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1.1.1 CARATTERISTICHE FONDAMENTALI E DIFFERENZE
William Corsaro è un sociologo americano, ed è ora professore emerito
nel Dipartimento di Sociologia dell'Indiana University, Bloomington,
dove ha vinto il President's Award for Distinguished Teaching nel 1988.
Grazie alla borsa di studio, ricevuta dal programma “Fulbright Senior
Research Fellow”
5
, svolse delle ricerche in Italia, in particolare a
Bologna, nel 1983-1984. Il suo studio principale è quello fatto
sull’infanzia, vista come luogo proprio di pratiche uniche dove matura
e trova espressione l'identità infantile. Il metodo prevalentemente
utilizzato da Corsaro è il metodo etnografico, ovvero un processo di
indagine induttivo che parte dall’osservazione dei bambini nella loro
vita quotidiana, per poi arrivare alla formulazione di ipotesi, tenendo in
considerazione le caratteristiche temporali, spaziali e culturali di quanto
viene osservato.
La riproduzione interpretativa delineata dallo stesso Corsaro, come
specificato nel paragrafo precedente, è un nuovo modo di intendere la
socializzazione basata sulla presa in considerazione che anche i bambini
sono produttori di cultura. In questo processo di produzione culturale,
viene riconosciuta anche la componente innovativa e creativa, degli
stessi bambini e la possibilità di riprodurre e cambiare la realtà
culturale. Le caratteristiche alla base della riproduzione interpretativa
sono quattro: la prima è la considerazione del bambino come attore
sociale attivo e competente, la seconda riguarda lo sviluppo inteso come
processo riproduttivo e non lineare, la terza è il cambiamento, ovvero il
nuovo modo di studiare l’infanzia e la quarta afferisce al modo in cui lo
sviluppo evolutivo avviene, ovvero collettivamente. Delineate le
caratteristiche, si possono confrontare con le caratteristiche di base
della socializzazione e ricavarne le differenze sostanziali, che sono alla
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Fulbright Senior Research Fellow è un concorso che offre l'opportunità di trascorrere un soggiorno
di ricerca presso università statunitensi per l'attuazione di progetti di ricerca i cui risultati possano
essere di beneficio per la comunità accademica e scientifica internazionale (Homepage | Fulbright
Scholar Program (fulbrightscholars.org))
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base del cambiamento di prospettiva sull’infanzia. Queste sono
riportate nella tabella di seguito:
Per quanto riguarda il tipo di sviluppo, nella socializzazione ricordiamo
che è rappresentato da un’immaginaria scala di fasi o stadi lineari che
accompagna il bambino nel processo di evoluzione, nel quale
passivamente interiorizza valori, norme e regole di comportamento.
Nella riproduzione interpretativa lo sviluppo è un processo riproduttivo,
con cui i bambini producono collettivamente i loro mondi. L’immagine
è quella di una grande ragnatela, in cui la spirale concentrica
rappresenta la cultura che il bambino costruisce durante la sua crescita,
grazie sia ai valori tramandati dalle generazioni adulte e sia
all’interazione con il gruppo dei pari.
A questo proposito, Corsaro ammette che i bambini partecipano a due
tipi di culture, una è quella degli adulti e l’altra è quella del gruppo dei
pari. “I bambini non si limitano solo a contribuire attivamente in modo diretto
alla cultura adulta, ma si appropriano in modo creativo di informazioni del
PROPRIETÀ
SOCIALIZZAZIONE
RIPRODUZIONE
INTERPRETATIVA
RUOLO DEL
BAMBINO
BAMBINO
PASSIVO E
PLASMATO
BAMBINO
ATTIVO E
PROTAGONISTA
SVILUPPO
LINEARE E A
FASI
RIPRODUTTIVO
E INTRECCIATO
STUDIO
D E L L ’ I N F A N Z I A
INFANZIA
INDAGATA IN
FUNZIONE
DEL FUTURO
INFANZIA
STUDIATA PER
QUELLO CHE È
NEL PRESENTE
TIPO DI
PROCESSO
INDIVIDUALE
COLLETTIVO
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mondo adulto per produrre peculiari culture dei pari” (Corsaro 2003). Ed è da
ciò che deriva il senso secondo il quale, il processo culturale viene
considerato un processo collettivo, in quanto è grazie all’interazione e
ai luoghi istituzionali che la permettono, che la cultura viene formata,
modificata e costruita dai bambini, per dotare di senso il mondo
circostante. Secondo Corsaro, il gruppo dei pari rappresenta un gruppo
di bambini che passa quotidianamente il proprio tempo insieme. Le
esperienze infantili fatte nel gruppo dei pari restano bagaglio culturale
dell’individuo per sempre ed è anche da queste che parte lo sviluppo
individuale di una persona.
Esistono due elementi centrali che permettono la realizzazione di tutto
questo, che sono il linguaggio e le routine culturali. Il linguaggio è quel
sistema simbolico attraverso il quale si stabilizza e si modifica il sociale
e la cultura, mentre le routine culturali sono azioni quotidiane che
ripetendosi danno al bambino senso di sicurezza e di appartenenza al
gruppo, in più esse permettono di affrontare senza ansie o paure le
incertezze di altre vicende sociali e permettono di apprendere regole
alle quali è possibile apportare nuove modifiche.
Quante volte si è sentito dire sull’infanzia che è solo “una fase di
passaggio”?
Esiste un altro punto su cui dobbiamo soffermarci, che rappresenta la
conseguenza o per meglio dire la chiave della nuova visione
dell’infanzia, ovvero il cambiamento della stessa da fase transitoria a
forma strutturale. I bambini diventano adulti e per quanto si possa
modificare, l’infanzia rimane nella società. L’infanzia acquisisce forma
sociale, al pari di quella adulta e quella anziana. La prospettiva
strutturale per lo studio dell’infanzia è stata spiegata e analizzata dal
sociologo Qvortrup
6
e si basa su tre capisaldi:
o L’infanzia rappresenta una specifica forma strutturale
6
Jens Qvortrup, nato nel 1943. Professore di sociologia nel Dipartimento di sociologia e scienze
politiche, Università di scienze e tecnologia, Trondheim, Norvegia.
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o L’infanzia è esposta ai medesimi condizionamenti sociali
dell’età adulta
o I bambini sono produttori e costruttori dell’infanzia e della
società
Riguardo al primo punto, Qvortrup contrappone alle prospettive che
vedevano l’infanzia esclusivamente come periodo della vita, la forma
permanente che essa è nella società. Rifiutando di considerare l’infanzia
e l’età adulta come periodi storici differenti. Qui la dimensione
temporale è significativa, in quanto esistono due cornici temporali,
ovvero il tempo dell’infanzia (rappresentato come periodo di vita,
distinto dagli altri) e il tempo dei bambini (rappresentato dalle e
sperienze che i bambini fanno nel gruppo dei pari).
Una volta assimilato che l’infanzia è parte integrante della società, il
secondo punto, pone l’attenzione su come essa viene influenzata, al pari
dell’età adulta, ai condizionamenti e cambiamenti sociali. Ci sono una
serie di vincoli da tenere in considerazione, in quanto influenzano la
condizione infantile, ad esempio, l’accentuato tasso di denatalità, che
provoca un aumento della popolazione anziana, l’incremento dei tassi
di divorzio che produce instabilità familiare o l’incremento della
partecipazione delle donne alla forza lavoro. Infine, il terzo ed ultimo
punto stabilisce, anzi afferma come bambini e adulti partecipano in
modo complementare alla realtà sociale. In particolare, Qvortrup
afferma che nella società industrializzata, il bambino partecipa alla
società attraverso diversi lavori/attività: lavoro scolastico, lavoro
extradomestico, lavoro domestico e attività di svago e tempo libero.
Sono quest’ultime che permettono alla cultura infantile di intrecciarsi
con quella adulta ed è proprio in questo tipo di attività che si saldano le
interazioni con il gruppo dei pari, centro di costruzione e produzione
culturale.
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1.2 I NUOVI ATTORI SOCIALI
Al centro del dibattito sollevato dalla Sociologia dell’infanzia, rimane
da definire un ultimo concetto, ovvero quello della nuova identità
sociale acquisita dai bambini. Si tratta di considerare l’idea del bambino
come attore sociale, non in senso di piena autosufficienza, ma per la
possibilità che ha di essere protagonista e soggetto attivo di
cambiamento. Il bambino diventa un “attore sociale capace di
esprimere proprie prospettive rilevanti nell'interazione con gli adulti e
nella società in generale” (D’Amato 2008).
Nelle teorie della socializzazione, elencate nei paragrafi precedenti, il
bambino è un attore sociale in formazione e attivo solo in alcune
determinazioni sociali, mentre nella sociologia dell’infanzia il bambino
è un attore sociale nel cambiamento, ciò implica il potere che egli ha
nella possibilità di partecipare attivamente alla società e cambiarla. I
bambini prendono decisioni a seconda del contesto in cui si trovano ad
agire, grazie anche alle competenze acquisite. Il bambino è in possesso,
in quanto soggetto, di quattro caratteristiche fondamentali; originalità
della sua persona, che lo differenzia da altre; il diritto alla libertà e la
preziosità, che lo rende dignitoso.
In concomitanza con la diffusione della nuova Sociologia dell’infanzia,
anche nell’assetto giuridico è cambiato qualcosa, sempre in funzione
della soggettività e attività del bambino nel campo di questa riscoperta
dell’infanzia. Iniziamo col dire che questo cambiamento giuridico fatto
nella “Convention on the Right of the Child”
7
(CRC) il 20 novembre
nel 1989, approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite, ha portato alla
luce una forte contraddittorietà, negli orientamenti giuridici, tra la
partecipazione attiva e la tutela di protezione dei bambini, all’ interno
della società. Da una parte abbiamo il bambino che, inesperto e
impaurito dai rischi sociali, dev’essere protetto; dall’ altra l’immagine
7
La CRC rappresenta il riconoscimento da parte dell’intera comunità internazionale della necessità
di uno strumento dotato di forza obbligatoria, quale appunto una convenzione, che se ratificata
crea l’obbligo in capo agli Stati di uniformarsi alle disposizioni in essa contenute, specificatamente
dedicato all’infanzia (https://gruppocrc.net/)
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del bambino è quella di un individuo competente e libero di auto-
realizzarsi in modo indipendente. I principi generali della CRC,
ratificata in Italia nel 1991, secondo l’ ONU sono quattro: il principio
di non discriminazione (art.2), secondo cui tutti i diritti sanciti dalla
CRC si applicano a tutti i bambini, bambine, ragazzi e ragazze senza
alcuna distinzione; il principio del superiore interesse del minore (art.3),
secondo cui tutte le decisioni relative ai minori, il superiore interesse
del minore deve avere una considerazione preminente; il diritto alla
vita, alla sopravvivenza, allo sviluppo (art.6); il principio di
partecipazione e rispetto per l’opinione del minore (art.12), che sancisce
il diritto di bambine, bambini, ragazze e ragazzi, di essere ascoltati e
che la loro opinione sia presa in debita considerazione. Non mancano,
poi, nella Convenzione i diritti che riguardano la protezione da parte
degli adulti o agenzie responsabili, verso i bambini. La critica
prevalente alla CRC è proprio basata su questa contraddizione
proveniente dagli articoli che da una parte determinano
l’autosufficienza dei bambini e dall’ altra li considerano come individui
vulnerabili in cui l’adulto si adopera a loro tutela attraverso misure di
protezione e controllo. La domanda sorge spontanea: come garantire, in
pratica, l’esercizio di diritti individuali da parte di attori sociali che sono
considerati solo parzialmente liberi? I pionieri della Sociologia
dell’infanzia affermano che i due concetti non si contraddicono, anzi il
bambino ha bisogno di protezione, da non confondere con controllo, in
quanto vive in un mondo fatto soprattutto da adulti e costruito secondo
i loro obbiettivi. Anche la stessa realtà urbana è formata sulla base degli
interessi degli adulti, non rendendola adatta alle attività libere dei
bambini. “Non potendo uscire liberamente di casa, i bambini non possono
vivere in modo adeguato e compiuto l’esperienza del gioco, che è certamente
la più importante per il loro sviluppo cognitivo, sociale e affettivo: nel gioco
si pongono le basi su cui la scuola, la famiglia e la società possono costruire
la formazione della persona e del cittadino” (Tonucci, 2005). L’ idea è quella
di costruire un mondo a misura di bambino, ma per farlo dobbiamo