IV
Le fonti bibliografiche utilizzate afferiscono a diverse branche della
disciplina geografica: la geografia del paesaggio italiana, in particolare
Turri, supportata dall’estetica e dalla semiotica riletta da Gadamer; la
geografia umana francese che si è occupata di isole e insularità; quella,
ancora francese, ma anche italiana, che sviluppa le tematiche legate alla
regione, come Frémont, ai processi di territorializzazione e al senso dei
luoghi, come Minca. Braudel e Vallega costituiscono i riferimenti principe
per la trattazione del soggetto ‘mare’: il primo, infatti, studia il
Mediterraneo attraverso un approccio storico, il secondo, considera il mare
nella sua natura di sistema e come tale lo analizza. Lo studio di geografia
letteraria contenuto nella ricerca è guidato dalla metodologia di analisi dei
testi seguita da Lando, che conduce ad una lettura rivelatrice della valenza
geografica dei contenuti. Alle origini di tale metodo vi è la geografia
regionale di Vidal de la Blanche e Humboldt, che per primi intuirono la
necessità di andare oltre la raccolta e l’analisi di ogni significativo aspetto
dei luoghi, per lasciare spazio allo ‘spirito’ che li attraversa (anima); questa
eredità verrà poi recupata e sviluppata nella geografia umanistica di Dardel
e Tuan, utili riferimenti per lo studio delle percezioni soggettive dei luoghi.
L’apporto della geografia economica è essenziale per analizzare
l’evoluzione dell’isola; l’approfondimento del tema turistico in relazione
alla dimensione insulare è sostenuto dalla bibliografia anglosassone di
Lockhart e Hall. La ricerca relativa al confino politico esige un’indagine sul
periodo fascista, da condurre secondo le indicazioni della Bibliografia
orientativa del fascismo di De Felice. Infine, accanto a testi che fondano
l’impianto epistemologico del lavoro, vengono considerate le monografie
su Ponza o sull’arcipelago ponziano e il materiale locale.
V
La prospettiva dello studio è quella di un outsider, che approccia per
la prima volta questo luogo, senza averne avuto esperienza precedente,
portando con sé solo la ‘precomprensione’ e la volontà di lasciare che lo
sguardo sia stimolato dalle percezioni e che la riflessione sorga dalle
impressioni. La conoscenza dello spazio fisico dell’isola avviene in piena
autonomia, con il supporto esclusivo dello strumento cartografico, come
vera e propria esplorazione di una terra incognita. Ciò è possibile cercando il
contatto più diretto con la natura ed i manufatti umani, attraverso lunghe
passeggiate, che aiutino a “cogliere tutto ciò che il paesaggio emana come
segno del dinamismo che lo percorre” (Turri, 1998, p. 187). La passeggiata,
come sostiene Turri (1998), non è solo un movimento nello spazio, ma è
anche un movimento nel tempo (storico, geologico, sociale) e comporta una
partecipazione intellettuale, sentimentale e fisica che consente di
attraversare il territorio interrogandosi sul senso di ogni segno incontrato.
Un altro strumento essenziale per penetrare più a fondo un territorio
è l’incontro con i suoi abitanti, per comprendere quale rapporto abbiano
con il loro spazio di vita quotidiano, se posseggano tratti peculiari e quali
contribuiscano a dare forma all’isola, come rappresentino se stessi e la loro
terra, quale grado di chiusura o apertura dimostrino, se costituiscano una
comunità. Inoltre, isolani di varie fasce d’età testimoniano i cambiamenti
intervenuti sull’isola, poiché nelle persone si riconoscono e verificano le
trasformazioni culturali, sociali ed economiche. Questa osservazione
intende mettere in luce l’incidenza della dimensione insulare sulla ricezione
degli input che hanno poi suscitato i cambiamenti. Una particolare
raffigurazione dell’isola emerge dalle mappe mentali elaborate dai bambini
di V elementare, cui viene chiesto di raccontare e disegnare la loro Ponza.
VI
L’apporto di discipline diverse dalla geografia, quali le scienze
naturali, l’architettura, l’antropologia, le scienze sociali ed economiche, la
letteratura, è stato essenziale per delineare la forma assunta da questo
spazio nel divenire territorio: le varie prospettive da cui si può studiare la
dimensione spaziale vengono considerate strumenti da utilizzare in modo
integrato, al fine di comprendere il territorio nella sua complessità, facendo
emergere tutte le forze che lo hanno modellato. In particolare, l’affondo
storico, cui è ascrivibile la ricerca d’archivio in merito al confino e ai
confinati d’epoca fascista, è funzionale alla ricerca di un’eredità memoriale
che si è sedimentata e stratificata, portando all’organizzazione odierna
dello spazio. Una ‘storia per la geografia’, che trascende l’utilizzo di metodi
e finalità propri della ricerca storiografica. L’interesse è qui relativo al
processo di territorializzazione, di regionalizzazione di Ponza: esso si è
realizzato con determinati esiti, attraverso modalità sue proprie, anche
perché attraversato dalla sua storia.
La ricerca disegna un percorso che, partendo dalla territorialità fisica
dell’isola, fortemente marcata dal rapporto con il mare, limite e veicolo al
tempo stesso, conduce alle geografie private, passando attraverso l’analisi
delle espressioni fisiche, culturali, sociali ed economiche del rapporto
uomo-ambiente. La tesi si sviluppa in quattro capitoli nei quali si tratteggia
l’ambiente geografico di Ponza, ovvero le qualità geofisiche dell’isola: la
collocazione, la morfologia, il clima, la copertura vegetale. Analizzate le
principali tappe della presenza umana sull’isola, si descrive il risultato
dell’interazione fra l’uomo e l’ambiente che abita. Segni visibili di tale
rapporto sono presenti nel paesaggio agrario, come nei manufatti; meno
visibile, ma imprescindibile, è la relazione dell’isolano con il mare,
umanizzato, tanto da diventare a tutti gli effetti paesaggio, quanto i campi
coltivati o l’architettura meditarranea. Nel terzo capitolo ci si occupa
VII
dell’evoluzione culturale, sociale ed economica che Ponza ha subito negli
ultimi quarant’anni: le migrazioni, l’avvio di nuove attività economiche e
l’abbandono di altre infiacchiscono tradizioni e identità culturale, che
tendono a diventare sempre più sbiadite, fino a rischiare l’estinzione.
All’interno di tale trattazione, uno spazio autonomo è dedicato all’attività
turistica, nel tentativo di determinare quale collocazione essa abbia nel
‘sistema isola’: individuate le attrattive dell’isola, si descrivono modalità e
conseguenze del turismo a Ponza, valutandone l’impatto culturale, sociale
ed economico. L’ultima parte è dedicata a un periodo particolare della
storia di Ponza: in epoca fascista l’isola è stata infatti sede di confino
politico. Dopo aver illustrato i precedenti storici dell’istituto del confino, si
analizzano i testi dei confinati, quali testimonianze non di un’esperienza
politica, bensì di una percezione dell’isola del tutto peculiare. I testi locali
fanno da contrappunto a questa prima rappresentazione di Ponza: essendo
redatti da insider, si intende verificare quali siano gli aspetti colti
indifferentemente da questi e dai confinati, quali, invece, percepiti solo
dall’abitante locale.
L’ambiente geografico
1
CAPITOLO 1
L’AMBIENTE GEOGRAFICO
In nessuna parte del globo le relazioni della geografia e della storia
formano, come nel Mediterraneo, una trama fitta e intricata.
Per capire uomini e luoghi bisogna considerare
la persistenza delle condizioni naturali
e la continuità dello sforzo umano.
Orlando Ribeiro
1.1 Ponza nell’arcipelago ponziano
L’isola di Ponza appartiene ad un arcipelago comprendente sei
isole, disposte di fronte al golfo di Gaeta, in un arco opposto e simmetrico
a quello formato dalla costa tirrenica: Ponza, Palmarola, Zannone, Gavi,
Ventotene, Santo Stefano. Dal punto di vista geografico, l’arcipelago può
essere diviso in due sottogruppi, orientati da ovest-nord-ovest a est-sud-
Capitolo 1
2
est e distanti tra loro circa 22 miglia
1
. Il primo, quello delle isole di Ponza
propriamente dette, include Ponza, Palmarola, Zannone e l’isolotto di
Gavi, ed è il gruppo occidentale che, guardando verso il continente, si
affaccia sul Monte Circeo; il secondo, a oriente, comprende Ventotene e
Santo Stefano e sorge dinanzi al promontorio di Gaeta (il Monte di
Procida), in allineamento con le isole partenopee di Ischia e di Procida.
Oltre alle cinque isole principali, circondate da numerosi isolotti e scogli
secondari, si deve poi ricordare l’isolotto solitario de La Botte, situato circa
6 miglia a SE di Ponza. Volendo collocare con maggior precisione
l’arcipelago, si calcola che Ponza e Ventotene siano distanti
rispettivamente 40 e 20 miglia marittime dall'isola di Ischia, 36 e 25 miglia
da Gaeta, 18 e 15 da Capo Circeo.
L’Istituto Geografico Militare con il termine “Isole di Ponza”
designa il quadrante (F. 413 II) dove è raffigurato il rilevamento di tutte le
isole, comprese Ventotene e Santo Stefano, che pure appartengono a
un’inquadratura distinta.
1
Con ‘miglio marino’ si intende un'unità di misura della lunghezza pari a 1852 m.
L’ambiente geografico
3
Tuttavia dalla denominazione “Isole di Ponza” non deriva un’unica
forma aggettivale, per cui si trovano, in epoche e autori diversi, due
differenti denominazioni: “Pontine” o “Ponziane” (Baldacci, 1954). Il
primo termine riconduce a Pomptinum, che geograficamente indica l'area
dell’agro bonificato in epoca fascista, tra Cisterna, Latina e Terracina; ma
l'arcipelago entra a far parte di quest’area amministrativa, appunto, solo
negli anni Trenta: avvenimenti dunque troppo recenti perché abbiano
relazione con la denominazione. Il secondo termine deriva invece dal
greco pontios, che significa marino, del mare, da cui è stato traslato, senza
aggiunte o variazioni, il latino Pontiae Insulae. In questo lavoro la
preferenza cade su questa seconda opzione.
Capitolo 1
4
1.2 Caratteri geomorfologici
Ponza é situata a 40° 52' 39''- 40° 56' 11'' lat. N ed a 0° 29' 20''- 0° 33'
2'' long. E (meridiano di Roma), la sua superficie è di 7,2 chilometri
quadrati, le coste hanno uno sviluppo di circa 25 chilometri (Beguinot,
1902). Essa si svolge in forma di falce di luna dai bordi irregolari, con la
concavità rivolta verso oriente. Scrive Mino Maccari:
… così piccola com'è, par quasi che si trovi un po' a disagio in mezzo al
mare. Si direbbe ... una pecorella che si sia allontanata troppo dall'ovile
sicuro del golfo di Gaeta: ora deve sopportare, senza ripari, le furie e i
capricci dei venti, che, quando si svegliano, la circondano, la percuotono
e la percorrono tutta da tutti i lati; s'infilano tra collina e collina,
s'accaniscono in vorticosi mulinelli contro le insenature delle rocce e ne'
piccoli innumerevoli golfi onde è frastagliata e incisa la costa come se
volessero scalzare, sradicare, sollevare e capovolgere questo povero
scoglio ... (1985, p. 25)
L’orografia di Ponza è data da una serie di ridossi collinosi, inclinati
con pendenza più o meno dolce verso l’interno dell’isola e separati da
brevi depressioni, da anguste vallette o da valloni profondamente incavati
e scoscesi. Sul lato esterno, verso il mare, queste colline sono tagliate a
L’ambiente geografico
5
strapiombo e quasi sempre inaccessibili (Anzalone - Caputo, 1975).
“L’isola, per chi la osserva dal mare, sembra così sostenuta e protetta da
gigantesche muraglie, dalle quali si distaccano i rilievi collinosi”
(Beguinot, 1902, p. 340).
Proprio la configurazione orografica del suolo permette di
distinguere nell’isola tre zone, come fece Doelter (Doelter, 1876).
La prima, meridionale, è caratterizzata dalla presenza della
massima elevazione dell’arcipelago, il Monte della Guardia che, con i suoi
283 metri di altitudine domina una specie di promontorio: alla sommità di
esso vi è un breve ripiano, su cui è collocato un semaforo, verso sud si
distacca una stretta penisola, denominata Punta della Guardia, su cui si
trova un faro. La parte centrale vede susseguirsi rilievi di minore
altitudine, quali il Monte Pagliaro (177 m), il Monte Tre Venti (177 m), il
Monte Faraglione (156 m), il Monte Core (203 m). L’istmo di Cala
d’Inferno separa questa seconda zona da quella settentrionale, dove si
eleva il Monte Schiavone (157 m) e che prosegue con l’unica area
pianeggiante di tutta l’isola, la Piana d’Incenso, che si sviluppa su di un
pianoro alto circa 80 metri.
Capitolo 1
6
L’idrografia si riassume in piccoli ruscelli, che scavano il loro breve
corso lungo i fianchi scoscesi; a causa della poca permeabilità delle rocce
dell’isola, le sorgenti sono rare e mancano corsi perenni. Sulla costa
occidentale, a Cala dell’Acqua è presente una sorgente, come dimostra il
toponimo stesso: essa è in comunicazione con la costa orientale, a Cala
d’Inferno, attraverso un’antica galleria scavata nel tufo. Gli insediamenti
umani a Ponza sono sempre stati accompagnati dalla costruzione di
cisterne individuali: in leggere depressioni del suolo, naturali o artificiali,
si raccoglie, fin dall'epoca romana, l’acqua piovana.
Il volto odierno dell’isola va considerato quale risultato di una
successione di fenomeni geomorfologici, che l’hanno trasformata e
modellata per milioni di anni e che, incessantemente, seguitano nel loro
lavorio di modificazione. Siamo di fronte cioè a una sintesi, in realtà
ancora provvisoria, in fieri, che, almeno in parte, siamo in grado di leggere
e decifrare analiticamente. Uno degli elementi essenziali a comprendere
l’origine dell’aspetto attuale di Ponza è, ad esempio, il riconoscimento
della sua natura vulcanica.
L’ambiente geografico
7
Tutte le isole Ponziane hanno tale natura, benché esse non siano
nate tutte insieme: i processi formativi dell’arcipelago si svolgono in due
fasi distinte, a cui corrispondono, da un lato, il costituirsi del gruppo
Ponza-Palmarola-Zannone, dall’altro, di quello di Ventotene-Santo
Stefano. La suddivisione su base geografica dell’arcipelago in questi due
gruppi corrisponde anche a una effettiva differenza geologica, relativa
cioè sia alla tettonica, che alla petrografia.
Il primo dato significativo, che si evince dall’osservazione della
morfologia sottomarina, è l’appartenenza di Ponza e delle altre isole
settentrionali, alla stessa unità morfologica: si vede chiaramente che sono
tutte comprese entro l’isobata di 80 metri (Aa.Vv., 1967). “Circa 15-20 km a
sud di Ponza la profondità aumenta bruscamente fino ad oltre 2000 m; la
posizione di queste isole è quindi ai margini della fossa tirrenica” (Ibidem,
p. 582). Le isole di Ventotene e Santo Stefano rappresentano invece le parti
sommitali di un grosso rilievo sottomarino che si innalza da un fondale di
circa 700 metri.
Capitolo 1
8
Nel gruppo Ponza-Palmarola-Zannone l’attività vulcanica inizia
cinque milioni di anni fa, nel periodo geologico del Pliocene, quando si
scatenano fenomeni vulcanici di grande portata, a sconvolgere l’assetto di
un vasto rilievo sottomarino: il ciclo eruttivo dura circa tre milioni di anni,
con emissioni ripetute e periodi di stasi. L’esito della più antica
manifestazione di questo vulcanismo è la formazione di una piattaforma
emersa costituita da singolari vulcaniti riolitiche, “caratterizzate dalla
frantumazione in blocchi di una lava molto vetrosa e la cui genesi viene
ricondotta ad un processo di autobrecciazione di colate laviche
vetrose”(Ibidem, p. 581). Durante la seconda fase del ciclo vulcanico delle
Ponziane occidentali, intorno a un milione e novecentomila anni fa, le
fessure createsi nella massa vulcanica a seguito delle ripetute eruzioni
vengono riempite da altri filoni di lava: sono i dicchi riolitici, che si
incuneano sia orizzontalmente che verticalmete nelle fenditure lasciate
libere dalle precedenti lave induritesi (De Rossi, 1993). Dopo un periodo di
stasi, un milione e settecentomila di anni fa, nelle isole nord-occidentali
l’attività vulcanica riprende, in prevalenza con manifestazioni esplosive;
nello stesso periodo “nuove bocche eruttive si aprono nel massiccio
L’ambiente geografico
9
sommerso sud-orientale e soltanto ora cominciano a formarsi Ventotene e
Santo Stefano” (Racheli, 1987). Le bocche eruttive di entrambi i gruppi si
spengono molto probabilmente alla fine del Terziario; quindi da questo
momento viene meno “l’apporto di nuovi materiali lavici di
accrescimento” (Racheli, 1987, p. 58) e inizia l’opera di erosione e
modellamento delle forze di natura. L’ultima eruzione che interessa
Ponza, e che ne conclude l’attività vulcanica, porta alla formazione della
cupola trachitica del Monte La Guardia (1,1 M. A.).
Circa un milione e centomila anni fa, nell’Era Quaternaria, si
avvicendano epoche glaciali e interglaciali che, combinate con agenti quali
il mare, il vento, le precipitazioni, i terremoti, e con forti, periodici
innalzamenti e abbassamenti del livello marino plasmano i profili delle
singole unità isolane. Si creano così cavità, dirupi, livellamenti che danno
un “aspetto tormentato alla gran massa rocciosa dell’arcipelago” (De
Rossi, 1993, p. 13). Infine il vento tenta di riparare le demolizioni più
profonde, sollevando masse enormi di sabbie che si depositano,
accumulandosi per un'altezza anche superiore ai dieci metri, nelle
rientranze e nelle cavità più ampie.
Capitolo 1
10
Nell’isola di Ponza una spessa copertura di sabbie compare in
località precise quali Le Forna, I Conti, Gli Scotti e Belvedere. La
composizione della sabbia, come dimostra la stratigrafia di Segre
compilata in seguito a un sopralluogo del 1956, rivela la presenza di resti
di microrganismi animali e vegetali: ciò significa che in taluni periodi il
vento cessava e le condizioni ambientali consentivano la vita animale e
vegetale, fino alla successiva fase ventosa.
Dal punto di vista petrografico nelle diverse isole affiorano tipi di
vulcaniti la cui diversa composizione corrisponde alla distinzione su basi
geografiche dell’arcipelago in due gruppi (Aa.Vv., 1967). A Ponza,
Palmarola, Zannnone si rinvengono rocce notevolmente acide, derivanti
da lave fortemente sovrassature, e caratterizzate da una composizione
chimica tipicamente alcalicalcica; nelle isole del settore meridionale,
invece, le rocce sono basiche, nettamente sottosature. Unica eccezione in
questo regolare chimismo è la trachite del Monte La Guardia, leggermente
sottosatura. Fra i prodotti vulcanici presenti sull'isola di Ponza, quelli di
cui l’uomo ha fatto più largo uso lavico sono l'ossidiana e il tufo.