4 
 
Introduzione 
 
Obiettivo del presente lavoro è analizzare le diverse soluzioni strategiche e 
organizzative che le agenzie pubblicitarie hanno dovuto adottare per 
rispondere alla crescente internazionalizzazione dei propri clienti advertiser 
e per affrontare nel modo più efficace ed efficiente possibile la sfida della 
globalizzazione.  
L‟impatto di questo fenomeno ha indotto numerose imprese operanti su 
scala globale, tra le quali Coca-Cola e IBM, a cambiare strategia aziendale, 
comportando una modifica dell‟advertising management e dei precedenti 
rapporti, ormai trentennali, con le proprie agenzie di pubblicità. 
Verranno esaminate le diverse modalità e i diversi approcci organizzativi 
con cui le aziende advertiser e le agenzie di pubblicità hanno affrontato il 
dilemma standardizzazione/adattamento e accentramento/decentramento 
delle politiche di marketing e di comunicazione per la realizzazione e 
l‟implementazione di campagne pubblicitarie internazionali.  
Ciò non poteva prescindere innanzitutto da un excursus storico, descritto 
nel primo capitolo, sulle tappe fondamentali che hanno portato alla nascita 
delle prime strutture pubblicitarie e delle agenzie. 
Si vedrà come il diverso contesto sociale, economico e politico abbia 
comportato uno sviluppo delle agenzie di pubblicità in tempi e modi 
differenti nei paesi anglosassoni rispetto all‟Italia. 
In particolar modo la struttura del mercato pubblicitario italiano vede 
inizialmente la nascita delle regìe di stampa, assenti in Inghilterra e negli 
Stati Uniti. Queste  verranno denominate successivamente concessionarie 
di pubblicità, le quali provocheranno un rallentamento nello sviluppo delle 
agenzie.
5 
 
La diversa filiera pubblicitaria italiana rispetto a quella anglosassone 
determina una differente logica nei rapporti di intermediazione e nei sistemi 
di remunerazione. 
È nel secondo capitolo che si analizza la trasformazione della struttura 
organizzativa interna ed esterna delle agenzie e l‟evoluzione dei loro servizi 
offerti, avvenute a fronte della crescente espansione internazionale dei 
propri clienti, in atto già dal secondo dopoguerra. 
È a partire dagli anni Novanta con l‟avvento della globalizzazione che si 
sono sviluppate numerose discussioni e si sono assommati molteplici 
contributi sulla tendenza a standardizzare o meno prodotti e politiche di 
comunicazione a livello mondiale.  
Nel ricercare la risposta ottimale a tale tipo di dilemma un‟impresa 
internazionalizzata ha la possibilità di ricorrere a diverse opzioni 
organizzative da parte delle agenzie (agenzia del mercato di origine, 
agenzie locali, agenzie con filiali internazionali, agenzie internazionali 
strutturate a rete) a seconda del suo orientamento alle attività internazionali 
(etnocentrico, policentrico, regiocentrico, geocentrico) e della distribuzione 
del “potere” che intercorre tra sede centrale e sussidiarie (accentramento, 
decentramento, una combinazione dei due approcci). 
Da ciò si deduce l‟importanza di un‟identificazione e di una compatibilità 
organizzativa e strategica tra impresa-cliente e agenzia per far sì che la 
cultura e lo stile comunicativo siano coerenti con i valori e l‟immagine 
dell‟azienda in tutti i paesi in cui essa è presente e realizzare così 
un‟efficace campagna pubblicitaria internazionale. 
Nello sviluppare il secondo capitolo si è fatto ricorso ai contributi teorici di 
Michael E. Porter e Hirotaka Takeuchi, i quali illustrano i ruoli che il 
marketing internazionale deve assumere per l‟adozione di una strategia 
globale: il primo relativo alla sede in cui le attività di marketing dovrebbero
6 
 
essere svolte (in maniera centralizzata, a livello di direzione centrale o 
regionale, o decentrata da parte delle unità localizzate), il secondo ruolo si 
riferisce all‟estensione del coordinamento delle attività di marketing (esse 
possono essere svolte nello stesso modo in vari paesi oppure possono 
essere adattate alle caratteristiche specifiche di ogni paese) ed infine il terzo 
ruolo si riferisce alla connessione del marketing internazionale con le 
restanti funzioni di impresa specialmente in relazione allo sviluppo della 
tecnologia e alla produzione. 
Si sono analizzate così le diverse funzioni assunte dal marketing 
internazionale, concentrandosi maggiormente sulle prime due, con 
specifico riferimento alla pubblicità internazionale per esaminare quali 
siano gli elementi da valutare per attuare una corretta strategia pubblicitaria 
internazionale. 
Infine, nel terzo capitolo viene studiato il tipo di relazione che intercorre tra 
agenzia di pubblicità e azienda advertiser e come tale rapporto viene gestito 
in un‟ottica di comunicazione integrata. 
Le comunicazioni interne delle imprese globali mostrano numerose 
opportunità di contatto con i diversi ambienti esterni ed è necessaria quindi 
un‟approfondita conoscenza delle caratteristiche tecniche dei singoli 
strumenti di comunicazione per creare un mix tra questi coerente ed 
omogeneo che trasferisca all‟ambiente un messaggio univoco, che diffonda 
precise valenze di valorizzazione dell‟identità aziendale e che non crei 
incongruenze tra ambiente interno e ambiente esterno. 
Ciò presuppone un rapporto di partnership e di comakership tra agenzia e 
azienda basato su una stretta collaborazione, una fiducia reciproca e una 
condivisione almeno parziale di obiettivi comuni. L‟agenzia partecipa 
attivamente alla stesura del piano di marketing, valuta e assegna il ruolo ad 
ogni strumento di comunicazione (pubblicità, direct marketing,
7 
 
promozioni, pubbliche relazioni ecc…) per poi provvedere alla loro 
integrazione.  
In questo senso svolge sia il ruolo di integratore e sia il ruolo di specialista.
8 
 
CAPITOLO I 
La nascita delle agenzie pubblicitarie e il loro sviluppo nei 
diversi paesi europei 
 
1. Le prime strutture pubblicitarie 
“La pubblicità nasce quando produttore e compratore non sono più in 
contatto diretto, quando i beni di consumo prodotti in migliaia di 
esemplari, vengono fatti conoscere dai mezzi di informazione, che 
stampano migliaia di copie e sono trasportati dai mezzi di comunicazione 
che riforniscono con regolarità i mercati più lontani. 
Senza l‟industria e senza la stampa, l‟informazione commerciale sarebbe 
rimasta al graffito, all‟insegna ecc ….  
Invece, la produzione in serie, l‟informazione multipla, i trasporti veloci e 
regolari hanno favorito le condizioni per il mercato di massa e di 
conseguenza per l‟informazione di massa.”
1
 
La pubblicità nasce con la stampa
2
. Le prime pubblicità stampate vengono 
realizzate per diffondere i libri quando l‟Università di Parigi richiede ai 
librai di esporre le liste dei volumi con indicato i prezzi corrispondenti
3
. 
Prima che la stampa venga utilizzata come mezzo commerciale e non più 
come strumento intellettuale occorreranno tre secoli. La nascita della 
                                         
1
Falabrino G. (1990), ”Effimera & bella: storia della pubblicità italiana”, Gutemberg 2000: si parla di 
tecnica di moltiplicazione dei testi. 
2
 La nascita della stampa a caratteri mobili è attribuita al tedesco Johann Gutenberg che stampa tra il 1448 
e il 1454 a Magonza il primo libro: la Bibbia a 42 linee. 
3
 Blanchard G. (1975), ”Histoire de la publicité”, pag.149 in Velfame C., “La publicité de A. à Z.”, ed. 
Retz.
9 
 
pubblicità moderna viene fatta risalire al Seicento quando molti editori 
tedeschi e olandesi cominciarono a stampare i primi settimanali
4
. 
Nel 1631 venne stampato il primo avviso pubblicitario commerciale su La 
Gazette
5
, giornale pubblicato dal medico Théophraste Renaudot. Il prodotto 
pubblicizzato era l‟acqua minerale di Forges e il testimonial dell‟epoca fu 
Luigi XIII, il quale citò: “Sua Maestà (…) ne beve come cura preventiva; 
esempio imitato da tutta la Corte”
6
. 
Il merito di Renaudot fu quello di sviluppare ciò che il padre di Montaigne 
aveva desiderato già nel Cinquecento, un Bureau d‟adresses et de 
rencontres: un ufficio che pubblicava rudimentali annunci pubblicitari sul 
foglio di avvisi dove chi offriva e cercava beni o servizi più disparati (dalle 
navi ai fiori, dalle biblioteche alle sementi, dai molini ai manoscritti …) 
lasciava biglietti con la descrizione dell‟oggetto richiesto o offerto
7
. 
Inizialmente gli avvisi del Bureau furono stampati a parte e non entrarono 
nel giornale. È a partire dal decimo numero che La Gazette cominciò ad 
ospitare i primi annunci pubblicitari; è così che la pubblicità moderna 
nacque su un giornale
8
. 
L‟iniziativa di Renaudot costituì la prima forma di intermediazione tra gli 
utenti e i veicoli pubblicitari e introdusse nei giornali gli annunci a 
pagamento. Le inserzioni commerciali non furono facilmente accettate per 
il timore che venissero sviliti i contenuti culturali della stampa e che 
                                         
4
Nel 1609-10 esce ad Augusta un settimanale “Avisa - Relation oder Zeitung”. 
5
La tradizione indica La Gazette come primo giornale di carattere moderno. Ma il giornale parigino fu 
preceduto già vent‟anni prima da olandesi e tedeschi. 
6
Collesei U. (2004), “La comunicazione d‟azienda: strumenti e strutture per la gestione”, Isedi, Torino. 
7
Manconi L. (1956), “La pubblicità”, Vallardi, Milano, pag 261; Gazzoni A. (1943), “Lezioni di 
pubblicità”, Zanichelli, Bologna, pag 71. 
8
Blanchard G., “Histoire de la pubblicità”, pag. 149, in Velfame C. (1975), La pubblicité de A à Z. ed. 
Retz.
10 
 
l‟informazione potesse essere assoggettata agli interessi dei privati, i quali 
più tardi contribuirono allo sviluppo dei giornali stessi
9
. 
Fu soltanto nell‟Ottocento che la pubblicità incominciò ad essere accettata 
in Francia. 
In Inghilterra essa trovò facilmente le condizioni economiche e politiche 
per una rapida accettazione. I giornali anglosassoni incominciarono a 
pubblicare i primi avvisi pubblicitari già nel 1652 e pochi anni dopo diversi 
uffici “del pubblico avviso” diedero vita al settimanale “The Public 
Advertiser”. Quest‟ultimo fu il precursore di molte pubblicazioni, tra cui 
“The General Advertiser”, fondato nel 1745 e destinato alla pubblicità con 
sessanta annunci per numero
10
. 
La maggiore disponibilità mostrata dai giornali anglosassoni ad aprirsi alle 
inserzioni commerciali, che segnò la mercificazione dei canali di 
comunicazione e i presupposti per la costituzione delle prime strutture 
pubblicitarie, fu dovuta ad uno spirito capitalistico più accentuato, fondato 
sulla tradizione puritana delle nuove classi commerciali che nella loro 
attività economica vedevano la vocazione affidata dal volere divino
11
. 
Nell‟Ottocento si ha la svolta in materia di pubblicità: in Francia, Emile De 
Girardin è il giornalista che per primo si rende conto che la diffusione di un 
giornale può aumentare con la diminuzione del prezzo di vendita; per far 
ciò egli pensò di unire tutte le informazioni concernenti politica, guerra, 
letteratura, scienza e moda nello stesso giornale e accompagnarle allo 
spazio dedicato alla pubblicità. 
Fu così che De Girardin divenne editore de “La Presse” nel 1836. La quarta 
pagina del giornale era dedicata agli annunci pubblicitari; essa diventerà 
                                         
9
Brondoni S. (1978), “Le agenzie di pubblicità: evoluzione funzionale e problemi di gestione”, Giuffrè, 
Milano. 
10
Falabrino G. (1990), “Effimera & bella: storia della pubblicità italiana”, Gutemberg 2000. 
11
Peduzzi O., “La pubblicità moderna”, in La pubblicità, a cura  di Valentini G. (1970), FrancoAngeli, 
Milano, pag 48.
11 
 
col tempo la pagina pubblicitaria dei giornali italiani identificata con 
l‟equivalente di “piccola pubblicità” fino al 1950. 
Si creò una rivoluzione giornalistica in quanto l‟iniziativa di De Girardin 
non fu apprezzata dagli altri giornalisti
12
, inaspriti dall‟eccessiva 
importanza che veniva attribuita agli annunci pubblicitari sulle pagine 
dedicate a discussioni politiche e letterarie. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                         
12
Si disse che un giornalista, Armand Carrel, volle sfidare a duello Emile de Girardin e ci lasciò la vita.
12 
 
2. Dagli agenti di pubblicità alle “agency” 
Fin dal Settecento in Inghilterra e in seguito negli Stati Uniti
13
, ciascun 
editore si dotò di una rete di agenti per far fronte all‟elevata diffusione dei 
giornali.  
Gli  agenti erano dipendenti e legati ad un contratto di esclusiva, pagati a 
commissione dal mezzo sullo spazio acquistato. 
Si instaurò una concorrenza tra quotidiani per procurarsi gli introiti 
pubblicitari maggiori. Si crearono così le condizioni che spinsero molti 
agenti a lasciare il lavoro dipendente di semplici intermediari di vendita e a 
costituire agency
14
, le quali acquistavano spazi all‟ingrosso dagli editori e li 
rivendevano frazionatamente agli inserzionisti interessati. 
La differenza sostanziale tra gli agenti e le agency consisteva in una diversa 
logica di intermediazione: gli agenti erano associati ad un unico giornale 
per conto del quale vendevano lo spazio mentre le agency acquistavano 
all‟ingrosso, in nome e per conto proprio, un dato quantitativo di spazio da 
diversi giornali per poi rivenderlo in maniera frazionata ai singoli utenti. 
Le agency, come gli agenti, ottenevano la propria retribuzione da una 
commissione riconosciuta dai mezzi sullo spazio acquistato, sebbene 
questo venisse acquisito in nome proprio. 
L‟estensione del meccanismo della “commissione” favorì l‟evoluzione 
degli agenti in agency e permise una serie di vantaggi ottenibili da questa 
nuova struttura pubblicitaria. 
                                         
13
Nel 1829 dodici quotidiani americani contenevano più pubblicità di 400 quotidiani inglesi e già nella 
seconda metà dell‟Ottocento in USA si vendeva un giornale ogni cinque famiglie: ciò aiuta a 
comprendere i motivi per cui le tecniche di pubblicità moderna si sono sviluppate in questo paese con 
molto anticipo rispetto agli altri paesi. Falabrino G. (1990), “Effimera & bella: storia della pubblicità 
italiana”, Gutemberg 2000; Collesei U. (2004), “La comunicazione d‟azienda: strumenti e strutture per 
la gestione”, ISEDI, Torino. 
14
Con il termine agency si intende una struttura di intermediazione, sorta tra il 1840 e il 1850 nei paesi 
anglosassoni, che si collocava tra i mezzi stampa e gli utenti e che trattava affari in modo indipendente 
per conto degli editori. Tale struttura non può essere equiparata né all‟agenzia di pubblicità né alle 
concessionarie. Quest‟ultime ebbero sviluppo soprattutto in Italia; Brondoni S. (1978), “Le agenzie di 
pubblicità: evoluzione funzionale e problemi di gestione”, Giuffrè, Milano.
13 
 
In primo luogo le agency, effettuando l‟acquisto di spazio all‟ingrosso 
all‟inizio dell‟anno, permettevano ai giornali previsioni finanziarie circa la 
vendita degli spazi pubblicitari più certe rispetto a quanto avveniva con gli 
agenti. 
Inoltre, acquistando in nome e per conto proprio, erano responsabili delle 
eventuali insolvenze degli utenti presso i quali collocavano gli spazi
15
. 
Anche se gli editori si trovavano dinnanzi ad un minor numero di 
acquirenti di pubblicità rispetto a quanto avveniva con gli agenti, essi 
avevano una maggiore certezza di concludere positivamente il contratto in 
termini monetari. 
Questa struttura pubblicitaria anglosassone incominciò ad evidenziare delle 
anomalie, in quanto i ricavi delle agency, che operavano in modo 
indipendente per più mezzi, erano equiparabili a quelli degli agenti, i quali 
continuavano ad essere associati ad un dato giornale. 
Con tale prospettiva le agency potevano trovarsi ad agire in collaborazione 
o in competizione con l‟originaria struttura degli agenti e gli utenti 
potevano rivolgersi direttamente ai singoli giornali, contrattandone la 
tariffa
16
. 
In Italia, come si vedrà successivamente, le prime società di 
intermediazione dello spazio pubblicitario sono nate intorno al 1870, con la 
denominazione di regìe di stampa
17
. Quest‟ultime offrivano i propri servizi, 
in via esclusiva, al canale della stampa e, collaborando con numerosi 
                                         
15
“I contratti per le inserzioni erano annuali: c‟era una grande varietà nelle tariffe, che erano sempre 
oggetto di contrattazioni; molti inserzionisti non pagavano e gli editori accettavano anche pagamenti in 
merce venendo a trovarsi carichi di spezie e medicine che dovevano rivendere” vedi Manconi L. (1956), 
“La pubblicità”, Vallardi, Milano. 
16
Brondoni S. (1978), “Le agenzie di pubblicità: evoluzione funzionale e problemi di gestione”, Giuffrè, 
Milano 
17
Nel 1863 un farmacista bresciano, Attilio Manzoni, aveva fondato la prima società di intermediazione 
commerciale degli spazi pubblicitari:La Manzoni & C.. Ebbe l‟idea di commercializzare congiuntamente 
gli spazi su numerose gazzette della penisola, che allora avevano una diffusione provinciale e non 
avevano i mezzi per darsi un‟organizzazione capace di cercare e convincere i pochi e sparsi inserzionisti 
alla pubblicità.
14 
 
giornali, svincolavano gli editori dall‟attività di commercializzazione e di 
amministrazione degli spazi pubblicitari
18
. 
A differenza delle agency, le regìe di stampa, che si evolveranno in 
concessionarie di pubblicità, non acquistavano gli spazi ma facevano 
soltanto un lavoro di intermediazione. In America, come in Italia sorse il 
problema di chi poteva realmente realizzare le campagne pubblicitarie e 
costruire i messaggi una volta venduto lo spazio. Fu così che le prime 
concessionarie incominciarono ad organizzarsi per svolgere anche servizi 
di consulenza creativa, di assistenza tecnica e artistica. 
Nacquero i copywriters nelle agenzie americane e divisioni interne 
specializzate (uffici tecnici) presso le concessionarie italiane. 
Attraverso i decenni si costituirono così tre diversi modelli di 
organizzazioni pubblicitarie
19
: 
1- Le agencies anglo-americane che si specializzarono maggiormente 
nella fornitura di servizi di consulenza ai clienti (acquisto e 
pianificazione dei mezzi) 
2- Le regìes francesi e le regìe italiane che per lungo tempo 
conservarono le due funzioni di concessionarie degli editori e 
fornitrici di campagne agli inserzionisti. 
3- Fu dal 1953, quando la concessionaria SPI firmò con il presidente 
dell‟OTiPi (oggi AssAp, l‟associazione delle agenzie di pubblicità) 
una rinuncia all‟attività creativa, che le concessionarie italiane si 
limitarono alla funzione di vendita degli spazi per conto dei media.  
 
 
                                         
18
Bonera M. (2005), “Le concessionarie di pubblicità e il loro mercato”, FrancoAngeli, Milano. 
19
Falabrino G. (1990), “Effimera & bella: storia della pubblicità italiana”, Gutemberg 2000; Medici M. 
(1986), “La parola pubblicitaria”, Marsilio-Sarin.
15 
 
2.1 Le agenzie di pubblicità 
La contrattazione dello spazio pubblicitario tra intermediari (agency e 
agenti) e utenti si caratterizzava per la concorrenza sleale sui prezzi che 
avveniva a causa della mancanza di tariffe pubblicitarie rigidamente 
prestabilite e rispettate
20
. 
Nel 1869 un affermato “mercante di spazio”, George F. Rowell, fondò 
un‟agenzia a Boston e introdusse le “advertising lists”, ossia la vendita in 
blocco del millimetraggio. La sua offerta era un pollice di spazio al mese su 
100 giornali per 100 dollari. Egli comprava a basso prezzo e rivendeva ad 
un alto prezzo, guadagnandosi dal 25%  al 75% e garantendo il pagamento 
agli editori, abituati a fatture insolute in quanto dovevano attendere che 
l‟advertiser pagasse l‟agenzia. 
Egli fu il primo a pubblicare l‟annuario della stampa quotidiana e 
periodica, realizzando un utile strumento conoscitivo per gli utenti.  
Con l‟introduzione di questi strumenti di informazione le agency misero a 
disposizione anche altri servizi gratuiti che anticiparono un notevole 
processo evolutivo delle prestazioni offerte dalle agenzie pubblicitarie. 
Le agency incominciarono ad affiancare l‟attività di vendita dello spazio ad 
un‟attività consulenziale, enfatizzando col passare del tempo la ricerca dei 
modi per aiutare l‟inserzionista a collocare quantitativi sempre maggiori dei 
propri prodotti
21
. 
Questi servizi inizialmente venivano offerti a supporto della vendita ma si 
tramutarono in breve tempo in un‟attività specializzata e continuativa, 
                                         
20
“Fino al 1869 non c‟era nessun elenco dei mezzi e delle tariffe cui agencies e inserzionisti potevano 
ricorrere per informazioni e controllo…” vedi Dunn S. (1965), “La pubblicità”, Garzanti, Milano, pag.78. 
21
Brondoni S. (1978), “Le agenzie di pubblicità: evoluzione funzionale e problemi di gestione”, Giuffrè, 
Milano.
16 
 
trasformando le agency in agenzia di pubblicità, ossia “un‟azienda 
produttrice di servizi pubblicitari per conto dell‟utente”
22
. 
Esempio di questa rapida evoluzione fu l‟agenzia di pubblicità Ayer & Son 
che, fondata a Philadelphia nel 1869, fu la prima che trasformò la propria 
organizzazione da semplice servizio di vendita degli spazi pubblicitari a 
servizi di consulenza sulla maniera migliore di utilizzare i vari mezzi 
pubblicitari. Già dagli ultimi anni dell‟Ottocento sentì il bisogno di 
articolarsi in dipartimenti (contatti con i clienti, ricerca di nuovi affari, 
media, affissioni, amministrazione) e intorno al 1908 creò il dipartimento 
pianificazione. Fra il 1912 e 1915 l‟agenzia incrementò notevolmente i 
propri budget che nel 1918 toccarono la cifra di 14 milioni di dollari. 
La logica di intermediazione delle agenzie di pubblicità è nettamente 
differente da quella delle agency; quest‟ultime agivano in nome e per conto 
proprio mentre le agenzie pubblicitarie acquistavano lo spazio pubblicitario 
in nome proprio ma per conto di definiti clienti. 
L‟agenzia acquista in proprio dai mezzi lo spazio pubblicitario solo dopo 
aver acquisito i clienti interessati ai servizi che essa è in grado di procurare, 
definito l‟accordo di collaborazione e dopo che l‟utente ha affidato il 
proprio stanziamento pubblicitario per raggiungere i propri obiettivi. 
Le agency invece acquistavano anticipatamente lo spazio pubblicitario 
all‟ingrosso per poi rivenderlo ai potenziali inserzionisti. 
Le agenzie pubblicitarie svolgevano un servizio di intermediazione nei 
confronti dei mezzi meno dipendente rispetto a quello delle agency, 
progettando una politica di acquisto dello spazio secondo predeterminati 
stanziamenti pubblicitari degli utenti. 
Quest‟ultimi hanno subito una profonda trasformazione in quanto 
precedentemente tendevano a rivolgersi indiscriminatamente alle agency, 
                                         
22
Dezzani F.  (1968),  “L‟economia delle imprese di pubblicità”, Giuffrè, Milano.
17 
 
agli agenti o ai mezzi mentre attualmente si affidano a determinate agenzie 
fidate, alle quali assegnano la gestione del proprio budget pubblicitario 
pianificato. 
Progressivamente al ruolo di intermediazione vennero affiancati quindi 
servizi di natura creativa, di consulenza e di produzione dei contenuti 
pubblicitari veicolati dai mezzi stessi. 
È così che nasce l‟agenzia a servizio completo, in grado di servire un 
cliente ricorrendo all‟esterno il meno possibile
23
. 
I servizi creativi consistevano nella progettazione delle campagne, nella 
realizzazione dei testi (copy - writing), nell‟esecuzione artistica (art 
direction) e i servizi consulenziali consistevano nella selezione, 
pianificazione dei media fino ad estendersi alle ricerche di mercato, alle 
indagine socio-psicologiche
24
 ed infine alla completa consulenza di 
marketing. 
Nei primi anni del Novecento si incominciò a parlare di pubblicità 
“scientifica” per sottolineare la tendenza ad intendere la pubblicità non più 
come arte ma come scienza. 
Negli anni venti del Novecento si svilupparono metodi pubblicitari che si 
appoggiavano a due tendenze americane:  
- il Behaviorismo; fu applicato da Watson
25
 nel 1920 alla J. W. 
Thompson. Egli studiò le motivazioni di acquisto dei consumatori 
                                         
23
Lombardi M. (2010), “Il nuovo manuale di tecniche pubblicitarie”, FrancoAngeli, Milano. 
24
Ernest Dichter fu uno psicologo viennese che aveva lasciato la Germania nazista nel 1938 e che aveva 
lavorato per Procter & Gamble e Chrysler. A lui si deve un metodo che portò al successo la vendita di un 
sapone prodotto dalla Procter (Ivory). Tale metodo era indirizzato a conoscere non che cosa i consumatori 
si aspettavano da una saponetta ma quali erano le attese relative al bagno (pulizia, freschezza, bellezza, 
riposo …). 
25
J. B. Watson era professore di psicologia sperimentale alla John Hopkins University e lasciato 
l‟insegnamento per la pubblicità, andò a dirigere la Jeo Walter Thompson, già allora una delle più grandi 
agenzie pubblicitarie. Vedi Falabrino G. (1990), “Effimera & bella: storia della pubblicità italiana”, 
Gutemberg 2000.