Capitolo 1
Aspetti teorici e metodologici
1.1 Le teorie sulla struttura nanziaria delle imprese
Esistono molteplici ricerche riguardanti la struttura del capitale dell’impresa, esse
si dierenziano in base all’importanza data ai diversi fattori che inuenzano la
scelta tra debito ed equity. Questi studi si sono mossi ai ni della determinazione
di una struttura che possa essere universalmente accettata come ideale.
Molto pi u realisticamente, si cerca di cogliere quale sia il comportamento ot-
timale in riferimento alla copertura nanziaria degli investimenti, data una serie
di variabili quali il volume e la tipologia delle attivit a dell’impresa, la struttu-
ra dell’organo di governance e le molteplici interrelazioni esistenti tra il sistema
impresa e i suoi interlocutori, nonch e tra questo e il suo sovrasistema di riferi-
mento
1
. Chiaramente la ricerca punta all’ottenimento di un riscontro empirico
mediante l’utilizzo di banche dati attentamente selezionate e l’individuazione di
modelli che possano aggiungere tasselli signicativi al mosaico complessivo.
1.1.1 Modigliani e Miller
La teoria della struttura del capitale in senso moderno nasce nel 1958 con le tesi
di Modigliani e Miller (MM).
Siano D ed E i valori di mercato del debito e dell’equity di un impresa, la
loro somma ci dice qual e il valore di mercato globale, V, di tutti i suoi titoli in
circolazione. Un ipotetico direttore nanziario userebbe la combinazione di fonti
di nanziamento che massimizzi V, ma secondo MM egli dovrebbe prendere in
considerazione la possibilit a che non esista una combinazione pi u favorevole di
altre, visto che in un mercato perfetto ogni combinazione e valida come qualsiasi
1
Si veda in proposito Panati,G., Golinelli G. (1988).
1
2 CAPITOLO 1. ASPETTI TEORICI E METODOLOGICI
altra
2
. La base concettuale di supporto alla teoria trae spunto dal cosiddetto
processo di arbitraggio, il quale, in un mercato di capitali perfetto, si oppone al
fatto che due attivit a di uguale valore possano essere vendute a prezzi dierentii.
In un siatto mercato, il processo di arbitraggio impedisce, pertanto, che i valori
di due o pi u imprese dieriscano solo in ragione di una diversa composizione
della struttura nanziaria. Infatti, ove i valori economici e i costi medi ponderati
del capitale di due imprese dierissero, gli investitori venderebbero i titoli il cui
prezzo fosse superiore rispetto al suo eettivo valore, per acquistare quelli di
uguale valore ma caratterizzati da un prezzo di mercato pi u basso, riportando in
tal modo il sistema in equilibrio.
Se avessimo due serie di ussi di cassa, A e B, il valore attuale di A +B
sarebbe pari al valore attuale di A pi u il valore attuale di B. Ma sappiamo che
il principio di additivit a del valore funziona anche nel verso opposto, quindi un
usso di cassa pu o essere diviso in molteplici parti ma i valori delle singole parti
potranno sempre essere sommati nuovamente per ritornare al valore originario. In
sostanza, il valore di un’attivit a rimane inalterato indipendentemente dalla natura
dei diritti vantati nei suoi confronti, perci o, si pu o tranquillamente aermare che
il valore dell’impresa e determinato nella parte sinistra del bilancio (attivit a reali)
e non dalla combinazione delle fonti di nanziamento. Non avr a importanza se il
debito dell’impresa sar a a breve o a lungo termine, con prelazione o postergato e la
scelta tra emettere azioni ordinarie o privilegiate sar a allo stesso modo irrilevante,
se e solo se, ipotizziamo che i mercati nanziari siano perfetti.
MM sostengono, ancora, che il costo del capitale di ogni impresa sia una
costante, indipendentemente dall’incidenza del debito
D
V
.
Siano r
D
ed r
E
il costo del debito e il costo del capitale, ovvero i tassi di
rendimento atteso del debito e dell’equity. Sappiamo che il rendimento atteso di
2
La celebre proposizione I di Modigliani e Miller e valida nch e gli investitori possono dare
e prendere a prestito personalmente alle stesse condizioni praticate alle imprese, essi in que-
sto modo possono neutralizzare gli eetti di qualsiasi modicazione della struttura nanziaria.
Inoltre e necessario che l’impresa operi su mercati di capitali perfetti, in assenza di asimmetrie
informative e che non esistano imposte sul reddito prodotto.
1.1. LE TEORIE SULLA STRUTTURA FINANZIARIA DELLE IMPRESE 3
un portafoglio e pari alla media ponderata dei rendimenti attesi dei singoli titoli.
Il rendimento atteso del portafoglio composto da tutti i titoli dell’impresa sar a:
r
A
=
D
D +E
r
D
+
E
D +E
r
E
Il rendimento atteso di tutte le attivit a e chiamato costo medio ponderato del capi-
tale (WACC, Weighted-Average Cost of Capital). Trasformando questa equazione
possiamo ottenere l’espressione del rendimento atteso dell’equity di un’impresa
indebitata:
r
E
=r
A
+
D
E
(r
A
r
D
)
La proposizione I aerma che il leverage nanziario non ha alcun eetto sulla
ricchezza degli azionisti mentre la Proposizione II di MM sostiene che, il tasso di
rendimento atteso delle azioni di un’impresa indebitata, aumenta in proporzione
al rapporto debito-equity
D
E
espresso in valori di mercato.
A questo punto, sarebbe pi u che lecito chiedersi se gli azionisti possano essere
completamente indierenti all’aumento della leva, visto che questa fa crescere
i rendimenti attesi, tuttavia sappiamo che ogni aumento dei rendimenti attesi
e totalmente controbilanciato da un aumento del rischio e quindi del tasso di
rendimento richiesto.
L’articolo del 1958 ha stimolato in modo rilevante la ricerca, infatti, questa
si e concentrata nello smentirne l’irrilevanza dal punto di vista teorico ed empi-
rico. Questi studi hanno mostrato che il teorema di Modigliani e Miller fallisce
sotto una variet a di circostanze. Gli elementi pi u utilizzati a tal ne prevedono
l’inclusione di ipotesi quali tasse, costi di transazione, costi del dissesto, selezio-
ne avversa, costi di agenzia, mancanza di separabilit a tra il nanziamento e le
operazioni delle societ a.
In difesa delle tesi di MM si e voluto, tuttavia, accettare il non-realismo della
descrizione di come le imprese nanzino le proprie operazioni, ma allo stesso tem-
po utilizzare le nozioni fondamentali come mezzo per capire il perch e dell’impor-
tanza dell’organizzazione del nanziamento. Di sicuro le due proposizioni hanno
inuenzato lo sviluppo assai precoce sia della teoria del trade-o sia dell’ordine
di scelta (pecking-order).
1.1.2 La teoria del trade-o
Abbiamo spiegato in precedenza, usando le proposizioni di Modigliani & Miller,
che, in un mercato nanziario eciente, raramente la politica del debito risulta
4 CAPITOLO 1. ASPETTI TEORICI E METODOLOGICI
importante. Se ci o fosse vero, i managers nanziari non dovrebbero interessarsi
all’argomento e i rapporti di indebitamento reali dovrebbero variare casualmente
tra le diverse imprese e da settore a settore. Tuttavia, sappiamo benissimo che
nella realt a la situazione non e cos semplice.
La versione originale della teoria del trade-o (TO) nasce dal dibattito sulle
tesi di MM modicate dall’inclusione della tassazione.
Il nanziamento tramite debito presenta un vantaggio importante nel sistema
di tassazione delle societ a di capitale. L’interesse che una societ a paga sul debito e
un costo scalmente deducibile ovvero esso riduce il gi a citato livello di tassazione.
Al contrario i dividendi, che costituiscono interamente il costo del capitale per
un’impresa che non ha debito, e gli utili trattenuti, non sono di norma deducibili
a ni scali. Gli interessi pagati agli obbligazionisti sfuggono alla tassazione a
livello di societ a. Se ipotizziamo che il debito di una societ a abbia maturit a
innita e quindi l’impresa versi in perpetuo, ai suoi creditori, un interesse pari al
costo del debito per l’ammontare preso a prestito, r
D
D, il benecio in termini di
tassazione sar a allora pari a c
(r
D
D) ovvero l’aliquota d’imposta marginale della
societ a moltiplicata per l’ammontare degli interessi attesi. Il valore attuale del
benecio scale del debito sar a:
VA
D
=
c
(r
D
D)
r
D
= c
D
La presenza di debito incrementa il valore dell’impresa per un ammontare pari
al valore attuale dei vantaggi scali che l’impresa trae dal debito
3
. La politica di
indebitamento che scaturisce da questa tesi ci dice implicitamente che le imprese
dovrebbero essere nanziate al 100% dai debiti.
Per uscire da questo vicolo cieco innanzitutto dobbiamo evitare di pensare
al debito come sso e perpetuo perch e e noto che la capacit a di sostenere un
determinato ammontare di debito muta al variare della redditivit a e del valore
dell’impresa. Inoltre, analizzando meglio i sistemi di tassazione delle societ a e
delle persone si scopre l’esistenza di uno svantaggio scale legato all’indebita-
mento delle imprese che di fatto neutralizza il valore attuale del benecio scale
del debito. Inne, si deve tenere conto degli altri costi a cui si espone una societ a
che usa il debito, come quelli del dissesto.
Introduciamo adesso oltre alle imposte societarie anche quelle personali e i
costi legati al dissesto.
3
IlVAD sarebbe minore se l’impresa non volesse mantenere il debito in modo permanente e
costante al livello pressato oppure se nel futuro non le fossero pi u concessi i beneci scali.
1.1. LE TEORIE SULLA STRUTTURA FINANZIARIA DELLE IMPRESE 5
Per imposte personali si intendono quelle pagate dagli obbligazionisti e dagli
azionisti
4
. L’obiettivo della societ a non sar a pi u quello di minimizzare il debito
d’imposta sui suoi redditi ma quello di minimizzare il valore attuale di tutte le
imposte.
Il dissesto si manifesta quando non si mantiene fede alle promesse fatte ai
creditori o le si rispetta con dicolt a; solo in alcuni casi il dissesto pu o portare al
fallimento. Questa situazione molto rischiosa comporta necessariamente dei costi
che sono dovuti alla preoccupazione degli investitori che si riette nel valore di
mercato dei titoli dell’impresa indebitata. I costi associati al dissesto dipendono
dalla sua probabilit a di vericarsi e dall’ammontare dei costi che andranno aron-
tati nel caso in cui eettivamente si verichi. I costi del dissesto si dicono diretti
se sono sostenuti in caso di fallimento e di riorganizzazione. Questi comprendono
costi legali, amministrativi, le spese di chiusura e le operazioni di cessione dei
beni. I costi sono indiretti se sono causati da costi di agenzia generati da con-
itti di interesse tra obbligazionisti e azionisti. Se un’impresa e in crisi, questa
e caratterizzata da un valore passivo superiore a quello attivo, se ci o accade, il
patrimonio diviene negativo e gli azionisti perdono la propriet a dell’impresa a
vantaggio dei creditori. E’ proprio questo passaggio di titolarit a dell’impresa che
pu o essere fonte di conitto. Non bisogna dimenticare, per o, che gli azionisti sono
titolari del diritto di essere inadempienti: quando un’impresa e in cattive acque,
la responsabilit a limitata permette agli azionisti di abbandonarla, sbarazzandosi
dei problemi a scapito dei creditori.
Supponiamo, adesso, che in caso di inadempienza dell’impresa X, le spese
legali e le consulenze professionali ammontino a 400e, questi vengono pagati li-
quidando le attivit a dell’impresa. Se il valore totale della societ a e di 1000 ei
creditori dovranno soddisfarsi con i restanti 600e. L’impresa X, emettendo de-
bito rischioso, ore ai professionisti ai quali si e rivolta, un diritto sull’impresa,
nel caso questa fallisca. Il valore attuale di mercato dell’impresa diminuisce di
un ammontare pari al valore attuale di questo diritto. Se l’impresa X si indebita
ulteriormente, dovr a promettere qualcosa in pi u ai bondholders. Di conseguen-
za aumenteranno le probabilit a di default e il valore attuale dei costi legati al
dissesto; in pi u si ridurra drasticamente il valore di mercato dell’impresa. I credi-
tori attenti, prevedendo questi costi sanno che saranno costretti a pagarli in caso
di inadempienza, perci o chiederanno in anticipo, quando l’impresa non e ancora
4
In Italia a livello personale, interessi, dividendi e capital gains sono tassati con la stessa
aliquota, il 12; 5%. I capital gains sono tassati quando si realizzano e non quando maturano,
quindi, l’aliquota d’imposta personale sul reddito da azioni sar a minore di quella sugli interessi
tanto maggiore e la quota dei redditi azionari che gli investitori ottengono tramite il capital
gain.
6 CAPITOLO 1. ASPETTI TEORICI E METODOLOGICI
inadempiente, un tasso di interesse maggiore. Un meccanismo simile comporta la
riduzione sia dei rendimenti ottenuti dagli azionisti sia del valore delle loro azioni.
Il graco mostra come il trade-o fra beneci scali e costi del dissesto con-
duca alla struttura nanziaria ottimale
5
. Il valore attuale del benecio scale
aumenta all’incrementare dell’indebitamento. Quando l’impresa contrae un am-
montare di debito troppo elevato, la probabilit a del dissesto cresce rapidamente
ed i relativi costi incidono sempre di pi u sul valore dell’impresa. Il manager -
nanziario dovrebbe scegliere, quindi, il rapporto di indebitamento che massimizzi
il valore dell’impresa e questo e raggiunto quando il valore attuale dei risparmi
scali viene compensato dall’incremento del valore attuale dei costi del dissesto.
La letteratura schematizza la teoria TO soermandosi in un primo momen-
to sull’individuazione del livello ottimale di leverage; questa e una fase che si
completa in un solo periodo e viene denominata teoria TO statica. Nel periodo
successivo, l’impresa pu o scegliere di convergere verso il livello individuato e mo-
strare, perci o, in maniera dinamica, un comportamento di aggiustamento verso
l’obiettivo.
Molti autori per presentare la variante statica della teoria del trade-o intro-
ducono il modello standard di Bradley et al. (1984)
6
.
5
Il graco e tratto dal testo Brealey R. A., Myers S. C., Allen F., Sandri S. (2007).
6
Il modello contiene alcuni elementi importanti del sistema scale attuale degli Stati Uniti.
Si veda Bradley, M., G. Jarrell, and E.H. Kim (1984).
1.1. LE TEORIE SULLA STRUTTURA FINANZIARIA DELLE IMPRESE 7
In questo modello gli investitori sono neutrali nei confronti del rischio e i titoli
vengono tassati alla ne del periodo considerato mediante un’aliquota progressiva,
mentre dividendi e guadagni in conto capitale sono tassati con un’aliquota ssa.
La ricchezza delle imprese e tassata secondo un’aliquota marginale costante.
L’impresa pu o dedurre i pagamenti degli interessi, sono inclusi infatti nel modello
i cosiddetti non debt tax shields (ndts), forme di elusione scale alternative al
debito, quali, per esempio, agevolazioni scali sugli investimenti e sulle spese in
ricerca e sviluppo che aumentano la probabilit a, per un’impresa, di non poter
usufruire pienamente della deducibilit a degli interessi passivi pagati sul capitale
preso a prestito. Inne, e presente l’ipotesi classica in cui l’impresa e incapace di
pagare i debiti ed e costretta a sostenere costi del dissesto.
Date queste ipotesi, il modello fornisce una rappresentazione analitica che in-
dividua il livello ottimale del debito operando una razionalizzazione degli eetti
che i costi ed i beneci, di cui sopra, hanno sul livello ottimale del debito. In sin-
tesi, l’aumento dei costi del dissesto, delle deducibilit a extra-debito, dell’aliquota
marginale dell’investitore e la diminuzione dell’aliquota sul patrimonio riduce il
livello ottimale del debito dell’impresa.
De Angelo e Masulis (1980) hanno evidenziato che gli eetti dei non-debt tax
shields assumono maggiore rilevanza nelle imprese caratterizzate da ampie spese
in R&D e da elevati volumi d’investimento mentre il pieno operare del vantaggio
scale oerto dal debito meglio si adatta ad imprese che dispongono di elevato
reddito imponibile e poche opportunit a di investimento.
Avendo un’identit a uniperiodale, il modello non considera il ruolo degli utili
non distribuiti e l’interpretazione di comportamenti di convergenza verso la me-
dia, perci o il mondo accademico ha cercato altrove le risposte dedicandosi alla
specicazione di una teoria TO dinamica. La teoria dinamica considera il ruolo
del tempo e lega le scelte ottimali di nanziamento di un’impresa alle sue previ-
sioni di guadagno per il periodo successivo. I primi modelli dinamici introducono
l’incertezza senza considerare i costi di transazione.
7
. Questi in seguito vengo-
no introdotti da Fischer et al. (1989) e ci portano a parlare non pi u di livello
ottimale ma di intervallo, al di fuori del quale avviene la convergenza.
La teoria TO riconosce che i rapporti di indebitamento possono variare fra le
diverse imprese. Le societ a con attivit a tangibili e con abbondante reddito impo-
nibile dovrebbero tendere verso alti indici di indebitamento, mentre, quelle che
se la passano peggio e caratterizzate da attivit a intangibili e rischiose dovrebbero
adarsi principalmente all’equity. Se la modicazione della struttura del capitale
7
Kane A., Marcus A.J., McDonald R.L.(1984).
Brennan M.J., Schwartz E.S. (1984).
8 CAPITOLO 1. ASPETTI TEORICI E METODOLOGICI
non comportasse costi, il rapporto di indebitamento di ciascuna impresa coincide-
rebbe con quello ottimale, ma sfortunatamente, esistendo, tali costi comportano
dei ritardi nell’avvicinarsi al punto di ottimo. A dierenza della teoria modicata
di MM, che guarda positivamente all’indebitamento illimitato, la teoria TO evita
le posizioni pi u estreme. Cerca di chiarire le dierenze di struttura nanziaria tra
i diversi settori ma non riesce a spiegare perch e le societ a di successo non fanno
un ricorso eccessivo al debito.
1.1.3 L’ordine di scelta
Quando un’impresa annuncia un aumento del dividendo ordinario, il prezzo delle
azioni di solito aumenta, perch e gli investitori interpretano l’avvenimento come
un segno della ducia del management negli utili futuri. Se i manager dispongono
di maggiori informazioni, conoscono meglio prospettive, rischi e valori dell’impre-
sa; l’aumento del dividendo trasferisce informazioni dai manager agli investito-
ri. L’informazione asimmetrica inuenza la scelta tra nanziamento interno ed
esterno e tra debito ed emissione di azioni.
La teoria dell’ordine di scelta nelle decisioni di nanziamento deriva da Myers
e Majluf (1984). Essi prendono, come esempio di base, una societ a caratterizzata
da asset-in-place e buone opportunit a di crescita che cerca nanziamenti. Myers
e Majluf, inoltre, assumono che i mercati nanziari siano perfetti, ad eccezione
dell’informazione che e, come detto, asimmetrica. Gli investitori non conoscono
il vero valore delle attivit a esistenti o le nuove opportunit a, quindi non possono
valutare esattamente le azioni emesse per nanziare un nuovo investimento. L’an-
nuncio di nuova emissione di azioni potrebbe rappresentare una buona notizia per
gli investitori se rivela un’opportunit a di crescita con VAN positivo. Allo stesso
tempo, potrebbe anche essere una cattiva notizia se i dirigenti stanno cercando
di emettere azioni overvalued.
Se i manager agiscono nell’interesse degli azionisti esistenti, si riutano di emette-
re azioni undervalued a meno che il trasferimento di valore sia pi u che compensato
dal valore attuale netto dell’opportunit a di crescita.
Myers e Majluf derivano un equilibrio in cui le imprese possono emettere
azioni, ma solo a prezzi bassi. Il prezzo delle azioni scende, non perch e la domanda
degli investitori e inelastica, ma a causa dell’informazione legata all’emissione di
azioni.
Supponiamo che l’impresa possa emettere debito o equity per nanziare i
nuovi investimenti. Il debito ha il diritto di prelazione sugli assets e sui guadagni,
l’equity ha diritto residuale, quindi, i bondholders sono meno esposti agli errori
1.1. LE TEORIE SULLA STRUTTURA FINANZIARIA DELLE IMPRESE 9
nella valutazione dell’impresa. L’annuncio di un’emissione di debito dovrebbe
dare, al prezzo delle azioni, una minore spinta verso il basso rispetto all’annuncio
di un equity issue.
L’ emissione di debito minimizza il vantaggio informativo del manager.
Il gestore ottimista, se pensa che le azioni dell’impresa siano sottovalutate, sce-
glier a di emettere debito. Se il debito e un’alternativa possibile, allora qualsiasi
tentativo di vendere azioni riveler a che i titoli non sono un acquisto conveniente.
L’informazione asimmetrica favorisce l’emissione di debito, perch e, se il mana-
gement conosce meglio la situazione in cui versa l’impresa e gli investitori sono
razionali, allora l’impresa che pu o sostenere un indebitamento lo far a, piuttosto
che scegliere l’emissione di azioni che eliminerebbe la convenienza della manovra
di nanziamento. L’emissione di debito sembra essere in cima all’ordine di scelta.
Bisogna comunque precisare che non e tutto cos semplice ed automatico, infatti,
se pensiamo ad un impresa gi a pesantemente indebitata che rischia il dissesto,
l’emissione di azioni non sarebbe una notizia cos cattiva.
La descrizione della teoria del pecking order (PO) e parafrasata da Myers
(1984) in questo modo:
innanzitutto le imprese preferiscono il nanziamento interno (le asimmetrie
informative sono assunte come rilevanti solo per i nanziamenti esterni);
tentano di evitare variazioni improvvise dei dividendi e adattano il rapporto
di distribuzione degli utili-obiettivo alle loro opportunit a di investimento;
se i ussi di cassa generati dalla gestione risultano superiori alle spese per
investimenti, l’impresa decider a di rimborsare il debito o investir a in ti-
toli negoziabili. Se sono inferiori user a la liquidit a gi a disponibile oppure
vender a i suoi titoli negoziabili;
se e richiesto un nanziamento esterno, le imprese agiranno vendendo ini-
zialmente i titoli pi u sicuri, emetteranno debito, poi useranno titoli ibridi e
inne, le azioni.
La scelta del nanziamento interno, tipica delle public corporations, e la re-
lativa sporadicit a di emissioni azionarie eettuate da imprese aermate, e stata
lungamente attribuita alla separazione tra propriet a e controllo oltre al desiderio
di voler evitare le regole dei mercati azionari. Myers e Majluf, invece, suggeri-
scono una diversa spiegazione. Il manager che vuole massimizzare il valore di
mercato eviter a l’ external equity nancing se possiede informazioni migliori ri-
spetto agli investitori esterni razionali. La teoria PO ci suggerisce che le imprese