La nostra teoria è che il Chiapas sia un caso importante, ma il governo
messicano strumentalizzi la rivolta per lucrare: la spesa militare è raddoppiata
dal 1994(da 18 miliardi di dollari a 40), soldi erogati dal governo statunitense;
quindi il governo de Los Pinos non è interessato a risolvere il problema, che
significherebbe niente più soldi stranieri.
La povertà è il commercio più redditizio.
Come già accennato, dal 1982 il Messico cambia rotta; lo statalismo ad
oltranza fa spazio ad un liberismo selvaggio, con la benedizione degli USA.
Liberismo che sfocia nel NAFTA.
La nostra teoria è che non sia il NAFTA la causa del cambiamento, bensì una
conseguenza. Una congiuntura storica ha fatto si che elementi di portata
internazionale, hanno permesso questo cambiamento: l'indebitamento statale
messicano che impone un cambio di rotta, la presidenza di Salinas, educato
negli USA, la fine della guerra fredda e il Presidente Bush che guarda con
favore verso il Messico. Tutti questi aspetti hanno portato il Messico ad aprire
il proprio sistema e guardare verso nuovi modelli economici e politici.
L'unica costante che accomuna il vecchio Messico con il nuovo è la droga.
Questa continua ad essere il busisness più florido che vede coinvolti tutti, da
politici a poliziotti fino alle alte cariche dello stato. In realtà vi è stato un
incremento del giro d'affari legato a l'evolversi della situazione internazionale.
La caduta di Medellin, la capacità di alcuni narcotrafficanti messicani di
mettersi in proprio, hanno fatto si che il 75% della cocaina che entra negli
States sia di produzione messicana.
Il “nuovo” Messico è un paese contraddittorio che cerca di cambiare, ma
presenta problematiche ataviche; nuovo solo apparentemente, la morale della
storia è che i popoli indigeni continuano ad essere sottomessi in nome di un
potere di matrice occidentale, cosi come le classi povere rimangono nella
stessa situazione in cui si trovavano. Non è un problema di sistema politico,
tra socialismo e liberismo, bensì tra potenti e deboli; chi ha il potere è per
3
definizione conservatore trascendendo ogni ideologia, i sistemi ideologici
hanno solo una natura pragmatica, cioè di contingenza storica, anche se delle
differenze vi sono queste sono più legate ai singoli uomini che imprimono una
direzione anziché un'altra.
Il Messico è la risultante degli uomini che si sono succeduti al potere, e delle
vicende storiche che hanno interessato il mondo nel ventesimosecolo.
4
1. LA RIVOLUZIONE MESSICANA
Le premesse
La rivoluzione messicana inizia nel 1910, ma soltanto nel 1917, dopo sette anni di
violenze, viene promulgata una costituzione nella quale erano enunciati gli obiettivi
che un potere statale sempre più esteso avrebbe gradualmente cercato di attuare.
È così che, negli anni venti, per ricostruire il paese devastato dalla guerra civile
vengono istituite la Banca del Messico e le Commissioni nazionali per l'irrigazione e
le strade; nel 1929, per evitare il ritorno della guerra civile, viene fondato il Partido
Nacional Revolucionario (più tardi Partido Revolucionario Institucíonal), che negli
anni trenta intraprende un'estesa riforma agraria.
Soltanto negli anni quaranta, tuttavia, il governo è stato in grado di incentivare il
decollo industriale del paese mediante un'adeguata politica di sovvenzioni. Negli anni
sessanta molti messicani ritenevano che occorresse dare al paese un nuovo indirizzo,
per andare oltre la « soluzione politica» perseguita fra i1 1910 e i1 1930, la «
soluzione sociale » degli anni trenta e la « soluzione economica » degli anni quaranta
e cinquanta.
1
Fra il 1960 e il 1970, l'obiettivo da raggiungere diviene pertanto la
cosiddetta « soluzione bilanciata », ma l'evidente fallimento del tentativo ha portato, a
partire dal 1970, alla « fase statalista » della « rivoluzione permanente ». Per
giustificare la continuità al potere del Partido Revolucionario Institucional, il governo
ha dovuto via via individuare, o addirittura creare, tutta una serie di crisi tali da
1 A.Aruffo, Messico rivoluzionario.Da Zapata al Chiapas, Roma 1995
5
esigere la sua permanenza alla direzione dello stato fino al momento in cui la
costituzione del 1917 possa dirsi pienamente attuata e l'intera popolazione messicana
goda di un generalizzato benessere.
2
In linea teorica, si potrebbero considerare tali crisi non come segni del fallimento
della rivoluzione, ma come stimoli indispensabili per far progredire il Messico verso
livelli sempre più elevati di sviluppo nel corso di anni in cui la popolazione del paese
è passata dai 15 milioni nel 1910 ai 75 milioni del 1982.
L'indipendenza che il Messico aveva raggiunto nel 1821 non è stata preceduta dalla
creazione di solide infrastrutture economiche e politiche, come è invece accaduto nel
caso di quegli Stati Uniti ai quali i messicani si paragonano, ma è stato il risultato di
una caotica guerra civile scoppiata nel 1810 e conclusasi con l'affermazione di quelle
forze che avevano dapprima osteggiato le aspirazioni indipendentistiche. È stata la
rivoluzione del 1820 in Spagna a convincere infine i conservatori spagnoli delle
colonie del fatto che avrebbero potuto difendere i loro privilegi soltanto se avessero
operato una rottura con le riforme liberali che si venivano attuando nella
madrepatria.
3
Economicamente e politicamente impreparato all'indipendenza, il Messico precipita
in una lunga guerra civile, che causa la rovina della produzione d'argento, che
costituisce la base della sua ricchezza economica.
La distruzione delle miniere scoraggia gli investimenti e toglie ogni credibilità al
sistema creditizio messicano, permettendo nel contempo agli Stati Uniti di affermarsi,
a spese del Messico, come importanti produttori d'argento. Tra le conseguenze più
gravi delle guerre civili che sconvolsero il Messico dopo l'indipendenza vi furono nel
1841, la perdita di metà del territorio (compresa la California col suo oro, col quale
sarebbe stata finanziata l'industrializzazione degli Stati Uniti) e, fra il 1853 e il 1867,
una serie di disastrosi conflitti fra stato e chiesa per il controllo e la proprietà delle
terre.
2 A.Aruffo, op.cit.
3 F.Katz, Revuelta, rebelión, revolución. La lucha rural en México del siglo XVI al XX, México 1990.
6
Soltanto la dittatura di Porfirio Díaz (1876-1911) riuscì a riportare l'ordine nel paese
in nome dell'ideologia del progresso.
Impostosi con lo slogan « pane o bastone » Díaz pone fine al caos in cui è
precipitato il Messico sin dal giorno dell'indipendenza, e riusce a bloccare la lunga
depressione economica iniziata con la rovina delle miniere d'argento.
Dando per la prima volta al paese una legislazione creditizia, finanziaria e
commerciale, il dittatore getta le basi della ripresa economica.
Giocando abilmente sul complesso d'inferiorità che buona parte della classe dirigente
messicana prova nei confronti degli Stati Uniti, alla prosperità dei quali si suole
sfavorevolmente paragonare l'arretratezza materiale del Messico, Díaz cerca di
rimediare agli svantaggi geografici del paese con la costruzione di ferrovie che
mettessero in comunicazione gli altipiani dal clima temperato in cui si concentra la
maggior parte della popolazione con le pianure tropicali funestate dalle malattie
endemiche. Queste ultime, peraltro, devono attendere gli anni trenta, con la diffusione
dei frigoriferi e dei sulfamidici, per raggiungere un accettabile livello di abitabilità.
Privo, a differenza degli Stati Uniti, di un agevole sistema di trasporti costieri, il
Messico si è mostrato particolarmente esposto ai colpi della concorrenza
internazionale da quando la domanda di prodotti agricoli e industriali statunitensi
aveva superato quella dei suoi prodotti minerari, che hanno a loro volta perso
competitività rispetto a quelli del potente vicino.
A1 tempo di Díaz, tuttavia, le esportazioni agricole e minerarie resero possibile la
ripresa economica e attrassero quei capitali esteri che sono alla base
dell'industrializzazione del paese. Sempre nell'intento di stimolare l'economia, il
dittatore decise di risolvere il conflitto per la terra, che continuava sin dagli anni
dell'indipendenza, scartando la soluzione liberale, che mirava a incoraggiare la media
proprietà rurale, e favorendo invece lo sviluppo della grande hacienda, eredità della
colonizzazione spagnola.
La politica di Díaz costò gravi sofferenze ai contadini e consentì ai grandi
imprenditori urbani e rurali di arricchirsi a spese delle masse; ciò nondimeno, furono
7
gettate le basi per lo sviluppo delle classi medie, che nel 1895 rappresentavano 1'8%
della popolazione messicana.
Rivoluzione e ricostruzione, 1910-1930.
Nel 1910 le classi medie in ascesa e i ceti imprenditoriali economicamente potenti,
vedendosi privati di ogni influenza politica, decidono di sbarazzarsi della dittatura e
di optare per la democrazia politica, che sembra essere il fondamento dei successi
economici di paesi come gli Stati Uniti e l'Inghilterra.
Lo stesso Díaz, d'altronde, ha conquistato la presidenza con la parola d'ordine, presto
dimenticata « Suffragio universale, non rielezione! ».
II crac finanziario del 1907 ha fatto sì che una parte dei più ricchi possidenti
incontrasse serie difficoltà nel rimborsare i prestiti.
Nello stesso tempo, sulle masse rurali si facevano sentire in tutta la loro ampiezza gli
effetti della politica di Díaz a favore del latifondo, che ha incorporato un quarto della
superficie coltivabile del paese.
4
Se a ciò si aggiungono il lungo declino della media
proprietà terriera e quello dei salari reali dei lavoratori agricoli si può comprendere
come ampi settori urbani e rurali avessero motivo di sostenere alle elezioni
presidenziali del 1910, la candidatura di Francisco Madero, che presenta un
programma di pacifiche riforme politiche.
Evaso dal carcere in cui è stato richiuso perché non partecipasse alle elezioni,
Madero incita alla rivoluzione contro il vecchio dittatore.
Nel 1911, dopo che i rivoluzionari ebbero conquistato Ciudad Juarez, Díaz
comprende che il suo esercito non è più in grado di combattere e acconsente a
dimettersi.
4 F.Katz, op.cit.
8
Una volta eletto presidente, però, Madero non si rende conto del fatto che non basta
eleggere un nuovo governo per dare una risposta a chi chiede lo smantellamento del
sistema delle haciendas che Díaz aveva incoraggiato.
Alla testa del movimento che si batte per la restituzione delle terre ai precedenti
proprietari si pone Emiliano Zapata.
5
Gli investitori stranieri si sentirono minacciati e l'ambasciatore americano Henry
Lane Wilson pilota nel 1913 il rovesciamento di Madero da parte del generale
Victoriano Huerta.
Inorridito dall'assassinio di Madero, il nuovo presidente Woodrow Wilson (soltanto
omonimo dell'ambasciatore) richiama, però a Washington lo sleale diplomatico e si
sforza di spiegare ai messicani che li Stati Uniti non avrebbero accolto con favore gli
attacchi alla democrazia. Seguirono quattro anni di guerra civile, durante i quali le
armate rivoluzionarie di Venustiano Carranza, Francisco (Pancho) Villa, Alvaro
Obregón ed Emiliano Zapata formarono fra loro instabili coalizioni fino alla vittoria
di Carranza, appoggiato da Obregon. Quest'ultimo impose successivamente a
Carranza la promulgazione di una costituzione dai contenuti molto avanzati rispetto
ai tempi, che però il presidente attuò soltanto in minima parte.
La costituzione del 1917 non si limita infatti a vietare la rielezione dei presidenti, ma
prevede fra l'altro la riforma agraria, la tutela dei diritti dei lavoratori (compreso
quello di partecipare agli utili delle imprese) e la laicità della scuola. Si dichiara che
lo stato è il proprietario del sottosuolo e, quindi, delle ricchezze minerarie, e gli si
affida il compito di ricostituire e salvaguardare gli ejidos, le comunità agricole di
villaggio, ma vengono anche garantiti i diritti della proprietà privata.
La pressione degli interessi locali e stranieri che si sentono minacciati e il costante
pericolo di un intervento statunitense ha comunque l'effetto di ritardare per anni le
leggi di attuazione del dettato costituzionale, mai peraltro ratificate dai trentadue stati
della confederazione messicana.
6
5 Zapata era un contadino senza alcuna preparazione militare o un credo politico, la rivolta fu sontanea e anarchica
nel senso più genuino del termine.Zapata fu il vero eroe della rivoluzione.
6 A.Córdoba, La ideolgía de la revolución mexicana. La formación del nuevo régimen, México 1973
9