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del mutamento, analizzando metodologie e tecniche di diffusione, fruizione
e produzione musicale, riassumibili in un unico contesto: “mediatizzazione
della musica”. L’analisi sulla musica mediata dunque, partirà con alcune
riflessioni sul bisogno inconscio dell’uomo di esorcizzare il tempo e quindi
di salvare, attraverso tecnologie della memoria, la propria identità e
conservare il ricordo degli scomparsi. Da questa visione antropologica, che
mette al centro della ricerca tecnica l’uomo e la sua necessità di ricordare e
comunicare, il lavoro prosegue con un’analisi storiografica delle tecnologie
che hanno reso la musica riproducibile e commerciabile.
Oggi, la distribuzione nei negozi dell’ultimo cd dell’artista più in voga,
non ha come scopo principale quello di conservare e preservare la sua
identità ai posteri, ma mira quasi esclusivamente ad ottenere un rendiconto
economico. Con questa affermazione non voglio entrare a far parte in quella
serie di critici indignati dalla natura disumana dell’industria discografica,
ma vorrei semplicemente sottolineare un’evoluzione e con essa capire gli
aspetti fondamentali che caratterizzano l’epoca in cui viviamo. Condurre
con coerenza la polemica contro l’industria culturale, come bene afferma
Umberto Eco nella prefazione di “Apocalittici ed integrati”, significa far
risalire il male non alla prima registrazione fonografica o al primordiale
approccio con la comunicazione a distanza per mezzo di onde
elettromagnetiche, bensì all’invenzione della stampa e con essa alle
ideologie della sovranità popolare.
La recente informatizzazione di massa, intesa come la diffusione di
personal computer nelle abitazioni di un numero crescente di persone, è
inclusa nell’analisi come canale non solo di diffusione, ma anche di
produzione. La “mediatizzazione della musica” quindi, non può far altro
che comprendere i fenomeni del file sharing e del downloading come nuovi
sistemi di fruizione e dell’ home recording come alternativa attività di
produzione, finalizzata ad una riproduzione mediale “minore”. La pirateria
multimediale, sviluppatasi con la digitalizzazione di materiale audio, video,
6
cartaceo, ha ormai raggiunto livelli esponenziali con Internet: è ormai
chiaro che, nell’era digitale, i diritti di proprietà intellettuale sono
tecnicamente indifendibili e la musica è la forma d’arte che è stata investita
per prima da questo fenomeno.
Analizzando la digitalizzazione del suono sotto un aspetto più tecnico,
prolungato ad evento sociologico, ritengo importante sottolineare la
progressiva appropriazione di strumenti tecnici professionali di
audioediting da parte di amatori e dilettanti. A questo proposito, rileggendo
un saggio di “Apocalittici ed integrati”, Umberto Eco indicava, come prima
conseguenza riguardante l’avvento della musica registrata, lo
scoraggiamento progressivo del dilettantismo musicale. Sicuramente oggi
come all’epoca della stesura del saggio (1964) risulta basso il numero di
coloro che sanno leggere la musica, ma sicuramente è aumentato quello di
coloro che, con l’ausilio di specifici hardware e software, la
autoproducono.
A causa della sovrabbondanza di informazioni offerte dai media e della
conseguente estrema disponibilità del prodotto, la musica non è più
“ascoltata”, ma solo più “sentita” inconsapevolmente in ogni momento
della giornata. Ritengo che tutto ciò abbia abbassato notevolmente il livello
di “criticità” dell’utente, immerso in un “oceano di suoni socialmente
dissipato” o meglio in un “acquario sonoro”, per dirla alla Eco.
7
1 Tecnologie di riproduzione e diffusione della
musica
La produzione di suoni svincolata dal momento performativo è stata
una delle numerose sfide che l'uomo ha voluto tentare. Prima la
necessità di dover comunicare, e poi la rivoluzione tecnologica, lo
hanno spinto ad utilizzare svariati mezzi per veicolare informazioni a
distanza. Se la scrittura e la raffigurazione grafica possono essere
considerati da sempre veicoli fondamentali, altri fattori quali luce, fumo e
mezzi di amplificazione sonora vengono classificati come minori, pur
essendo anch’essi di basilare importanza per l’intero processo
comunicativo.
La simulazione della voce in segni scritti operata dall’alfabeto e dalla
relativa scrittura è stata ed è ancora oggi, una “tecnologia della memoria”
che ha risolto per sempre il problema della trasmissione dei dati cruciali da
una generazione all’altra.
Nel 1945 André Bazin
1
pubblicò un breve saggio intitolato “Ontologia
dell'immagine fotografica”. In questo scritto l'autore espose quello che
definì “complesso della mummia”, ovvero un bisogno fondamentale della
psicologia umana: la difesa contro il tempo. Per Bazin all'origine della
filogenesi delle arti plastiche vi è la pratica egiziana dell'imbalsamazione,
con la sua funzione di salvare l'essere mediante l'apparenza, di sottrarlo al
1
André Bazin (Angers, 1918 – Nogent-sur-Marne, 1958) è stato un critico cinematografico
francese teorico della Nouvelle Vague. Frequentò dal 1938 i corsi della scuola normale di Saint
Cloud e fondò un cineclub a Parigi. Nel dopo guerra, forte della convinzione di “portare il popolo
alla cultura e la cultura al popolo”, si impegnò nell’educazione della massa tenendo corsi,
organizzando conferenze nelle fabbriche, in Germania, in Algeria, in Marocco. Nell’ aprile 1951
fondò con Jacques Doniol-Valcroze “ Les cahiers du cinéma”, la più prestigiosa rivista
cinematografica francese e probabilmente mondiale, raccogliendo le eredità della “Revue du
cinèma” e i membri di due circoli parigini: Objectif 49 e Ciné-Club du Quartier Latin. Gli articoli
dei Cahiers reinventarono le basi della critica cinematografica.
8
flusso della durata temporale fissandone artificialmente le apparenze
carnali, mummificandolo appunto.
Col passare del tempo la funzione di ricordo, da semplice
rappresentazione della funzione magica primaria, passò alla conquista di
una piena autonomia; insomma si attuò attraverso i secoli una
sublimazione…
…“ad uso di un pensiero logico di questo bisogno incoercibile
di esorcizzare il tempo”; ovvero “non si crede più all'identità
ontologica del modello e del ritratto, ma si ammette che questo
ci aiuta a ricordarci di quello, e dunque a salvarlo da una
seconda morte spirituale”.
In poche parole Bazin descrive, attraverso la loro psicologia, la genesi
delle arti plastiche o meglio il bisogno che ha spinto l'uomo a creare e a
fissare immagini.
Questo processo può essere valido anche per quanto riguarda la cattura del
suono. Infatti, come significativamente esprime il termine inglese
recording, ogni registrazione è per sua natura fissazione di un ricordo,
memoria tecnica, che tuttavia basandosi su un processo automatico, si
produce come tale anche in assenza di un'intenzione cosciente di preservare
un ricordo.
Tutto ciò dimostra come la ricerca della registrazione di immagini e di
suoni, condotta nel XIX secolo, si sia sviluppata di pari passo e come alla
base ci sia stato lo stesso progetto: conservare il ricordo degli scomparsi.
Questo progetto, insito da sempre nella natura umana trovò, almeno nelle
arti figurative, la perennità della forma. La sua impossibilità di
realizzazione nei secoli, per mancanza di mezzi tecnici e di scoperte
scientifiche, determinò quell'ossessione del realismo che per Bazin, com'è
noto, finì per divorare le arti plastiche e figurative e che ebbe fine con
9
l'avvento della fotografia. Nel 1856 Nadar
2
lasciò testimonianza dell’idea
“di un dagherrotipo
3
acustico che riproduce fedelmente e a volontà tutti i
suoni sottoposti alla sua oggettività” . Ciò dimostra come l'idea di catturare
e fissare permanentemente il suono esistesse già in teoria, a livello del
pensiero, prima ancora della sua piena concretizzazione.
2
Felix Tournachon (1820-1910), noto come Nadar, caricaturista e scrittore, si dedicò alla
fotografia dal 1853. Dalla mongolfiera Le Géant eseguì la prima foto aerea e fu anche il primo a
servirsi della luce artificiale in fotografia. Nel 1874 organizzò nel suo studio la prima esposizione
impressionista con quadri di Cézanne, Pissarro, Monet e altri.
3
Primitiva forma fotografica prodotta dalla “dagherrotipia”, procedimento fotografico messo a
punto da .J.M.Daguerre nel corso della ricerca condotta nel 1839 in collaborazione con N.Niepce e
poi con il figlio di questo, Isidore. In quegli anni ogni rappresentazione fotografica veniva indicata
con un nome speciale perché l'originalità di ciascun procedimento conduceva ad oggetti che non
potevano essere tra di loro confusi (calotipia, ambrotipia, ferrotipia).
10
1.1 Dal fonografo, come tecnologia della memoria, al
music business.
Un primo esempio di riproduttore sonoro, costruito all’incirca intorno al
I secolo a.c. fu il dispositivo della “Fontana di Erone
4
” , dove una civetta di
legno grazie ad un ingegnoso sistema idraulico fatto di pesi, contrappesi ed
una camera eolica, pareva emettere suoni come se fosse viva. Se si pensa
che oggi, dopo duemila anni, la riproduzione di suoni può essere una
elaborazione di algoritmi di compressione, non si può che provare un senso
di vertigine nel ripercorrere mentalmente la strada che ha condotto l’uomo
dalla dimensione meccanica a quella informatica. Infatti solo a partire dal
XIX secolo il progresso tecnico e scientifico permetterà di realizzare due
grandi sogni: comunicare a grande distanza in tempo reale e riuscire ad
imprigionare il suono in qualcosa che permettesse poi di recuperarlo senza
vincoli di tempo e di luogo.
Nel 1702, mentre Antonio Stradivari metteva a punto i suoi primi violini
destinati a fare epoca nel campo della musica colta, Giovanni Barberi
proponeva sulle piazze di Modena e del centro sud Italia il suo prototipo di
organetto meccanico detto anche “di Barberia”. Era dotato di una manovella
che metteva in funzione con movimento rotatorio un cilindro dotato di
punta metalliche in grado di aprire valvole corrispondenti a canne. Questo
organetto automatico ispirò la realizzazione dei primi carillon moderni, del
pianoforte meccanico e dell’autopiano tra il XVII e il XIX secolo.
Siamo distanti dall’idea di un dagherrotipo acustico, però vicinissimi
all’esulare l’uomo dalla performance.
4
Visse ad Alessandria d’Egitto in epoca imprecisata fra il III e il I secolo a.C. Matematico e
ingegnere greco formatosi alla scuola euclidea inventò molti apparecchi idraulici ed idrostatici.
Scrisse opere importanti, tra le quali la “Pneumatica” e le “Misure”, nella quale per la prima volta
nella storia della scienza vengono introdotte le misure fisse.
11
Nel 1857 Edouard-Leon Scott de Martinville
5
brevettò il fonoautografo.
Fu il primo ad aver intuito la possibilità di tradurre con un segno grafico la
propagazione delle vibrazioni sonore. Infatti il suo “fonoautografo” era in
grado di farlo: la fonte sonora veniva accostata a un megafono chiuso da
una membrana la quale vibrando innescava il movimento di una setola di
maiale su una carta affumicata. Sopra quest’ultima dunque, stesa intorno ad
un cilindro, veniva riprodotta la forma dell’onda così da ottenere una
stenografia naturale. A questa importante macchina, ancora sprovvista delle
funzioni di registrazione e riproduzione del suono, lavorarono diversi
inventori come Barlow, ad esempio, che nel 1864 sostituì con una penna
scrivente lo stilo di maiale in modo da poter scrivere la forma dell’onda su
un foglio di carta bianca
6
. Per circa vent’anni però non si ebbero importanti
innovazioni tecniche fino a quando nel 1876 Alexander Graham Bell
7
inventò il microfono utilizzato nel primo prototipo di telefono.
Colui che compì il passo successivo fu Thomas Alva Edison dal suo
studio statunitense di Menlo Park. Nato nel 1847 a Milan, Ohio, figlio della
provincia americana, giunse nel Michigan per cercare fortuna. Fu sempre
affascinato dal progresso e questo lo spinse a diventare telegrafista; si
dedicò inoltre all’editoria pubblicando il “Weekly Herald”, giornale
realizzato con tecniche innovative dalla carrozza di un treno. Nel 1868
depositò il brevetto del registratore di voto elettrico, per velocizzare le
procedure di suffragio del Congresso degli Stati Uniti.
5
Stampatore e pittore, nacque in Francia alla fine del XIX secolo.
6
Vedi http://www.phys.uniroma1.it/DOCS/MUSEO/acu41.htm
7
Fisiologo e fisico inglese. Nacque ad Edimburgo nel 1847 e morì a Baddek nel 1922. Nel 1870,
conclusi gli studi presso le università di Edimburgo e Londra, si trasferì nel Canada a Baddek.
Diventò professore di fisiologia degli organi della voce a Boston. Qui iniziò l'attività di insegnante
specializzato per i sordomuti, divulgando un sistema, perfezionato dal padre, che mostra come
labbra, lingua, e gola vengano utilizzati nell'articolazione del suono. Nel 1874 iniziò la ricerca che
ne determinò la fama: lavorando a un telegrafo multiplo, sviluppò l'idea base del telefono.
L'invenzione, accolta con molto entusiasmo, portò all'ideatore riconoscimenti pubblici che
sfociarono nel 1877 nella fondazione della Bell Telephone Company. Tra le altre sue invenzioni
ricordiamo l'audiometro, strumento usato per misurare la soglia di audizione, e la bilancia a
induzione, per individuare la presenza di dispositivi metallici all'interno del corpo umano. Un
cilindro di registrazione in cera, presentato nel 1886, costituì la base del grammofono.
12
Progettò, studiando il fonoautografo di Scott, un ripetitore telegrafico
composto da un disco coperto di carta che, girando su di un piatto, veniva
inciso da uno stiletto sospeso ad un braccio, il quale imprimeva una serie di
punti disposti a spirale. Edison si accorse che oltre una certa velocità di
rotazione, lo stiletto emetteva vibrazioni che ricordavano la voce umana. Il
17 novembre 1877 sulla rivista "Scientific American"
8
Edison annunciò
quella sensazionale invenzione, capace di rendere “la parola suscettibile di
essere ripetuta all'infinito, mediante registrazioni automatiche”. Il gruppo
di ricerca di Edison inventò e costruì così il primo prototipo di fonografo:
l'idea di Nadar dopo circa vent'anni diventò realtà, il suono poteva essere
finalmente registrato. L'apparecchio consisteva in un imbuto per raccogliere
i suoni in fondo al quale un diaframma di metallo vibrava e metteva in
movimento uno stilo in acciaio. Questa puntina tracciava un solco più o
meno profondo su un foglio di stagno avvolto su un cilindro mobile
azionato manualmente. Analogo il procedimento di riproduzione: la puntina
ripercorreva alla stessa velocità il solco inciso sul cilindro e restituiva il
suono (tramite un portavoce a tromba) sporco e nasale. Per provare il suo
apparecchio, che era in grado di ottenere registrazioni di circa un minuto,
Edison cantò e registrò una filastrocca per bambini: la prima canzone mai
incisa prima di allora. Questo metodo di riproduzione ebbe enorme
successo e rimase per molto tempo inalterato.
Costruendo il primo “fonografo” egli elaborò l’intuizione che fu di Scott
di rappresentare graficamente il suono.
Nello stesso periodo in Francia, Charles Cros
9
, poeta e inventore, lavorò
ad una macchina parlante della quale illustrò il principio all’Accademia
delle Scienze ma, al contrario di Edison, per mancanza di denaro, non diede
8
Mensile newyorkese di scienze, fisica e nuove tecnologie in pubblicazione dal 1845.
9
Nacque a Fabrezan (Linguadoca) nel 1842 e morì a Parigi nel 1888. Dotato di eccezionali
capacità scientifiche, nel 1869 scoprì, contemporaneamente a L. Ducos du Hauron, il
procedimento della selezione fotografica dei colori. Condusse una vita da bohémien, frequentando
cabarets con Verlaine, Rimbaud, Coppée e scrivendo versi umoristici e fantasiosi. Tra le sue opere
sono da ricordare: il poemetto Le coffret de santal (1873; Il cofanetto di sandalo), il monologo Le
hareng saur (L'aringa affumicata), il poemetto in prosa L'heure froide.
13
mai vita ad un prototipo giungendo solamente a realizzarne un modellino.
Qualche mese più tardi Edison, che si interessava alla cosa già da tempo,
senza aver saputo dell'invenzione di Cross, costruì il suo primo
“fonogramma”, o “fonografo”, e a sua volta lo presentò alla stessa
Accademia delle scienze. L’apparecchio di Edison mostrato al pubblico
all'Esposizione universale del 1889 era un rullo di cera con un motore
elettrico, un giocattolo di lusso dal prezzo esorbitante. Altri inventori si
cimentarono su questa idea. Il danese Pulsen, nel 1898, mise a punto un suo
apparecchio, il “telegrafono”, che esiste tutt'oggi, con cui venne trasmessa
per la prima volta la voce di Giuseppe I.
Ciò che è importante però è che sia Edison, sia Cros, avevano lo stesso
concetto di macchina parlante. Interessante è notare che la macchina
immaginata da Cros doveva chiamarsi “paleofono”- etimologicamente
“voce antica” - e voleva essere quindi prima di tutto una macchina della
memoria. Quello di far parlare i morti era considerato uno dei grandi
prodigi dell'avvenire. Il desiderio di conservare una traccia del presente e di
sfidare il tempo col vedere e ascoltare i morti, era un elemento forte
dell'immaginario della comunicazione di fine secolo. Sempre Nadar, dopo
qualche anno, descrisse questa macchina come…
…“una scatola sulla quale si fissano e si conservano le melodie,
così come la camera oscura coglie e fissa le immagini".
Troviamo qui la concettualizzazione tecnica dell'incoercibile bisogno
psicologico umano di bloccare il tempo, oltre che attraverso la fissazione di
immagini anche tramite la registrazione del suono.
Le prime macchine furono commercializzate nel 1878 dalla neonata
“Edison Speaking Phonograph Company” per lo scambio di messaggi
vocali, come disse lo stesso inventore, affermando che “la principale utilità
del fonografo è che permette di scrivere lettere, dettare testi, ed è per
14
questo che è stato costruito”. Un ufficio senza carta in cui le lettere
venivano dettate e registrate su cilindri, i quali sarebbero poi stati spediti al
destinatario che li avrebbe ascoltati sulla propria macchina, senza bisogno
di alcuna trascrizione. I possessori dei primi prototipi organizzavano feste
in cui gli ospiti potevano registrare battute e giochi per poi divertirsi a
riascoltarli. In seguito divennero popolari i discorsi e le canzoni pre-
registrate, e alla fine fu questo l'utilizzo vincente.
In quei tempi pionieristici molti furono i tentativi di imitazione. Nel
1880 ad esempio Alexander Graham Bell con il cugino Chichester e
l’inglese Charles Tainter forniscono la loro versione del “fonografo”, il
“grafofono”, azionato da un motore elettrico e munito di cilindro di cartone
ricoperto di cera che garantiva maggior fedeltà. La forte concorrenza spinse
Edison a migliorare il suo fonografo con una cera più resistente e una
puntina in zaffiro.
Nonostante le migliorie e le caratteristiche superiori rispetto alla
concorrenza non fu l’americano dell’Ohio a condurre la nuova scoperta al
successo.
Le aziende rivali, infatti, misero a punto un prodotto più consono alle
esigenze dei consumatori: non era una “macchina da ufficio” bensì un
riproduttore musicale. All'inizio degli anni '90 del XIX secolo, fu Emile
Berliner il primo a produrre commercialmente dischi pre-registrati con la
sua macchina, il grammofono. Poco meno che ventenne giunge nel 1870 da
Hannover negli Stati Uniti, seguendo il flusso migratorio europeo di quel
periodo. Si interessa della nascente telefonia e inizia a lavorare per la “Bell
Telephone Company” per la quale progetta il trasmettitore telefonico a
carbonio
10
. Acquisita la nazionalità americana prende a lavorare in proprio
e affascinato dalla trasmissione e riproducibilità del suono sfrutta
l’intuizione di Edison per approfondire la tecnica di incisione su disco
anziché su cilindro. Dieci anni dopo l’invenzione del fonografo, Berliner
10
Vedi “La musica registrata” di Assante-Ballanti,Dino Audino Editore, Roma, 2004.
15
brevettava il “grammofono”, macchina non più parlante ma musicale che
presentava la sola eccezione dell’uso del disco anziché del cilindro: le due
macchine erano praticamente uguali. L’incisione infatti avveniva in senso
verticale da parte di una puntina che produceva un solco a forma di spirale
su un disco inizialmente in fibra vetrosa, perfezionato poi con l’utilizzo
dell’alluminio. Ciò che concretamente fece Berliner fu di mantenere il
processo tecnico dell’apparecchio modificandone solo l’uso. Ottenne così
uno “strumento” domestico che riproduceva musica attraverso i dischi dei
quali nacque un fiorente mercato.
Le registrazioni di Edison erano superiori, ma la sua tecnologia
incompatibile con quella delle aziende rivali: il cilindro ruota su se stesso, e
dunque ogni sua parte scorre sotto la puntina alla medesima velocità. Con i
dischi, invece, le zone più esterne girano più rapidamente delle parti vicine
al centro, provocando così il deterioramento del suono in prossimità della
zona centrale. Poiché la puntina del fonografo di Edison era azionata da
un'apposita vite nel corso nell'incisione, la registrazione andava
peggiorando molto meno rispetto al disco, dove era lo stesso solco
dell'incisione a far muovere l'ago. Inoltre, la macchina di Edison poteva
essere impiegata anche per registrazioni casalinghe. La puntina
semipermanente del cilindro era più conveniente degli aghi d'acciaio del
disco, che dovevano essere sostituiti dopo il passaggio di ogni lato del
disco. I dischi offrivano però diversi vantaggi rispetto ai cilindri. Erano
meno fragili e la superficie di gommalacca resistente consentiva di tenere
alto il volume nell'ascoltarli (anche se venivano evidenziate le tipiche
sonorità rauche dei graffi sui solchi), cosa impossibile con i cilindri cerati.
Inoltre occupavano molto meno spazio e potevano quindi essere conservati,
impacchettati e spediti con estrema facilità. Se ne poteva estendere la durata
semplicemente ampliandone il diametro, ed erano dotati di un secondo lato
che offriva altra musica senza incorrere in incrementi di spazio o in costi
aggiuntivi. Era inoltre notevolmente più semplice produrli. Il concreto
16
utilizzo del disco fonografico, divenne quello della diffusione di musica
pre-registrata. Emile Berliner fu lesto a muoversi in tale direzione, e la sua
azienda conquistò rapidamente la maggior fetta di mercato. Il suo modello
divenne noto come “Victrola”, prodotto dalla “Victor Talking Machine
Company”, poi trasformatasi in “RCA Victor”. Berliner e i suoi successori
fondarono numerosi studi di registrazione sparsi per il mondo coinvolgendo
al progetto i musicisti più famosi che ebbero in questo modo la possibilità
di vedere la loro musica fedelmente riprodotta. Il fallimento di Edison nel
riconoscere il reale valore del fonografo è abbastanza comprensibile: spesso
le nuove tecnologie finiscono con l'essere impiegate in maniera molto
diversa da quanto immaginato dai propri inventori. Il vero errore fu di non
aver saputo riconoscere i vantaggi pratici del disco rispetto al cilindro.
Edison si limitò a ironizzare sul suono rauco proveniente dalle macchine
che usavano il disco, paragonandolo alla superiore qualità del sonoro
offerto dai cilindri perdendo così una grande occasione. Quando nel 1913 si
decise ad adottare i dischi, non era più il leader del mercato. Ancor peggio,
non riuscì a comprendere i reali desideri dei consumatori: ancora una volta,
lasciò che la logica trionfasse sulla sagacia commerciale. Anche dopo aver
iniziato a produrre dischi, Edison continuò a utilizzare il metodo di
registrazione verticale, chiamato “hill and dale” (letteralmente: "colline e
valli"), in base al quale l'onda sonora veniva rappresentata dal movimento
verticale dell'ago e dalla profondità del corrispondente solco così creato. I
consumatori però richiedevano un sistema unico e standardizzato per la
riproduzione mentre i primi fonografi erano costruiti sulla base di due
tecnologie: una volta acquistato il modello di un sistema, non si potevano
ascoltare i dischi prodotti con l'altro.
Un altro serio errore commesso da Edison riguardò la scelta degli artisti.
Egli decise che i grandi nomi, gli artisti pagati profumatamente, non fossero
poi molto differenti dai professionisti meno noti. E probabilmente aveva
ragione. Ritenne di risparmiare consistenti somme di denaro, senza con
17
questo dover sacrificare la qualità artistica, ingaggiando gli artisti meno
noti. Il pubblico però voleva ascoltare i nomi famosi.
Non a caso i consumatori erano stati sapientemente indirizzati in tal
senso dalla Victor. Come recitava un annuncio pubblicitario di quest'ultima:
“Quale sceglieresti tra due concerti in cui appariranno, da una
parte, i maggiori artisti del mondo, e dall'altra alcuni poco
noti? Senza dubbio sceglierai di ascoltare gli artisti più
rinomati per le loro superbe interpretazioni. Ed è proprio per
tale motivo che il Victrola è lo strumento ideale per la casa. I
più grandi artisti del mondo registrano esclusivamente per la
Victor.”
11
Alla fine, alcune società iniziarono a produrre apparecchi sui quali era
possibile ascoltare entrambi i tipi di dischi, ma era ormai troppo tardi.
Fu nel 1907 che la Victor Talking Machine Company consolidò la
propria supremazia su Edison grazie al lancio del Victrola. Questa
macchina, con il cono-amplificatore incorporato al proprio interno, divenne
talmente popolare che nei cinque decenni successivi il termine Victrola
venne usato per indicare genericamente qualsiasi tipo di fonografo.
Con lo sfruttamento delle tecnologie di Edison e di Berliner soprattutto,
la musica divenne un affare milionario fiutato con grande prontezza dal
nascente mondo dell’editoria commerciale.
Il punto di partenza del moderno music business era “Tin Pan Alley”,
coacervo di attività di editoria musicale in un quartiere di New York nella
28esima strada tra la Broadway e la Sixth Avenue. Il nome deriva dalla
cacofonia che si produceva in quel luogo dovuta dallo strimpellare di più
pianoforti insieme (Tin, Pan). Nel 1885 i cilindri e i dischi non si erano
ancora affermati e gli editori vendevano musica sotto forma di partiture per
11
Vedi “Il computer invisibile” di Donald A. Norman, ed. Apogeo, Milano, 2000
18
voce e pianoforte, le cosiddette sheet music che erano l’unico modo per
procurarsi una nuova canzone. Tin Pan Alley viveva grazie alle capacità
artistiche e imprenditoriali di questi nuovi professionisti: un esempio
classico è quello di Charles K. Harris, compositore di Milwaukee che nel
1885 diventò editore di sé stesso appendendo sulla finestra del suo ufficio la
scritta: “Canzoni su Ordinazione”. Il suo maggiore successo, “After The
Ball” si guadagnò grande popolarità quando il suo autore pagò con 500
dollari e con una parte delle royalties, la star del teatro J. Aldrich Libbey
affinché il brano venisse inserito in “A Trip To Chinatown”, nel 1892.
Quando la canzone diventò una hit nazionale, Harris rifiutò un’offerta di
10.000 dollari per i rimanenti diritti. Una decisione lungimirante dato che la
partitura avrebbe venduto circa cinque milioni di copie. In quegli anni Tin
Pan Alley divenne un vero calderone multiculturale con frequentissime
influenze ebraiche (ad esempio nell’ode al baseball “Take Me Out To The
Ball Game” di Albert Von Tilzer) ma anche irlandesi: le ballate irlandesi
fecero la loro prima comparsa nei teatri con Chauncey Olcott, che cantava
“My Wild Irish Rose” in “A Romance Of Athlone” e Nora Bayes con “Has
Anybody Here Seen Kelly?” in “The Jolly Bachelors”. Ma ovviamente
l’influenza maggiore fu quella esercitata dalla musica afroamericana, che
introdusse reali innovazioni tecniche: i ritmi sincopati del ragtime
generarono una vera e propria mania grazie al pianista del Missouri Scott
Joplin, la cui prima pubblicazione risale al 1899 e al menestrello Ben
Harney che suonò rags nel Music Hall di Tony Pastor.
Grazie all’incremento del mercato musicale, Tin Pan Alley raggiunse una
notevole espansione, con i publisher newyorkesi che divennero veri e propri
committenti nel gestire per gli autori i proventi derivanti dai diritti,
assegnando le canzoni alle star del “vaudeville” e del “musical”. Nel 1914
venne fondata a New York la “American Society of Composer, Authors and
Publisher” (ASCAP) società nata per tutelare la proprietà intellettuale delle
opere e compensarla con i proventi derivanti dal diritto d’autore. La