Metodi di analisi delle fondazioni consolidate con jet grouting
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1. INTRODUZIONE
Il jet grouting è una tecnica di consolidamento che ha riscosso notevole successo negli
ultimi decenni trovando impiego in svariati campi dell’ingegneria civile.
Essa consiste nell’iniettare ad alta pressione un fluido, generalmente costituito da acqua
e cemento, a notevole profondità mediante una batteria di aste alla cui estremità sono
praticati dei fori nel numero e nelle dimensioni volute.
Lo scopo del jet grouting è quello di creare nel terreno una colonna pressoché cilindrica
costituita da un materiale, il cosiddetto soilcrete, di caratteristiche meccaniche
intermadie tra quelle del terreno e quelle del cemento indurito.
I fenomeni ascrivibili al getto in pressione sono quelli dell’erosione, dello scalzamento e
della permeazione dei terreni, a seconda del litotipo interessato dal trattamento ed
attraverso delle modalità d’esecuzione variabili secondo i sistemi d’iniezione
monofluido, bifluido e trifluido.
Grazie alla versatilità della tecnica (impiegata in operazioni di rinforzo,
impermeabilizzazione e rivestimento temporaneo) ed alla velocità d’esecuzione della
colonna, spesso viene preferita ai più tradizionali pali.
Gli schemi attualmente pervenuti per le colonne sono di due tipi: geometrie a colonne
compenetrate (Croce et al.,1990), volte alla realizzazione di veri e propri setti che
garantiscano un’elevata capacità portante ed buona risposta nei confronti di
sollecitazioni orizzontali limitando fortemente i cedimenti, e schemi a colonne
distanziate che riproducono le ben note palificate.
Questa seconda soluzione trova conferma in numerosi articoli di letteratura in cui
vengono citate diverse opere per le quali il jet grouting ha rappresentato una valida
soluzione in termini di rinforzo di fondazioni preesistenti (Popa, 2001; Maertens and
Maekelber, 2001;Shibazaki and Ohta,1982;Garassino,1983) sia in termini di fondazioni
ex novo (Perrelli e Tornaghi,1985;Saglamer, et al. 2001;Falcao,2001).
Numerose ricerche condotte nel corso degli anni hanno portato a sostenere che
effettivamente le colonne di jet grouting garantiscono un evidente miglioramento in
termini di carico limite per il collasso, rispetto ai pali, manifestando una risposta molto
più rigida in grado di contenere i cedimenti. Ciononostante l’evidenza sperimentale ha
riscontrato una variabilità delle caratteristiche geometriche e meccaniche della colonna
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fortemente legata ai litotipi trattati ed alla mutevole risposta meccanica locale che il sito
manifesta a diverse profondità.
Per questo, voler studiare la colonna di jet grouting in termini deterministici comporta
una semplificazione ingiustificata ed è, quindi, necessario rifarsi a modelli probabilistici
e a risultati sperimentali di campi prova, sottoponendoli ad un’analisi di tipo statistica.
Il presente lavoro nasce con lo scopo di poter fornire al lettore uno strumento analitico
in grado di prevedere il comportamento della singola colonna e l’interazione reciproca
che sussiste in riferimento allo schema geometrico a “palificata”, in cui le colonne sono
poste ad interasse maggiore rispetto al diametro medio.
Questo è stato possibile grazie ai risultati sperimentali del campo prove di Bojszowy
(Polonia, 2006) reperiti in letteratura che, per numero di informazioni e test eseguiti,
sono sicuramente unici nel loro genere.
In seguito ad una fase preliminare di calibrazione, eseguita con l’ausilio di codici FEM,
e sulla scorta di leggi sperimentali di comprovata validità, elaborate per pali trivellati di
grande diametro, si è pervenuti alla definizione di un modello applicato con ottimi
risultati anche ad un altro campo prova, quello di Maertens e Maekelberg del 2001.
A conclusione dell’analisi è riportata un’applicazione numerica che simuli il
comportamento di una piastra circolare fondata su colonne di jet grouting in cui, oltre al
collasso interno del soilcrete, si è tenuto conto del collasso del sistema rispetto ai
cedimenti secondo un’assunzione convenzionalmente accettata nel caso dei pali.
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2. CAMPO PROVA
L’attività sperimentale condotta in Polonia nel sito di Bojszowy Nowe ha riguardato
alcune colonne di jet grouting sottoposte a prove di carico e sfilamento.
La durata del campo prove è stata di quasi due anni, dall’Agosto 2006 al Maggio 2008,
prevedendo più fasi di studio a partire dall’analisi geognostica del sito, sino alle prove
di carico eseguite per una precisa distribuzione in pianta delle colonne.
Lo schema di lavoro ha previsto la realizzazione di 13 colonne, di cui 9 rinforzate con
armatura metallica della lunghezza di 11.5 m e disposte perimetralmente secondo una
maglia quadrata di lato pari a 5 m, e 4 della lunghezza di 7 m oggetto di studio.
La Fig.(2.1) riporta la ditribuzione delle colonne del sito corredata dalle prove
geotecniche eseguite nel corso del campo prove.
Fig. 2.1- Layout del sito con localizzazione dei test CPTU,SPT e DMT e profilo delle colonne
(da Bzòwka,2009)
Con la lettera K sono contrassegnate le colonne con funzione ausiliaria di ancoraggio ai
fini della prova di carico, le quattro colonne P1,P2,P3 e P4 rappresentano le colonne
sottoposte a prova.
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2.1. CARATTERISTICHE DEL SOTTOSUOLO
2.1.1. STRATIGRAFIA
Osservando la Fig.2.1 si nota una variabilità temporale delle prove in situ secondo tre
diversi stage pianificati con l’intento di ricavare il maggior numero di informazioni
possibili sull’interazione colonna-terreno nel corso della vita del campo prove.
La prima fase d’analisi si è sviluppata nel mese di Agosto del 2006 allo scopo di
indagare le caratteristiche del sottosuolo indisturbato.
La seconda fase ha avuto inizio in seguito alla realizzazione delle colonne, trascorso un
periodo minimo che potesse garantire l’indurimento del soilcrete ed il ripristino delle
condizioni di equilibrio del sito, nel mese di Febbraio del 2007.
La terza fase è iniziata subito dopo l’esecuzione delle prove di carico nel mese di
Maggio del 2008.
La quantità di dati e risultati delle prove in situ è sufficiente ai fini del riconoscimento
del sottosuolo, ciononostante è necessario pesare le differenti informazioni con un
approccio critico legato alla fase analitica di derivazione (se prima o dopo la
realizzazione delle colonne ).
Quanto detto risulta evidente se si pensa che le diverse operazioni di perforazione prima
ed iniezione poi, caratteristiche della tecnica di consolidamento trattata, inducono entro
il terreno circostante la colonna una variazione dello stato tensionale.
Fondamentalmente queste variazioni sono apprezzabili a distanza non molto elevata in
seguito all’indurimento del soilcrete e sono funzione del tipo di tecnica e dei parametri
meccanici che caratterizzano l’operazione di iniezione.
E’ ancora più evidente quanto detto se analizziamo i risultati della terza fase, successiva
alle prove di carico, sia di compressione che di sfilamento, che inducono una forte
modifica dei parametri meccanici originari del sito e comportano un compattamento
naturale.
Questo risultato non deve essere interpretato nell’ottica di una fedele caratterizzazione
geotecnica del sito quanto nello studio dei parametri meccanici nella loro variabilità nel
corso del campo prove. E’ per questo che le informazioni deducibili dalle prove
eseguite nelle ultime due fasi analitiche saranno semplicemente richiamate a scopo
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comparativo rispetto a quelle della prima fase, dato che a parità di stratificazioni
possono riportare stati di addensamento diversi da quello originario.
E’ la prima fase ad assicurarci la giusta lettura della stratigrafia del sito poiché ha
previsto una serie di test e sondaggi protrattisi per alcuni giorni nel corso del mese di
giugno del 2006, quindi sicuramente prima che avessero inizio le fasi realizzative.
I punti in cui sono state eseguite queste prove sono riportati in Fig.2.1 come 1, 1a, 1b ed
1c.
Si riporta di seguito per comodità una tabella che riconosce per ogni verticale il tipo di
dati a disposizione dal campo prove.
Verticale Dati a disposizione
1
Sezione trasversale 1-1a
Prova CPTU
1a
Sondaggio a carotaggio continuo
Sezione trasversale 1-1a
Prova SPT
Prova CPTU
1b Prova CPTU
1c
Prova CPTU
Prova DMT
Tab. 2.1- Test eseguiti
L’operazione più delicata, in questa fase geognostica, è quella di adottare un metro di
analisi che risponda ad una precisa logica di studio e confronto di tutti i dati e che possa
coerentemente condurre verso il risultato più verosimile, sebbene le dovute
approssimazioni fatte rispetto il grado di approfondimento richiesto dallo studio.
E’ necessario procedere con la massima accortezza e precisione poiché i valori ricavati
dall’analisi costituiranno il campione di dati su cui calibrare il modello di calcolo che
s’intende ottenere e di cui si tratterà nei successivi capitoli.
Secondo questa logica si è pensato di analizzare i dati del campo prove, interpretati
secondo il sistema di classificazione offerto dal Department of Geotechnics of
Agricultural Academy in Poznań , sottoponendoli ad un ulteriore validazione, quella
offerta dai più comuni metodi e diagrammi di comprovata validità, in modo da avere
una diversa chiave di lettura che ci permetta di stabilire, non senza le opportune
semplificazioni, l’esatta stratigrafia del sito.
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In particolare, nella lettura dei risultati delle prove CPTU si è fatto ricorso al noto
diagramma di Robertson (1990) che riconosce una stretta correlazione tra i due
parametri d’ingresso, resistenza alla punta qc e friction angle Rf, e la tipologia di terreno
ad essi associata.
Fig. 2.2- Grafico di Robertson(1990)
Relativamente all’unica prova SPT a disposizione l’analisi è condotta in riferimento agli
usuali range di appartenenza degli NSPT rispetto al tipo di terreno.
Per quanto riguarda la prova DMT ci si è rifatti all’interpretazione grafica
dell’andamento di ID, indice di materiale.
Si riporta di seguito lo studio condotto volendo soffermare la nostra attenzione su ogni
singola verticale.
Verticale 1
La stima dei parametri qc ed Rf è stata eseguita coerentemente rispetto alla suddivisione
in strati riportata nella prova. Questo ci consente non solo di avere a disposizione una
più rapida individuazione dei tratti a qc pressochè costante ma anche di poter
confrontare esattamente gli stessi strati di terreno riportati nel documento.
La valutazione dei rispettivi Rf è stata dedotta graficamente in corrispondenza di ogni
range di qc.
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Fig.2.3- Confronto Robertson/CPTU
Dal confronto dei risultati ottenuti ritroviamo una stretta corrispondenza tra i litotipi.
La sola differenza sta nel fatto che il diagramma di Robertson non è stato ragionato in
termini di stato di addensamento dei materiali poiché questo dato è noto solo a partire
dalla conoscenza di ulteriori parametri di stato (indice dei vuoti e) o, come in questo
caso, sulla base dell’esatto andamento di qc con la profondità.
E’ per questo che ai tratti “sabbia/sabbia limosa” non corrisponde effettivamente la
presenza di lenti di limo (sarebbero state facilmente individuabili da una repentina
diminuizione dell’andamento di qc con la profondità) ma uno stato di addensamento più
sciolto (Dr<0.6).
Fig. 2.4- Sezione 1-1a (da Bzòwka,2009)