VI
Tale relazione tra precarietà occupazionale e cattive condizioni di lavoro ha posto il problema di
apprestare adeguate forme di tutela in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, al fine di
evitare che due diritti fondamentali, quello al lavoro e alla salute, diventino tristemente alternativi.
Dal punto di vista del suo “impatto previdenziale” la legge 30 e il decreto attuativo non sembrano
contenere una regolamentazione previdenziale per così dire esaustiva delle nuove fattispecie
lavorative.
Una particolare attenzione è dedicata al delicato problema di ripartizione delle competenze tra Stato
e Regioni che la riforma del mercato del lavoro indiscutibilmente pone. Bisogna stabilire se le
norme introdotte con la riforma non invadano le competenze in ambito giuslavoristico che la
revisione del Titolo V della Costituzione ha attribuito alle Regioni.
Una parte dell’analisi riguarda la borsa continua nazionale del lavoro, che può rappresentare,
nell’ottica del legislatore e di quanti la condividono, una occasione per un cambio di direzione nella
organizzazione e nella gestione dei servizi per l’impiego. Obiettivo dell’istituto è quello di
realizzare un sistema aperto di incontro tra domanda e offerta di lavoro; un sistema tale da non
porre limiti e vincoli all’esercizio del diritto al lavoro sull’intero territorio nazionale, come imposto
dall’art. 120 della Costituzione.
Uno dei più discussi e controversi temi toccati dalla Riforma Biagi è quello del ruolo del sindacato
e della contrattazione collettiva. A scorrere il decreto legislativo di attuazione della legge 30/03
sorprende il profluvio di richiami al sindacato: si contano ben quarantatre rinvii alla contrattazione
collettiva. Purtroppo l’analisi quantitativa non può rispondere alla domanda sulla qualità degli spazi
riservati alla sfera sindacale, infatti, sono pochi gli autori che ravvisano nei frequenti rinvii ai
contratti collettivi una ulteriore garanzia per la tutela dei diritti del lavoratore. In sostanza, la linea
di politica del diritto perseguita è accompagnata da un forte ridimensionamento dei poteri di
controllo collettivo.
1
PARTE I
FILOSOFIA, IMPIANTO GENERALE E
IMPATTO DELLA RIFORMA BIAGI
CAP I
LA RIFORMA BIAGI: FINALITA’ E
CAMPO DI APPLICAZIONE
1.1. Considerazioni generali sulla riforma Biagi del mercato
del lavoro.
La riforma del mercato del lavoro, approvata con il D. Lgs. 276/03, attuativo della
legge delega 30/03, ha scatenato una vera e propria guerra di religione tra i
sostenitori e una nutrita – quanto variegata – schiera di oppositori (1).
Si sottolinea, innanzitutto, la genericità e l’ambiguità dei principi posti come
direttive e limiti al potere legislativo attribuito al governo, che risulta essere
troppo ampio e tale da consentire di compiere scelte sottratte al controllo
parlamentare e delle forze sociali. Si vede nella riforma uno strumento per
introdurre un modello di sviluppo che affida le capacità competitive del sistema
produttivo italiano non alla continua capacità di innovazione del processo e del
__________
(1) FULVIO BIANCHI D’URSO, Linee di politica del diritto nella riforma del mercato del
lavoro in Mercato del lavoro: riforma e vincoli di sistema a cura di De Luca Tamajo, Rusciano,
Zoppoli, Editoriale Scientifica, 2004, pp 559, secondo cui non pare eccessivo affermare che si è
sollevata una sorta di crociata, con i “paladini” degli immodificabili assetti attuali del diritto del
lavoro contro gli “infedeli” accusati di eccessiva apertura verso le nuove esigenze del mercato “dei
lavori”; della riforma l’A. apprezza la filosofia di fondo, che è quella di modernizzare un mercato
del lavoro ormai asfittico, onde renderlo più trasparente, efficiente e soprattutto in grado di
contemperare le esigenze di competitività (ormai su scala globale) delle imprese con le
irrinunciabili istanze di solidarietà sociale e di tutela del lavoro; meno condivisibile è stata la
tecnica adottata dal legislatore delegante in particolare con riferimento alla genericità dei principi
della delega.
2
prodotto, non a investimenti brain intensive, ma alla compressione del costo del
lavoro; a punto di riferimento delle capacità concorrenziali del nostro sistema
viene assunta la Cina e in genere paesi orientali e non, si nota, la Francia o la
Germania o l’Inghilterra, in un’infinita corsa al ribasso, in un eterno social
dumping. (2)
Si rileva che le linee guida basilari (espresse o tacite) della delega sono:
a) commerciabilità delle mere prestazioni di lavoro; b) marginalizzazione del
controllo giurisdizionale a tutto favore della enfatizzazione della volontà delle
parti; d) dilatazione e tipizzazione delle alternative al lavoro subordinato a tempo
indeterminato di origine codicistica. Queste direttrici risentono di una filosofia
delle politiche del lavoro che ruota intorno ad un assioma: esiste un nesso diretto
tra occupazione flessibile e aumento del saggio generale di occupazione. L’effetto
finale dovrebbe essere in punto di fatto ancorché non di diritto, un sostanziale
svuotamento dei connotati di specialità del diritto del lavoro, quali la prevalenza
dell’eteronomia, con i suoi corollari di inderogabilità delle norme di tutela del
lavoratore e di indisponibilità relativa dei conseguenti diritti soggettivi (3).
Qualcuno afferma che il diritto del lavoro viene sottoposto a una sorta di
“mutazione genetica”, che lo vede assumere una deriva di tipo commercialistico:
__________
(2) MARIO GIOVANNI GAROFALO, La legge delega sul mercato del lavoro: prime
osservazioni, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 2003, pp 359 ss; MARIO
GIOVANNI GAROFALO, Il mercato del lavoro secondo il centro-destra, in Lavori. Quaderni di
rassegna sindacale 2003, pp 209 ss; cfr anche ANTONIO MANNA, Prime osservazioni su
intermediazione e interposizione nella legge delega in materia di occupazione e mercato del
lavoro, certificazione e nuove tipologie contrattuali, in Rivista critica di diritto del lavoro 2003, pp
489 ss, dove si afferma che la concorrenza è ben più fruttuosa sul piano della qualità piuttosto che
su quello della riduzione del costo del lavoro, e che le ragioni del calo di esportazione sono da
individuare nella qualità e nel contenuto tecnologico della produzione; non si condivide la
prospettiva che privilegia la competitività di costo rispetto alla competitività di qualità, nella quale
i diritti dei lavoratori sono visti come mero riflesso della redditività delle imprese, approccio –
questo – che se può soddisfare l’economista non può certo bastare al giurista.
3
il lavoro diventa una merce, non dissimile dalle altre che sono oggetto di
transazioni commerciali nel mercato, e la compravendita di lavoro avviene tra
partner contrattuali dislocati in una posizione paritaria. Si tratta di una finzione
giuridica, essendo il diritto del lavoro, per definizione, diritto diseguale. (4)
Non è mancata l’opinione di chi ha cercato di minimizzare il senso e soprattutto la
portata della riforma. Secondo questo punto di vista la riforma cambia poco e
male, sono false le accuse di destrutturazione del diritto del lavoro, si è fatto
“tanto rumore per nulla”. Non è neppure il caso della “gatta frettolosa”, perché il
procedimento per l’emanazione delle nuove norme è durato circa due anni, dal
Libro bianco dell’ottobre 2001 al Patto per l’Italia del luglio 2002, dalla legge
delega del febbraio 2003 al decreto legislativo del settembre 2003 (5).
In tutto il complesso ed acceso dibattito scaturito dalla riforma si inserisce la
querelle attorno alla denominazione del provvedimento come “Legge Biagi”;
anche qui vi sono diverse opinioni (6).
__________
(3) ANTONIO MANNA op. ult. cit., il quale considera come uno dei rischi della l. 30/03 il
progressivo scadimento della preparazione professionale e della creatività della media dei
lavoratori a cagione del generale impoverimento dei tassi di tutela; a questo si aggiunge quello
dello scadimento della qualità dell’immigrazione dovuto alle condizioni di accoglienza e in
particolare alle condizioni di permanenza sul territorio italiano degli extracomunitari così come
previste dalla L. 30/7/02 n. 189 (cd. Bossi-Fini); la situazione si potrebbe aggravare sul piano
sociale quando uscirà definitivamente di scena l’ultima generazione di lavoratori che, godendo di
maggiore stabilità lavorativa, sta sostenendo la generazione successiva, che sta sperimentando
l’attuale flessibilità; sotto il profilo previdenziale si arriva a parlare di bomba sociale a scoppio
ritardato.
(4) IGOR PIOTTO, Eguaglianza e libertà nel lavoro in Lavori. Quaderni di rassegna sindacale
2003, pp 217 ss, il quale pone l’accento sul fatto che il diritto del lavoro ha tra i suoi assunti
distintivi e quale propria ragion d’essere, quella di disciplinare la strutturale disuguaglianza che c’è
tra capitale e lavoro.
(5) ANTONIO VALLEBONA, La riforma del mercato del lavoro: cambia poco ed è sbagliata, in
Il diritto del lavoro, 2003, pp 191 ss; ANTONIO VALLEBONA, Introduzione alla riforma dei
lavori, in Massimario di giurisprudenza del lavoro, 2003, pp 906, dove, in particolare, si usa
l’espressione “metri quadri” aggiuntivi di G.U. che, comunque, occuperanno l’operatore giuridico.
(6) MICHELE TIRABOSCHI, Il decreto legislativo 10 settembre 2003 N. 276: alcune premesse e
un percorso di lettura, in La Riforma Biagi del mercato del lavoro (a cura di) MICHELE
4
__________
TIRABOSCHI, Giuffrè,2004, pp 3 ss, secondo cui la polemica è oziosa e incomprensibile se si
considera che Marco Biagi è stato l’estensore materiale non solo del Libro bianco, ma soprattutto
dell’intero disegno di legge delega n. 848 del 2001, così come di alcune prime bozze di articolato
normativo successivamente confluite nel d. lgs. 276/03; cfr anche LAURA CASTELVETRI,
FRANCO SCARPELLI, La legge delega sul mercato del lavoro, in Rivista italiana di diritto del
lavoro 2003, III, pp 87 ss, che ritiene che l’impossibilità di confrontarsi con le Sue opinioni
impone di evitare ogni disquisizione circa la riconducibilità dei contenuti della legge delega al Suo
apporto personale; si veda inoltre FRANCO CARINCI, Una svolta fra ideologia e tecnica:
continuità e discontinuità nel diritto del lavoro di inizio secolo, in Commentario al d. lgs. 10
settembre 2003 n. 276 (a cura di) MICHELE MISCIONE e MAURIZIO RICCI, Ipsoa, 2004, pp
29 ss, che ha avuto una forte ritrosia a ribattezzare il d. lgs. 276/03 come Legge Biagi.
5
1.2. La filosofia del d. lgs. 10 ottobre 2003 N. 276.
Con l’emanazione del d. lgs. n. 276/03 si è realizzato l’assetto definitivo della
liberalizzazione nel mercato del lavoro già avviata con il Libro Bianco sul
mercato del lavoro in Italia (ottobre 2001); assetto proseguito con la presentazione
del d.d.l. n. 848 in materia di occupazione e mercato del lavoro (15 novembre
2001); con la legge delega 14 febbraio 2003 n. 30; con la prima approvazione, da
parte del Consiglio dei ministri (6 giugno 2003), dello schema di decreto attuativo
della stessa l. n. 30/2003 e, infine, con la seconda approvazione (31 luglio 2003),
con cui si è varato il decreto legislativo in esame.
Se prima della emanazione del d.lgs. 276/03 vi era il rischio che “l’ordinario
lavoro esegetico del giurista [fosse] costruito sulla sabbia” (7), poiché si
affrontava un tema de iure condendo, oggi, ci si trova di fronte a un articolato
normativo definitivo, nei confronti del quale è possibile avanzare armai una
compiuta, anche se prima, valutazione (8).
L’orientamento quasi prevalente valuta la c.d. riforma Biagi in termini di
precarietà, di flessibilità fine a se stessa; c’è, però, chi ne propone una diversa
lettura, una lettura fatta attraverso alcune parole chiave: occupabilità,
imprenditorialità, adattabilità e pari opportunità. Parole moderne ed europee che il
nostro ordinamento ha adottato adeguandosi alla “Strategia Europea per
l’occupazione”. Parole che si traducono, nel corpo del decreto in una serie di
__________
(7) MARIO GIOVANNI GAROFALO, La legge delega sul mercato del lavoro ecc. cit.
(8) MAURIZIO RICCI, Le finalità del d. lgs. n. 276/03, in Commentario al d. lgs. 10 settembre
2003 n. 276 (a cura di) MICHELE MISCIONE e MAURIZIO RICCI, Ipsoa, 2004, pp 4 ss.
6
strumenti: un sistema efficiente di servizi per l’impiego, forme di flessibilità
regolata e contrattata con il sindacato, misure sperimentali di politica attiva.
La riforma punta, secondo questo punto di vista, non solo alla modernizzazione
delle aree più forti e dinamiche ma anche a rilanciare le aree meno sviluppate del
Paese. Obiettivo centrale della riforma è quello di garantire la effettiva
occupabilità (9) di ogni singolo lavoratore in un contesto in cui vi è convergenza
tra sviluppo economico e sociale e valorizzazione della persona umana.
In questa direzione si pongono la riforma del collocamento, la borsa continua del
lavoro, operatori debitamente autorizzati e/o accreditati, certificazione dei
contratti di lavoro. Si tratta di strumenti che tendono a ridurre la “debolezza” del
lavoratore, consentendogli di avere informazioni sulle opportunità di lavoro in
tutto il Paese e di stipulare un contratto che sia coerente con le sue esigenze. La
riforma degli ammortizzatori sociali dovrà completare il quadro di tutele attive di
un mercato moderno e trasparente, come tale capace di individuare e prevenire la
singola, potenziale, esclusione sociale. Nel segno della occupabilità della persona
sono i nuovi contratti (apprendistato, contratti di inserimento) che vogliono
coniugare formazione e lavoro, che consentono l’ingresso o il ritorno nel mercato
del lavoro. Da segnalare, poi, i contratti (part-time, lavoro a coppia, lavoro
intermittente) con lo scopo di conciliare esigenze dei lavoratori e delle imprese
con forme contrattuali tendenzialmente stabili. La flessibilità, sembra, quindi,
produrre non destrutturazione dei rapporti di lavoro stabili, ma la strutturazione
__________
(9) NICOLA DE MARINIS, La flessibilità senza confini: brevi note a margine della l. n. 30/03,
in Massimario di Giurisprudenza del lavoro, 2003, pp 414 ss, il quale considera come epocale il
passaggio dalla direttiva della piena occupazione a quella certamente più arretrata della
occupabilità.
7
lungo i canali della legalità, in una economia in cui il sommerso viene stimato
tre/quattro volte superiore a quello presente negli altri Paesi dell’Unione (10).
Si asserisce, insomma, in un’ottica di adesione alla riforma, che i tempi della
modernizzazione del mercato del lavoro si fanno sempre più vicini; con
l’approvazione del decreto è giunto il tempo di voltare pagina nella regolazione
dei rapporti di lavoro e, più in generale, nelle logiche che governano il nostro
sistema di relazioni industriali: si ritiene che ormai sia necessario un cambiamento
culturale, che è poi il vero fronte su cui verrà giocata la battaglia (11).
Tra gli obiettivi espliciti della riforma vi è quello dell’incremento del tasso di
occupazione regolare e di “buona qualità” in funzione dell’obiettivo tracciato in
sede comunitaria dal Consiglio di Lisbona sulla piena occupazione. In realtà, e qui
analizziamo le posizioni di quelli che contestano la riforma, l’assetto regolatorio
non pare idoneo né a garantire un progressivo aumento del tasso di occupazione,
né a migliorare la stessa qualità del lavoro. Questo assetto regolatorio sembra
ritagliato su un modello di specializzazione produttiva imperniato su industrie di
tipo tradizionale, con basso spessore tecnologico e scarsa propensione
all’innovazione di prodotto, al cui interno il fattore cruciale di competitività è
l’efficienza di costo. Di conseguenza, la sfida competitiva potrebbe essere vinta o
“accelerando il ritmo dell’innovazione di processo “ o “comprimendo i salari a
livelli comparabili con quelli dei paesi concorrenti (certo non Francia,Germania o
Inghilterra, ma Corea, Turchia) (12).
__________
(10) MICHELE TIRABOSCHI, Il decreto legislativo 10 settembre 2003 N. 276 ecc. cit.
(11) MICHELE TIRABOSCHI, Riforma mercato del lavoro: approvato il decreto di attuazione
della legge 30/2003, in Guida al Lavoro, n. 34, 2003, pp 30 ss.
(12) MAURIZIO RICCI, Le finalità del d. lgs. n. 276/03 cit.
8
Piuttosto severa è la posizione di chi ritiene il decreto in esame un provvedimento
“in tono minore”. Si fa notare, infatti, come sia venuta meno l’ambizione
maggiore che animava il Libro bianco, quella cioè che avrebbe eliminato
l’architrave su cui il diritto del lavoro si appoggia, ossia l’inderogabilità della
norma di legge e, subordinatamente, della norma collettiva, con abbassamento del
baricentro vero della regolazione del rapporto al livello individuale, quella, cioè di
rivedere il sistema delle sue fonti, sovvertendone sostanzialmente la gerarchia.
L’idea, cioè, di rendere sistematicamente derogabili le norme di legge da parte
delle previsioni dei contratti collettivi, e queste dalle pattuizioni dei contratti
individuali, nei quali, ovviamente, il datore di lavoro può far valere la sua
maggiore forza contrattuale.
Non sono state portate a compimento alcune proposte di fortissimo impatto
negativo, quelle relative alla manomissione della tutela reale e all’apposizione di
clausole arbitrali nel contratto individuale di lavoro. Sono, infine, rimaste lettera
morta le promesse di creazione di un nuovo, ricco ed efficiente sistema di
ammortizzatori sociali (13).
Il provvedimento sembra attaccare diversi istituti del diritto del lavoro la cui
disciplina è apparsa troppo garantista per i lavoratori e che gli estensori hanno
sottoposto a peggioramenti sistematici, dando copertura normativa ad
orientamenti giurisprudenziali filodatoriali. Il tutto con una tecnica normativa
mediocre, con frequenti contraddizioni, oscurità, rischi di incostituzionalità e
aporie logico-giuridiche. Si tratta, comunque, di un provvedimento legislativo
pericoloso, che può determinare la disgregazione e l’esplosione dell’assetto
__________
(13) Si veda anche ANTONIO VALLEBONA, La riforma del mercato del lavoro cit.
9
complessivo del mercato del lavoro e il passaggio del messaggio che la riforma
trasmette: la mercificazione del lavoro, la precarizzazione come condizione
inevitabile e accettata della nuova economia, il diniego dell’idea del lavoro come
mezzo di espressione e realizzazione della personalità (14).
Il decreto attuativo della legge delega è considerato deludente anche sotto il
profilo della esigenza di redistribuzione delle tutele. Si tratta dell’esigenza di
accrescere la protezione dei lavoratori autonomi parasubordinati in considerazione
della loro debolezza contrattuale. Ciò anche al fine di ridurre il contenzioso sulla
qualificazione del rapporto, in conseguenza dello scarto di tutela tra lavoro
subordinato e lavoro autonomo parasubordinato. La risposta del legislatore,
invece, non è stata considerata adeguata, avendo introdotto da un lato l’istituto
della certificazione in sostituzione della volontà (o derogabilità) assistita e
dall’altro una serie di tipi o sottotipi contrattuali con conseguenze di ulteriore
accentuazione dei problemi qualificatori (15).
__________
(14) PIER GIOVANNI ALLEVA, Ricerca e analisi dei punti critici del decreto legislativo 276/03
sul mercato del lavoro, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale oggi, 2003, pp
887 ss.
(15) ANTONIO VALLEBONA, La riforma dei lavori, Cedam, 2004, pp 18 ss, il quale è
dell’avviso che ci vorrebbe il coraggio di rivoluzionare l’impostazione attuale del diritto del lavoro
fondato su norme astratte inderogabili, passando ad un sistema di diversificazione della disciplina
protettiva che tenga conto della concreta situazione di debolezza socioeconomica e, quindi, di
fattori ambientali, personali, professionali. Nella stessa prospettiva una soluzione efficace, sarebbe,
come da altri sostenuto, quella di autorizzare il sindacato ad assistere la volontà individuale del
lavoratore non solo, come avviene ai sensi dell’art. 2113, per disporre di diritti già maturati, ma
anche nella fase di costruzione ex ante di un apparato di tutele davvero calibrato sulla effettiva
situazione del lavoratore.
10
1.3. Aspetti critici della riforma.
Al di là delle dure critiche che sono rivolte alla riforma del mercato del lavoro,
anche i fautori di questo rinnovamento del mercato del lavoro, nonché del diritto
del lavoro, mettono in luce alcune lacune e profili di criticità.
Il più evidente è rappresentato dalla esclusione della Pubblica Amministrazione
dal campo di applicazione del decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276
(articolo 1, comma 2). Si tratta di una opzione discutibile, soprattutto in
considerazione della rilevanza del fenomeno delle collaborazioni coordinate e
continuative e degli appalti di servizi nel settore del pubblico impiego, ma trova
spiegazione, si sostiene, nelle difficoltà di ordine politico e sindacale a portare a
compimento il processo di privatizzazione del lavoro alle dipendenze della
Pubblica Amministrazione. L’auspicio è che, come previsto dalle disposizioni
finali del decreto (art. 86 comma 8), il Governo dia luogo ad un confronto con le
parti sociali per la predisposizione di provvedimenti legislativi di armonizzazione.
Da valutare è poi certamente la sfida lanciata sul lavoro a tempo parziale: vi è il
dubbio che una maggiore flessibilità non si traduca necessariamente in più
opportunità per i lavoratori. L’impostazione adottata nel decreto è quella di
concedere maggiore spazio all’autonomia negoziale – individuale e collettiva –
nella prospettiva della incentivazione del lavoro a tempo parziale c.d. volontario.
Altro aspetto problematico è quello relativo allo stralcio dei provvedimenti in
materia di ammortizzatori sociali e incentivi all’occupazione, confluiti nel disegno
di legge 848 bis, che, probabilmente, potrà influire sulla definizione di un corpo
organico di tutele sul mercato – e non più solo nel rapporto di lavoro -.
11
Per comprendere questa opzione di politica legislativa non può essere
sottovalutata la circostanza che l’art. 7 della legge delega prevedeva che
dall’attuazione delle relative disposizioni non dovessero derivare oneri aggiuntivi
a carico dello Stato. (16)
__________
(16) MICHELE TIRABOSCHI, Il decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276 ecc. cit.
12
2.1. Riforma Biagi e Strategia Europea per la occupazione:
“…nell’ambito degli orientamenti comunitari…”.
Un potente fattore di rilievo per le prospettive del diritto del lavoro è
l’internazionalizzazione dei mercati, divenuta, poi, così intensa da sfociare nella
globalizzazione. Per contro, il diritto del lavoro è sempre stato un diritto
nazionale (17).
La legge delega ed il relativo decreto di attuazione contengono chiari riferimenti
agli orientamenti comunitari in tema di occupazione. Nell’art. 1 del decreto 276 si
legge che “Le disposizioni di cui al presente decreto legislativo, nel dare
attuazione ai principi e criteri direttivi contenuti nella L. 14 febbraio 2003, n. 30,
si collocano nell’ambito degli orientamenti comunitari in materia di occupazione e
di apprendimento permanente […]”. Nella legge delega il legislatore delegante ha
indicato al Governo la necessità, nell’esercizio della delega, di rispettare “gli
obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell’Unione Europea in materia di
occupabilità (articolo 1, comma1).
Queste disposizioni da un lato vengono lette nel senso che la l. 30/03 e il decreto
276/03 forniscono risposte puntuali alle sollecitazioni che provengono dalla
Strategia Europea per l’occupazione (18), dall’altro, invece, vengono considerate
__________
(17) FRANCO CARINCI, PAOLO TOSI, RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, TIZIANO TREU,
Diritto del lavoro 2. Il rapporto di lavoro subordinato, Utet, 2003, pp 15 ss, dove si affronta la
questione relativa alla organizzazione su base multinazionale delle imprese, cosa che permette di
realizzare veri e propri mercati del lavoro autonomi, modulati sulle normative nazionali a seconda
delle convenienze, e di scegliere tra i sistemi nazionali più favorevoli. In questo modo i diritti
nazionali, nati per sottrarre il lavoro alla concorrenza, saranno sempre più soggetti alla
concorrenza reciproca: si giudicherà, infatti, sulla base della loro efficienza e sui loro costi relativi.
(18) MICHELE TIRABOSCHI, Riforma Biagi e Strategia Europea per l’occupazione, in La
Riforma Biagi del mercato del lavoro (a cura di) Michele Tiraboschi, Giuffrè, 2004, pp 40 ss.
13
come una giustificazione offerta dall’esecutivo relativamente alle disposizioni
contenute nel decreto, quasi la creazione di un “muro di protezione” contro
possibili ed eventuali “attacchi” provenienti dall’esterno. Si ipotizza che il
legislatore, consapevole delle reazioni che tali norme avrebbero potuto suscitare,
le abbia corredate di una sorta di “legittimazione” sopranazionale (19).
__________
(19) MAURIZIO RICCI, Le finalità del decreto legislativo 276/03 cit.