2
dall’area islamica e da quella araba mediterranea, e una serie di temi e motivi
provenienti dall’area sino-mongolica.
Per quanto riguarda il primo caso, esiste una lunga tradizione di studi che si
sono occupati dell’argomento, per esempio quelli di de Longpérier, Erdmann,
Soulier, Baltrusaitis, Bussagli, e molti altri. I personaggi e i costumi ‘alla
turchesca’, o gli elementi decorativi e ornamentali di derivazione islamica
risultano più facilmente individuabili poiché ricorrono con maggiore
frequenza e per un periodo di tempo che si estende ben oltre il Medioevo,
grazie anche all’appartenenza all’area mediterranea, e quindi alla vicinanza
geografica e culturale dei contesti da cui provengono.
In effetti, a differenza di queste presenze esotiche riconducibili all’area
islamica e, soprattutto dal Quattrocento in poi, turca, sulle quali esiste
un’ampia letteratura, le citazioni dal mondo orientale mongolo-sinizzante nella
pittura italiana del Duecento e del Trecento sono state poco e non
sufficientemente studiate, rimanendo trascurate nella quasi totalità dei libri di
storia dell’arte occidentale.
In realtà, queste presenze esotiche mongolo-sinizzanti sollevano problemi che
non sono facilmente trascurabili: come si avrà modo di vedere essi rivelano
come gli artisti che vollero inserirle nei loro dipinti spesso conoscessero da
quale contesto derivavano; ma soprattutto tali presenze richiedono un’analisi
iconologica per sviscerare i significati che esse sottendono, il senso loro
assegnato da ogni artista, al fine di comprenderne il valore all’interno dei
dipinti in cui vennero inserite. Infatti, la ricorrenza dei motivi esotici di questo
3
tipo non è sempre la stessa, ma varia di volta in volta secondo gli artisti e i
contesti, assumendo diversa valenza e rivelando in tal modo una volontà da
parte degli autori di caricare un elemento estraneo alla composizione di
significati precisi. A questo proposito, un’interessante questione sollevata da
alcuni autori è per esempio quella relativa all’interpretazione dei cosiddetti
‘occhi a mandorla’, che per la prima volta fanno la loro comparsa sui volti dei
personaggi dipinti dagli artisti senesi e soprattutto da Giotto, e per la cui
origine è stata spesso ipotizzata una derivazione cinese.
Per quanto riguarda gli strumenti che hanno permesso l’indagine ai fini di
questo studio, di fondamentale importanza, in quanto costituiscono l’oggetto
principale dell’indagine stessa, sono state le fonti figurative dell’epoca, quali gli
affreschi, le tavole, le pale d’altare, i dipinti conservati nelle pinacoteche, nei
musei, nelle cappelle e nelle chiese di Firenze, Roma, Siena, Venezia, Padova e
Assisi; anche le riproduzioni delle mappe del mondo redatte all’epoca hanno
costituito una fonte interessante per capire a che livello fossero le conoscenze
degli europei sul mondo mongolo; inoltre, sempre tra le fonti coeve, si citano
quelle materiali costituite dalle sete e dalle stoffe importate all’epoca dai paesi
mongoli e provenienti dai corredi tombali e dai tesori delle chiese, nonché
quelle contemporanee di produzione italiana, ma improntate ai modelli cinesi
e ilkhanidi.
Per quanto riguarda le fonti letterarie dell’epoca, si è fatto riferimento ad
alcuni resoconti di viaggio degli inviati e dei missionari (come Giovanni da
Pian del Carpine, Guglielmo di Ruysbroeck, Odorico da Pordenone) nei
4
territori mongoli, alla letteratura di viaggio (anche quella dichiaratamente
fantastica, in quanto per la sua stessa natura aiuta a completare il quadro
dell’atteggiamento e delle conoscenze dell’epoca rispetto all’Oriente), e i
riferimenti all’Oriente nelle opere di Dante, Boccaccio, e altri scrittori
dell’epoca.
Inoltre, per l’approfondimento di questioni come le datazioni delle opere,
alcune tecniche di pittura e di tessitura, le possibili influenze stilistiche e
compositive cinesi su alcuni pittori occidentali, ci si è avvalsi anche del
consulto di storici dell’arte e specialisti del Trecento, restauratori ed esperti nel
settore dei tessuti antichi.
Infine, sulla base del materiale e delle fonti a disposizione, in questo studio ci
si è soffermati su tre tematiche principali, precedute da un primo capitolo in
cui si è voluto far luce sullo sfondo culturale dell’Occidente cristiano, con
particolare riferimento all’atteggiamento da questi tenuto nel momento in cui
venne a contatto con la realtà mongola. Gli argomenti presentati nei successivi
tre capitoli rappresentano la controprova, il riflesso nel campo dell’arte
occidentale dei rapporti che ci sono stati con l’Oriente in questo momento di
intensi contatti: nel secondo capitolo si mette in luce il significato delle diverse
grafie ispirate alle scritture orientali dei paesi islamici e sotto la dominazione
mongola, inserite dagli artisti sugli orli delle vesti di vari personaggi con
funzioni diverse presso ogni artista e secondo il contesto; nel terzo capitolo ci
si sofferma invece ad analizzare la questione dei vari ‘usi’ iconografici del ‘tipo’
mongolo ed estremo-orientale inteso come personaggio; infine, nel quarto
5
capitolo viene esposta la questione della presenza di sete ornate con motivi
decorativi e iconografici estremo-orientali nelle opere di molti pittori italiani
vicini alle corti o alle città marinare che durante il Medioevo ebbero rapporti
con l’Oriente.
6
Capitolo 1
L‘ESTREMO ORIENTE E IL MONDO MONGOLO NELLA
MENTALITÀ DELL’OCCIDENTE MEDIEVALE FRA ELEMENTO
FANTASTICO E REALTÀ
Forse l’evento di maggiore portata nella storia delle conoscenze geografiche, e
carico di conseguenze per la storia della civiltà umana, fu la scoperta dell’Asia
orientale da parte degli Europei alla fine del XIII secolo, in seguito alle
conquiste mongole. Le prospettive geografiche dell’Occidente cambiarono e,
con esse, la scala e il valore delle cose. L’europeo vide e sentì nuove cose e di
conseguenza cominciò anche a pensare nuove cose; imparò a tollerare e a
paragonare, e a criticare; si trovò di fronte a nuovi stimoli per il pensiero
scientifico e per l’immaginazione poetica; cominciò ad allargare i suoi
orizzonti geografici e storici e a scriverne; aggiunse nuove parole al suo
vocabolario; apprese dell’esistenza di nuove piante e animali, ma anche di altri
popoli; dall’Oriente giunsero nuove tecniche che riguardavano per esempio la
tessitura come anche la guerra; infine anche le arti figurative ne uscirono
arricchite e ricevettero nuovi impulsi.
Agli occhi dell’Occidente, l’Oriente si rivelò nei racconti dei viaggiatori che vi
si recarono, in cui la realtà si confuse spesso con la favola. E il mondo
mongolo, nella fattispecie, fece decisamente sentire la sua presenza in Europa,
7
come si avrà modo di verificare grazie alle risonanze in campo artistico del suo
incontro con l’Occidente.
1
La leggendaria e tanto favoleggiata ricchezza delle Indie e del Cathai divenne
nel XIII secolo un dato di fatto, e quando si pensa che missionari come
Giovanni da Pian del Carpine e mercanti come i Polo giunsero per via di terra
fino a Pechino o circumnavigarono l’Asia meridionale fino a Canton, ci si
rende conto che nel 1300 avvenne una scoperta dell’Asia tanto nuova e
straordinaria quanto lo fu la scoperta dell’America da parte di Colombo due
secoli dopo. Per la prima volta, l’Estremo Oriente si trovava alle porte
dell’Occidente
2
.
Durante il Medioevo, l’orizzonte geografico per l’uomo europeo era
principalmente un orizzonte spirituale, quello della cristianità. Il concetto
teologico che ispirava la geografia e la cartografia cristiana fino al XIII secolo,
ordinava la Terra in modo che il centro fosse Gerusalemme, e che l’Oriente
fosse la sede del Paradiso terrestre. Gerusalemme con il Santo Sepolcro
corrispondeva anche ai confini del mondo conosciuto. La penisola indiana e
le isole dell’Oceano Indiano, sebbene fossero di tanto in tanto visitate da
1
Un primo esempio interessante di testimonianza in ambito figurativo è la presenza di volti di
mongoli scolpiti su uno dei capitelli delle colonne del Palazzo Ducale di Venezia., che
ancora oggi ci ricordano quanto la realtà mongola fosse presente nella cultura medievale
europea.
2
Le prime notizie giunte in Cina sull’Occidente riguardavano l’impero romano: secondo le
fonti cinesi, nel 166 giunse in Cina un’ambasceria romana inviata da Marco Aurelio
Antonino. Di questo evento non ci sono tracce nelle fonti romane, ma nelle fonti risalenti al
periodo di Augusto si parla della terra dei seres (termine riconducibile alla parola seta, a sua
volta originato con molta probabilità dal termine cinese si per indicare il prodotto serico): sin
dall’antichità la Cina fu sempre associata alle costose seduzioni della seta, cosicché prodotto
costoso e territorio ignoto si identificarono. Comunque, in linea generale, nel primo
millennio dell’era cristiana i contatti fra l’Estremo Oriente e l’Occidente furono sporadici e
non se ne hanno testimonianze accertabili.
8
viaggiatori e mercanti, erano tuttavia mal rappresentate, mentre le coste del
Cathai erano sconosciute e si ignorava dove ‘finisse’ il mondo a Oriente. Più
che l’imprecisione delle conoscenze dei dotti in materia di cosmografia
3
,
quello che a noi oggi può sembrare straordinario è la fantasia della geografia
medievale al di fuori dell’Europa e del bacino mediterraneo. Per lungo tempo
gli orizzonti geografici e quelli definiti da Le Goff come ‘orizzonti onirici’,
tesero a confondersi e a sovrapporsi. Nelle leggende, ma anche nei resoconti
di viaggio (i cui autori erano pur sempre abituati a decodificare la realtà
secondo la propria cultura) e quindi nell’opinione comune l’Asia, identificata
con l’Oriente, rappresentava la fonte di tutti i beni e di tutti i mali, il luogo del
Paradiso terrestre, dei tesori, delle invenzioni tecniche, ma anche il focolaio di
epidemie, di eresie e di mostri, che trovavano una loro collocazione
soprattutto in terre lontane e poco conosciute.
Per tutti i seicento anni che divisero il regno di Giustiniano (525-565) dal
papato di Gregorio IX (1227-1241), l’Europa e la Cina si limitarono a
coesistere come se si fossero trovate su due pianeti diversi.
3
Si ammetteva in generale che la Terra fosse rotonda, immobile al centro dell’universo e si
immaginava, secondo Aristotele, un sistema di sfere concentriche oppure, dal XIII secolo in
poi, un sistema più complesso e più vicino alla realtà del movimento dei pianeti, secondo
Tolomeo.
9
I commerci, come quello della seta, erano mediati dai mercanti che si
alternavano dal Vicino Oriente all’Asia Centrale, e in linea di massima non vi
furono contatti diretti tra Estremo Oriente e Occidente, mentre nessuna
indiscrezione sugli avvenimenti peraltro importantissimi che si svolgevano in
Cina a quel tempo giunse a conoscenza degli europei. Infatti, mentre l’Europa
era coinvolta in una serie di guerre intestine, la Cina stava vivendo l’epoca
d’oro della dinastia Tang (618-907) e i burrascosi cinquant’anni delle Cinque
Dinastie (907-960), per entrare finalmente nell’era pacifica e raffinata della
Dinastia Song (960-1279). Prima che in Europa lo stile romanico raggiungesse
la perfezione, in Cina le arti avevano raggiunto l’apice, e prima della nascita di
Dante molti grandi capolavori della letteratura cinese erano già stati scritti e
divulgati per mezzo della stampa in tutto il paese. L’Europa del primo
Medioevo non aveva tempo né occasione di rivolgere lo sguardo al di là del
Medio Oriente per osservare l’Estremo Oriente, anche perché le vie di
comunicazione tra i due mondi erano state interrotte dai Parti, dai Sogdiani, e
dagli altri popoli che si erano avvicendati in Asia Centrale e nel Vicino
Oriente, come gli arabi musulmani che dal VII secolo erano presenti fino alle
porte di Bisanzio. Ciò nonostante, vedremo che in questa città nell’XI secolo
continuavano ad affluire oggetti e stoffe provenienti dalla Cina, con i loro
motivi decorativi e iconografici che vennero spesso ripresi e riprodotti su
materiali diversi, anche senza che se ne conoscesse l’esatta provenienza
estremo-orientale, riflettendo in tal maniera la moda dell’esotico che invase la
corte bizantina a quell’epoca.
10
Circa due secoli dopo, con il dilagare delle invasioni mongole e il loro
conseguente dominio su quasi tutta l’Eurasia, la via di terra fra l’Europa e la
Cina fu riaperta e riprese l’importazione di grandi quantità di merci cinesi.
Come conseguenza della Pax mongolica, le conoscenze dell’Europa
sull’Estremo Oriente, e soprattutto sull’Oriente mongolo, aumentarono
notevolmente, permettendo di stringere, intensificandoli, quei contatti che in
epoca classica avevano fatto fiorire i traffici sulla grande carovaniera
transcontinentale della seta e dell’oro.
1. Il processo di avvicinamento e conoscenza dell’Occidente e dell’Oriente
mongolo
Alla luce di questi avvenimenti storici, possiamo identificare essenzialmente in
due fasi il processo di avvicinamento e di conoscenza dei due mondi, quello
europeo e quello sino-mongolico.
E’ necessario tenere comunque presente che queste fasi non furono mai
nettamente distinte, poiché spesso si compenetrarono sovrapponendosi: un
primo momento (in cui l’informazione sul mondo mongolo fu indiretta e
prevalsero gli elementi fantastici) fu caratterizzato dal terrore e dalle visioni
apocalittiche intrise di leggende sulle oscure origini dei mongoli da parte
dell’Occidente cristiano.
A questo primo impatto fece seguito una seconda fase in cui giunsero notizie
più dirette, grazie ai viaggi di missionari, ambasciatori papali e mercanti in
Oriente e presso le corti dei khan mongoli, con la conseguenza che la visione
11
degli occidentali andò modificandosi fino a vedere spesso nell’Oriente
mongolo un modello da emulare e da ammirare. Questo fu, per esempio, il
caso di Cangrande della Scala, signore di Verona vissuto nel Trecento, che nel
nome tradiva la sua ammirazione per il ‘Gran Cane’ dei racconti di Marco
Polo, o come esemplificato dalla consuetudine di riempire le composizioni
pittoriche di stoffe e sete preziose riprese dai modelli originali provenienti
dalla Persia Ilkhanide e dalla Cina, per vestirne la Vergine, il Bambino, i Santi,
ma anche gli importanti personaggi del tempo.
Si vedrà che nel contesto storico e culturale del Basso Medioevo,
l’atteggiamento e le conoscenze dell’Occidente europeo nei confronti
dell’Oriente mongolo si riflessero di continuo nella produzione artistica
europea dell’epoca, in particolar modo in quella pittorica. Pertanto, per meglio
comprendere i significati e le simbologie che sottendevano all’Oriente nelle
opere degli artisti europei Due e Trecenteschi, è necessario fornire un quadro
generale delle conoscenze dell’epoca sull’Oriente mongolo, focalizzando
l’attenzione sulle testimonianze storiche e su quelle letterarie dei resoconti di
viaggio con le relative illustrazioni che accompagnavano i testi, in un continuo
oscillare tra elemento fantastico e realtà.
4
4
In questa sede si è fatto riferimento alle principali fonti letterarie costituite da lettere di messi
papali nell’oriente mongolo, missionari francescani,viaggiatori e mercanti, ma per un’analisi
più approfondita di tutte le fonti scritte dell’epoca, peraltro numerosissime, sarebbe
necessario uno studio a sé stante che si occupasse di confrontare le testimonianze fornite dai
diversi autori sui medesimi argomenti, evidenziandone i punti comuni e le differenze e
confrontandoli con le prove fornite dalle scoperte archeologiche.
12
L’epopea mongola
5
che portò all’avvicinarsi dell’Estremo Oriente e
dell’Occidente ebbe inizio con Genghis Khan, che fu nominato capo dei
mongoli nel 1206. Un’opera armena del XIII secolo scritta da Gregorio di
Akanch e intitolata Storia del popolo degli arcieri
6
ci fornisce un’idea dell’opinione
occidentale su Genghis Khan, il quale per lo storico armeno altro non era che
uno strumento della collera divina il cui popolo era costituito dagli uomini del
Prete Gianni, un castigo voluto dalla potenza di Dio per i peccati commessi
contro la Chiesa e la religione dai paesi cristiani d’Europa, una punizione per
un’umanità ormai avviata sulla via del peccato, della perdizione e del male.
5
Come noto, dall’inizio del XIII secolo i mongoli conquistarono nel giro di pochi anni quasi
tutta l’Asia, distruggendo città, saccheggiando e rovesciando imperi, stravolgendo l’assetto
politico della terra allora conosciuta. Appartenevano a uno dei tre gruppi della famiglia Altai
(tunguso, mongolo e turco) ed erano nomadi provenienti dalle steppe dell’Asia Centrale e
nord-orientale. Da qui le orde mongole si precipitarono verso la Cina e verso l’Occidente,
rovesciandosi sulle civiltà sedentarie ricche di cultura ma stanche e deboli a causa delle lotte
intestine, travolgendole e fondendosi in molti casi con esse.
6
Vedi M. Bussagli, Genghis Khan. Il conquistatore del mondo, in Storia Dossier, Firenze, Giunti,
1988, pp. 6, 7; e E.D. Phillips, Genghiz Khan e l’impero dei mongoli, Roma, Newton Compton,
1979, p. 14 e nota.
degli occidentali andò modificandosi fino a vedere spesso nell’Oriente
mongolo un modello da emulare e da ammirare. Questo fu, per esempio, il
caso di Cangrande della Scala, signore di Verona vissuto nel Trecento, che nel
nome tradiva la sua ammirazione per il ‘Gran Cane’ dei racconti di Marco
Polo, o come esemplificato dalla consuetudine di riempire le composizioni
pittoriche di stoffe e sete preziose riprese dai modelli originali provenienti
dalla Persia Ilkhanide e dalla Cina, per vestirne la Vergine, il Bambino, i Santi,
ma anche gli importanti personaggi del tempo.
Si vedrà che nel contesto storico e culturale del Basso Medioevo,
l’atteggiamento e le conoscenze dell’Occidente europeo nei confronti
dell’Oriente mongolo si riflessero di continuo nella produzione artistica
europea dell’epoca, in particolar modo in quella pittorica. Pertanto, per meglio
comprendere i significati e le simbologie che sottendevano all’Oriente nelle
opere degli artisti europei Due e Trecenteschi, è necessario fornire un quadro
generale delle conoscenze dell’epoca sull’Oriente mongolo, focalizzando
1.1 I mongoli, Satana, Gog e Magog: le visioni apocalittiche
13
In questo senso Genghis per gli occidentali ricalcava l’immagine che era
appartenuta ad Attila e con lui condivideva il poco invidiabile privilegio di
rappresentare, nell’opinione comune del mondo occidentale, la vetta massima
della violenza distruttrice e della crudeltà umana. Del resto, egli come i suoi
immediati successori segnò una svolta irreversibile non solo per il suo popolo,
ma per tutta l’Eurasia. Tuttavia, come si vedrà questa svolta non fu del tutto
negativa, poiché le sue conquiste portarono alla cosiddetta Pax mongolica, che
permise all’Occidente di trovare la via dell’Estremo Oriente e di stringere e
intensificare quei contatti che in epoca classica avevano permesso il fiorire dei
traffici sulla grande carovaniera transcontinentale della seta e dell’oro.
Gengis Khan aggredì l’impero dei Selgiuchidi, devastò l’Iran, i suoi successori
proseguirono fino alle frontiere germaniche occupando il Caucaso e il Bacino
meridionale del Volga nel 1237, poi fu la volta della Russia nel 1240 e della
Polonia nel 1241. Nello stesso tempo tre armate penetrarono in Ungheria e si
spinsero verso Vienna. Tutti questi stati erano disuniti, deboli e in lotta
costante fra loro, mentre l’impero mongolo era unito dalla Cina all’Ucraina. I
rapporti tra il Papa Gregorio IX e il leader nominale dell’Europa, l’Imperatore
del Sacro Romano Impero Federico II, erano pessimi. Mentre i mongoli
raccoglievano informazioni utili ai fini delle loro conquiste sull’Europa, le
uniche informazioni che questa riceveva sul loro conto enfatizzavano il terrore
nei loro confronti. I profughi che da Kiev si rifugiarono in Polonia prima della
conquista, portarono con sé i terrificanti racconti sulla minaccia di questo
popolo di arcieri. Tutta l’Europa restò impietrita nell’apprendere che la città
14
che si trovava più a oriente ed era tra le più grandi della cristianità era caduta
in mano mongola.
7
Il mondo Cristiano tremava come dopo il crollo di Roma
all’avanzata degli Unni: San Luigi era inquieto, Federico II lanciò un grido
d’allarme, e nel 1245, durante il Concilio ecumenico di Lione si escogitarono
diversi metodi per lottare contro l’avanzata mongola, incitando i regnanti
europei all’unione, creando un fondo di guerra, inviando missionari nelle
regioni sotto il dominio dei mongoli.
8
Le scorrerie mongole in Europa
facevano presagire l’avvento dell’Anticristo: nella concezione geografica
occidentale l’Europa era al centro, nel cuore del mondo e della Cristianità, non
esistevano alternative, i non facenti parte della Chiesa dovevano essere
assimilati o rimossi ai margini dell’Ecumene. Tra le numerose paure
dell’universo medievale c’erano le malattie, i fetori, la fame, l’Inferno, e le
grandi pressioni dei mongoli sembravano assommarle tutte con il risalto della
violenza.
7
Giovanni da Pian del Carpine cinque anni dopo la conquista di Kiev scrisse: “Così quando
attraversammo quel paese trovammo innumerevoli teschi umani e ossa dei morti sparsi sul
terreno. Era stata una grandissima e popolatissima città e adesso è ridotta a pressoché niente.
Infatti colà adesso ci sono appena duecento case e le persone sono tenute nella più stretta
servitù”(Giovanni da Pian del Carpine, citato in E.H., The situation in Europe, in Mongol
invasionofEurope, Militaryhistory, June1997,
documentoInternet,www.thehistory.net.com/Mili..tory/articles/1997/06972_side.htm.)
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Nello stesso anno il papa Innocenzo IV inviò a Qaraqorum il francescano Giovanni da Pian
del Carpine (1182-1252) che scrisse in seguito la Historia Mongolorum. A questo seguì una
lunga serie di ambascerie papali e di missioni francescane nei territori mongoli.