per la
sicurezza, le barre, con un’innovativa applicazione del processo di piegatura delle lamiere sottili.
Evidenti vantaggi di drastica riduzione degli oneri legati alle modifiche e di effettiva conformità alle
specifiche tecnologiche, funzionali e qualitative del prodotto finto sono stati l’impulso aziendale
che ha promosso ed incentivato l’elaborazione di questa innovativa prassi metodologica.
Da quanto detto sopra appare evidente l’approccio a questo lavoro di tesi che parafrasando
Aristotele può essere sintetizzato in “verum scire est scire per causas” (il sapere è legato alla
conoscenza delle cause): si approda ad un’innovativa prassi di progettazione del
prodotto/processo, che tiene conto della variabilità insita in svariati parametri del processo di
formatura delle lamiere, corpo vero e proprio del rapporto scientifico, solo dopo avere indagato e
approfondito la piena conoscenza degli algoritmi statistici (“causas”) implementati nei codici agli
elementi finiti in uso.
L’intera trattazione è mossa da un reiterato proposito di probità scientifica a servizio e a
probabile beneficio dei lettori. Una seduzione questa, dalla quale, per fare debitamente scienza,
ci si deve lasciare avvincere appieno. La redazione del presente rapporto tecnico-scientifico paga
comunque un certo prezzo in termini di approssimazione, poiché gli algoritmi statistici, struttura
portante di questi software, vivono e si aggiornano in un percorso di studio matematico in fieri,
nonché nei termini di un problematicismo correlato alla riservatezza aziendale che tende a
tutelare i propri vantaggi competitivi.
Adesso si perdoni questa lunga riflessione, non strettamente necessaria, alla quale sarebbe
stato possibile sottrarsi, passando direttamente alle pagine seguenti. Comunque, se c’è un
beneficio da trarre dalla compiuta lettura, esso consiste nell’avere avuto la possibilità di spingersi
entro la genesi di un così complesso lavoro, condotto all’interno della realtà aziendale del CRF,
che si diparte da esoterica ricerca accademica riassunta nelle pubblicazioni citate (vedi
Bibliografia) e si concretizza in innovazione nell’approccio robusto alla progettazione
automobilistica nei tempi e nelle dimensioni del tirocinio universitario.
Torino, 7 dicembre 2010
GIUSEPPE GALIZIA
Capitolo: Introduzione
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2 INTRODUZIONE
2.1 Scenario di riferimento e politiche di prodotto auto
Il parco auto odierno pone un tale livello di pressione sulle funzioni naturali della Terra che la
capacità degli ecosistemi del pianeta di sostenere l’espansione dei mercati emergenti del BRIC
(Brasile, Russia, India e Cina) non può essere data per scontata. Saturare la capacità di questi
mercati emergenti equivale ad avere nei loro confini la stessa densità di auto per abitanti che
negli ultimi anni si è consolidata nell’U.E., America o Giappone (vedi figura 2.1) e dunque, fatti i
debiti conti, un incremento del numero di vetture pari a più di un miliardo di unità.
Figura 2.1 - Densità di auto nelle varie regioni del mondo (1)
La prevista crescita del numero di vetture in circolazione nel decennio a venire investirà
inesorabilmente i sistemi naturali che dovranno affrontare in primis l’impatto di un ulteriore
incremento delle emissioni di gas climalteranti insieme ad un ulteriore depauperamento dei
serbatoi di risorse energetiche fossili da cui tutte le società dipendono specialmente nei mezzi a
servizio della loro mobilità. Un’analisi crono-storica delle emissioni mostra un andamento in
continua crescita: nel 2008 l’incremento annuale di biossido di carbonio nella composizione
chimica dell’atmosfera è stato di 1,79 ppm (in volume), nel 2007 era stato di 2,12 ppm, mentre la
media annua nei precedenti 20 anni era stata di 1,5 ppm e per il periodo 2000-2008 la media è
stata 1,9 ppm. Oggi la concentrazione di biossido di carbonio nell’atmosfera è di 388 ppm
(all’inizio della Rivoluzione industriale, nel 1750, era circa 280 ppm) (2). Inoltre, mentre la crescita
dei consumi nei Paesi emergenti è robusta e surclassa, per ora, i cenni di rallentamento che
vengono da Europa e Stati Uniti, l'aumento della capacità produttiva di carbonfossili è invece
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EU Giappone USA Sud Corea Russia Brasile Cina India
Densità di auto ogni 1000 abitanti nel 2008
Capitolo: Introduzione
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claudicante. Per decenni i consumatori occidentali di materie prime erano confortati da una
rassicurante certezza: la merce, che sia petrolio, rame o mais, si trova sempre. È solo questione
di prezzo. Lo stesso assunto ora suscita qualche dubbio. Evocare il rischio di uno "shock"
petrolifero tra pochi anni, oggi può sembrare fuori luogo, nel pieno di una recessione che riduce i
consumi mondiali di energia (-1,2% nel 2008 e -2,2% nel 2009, dati europei) e mentre le
prospettive del mercato del petrolio sembrano più che tranquille (a parte disastri e rischi di
conflitti). Ma la recente crisi ha solo ritardato il “sorpasso” della domanda di greggio sull’offerta.
Sebbene la determinazione delle riserve sia condizionata dalle incertezze tecniche, derivanti dal
fatto che i volumi di idrocarburo contenuti nel giacimento sono stimati quasi esclusivamente
attraverso dati ottenuti con metodi indiretti (tra i più diffusi la prospezione sismica e le misure di
proprietà fisiche delle rocce nei pozzi), ed economiche, data la difficoltà di poter prevedere la
disponibilità commerciale di nuove tecnologie di estrazione e nuovi giacimenti, appare ineludibile
che la domanda sopravanzerà l’offerta. I dati raccolti nel resoconto del dipartimento di Energia di
Washington (3), riassunti in figura 2.2, rivelano l’incessante incremento del consumo mondiale di
petrolio, di cui i trasporti sono il principale driver di crescita (incide al 53% sulla domanda totale
(4)), destinato a sopravanzare un’offerta che, seppur quantitativamente consistente, resta
comunque finita.
Figura 2.2 - Evoluzione temporale del consumo mondiale di petrolio per regione
Eppure, l’occidente scoprì che il petrolio non era una risorsa scontata già nel 1973. Allora, fu
l’anno della prima crisi petrolifera. In Medio Oriente la tensione altissima contro Israele, sfociò
nella guerra del Kippur, che si concluse in venti giorni con la vittoria degli israeliani grazie anche
all’appoggio di Europa e Stati Uniti. Come ritorsione, i paesi arabi bloccarono le esportazioni di
petrolio verso i paesi occidentali e in poche settimane il prezzo del petrolio triplicò. Tuttavia,
nonostante l’improvvisa e inaspettata interruzione del flusso dell'approvvigionamento di petrolio
proveniente dalle nazioni appartenenti all'Opec (Organization of the Petroleum Exporting
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1990 2000 2010 2020
Milioni di barili al giorno
Consumo mondiale di petrolio
America Latina
Africa
Medio Oriente
Asia in via di sviluppo
FSU (ex Unione Sovietica) ed
Europa orientale
Asia industrializzata
Europa occidentale
Nord America
Capitolo: Introduzione
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Countries) verso le nazioni importatrici dell'oro nero, il 1973 non segna la svolta verso una
completa rivisitazione del prodotto auto dal punto di vista dell’efficienza energetica: la risposta dei
grandi costruttori consistette solo in una serie disorganica di innovazioni focalizzate
esclusivamente sul gruppo motopropulsore ma non in un approccio sistemico volto all’efficienza
energetica, mentre le Nazioni, dalla loro parte, emanarono i primi provvedimenti di austerità
(l’Italia conobbe le prime domeniche senz’auto mentre in America fu emanata la Corporate
Avarage Fuel Economy – CAFE – mirata ad minimizzare il consumo medio). La mancanza di
un’effettiva svolta è stata documentata dall’approfondita indagine (5) condotta da Arthur
Rosenfeld al cui termine, nel 2001, stabilì che dal 1845 al 1998 l’efficienza americana era
cresciuta mediamente dall’1% all’anno eccezion fatta per gli anni della crisi nei quali era stato
raggiunto un singolare tasso di efficientamento intorno al 4%, accelerazione che servì solo a
sconfiggere la strategia dell’OPEC e riportare sotto controllo i prezzi del greggio. Troppo poco per
tutelare i sistemi naturali.
Figura 2.3 - Emissioni di Anidride Carbonica delle nuove vetture negli ultimi anni (6)
In ogni modo i sussulti del prezzo del petrolio hanno contribuito a sottolineare l’importanza di
un utilizzo più razionale delle risorse; ma è stata la preoccupazione del riscaldamento e
dell’inquinamento (le autovetture contribuiscono al 12% dell’emissioni antropiche di CO
2
in
Europa, secondo le cifre del 2004 della Commissione europea, riguardante l'UE-25) del pianeta a
determinare negli ultimi anni le politiche più incisive sul versante dell’efficienza energetica. Non è
più una spinta di mera natura economica ad evocare la svolta ma un’apparente piena presa di
coscienza sociale: si tratta di un concetto che rientra in quello più ampio di sostenibilità
ambientale, la coscienza della quale sembra sempre più diffusa, almeno a parole, tra i clienti del
settore automobilistico, tanto che l’etichetta “eco-sostenibile” è diventata un’importante leva del
marketing. L’utilizzo delle limitate risorse energetiche fossili in modo responsabile e la protezione
dell’ambiente sono la più grande sfida che la società di oggi deve affrontare. In entrambi i casi, i
80%
39%
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1995 2006 2007 2008 2009
Emissioni di CO2 in g/Km negli anni
>161
160-141
140-121
<120
Capitolo: Introduzione
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costruttori di automobili, pressati da sempre più stringenti regolamentazioni (in Europa espresse
da una serie di standard, identificati con la sigla Euro- seguita da un numero, che vengono
introdotti progressivamente dalla Comunità Europea, dalle caratteristiche sempre più restrittive),
hanno un ruolo importante da svolgere e hanno accolto di buona lena la sfida, divenendo alfieri di
tecnologia ed innovazione verso la “guida pulita” e il “trasporto verde”. Nell’ultima decade, nuove
auto, furgoni e camion a più basse emissioni sono stati immessi sul mercato (vedi figura 2.3) a
dimostrazione di questo impegno.
Le tecnologie e le conoscenze odierne possono ridurre considerevolmente l’impatto delle
automobili nei confronti degli ecosistemi a patto di combinare gli sforzi: l’efficienza energetica del
prodotto auto è un problema complesso e globale, che può essere affrontato solo armonizzando
e focalizzando gli sforzi progettuali sul risparmio energetico anziché inseguirlo a posteriori come
avvenne in seguito alla guerra del Kippur. Rimettendo in discussione l’intero sistema per
progettare automobili il ragionamento è stato il seguente: congiuntamente al miglioramento
dell’efficienza del gruppo motopropulsore, si ottimizza l’aerodinamica e, soprattutto, si abbatte il
peso della vettura cosicché in maniera direttamente proporzionale si riducono i consumi.
La riduzione di peso ha delineato un’avvincente antinomia progettuale: come fare a
mantenere inalterate le caratteristiche strutturali, e quindi di sicurezza passiva (altro tema di forte
impatto sulla società odierna), congiuntamente ad una riduzione di peso? Il grande sforzo
ingegneristico di ridurre il peso dei componenti non può restare avulso dai requisiti necessari a
migliorare la sicurezza, prestazioni, funzionalità e comfort, tutti fattori che continuano a pressare i
produttori del settore in un ambiente dove la crescente concorrenza globale e la continua
richiesta di riduzione dei costi impongono i ritmi dell’ipercompetizione.
Difatti, la sicurezza rimane un altro elemento centrale nei piani di sviluppo del prodotto
automobilistico: rendere sicuri i veicoli di ultima generazione, tendendo ad uno standard
estremamente alto, è un obbligo dal quale nessun costruttore si può esimere. Ridurre morti e feriti
sulle strade d'Europa e del resto del Mondo è parte integrante di qualsiasi modello di mobilità
sostenibile. Grazie agli investimenti delle case automobilistiche notevoli progressi sono stati
raggiunti: l’approccio geometrico alla sicurezza passiva, ovvero tutti gli accorgimenti progettuali
che attraverso l’opportuno dimensionamento delle parti strutturali del veicolo garantiscono il
mantenimento dell’integrità di un abitacolo, ha offerto un ragguardevole livello di protezione agli
occupanti in caso d’urto tantoché, oggigiorno, si tende a dare per scontato nella progettazione di
un nuovo modello la presenza di tutte quelle misure che limitano l’entità dei danni in conseguenza
ad una collisione con un ostacolo esterno o con un altro veicolo. Quale nuovo modello non mira
ad ottenere il punteggio massimo di 5 stelle nei crash test EuroNCAP? Tuttavia, nell’impostare il
progetto dell'abitacolo come un guscio rigido in grado di contenere le lesioni agli occupanti in
caso di urto deformandosi, in situazioni di sollecitazioni dinamiche o statiche predefinite, entro
valori geometrici ammissibili è inevitabile la divergenza nelle scelte progettuali sul