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I giovani, sia i ragazzi che le ragazze, possono intraprendere un’attività sportiva
spinti da un insieme piuttosto ampio di ragioni; obiettivo dei programmi di
educazione è quello di sviluppare e mantenere un livello elevato di desiderio di
partecipazione allo sport. Spesso tuttavia si assiste al fenomeno dell’abbandono
dello sport e molteplici sono le cause.
La psicologia dello sport offre un contributo per la ricerca dei motivi di abbandono
coniugando lo sviluppo complessivo delle competenze del giovane con l’acquisizione
di quelle strettamente sportive.
L’interesse per la ricerca della motivazione alla partecipazione emerge negli
anni ‘70 con uno studio chiave condotto da Alderman e Wood (1976) con giovani
atleti canadesi. Questi autori trovarono che l’affiliazione (l’opportunità di stabilire
relazioni interpersonali significative), l’eccellenza (l’acquisizione di abilità sportive per
primeggiare su qualcuno o per proprio interesse), lo stress (l’opportunità di svolgere
attività eccitanti) e il successo (l’acquisire status, prestigio e approvazione da parte
di altri) sono i motivi principali alla base del coinvolgimento in una disciplina
sportiva.
Sapp e Haubenstricker (1878) condussero successivamente uno studio su larga
scala sulla motivazione alla partecipazione. I risultati rivelarono che le ragioni
maggiormente citate per la partecipazione sportiva sono il divertimento,
l’acquisizione di competenza, la forma fisica e l’affiliazione e che le motivazioni sono
omogenee per età, sesso, sport praticato e cultura.
Un grande numero di studi seguirono negli anni ’80; alcuni di questi studi
testarono la motivazione alla partecipazione attraverso diversi sport (Gill, Gross e
Huddleston, 1983) e fecero emergere alcune tematiche comuni alla partecipazione
sportiva. Le motivazioni alla partecipazione includono primariamente:
a) lo sviluppo di competenze fisiche (imparare nuove abilità, migliorare quelle già
possedute e raggiungere obiettivi);
b) guadagnare il consenso sociale (farsi nuovi amici, essere parte di un gruppo,
guadagnare l’approvazione degli adulti significativi);
c) accrescere la forma fisica e l’aspetto (essere in forma, essere più forti);
d) godere di una nuova esperienza (divertirsi, stimolarsi).
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In tutti questi studi gli intervistati annoveravano come importanti per guidare la loro
motivazione motivi multipli, più che singole ragioni.
Per quanto riguarda le motivazioni che spingono gli atleti ad abbandonare i
programmi sportivi, la ricerca di Sapp e Haubenstricker (1978) ha rivelato che
queste sono differenti a seconda delle fasce d’età considerate: i più giovani si ritirano
principalmente per problemi con gli allenatori, mancanza di divertimento e eccessiva
enfasi posta sull’aspetto competitivo, mentre gli adolescenti per l’emergere di altri
interessi (che nella tarda adolescenza coincideranno principalmente con necessità
lavorative).
In una rassegna sulla motivazione alla partecipazione e all’abbandono attraverso gli
anni ’80, venne affermato che il fenomeno dell’abbandono sportivo non deve essere
visto necessariamente come un evento negativo.
Inoltre venne concluso, che il termine dropout, non è appropriato per etichettare i
giovani che si ritirano; questo perchè molti di loro continuano comunque a praticare
altri sport, proseguono nello stesso sport ad un diverso livello d’intensità oppure
prendono decisioni diverse in base al momento di sviluppo che stanno
attraversando. Infine venne trovato che il provare o l’abbandonare uno sport da
parte di molti giovani, che può dipendere da un cambio d’interesse o
dall’opportunità di fare altre attività, suggerisce un normale fenomeno di
campionamento delle attività attraverso la scelta di quella che permette di soddisfare
gli interessi, le competenze e gli obiettivi attuali (fare quello che fanno gli amici,
dimostrare l’abilità in uno sport, migliorare l’apparenza fisica).(Horn, 2002)
In contrasto con questi primi studi, negli anni ’90 le ricerche si focalizzarono
in particolare sul contesto sociale nel quale gli sport vengono praticati, correlandolo
con i motivi individuali alla partecipazione.
Una ricerca (Buonamano, Cei e Mussino, 1993) condotta in Italia su 2.589 giovani di
9-18 anni praticanti sport di squadra e individuali suddivisi in modo rappresentativo
sull’intero territorio nazionale, ha evidenziato ad esempio interessanti differenze in
relazione al livello socioeconomico e culturale delle famiglie. Sono stati classificati in
particolare quattro diversi livelli, in base al titolo di studio dei genitori, ed è stato
evidenziato uno sbilanciamento verso i livelli superiori. Fra i giovani che praticano
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sport organizzati, infatti: il 21% appartiene a famiglie con un elevato livello
socioculturale, il 44% con livello medio alto, il 21,5 con livello medio basso e il 13%
con livello basso. Inoltre maggiore è il livello culturale, maggiore è la propensione a
cambiare disciplina, maggiore l’età in cui si inizia a fare sport. Dai risultati di questa
indagine possiamo concludere che, sulla motivazione individuale pesano anche
fattori di carattere non strettamente psicologico, ma derivati dalla cultura di
provenienza.
Dopo aver descritto alcune ricerche che hanno indagato i motivi che
determinano il coinvolgimento sportivo e la cui carenza invece favorisce l’abbandono
sportivo, nei prossimi paragrafi esamineremo i maggiori modelli teoretici e
concettuali utilizzati nello studio dell’orientamento motivazionale e della condotta
sportiva.
1.2 Il modello dell’impegno sportivo
Le conclusioni secondo cui il divertimento e il piacere sono motivi dominanti per
la partecipazione sportiva, indussero Scanlan e i suoi colleghi a condurre una serie
di studi sulle fonti del divertimento in diversi campioni di atleti varianti per età,
genere, etnia e tipo di sport praticato (Scanlan, Carpenter, Schmidt, Simons &
Keller, 1993). I risultati rivelarono che, le interazioni sociali positive (con parenti,
allenatore e compagni di squadra), le percezioni di competenza e il riconoscimento
sociale della competenza, sono le principali cause determinanti del divertimento
sportivo.
In una sintesi di alcuni lavori sulle fonti del divertimento, Scanlan e Simons
(1992) introdussero il divertimento sportivo come un costrutto centrale, entro un
ampio modello concettuale sulla motivazione che chiamarono il modello dell’impegno
sportivo. L’impegno sportivo è definito come un costrutto psicologico che rappresenta
il desiderio e la decisione di continuare la partecipazione ad uno sport. Il fuoco è
sull’impegno come stato psicologico che sottolinea la condotta di perseveranza. Il
modello dell’impegno sportivo proposto da Scanlan e i suoi colleghi consiste in
cinque cause determinanti che accrescono o descrescono l’impegno sportivo: il
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divertimento, le alternative, gli investimenti personali, le costrizioni sociali e le
opportunità. Il divertimento, rappresenta la principale attrattiva dello sport ed è
definito come una risposta positiva che riflette sentimenti di piacere, di contentezza
e di soddisfazione. Le alternative riflettono l’attrattiva di altre attività che possono
competere con la continua partecipazione nell’attività corrente. Gli altri tre costrutti
rappresentano delle barriere all’interruzione di un impegno attuale. Gli investimenti
personali riguardano il tempo, lo sforzo e le risorse finanziarie che possono essere
perse se la partecipazione all’attività è discontinua. Le costrizioni sociali si
riferiscono alle pressioni percepite dagli adulti significativi e i pari che insinuano un
senso di obbligo a continuare l’impegno. Le opportunità sono i benefici attesi, offerti
dalla continua partecipazione ad uno sport, quali le amicizie, le interazioni positive
con gli adulti, la padronanza delle abilità e il condizionamento fisico. In accordo con
le predizioni originate dal modello dall’impegno sportivo queste cinque costrutti
dovrebbero incrementare l’impegno sportivo, mentre la percezione che altre attività
sono più attraenti, probabilmente diminuiscono l’impegno.
In uno studio condotto da Scanlan e colleghi, solo il divertimento e gli
investimenti personali predissero significativamente il livello dell’impegno sportivo
nei giovani giocatori di baseball e softball (Scanlan, Carpenter, Schmidt, et al.,
1993). Un predittore non significativo, l'opportunità di coinvolgimento, è invece
correlato moderatamente con l’impegno sportivo (r = .41) e il divertimento (r = .55).
Infine, le costrizioni sociali mostrano una relazione non significativa con l’impegno
sportivo.
Uno studio seguente, con più di 1.300 atleti (anni 10 – 19) in tre diversi sport, rivelò
che il divertimento, gli investimenti personali e le opportunità di coinvolgimento
sono predittori significativi dell’impegno sportivo. Contrariamente alle ipotesi del
modello, le costrizioni sociali si rivelarono correlate negativamente con l’impegno
sportivo. (Carpenter et al., 1993)
Dall’integrazione dei risultati dei precedenti studi, Carpenter (1992) modificò ed
estese il modello dell’impegno sportivo. Alcuni costrutti vennero aggiunti al modello,
in particolare due indici addizionali all’attrazione: una disposizione negativa allo
sport e la soddisfazione, le ricompense e i costi. Altre nuove variabili includono la