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INTRODUZIONE
Il presente lavoro intende fornire una panoramica s ulla questione della memoria:
l'interesse sociologico a partire dall'inizio del ' 900 (intensificatosi a partire dalla
seconda metà del secolo), le opportunità fornite da i media in quanto strumenti
di memoria e le problematiche derivanti da un uso/a buso da parte degli stessi.
L'elaborato esordisce con un tentativo di definizio ne della memoria in quanto
questione trasversale fino ad approdare all'approcc io della Sociologia della
memoria che ne scandaglia la tessitura, ne rivela l a sua natura costruita e
costruttiva ed osserva i meccanismi che sono alla b ase della sua produzione,
manipolazione e cancellazione, senza sottrarre all' indagine la riconfigurazione
dell'individuo e della sua identità nella modernità .
Nel tentativo di una definizione della memoria come punto di partenza, non ci
sottrarremo dal tentativo (umile) di inquadrarla da l punto di vista psicologico,
per poi approdare a quello della Sociologia della m emoria.
La seconda sezione passerà in rassegna le principal i pratiche sociali della
memoria, compresa l’oggettivazione e fissazione pro prio in quanto condivisione
di valori (che vengono reificati) allo scopo di cre are una memoria collettiva, una
dimensione di simboli e testi sulla quale essa poss a poggiare per esistere, per
consolidarsi e per tramandarsi in modo transgeneraz ionale.
Tra novità e conseguenze negative, tra affermazione , riaffermazione e perdita, il
terzo capitolo entra nel vivo della memoria e dell’ esperienza come “terreno di
dibattito collettivo”: la mediazione tecnica è resp onsabile di una configurazione
nuova del tempo, dello spazio e dei rapporti con gl i individui ed attraversa
inevitabilmente la memoria collettiva ed il senso d el passato, del presente e del
futuro.
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CAPITOLO I
I volti della memoria
1. Una questione di profondità: i livelli della memori a. Un tentativo di
definizione.
Una definizione univoca della memoria è ardua.
Ogni sistematizzazione del termine e del suo conten uto deborda dai suoi confini
forzati, scivola su altri tavoli osservativi, sfuma i suoi confini e si amplia, si
arricchisce. E’ possibile darne una definizione c he, per quanto generale essa sia,
non è priva di verità: essa è la capacità insita in ognuno di noi di trattenere e
riprodurre l’esperienza passata.
Di primo acchito sembrerebbe pertinente affidare la questione al solo ambito
neuro scientifico e psicologico in quanto facoltà d el nostro cervello, tenendo
presente che le neuroscienze e la psicologia si con figurano come due approcci
differenti alla medesima materia: si tratta effetti vamente di due dei punti di
vista dai quali guardare la questione, e non è sbag liato dire che, nel primo caso,
quando parliamo di memoria come facoltà localizzata ci immettiamo a ragione (e
non a caso) nel flusso dell’analisi neurologica che la studia in quanto tale.
La neuroanatomia guarda alle strutture cerebrali ch e la determinano e
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sorreggono, cosa si verifica nella nostra mente neg li atti di recupero di
informazioni o di codifica di dati, a quale fisiolo gia risponde, in sostanza, questa
nostra facoltà.
In questo frangente un ruolo fondamentale (e non sa rebbe sbagliato dire
“rivoluzionario”) è dato dalle tecniche fMRI ( functional magnetic resonance
imaging ) che consentono di visualizzare e di localizzare l e attività neuronali
connesse con la visione, le emozioni, i movimenti c orporei ed operazioni
cognitive più complesse come la formulazione di giu dizi, la memorizzazione ed il
ricordo.
Con la neuroimaging diventa possibile entrare in quella black box custode di
congetture e misteri (in larghissima parte, c’è da ammetterlo, ancora tali)
durante il funzionamento di certi fenomeni oggetto di stud io e con la presenza di
un soggetto vivo e cosciente.
In relazione al suo funzionamento, la memoria ha vi sto susseguirsi diversi
“modelli strutturali” che hanno ricalcato, di volt a in volta, le tecnologie a
disposizione del tempo.
Platone tentò di descriverla attraverso la metafora della tavoletta di cera
malleabile ed in principio priva di tracce (tabula rasa), le cui esperienze si
imprimevano in modo più o meno indelebile a seconda della quantità e della
qualità della cera di ognuno.
All’inizio degli anni Cinquanta del Novecento il ne urofisiologo Donald Hebb
propose un modello fatto di innumerevoli circuiti n ervosi reticolari: a lui si deve
anche la cosiddetta “ipotesi della doppia traccia” per simulare le alterazioni di
tali circuiti nervosi a seguito dell’esperienza ed illustrare, di conseguenza, il
funzionamento della memoria a breve e a lungo termi ne.
In sostanza un’esperienza altera un determinato cir cuito nervoso responsabile di
una codificazione a breve termine attraverso l’atti vità elettrica di alcuni neuroni
(i quali sono in grado, appunto, di codificare l’in formazione); a questa
codificazione di tipo breve se ne aggiunge un’altra, una doppia traccia, che al tera
un circuito nervoso in modo duraturo e che è respon sabile di una memoria a
lungo termine.
Il modello reticolare di Hebb propugna una consider evole plasticità dei neuroni e
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dei circuiti: essi sono cioè in grado di ristruttu rarsi ed ampliare i loro
collegamenti, possono cioè formarsi nuove sinapsi c he mettono in collegamento
nuovi o vecchi circuiti e loro neuroni ampliando le nostre capacità cognitive e
complessificandole con il tempo ed i relativi stimo li/esperienze.
Tale “modello della memoria” ha goduto di notevole successo sia in ambito
neurobiologico che informatico, dove il concetto di circuiti o di reti neurali ha
fagocitato la tecnologia-simbolo dei nostri tempi: il computer.
Oggi, per spiegare le osservazioni sulla memoria um ana, facciamo uso di analogie
tecnologiche (anche perché le tecnologie fa parte d i noi e dei nostri vissuti
quotidiani tanto da essere una estensione corporea e cognitiva di cui non
possiamo più fare a meno): l’analogia ricalca non s olo la struttura nervosa tout
court messa a confronto con “l’anatomia” modulare e reti colare del computer,
ma anche la descrizione dei processi stessi , visti analogamente nel loro
codificare, elaborare, immagazzinare dati più o men o permanentemente.
Differente ma parallelo è l’approccio psicologico a lla questione della memoria.
La psicologia non si occupa di correlati neurali né di neuroimaging e si àncora
piuttosto al livello dei significati del ricordo, a lle sue interpretazioni e ai suoi
disturbi in modo da poter studiare il comportamento dell’individuo, conoscere e
conoscersi, nonché risolvere problemi legati alla p siche attraverso una lunga
terapia.
La memoria è intesa come facoltà che possediamo e che guida il nostro
comportamento: i primi approcci sperimentali alla m emoria da parte della
psicologia si verificano dalla metà dell’Ottocento; non si tratta, a differenza degli
sforzi della neuropsicologia, di risalire ai correl ati neurali che si attivano durante
il processo di memoria ed i processi ad essa correl ati, ma di scoprirne talune leggi
ben precise che “nascondono” il segreto di disturbi e che regolano il
comportamento.
La memoria – rispondono gli psicologi - è un proce sso mentale grazie al quale le
nostre esperienze sono selezionate, immagazzinate, rievocate spontaneamente
(anche se in questo caso è più corretto parlare di reminiscenza ) o
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intenzionalmente: senza dubbio essa è la condizione indispensabile affinché ciò
che è passato non venga perduto, per poi essere ut ilizzato per il futuro.
Arriviamo dunque a capire uno dei punti chiave dell ’importanza della memoria: è
chiaro, cioè, che l’importanza di tale facoltà risi eda in fini pratici. Scivoliamo così,
senza alcuno sforzo, su un altro “tavolo osservati vo”, sotto un’altra “lente di
ingrandimento”.
Approdiamo, in sostanza, all’approccio neurobiologi co che studia le modifiche
dei circuiti nervosi in seguito all’esperienza e ch e sostiene, a buona ragione, una
tesi evoluzionistica della memoria e di molte altre facoltà cognitive.
Senza memoria non vi sarebbe pianificazione futura (anche a breve termine)
perché ogni traccia dell’esperienza, sia positiva s ia negativa, verrebbe cancellata
e non permetterebbe di evitare di ricadere in error i già commessi né di agire
(sacrificando un benessere presente) in vista di un vantaggio futuro per
l’individuo o la specie.
Senza questa pianificazione che la memoria permette verrebbe a mancare ogni
tipo di azione nonché tutta una costellazione di ca pacità quali quella di fare
previsioni, di orientamento all’azione immediata e futura, la capacità di
immedesimazione nell’altro o di “calcolo”, di immag inazione (lo strumento più
potente di cui disponiamo) ... in una parola, tutto ciò che ha reso (e rende)
possibile l’evoluzione.
In armonia con un quadro evoluzionistico, la facolt à della memoria si è sviluppata
ed affinata sotto la spinta di fattori tanto ecolog ici, legati a necessità
strettamente ambientali, che sociali:
“ [...] la pressione che ha guidato l’evoluzione [...] non solo negli
umani ma in tutti i primati, è stata di tipo ecolog ico ma anche sociale.
Allora le abilità cognitive dei primati sarebbero i l risultato della loro
costante lotta per la supremazia nell’ambito social e, in cui la
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sopravvivenza è legata alla capacità di anticipare gli altri, ingannarli,
cooperare con loro e manipolarli 1
”
Cominciamo ad intravedere dunque l’importanza del fattore sociale che avrà,
come vedremo, una maggiore (e differente) trattazio ne negli studi della
sociologia ed in particolare della sociologia della memoria.
Quel che ci preme notare ora è l’accento sulla capa cità di costruire scenari futuri
ed anticipare bisogni non ancora (o non per forza) esperiti ma u tili per la
sopravvivenza, sulla scorta di questa facoltà di tr attenere esperienze passate.
Grazie alle memoria, dunque, ogni singola azione vi ene effettuata con la
consapevolezza che chi ne beneficerà è il soggetto stesso che la compie, che
l’individuo non si esaurisce in un presente stretti ssimo e fuggente ma che, anzi,
ha una estensione nel tempo e nello spazio.
In breve, la memoria fissa quel “ senso del sé ” esteso in modo continuo sulle linee
dello spazio e del tempo, ci rende consapevoli di n oi stessi sia nel nostro qui e
ora, sia della nostra continuità iniziata in un pas sato e protesa verso un futuro.
1.1 La memoria come facoltà e patrimonio del singolo.
Spazio e tempo, le strade del passato e del futuro .
Spazio e tempo diventano dunque le parole chiave della memoria.
Cercando di descrivere il funzionamento di questa f acoltà non possiamo sottrarci
dal farvi riferimento:
si tratterà ora, dunque, di fare una descrizione i n qualche modo
“autoreferenziale”, che illumini il meccanismo “ind ividuale” della memoria visto
in una dimensione slegata dalla collettività e dal patrimonio sociale (che verrà
1
Erica Cosentino, Il tempo della mente. Linguaggio, evoluzione e iden tità personale , Quodlibet, Macerata,
2008, p. 103
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ripreso in seguito).
L’interrogativo di partenza diventa: come funziona la memoria? Qual è la sua
dialettica? La memoria, dunque, come patrimonio de l singolo insieme
individuale ed universale (in quanto funziona allo stesso modo in ognuno di noi).
Come già esposto, la memoria corre lungo due binari diversi e paralleli: lo spazio
ed il tempo.
Ogni nostra esperienza si consuma in uno spazio fis ico e temporale e, di
conseguenza, tali sono le due dimensioni che il ric ordo nella memoria trattiene e
porta con sé.
Allo stesso modo, attraverso la capacità di immagin azione e di “pensarci nel
futuro” di cui si è detto prima, il nostro pensare al di là dell’ hic et nunc è ancora
una volta una proiezione verso altri tempi e luoghi .
Tempo e spazio sono i due “contenitori” dai quali n on usciamo mai, se non per
andarci a collocare in altri, più lontani o più vic ini ma egualmente “temporali” e
“spaziali”.
D’altro canto lo stesso Immanuel Kant ha a ragione sostenuto che sono queste le
due categorie fondamentali per l’esperienza e la co noscenza umana: non esiste
nulla che non sia collocato in uno spazio ed in un tempo .
Una volta delineato questo punto fermo del funziona mento della memoria, è
importante quanto meno accennare (senza scivolare i n particolari dal sapore
tecnico la cui trattazione non è compito né obietti vo di questo lavoro) ai suoi
processi fondamentali, riassumibili in tre macro-gr uppi, che accompagnano e
completano organicamente questa facoltà.
I processi mnestici fondamentali sono di tre tipi:
• Acquisizione e codificazione , ricezione dello stimolo e traduzione in
rappresentazione interna stabile e registrabile in memoria. Lavoro di
categorizzazione ed etichettatura legato agli schem i e alle categorie preesistenti.
• Ritenzione ed immagazzinamento . Stabilizzazione dell'informazione in
memoria e ritenzione dell'informazione stessa per u n determinato lasso di
tempo.
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• Recupero . Riemersione a livello di consapevolezza dell'info rmazione
prima archiviata, mediante richiamo o riconosciment o (la vedo e ricordo di
averlo visto, è il modo più semplice per recuperare ).
2
1.1.1 Il passato ed il futuro correlati nella continuità del sé. L’identità
individuale.
La memoria, dunque, estende l’individuo in un tempo lungo che incastra un
piede in un passato e protende un braccio verso il futuro: questa estensione, lo
ripetiamo, è concepita e concepibile grazie alla me moria ed ogni azione è svolta
nella consapevolezza che sarà il soggetto dell’azio ne stessa a beneficiarne
(nessuno agisce per il proprio male) in un tempo br eve o lontano.
Abbiamo chiamato questa stabile consapevolezza “senso del sé” , che fa sì che la
percezione di noi stessi non si esaurisca nel prese nte ma che continui nel futuro
ed in relazione ad un passato (sono io ad esistere ora e sempre io a non cessare
di esistere poi ; la mia azione riguarda me e riguarderà il medesimo me , non
qualcun altro).
La memoria è garanzia di questa continuità nello spazio e nel tempo ed il “senso
del sé,” sorretto dalla stessa, non è altro che percezione d i essere detentori di
una identità individuale.
In questo modo l’individuo sa ritrovarsi (e riconos cersi) nei suoi ricordi passati e
nei suoi pensieri sul futuro:
ogni individuo è detentore di proprie memorie che sa appartenere al proprio
vissuto e di pensieri che sa appartenere al proprio futuro immaginato: ogni
esperienza ed ogni progetto sono tenuti insieme dal nostro senso di noi stessi e
disegnano, giorno dopo giorno, la nostra identità.
“[...] I ricordi esprimono un Io e, dunque, acceder vi significa accedere
2
Fonte: www.wikipedia.it
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al senso di chi siamo, alla propria identità” 3
Passato e futuro sono in questo modo correlati e co ndensati nell’identità : nulla
siamo senza il nostro passato e nulla saremmo senz a i nostri progetti non ancora
realizzati, i nostri sogni, le nostre proiezioni in un futuro ancora da afferrare.
1.1.2 Il passato ed il futuro: correlati “fisici”.
Oltre alla loro continuità (e non separazione) data dal nostro “ senso del sé” che
agisce come fil rouge , c’è un altro motivo per cui passato e futuro sono
strettamente connessi.
Evidenze empiriche hanno dimostrato che la capacità di ricordare il proprio
passato e quella di immaginarsi ed immaginare un ip otetico futuro sono
dipendenti dagli stessi tracciati neurali:
“Dati cognitivi, neuropsicologici, psicopatologici e di neuroimaging
supportano l’ipotesi che ricordare il passato e imm aginare il futuro
condividono caratteristiche simili e dipendono dagl i stessi sostrati
neurali” 4
.
La resocontazione non manca di numerosi esempi di c asi clinici a sostegno
(ferreo) di questa tesi:
“Ci sono casi di pazienti che a causa di danni all’ ippocampo e a
strutture correlate del lobo temporale mediale soff rono di gravi
disturbi alla memoria episodica; essi mostrano allo stesso tempo
anche una forte incapacità di generare piani per il futuro” 5
3
Paolo Montesperelli, Sociologia della memoria , Laterza, Bari, 2003, p.15
4
Erica Cosentino, Il tempo della mente. Linguaggio, evoluzione e iden tità personale , Quodlibet,
Macerata, 2008, p.63
5
Ibidem, p. 65