Introduzione Sarebbe impossibile saggiare il giudizio che Max Weber esprime in merito a quegli
atteggiamenti filosofici, che si adoperano a definire i processi storico-sociali come
risultati deducibili “emanaticamente” da un principio supremo, autonomo
dall'esperienza, senza richiamarsi alle analisi di Lask, volte a stabilire una sorta di
integrazione, che si rivelerà alquanto problematica, tra due modi di intendere il
“concetto”: mi riferisco alla “logica analitica” e alla “logica emanatica” o
‹‹ emanatistica ›› 1
.
L'espressione ‹‹ logica emanatistica ›› è stata coniata da Lask per indicare
l' andamento circolare dello spirito hegeliano, che si risolve in un “rovesciamento” di
esso nella realtà e nel successivo ritorno in se stesso, per poi denotare, nella critica di
Weber, le conclusioni “metafisiche” cui giungono certi indirizzi di pensiero.
Ho incentrato il primo capitolo della mia tesi sull'indagine laskiana relativa
all'“oggetto storico” e alla “logica della storia”, due problematiche che implicano, per
Lask, un confronto continuo e costante con Rickert, suo stimato maestro, e che vengono
affrontate nella fase giovanile del suo pensiero, ossia prima del 1910. Al 1902 risale
Ficthes Idealismus und die Geschichte 2
, in cui si concretizza il confronto laskiano con
l'Idealismo classico tedesco. All'origine di quest'opera vi è la distinzione tra due teorie
relative al rapporto tra concetto e realtà, ossia l'impostazione analitico-kantiana e quella
emanatico-hegeliana. Mentre la “logica analitica”, sulla scia di Kant, asserisce la non
identità tra il piano del concetto e quello della realtà, in quanto il concetto è una pura
forma vuota e, quindi, un risultato analitico, la “logica emanatica”, che trova in Hegel il
suo maggiore ispiratore, preserva tale identità, ritenendo che l'esperienza sia deducibile
in maniera “effettiva” dal concetto logico. Fichte funge da ‹‹ termine medio ›› 3
tra questi
due atteggiamenti logici, nella prospettiva di Lask.
L'unica strada da intraprendere per poter ‹‹ pensare la storia ›› 4
è la
“compredicabilità” delle logiche analitico-kantiana ed emanatico-hegeliana: questa è la
1
E. Troeltsch, Lo storicismo e i suoi problemi , a cura di G. Cantillo e F. Tessitore, Napoli, Guida, 1985-
1993, vol. II, Sul concetto di sviluppo storico e sulla storia universale , 1989.
2
E. Lask, Fichtes Idealismus und die Geschichte , Mohr, T ü bingen/Leipzig, 1902.
3
C. Tuozzolo, Emil Lask e la logica della storia , Milano, Franco Angeli, 2004, p. 10.
4
Ibid.
3
tesi che l'intera opera di Lask difende e che mostra un'oscillazione tra la concezione
“analitica”, la quale identifica “ciò che è storico” con individualità in cui si incarnano
valori “universali” e, dall'altra parte, la convinzione che “storico” sia quel “fatto” che,
‹‹nella sua stessa materialità individuale›› 5
, è costituito dai valori che incarna.
L'interpretazione laskiana della filosofia hegeliana è caratterizzata da altrettanta
incertezza, in quanto Lask, pur rivalutando la concretezza del pensiero storico di Hegel
e la sua capacità di esulare dall'astrattismo dell'impostazione illuministica e kantiana,
interseca l'immagine di uno Hegel “filosofo della vita reale”, presente in Fichtes
Idealismus , con la critica rivolta al grande idealista per aver sottovalutato il cosiddetto
‹‹piano inferiore›› formato dagli ‹‹enti››, critica presente nel testo della Prolusione del
1905, dal titolo Hegel in seinem Verhältnis zur Weltanschauung der Aufklärung 6
, che
suggella l'insegnamento laskiano ad Heidelberg.
La Prolusione annuncia il notevole contributo apportato da Lask alla Hegel-
Renaissance , un'esigenza di rinnovamento degli studi hegeliani del XX secolo. Nello
stesso anno Dilthey pubblica il suo libro dedicato alla “giovinezza” di Hegel; ma
occorre ricordare che, solo cinque anni dopo la Prolusione laskiana, appare la celebre
conferenza Der Erneuerung des Hegelianismus di Windelband 7
, la quale mette in
evidenza il valore storico della filosofia di Hegel e la sua “fiducia” nella ragione, aspetti
che la rendono l'unica in grado di superare la dimensione dell'empirico, annullando i
diversi orientamenti individualistici, irrazionalistici e materialistici 8
.
Con la Prolusione, Lask esprime gratitudine nei riguardi di Windelband, suo
‹‹secondo maestro››, nonché il più grande “ispiratore” del neokantismo sud-occidentale,
ed esercita una notevole influenza sull'intera scuola del Baden, la quale, assieme a
quella di Marburgo, costituisce un importantissimo centro di analisi del pensiero di Kant
e del suo nesso con la specificazione dei rapporti tra le scienze.
Tra gli autori del neokantismo del Baden, Lask è stato, forse, quello che più di tutti è
rimasto ancorato alla “purezza dei valori” ed anzi, nel corso degli anni, avviando una
5
Ibid., p. 11.
6
E. Lask, Hegel in seinem Verh ä ltnis zur Weltanschauung der Aufkl ä rung , 1905, in Gesammelte
Schriften.
7
W. Windelband, Der Erneuerung des Hegelianismus , Heidelberg, 1910.
8
V. Verra, Introduzione a Hegel, Roma-Bari , 1988, p. 227.
4
polemica esplicita con Rickert, ha restituito vigore alla distinzione tra i ‹‹ due
elementi ›› 9
, materia e forma, in seno alla filosofia del mondo storico, distinzione che
sfocia nella separazione tra l' ‹‹ontico›› e il ‹‹logico›› 10
, la quale segna il distacco
definitivo da Rickert. La realtà storica, espulsa dal ‹‹piano superiore››, trova il proprio
senso in quello ‹‹inferiore››, cioè corrisponde al mondo degli ‹‹enti››, distinto da ogni
‹‹forma››.
Focalizzandosi sulla differenza tra gli ‹‹enti›› e l'‹‹essere››, Lask giunge alla
conclusione che soltanto l'‹‹irrazionalità›› di ciò che è ‹‹storico›› costituisce la realtà
“originaria”, ossia la “fonte” autentica dei valori: la nozione di “realtà in sé irrazionale”
dimostra che Lask non è riuscito nel tentativo di definire la “storia” come il contesto in
cui si realizza l'identità tra ideale e reale.
L'unico modo per permettere ai “valori” di entrare a far parte della dimensione della
“vita” e, quindi, per cancellare la dicotomia tra i “due mondi”, è il ricorso al nesso tra
filosofia e vita, che contraddistingue l'ultima fase dell'Idealismo fichtiano, quella che ha
inizio nel 1801. Tuttavia, anche se la ‹‹informe irrazionale vita “piena di
incommensurabili valori”›› 11
garantisce il ricongiungimento tra il “mondo dei valori” e
il “vivere reale”, nell'Idealismo laskiano persiste l'altro dualismo, ossia quello tra
materia e forma. Il principio della ‹‹ rivoluzione copernicana ›› 12
adottato da Lask assume
una connotazione diversa da quella kantiana, che consiste nella rivalutazione del dato
fenomenico nella sua natura intrinseca. Così, quello che per Kant è l'unico elemento
conoscibile, dal punto di vista laskiano risulta, invece, la ‹‹ realtà originaria ›› ,
‹‹ fondamento ›› 13
dei fenomeni.
‹‹ Il processo di costituzione dell'oggetto storico, il ruolo dell'astrazione nelle scienze
storiche ›› e ‹‹ la considerazione causale della storia ›› 14
sono le tematiche centrali dei
saggi metodologici di Max Weber, che rappresentano la cosiddetta sua ‹‹ prima fase ›› ,
dal 1903 al 1909.
Nella seconda nota 15
della prima sezione del saggio su Roscher e Knies, dedicata al
9
E. Lask, Gesammelte Schriften , hrsg., von Eugen Herrigel, Mohr, T ü bingen, 1923-24.
10
Ibid., pp. 120-122.
11
Ibid., p. 165.
12
E. Lask, Gesammelte Schriften , cit., p. 133.
13
Ibid., p. 308-309.
14
E. Massimilla, Tre studi su Weber. Fra Rickert e von Kries , Napoli, Liguori Editore, 2010, p. 3.
15
E. Massimilla, Storicismo, neokantismo, filosofia della vita , in Storicismo e storicismi , a cura di G.
5
‹‹ metodo storico ›› di Roscher, Weber esprime il chiaro intento di riferirsi alle Grenzen ,
per quanto concerne la ‹‹ metodologia ›› 16
dell'economia politica. Questo richiamo a
Rickert è giustificato non tanto dall'intenzione di abbracciare le tesi del neokantismo 17
,
quanto, invece, dal rifiuto dell' ‹‹ esito metafisico ›› raggiunto dalla Scuola storica del
diritto, fondata da Carl von Savigny agli inizi del Novecento e alla quale si riferisce
Roscher, dallo storicismo hegeliano e dal positivismo comtiano. Ciò che accomuna
questi tre indirizzi di pensiero è la convinzione di poter trovare il “fondamento” delle
scienze storico-sociali al di fuori di queste, ossia al di fuori della verificabilità della
indagine storiografica, in qualche “principio” che, oltre ad essere superiore alla realtà
empirica, possa anche legittimarla.
La nozione di ‹‹ spirito del popolo ›› 18
, inteso come ‹‹ fondamento reale di tutte le
manifestazioni della cultura di un popolo, che da esso emanano ›› 19
, che Roscher mutua
da alcune idee di Fichte, nel suo carattere metafisico, dimostra come l'agire sociale sia
deducibile da motivi “irrazionali”, anziché essere suscettibile di una “spiegazione
causale”, che tenga, cioè, conto del processo logico-causale che ne esplichi l'oggetto in
conformità allo “scopo”. Per questo motivo, la nozione rickertiana di ‹‹relazione
teoretica ai valori›› è, secondo Weber, indispensabile per respingere ogni tentativo di
“oggettivismo” o di ‹‹penetrazione empatetica›› 20
del processo dell'agire sociale e dei
fenomeni individuali, in quanto manifestazioni di quella che, seguendo le tesi di Lask,
definisce “logica emanatistica”. Questo tipo di logica appartiene tanto al modo di
procedere della Scuola storica del diritto, quanto al romanticismo e alla dialettica
hegeliana.
Weber, dopo aver passato in rassegna la distinzione che si trova alla base del
‹‹metodo storico di Roscher›› tra ‹‹scienze di leggi›› e ‹‹scienze di realtà›› 21
e che
interpreta come una differenza di “principio”, mantenendosi fedele all'impostazione
Cacciatore e A. Giugliano, Milano, Mondadori, 2007, p. 372.
16
M. Weber, Roscher e Knies e i problemi logici dell'economia politica di indirizzo storico , in Saggi sul
metodo delle scienze storico-sociali , a cura di P. Rossi, Torino, 2001, p. 10, nota 8.
17
F. Tessitore, Max Weber e lo storicismo , in Contributi alla storia e alla teoria dello Storicismo , Ed. di
storia e letterature, 1998, vol. IV, p. 175.
18
M. Weber, Roscher e Knies e i problemi logici dell'economia politica di indirizzo storico , in Saggi
sul metodo delle scienze storico-sociali , a cura di P. Rossi, Torino, 2001, p. 15.
19
Ibid.
20
Ibid., p. 101.
21
Ibid., p. 9.
6
delle Grenzen , procede criticando l'ispirazione “organicistica” della Scuola storica, in
virtù della quale, la scienza economica sarebbe una ‹‹parte organica di una scienza
universale della società››. A ciò è connesso un secondo “errore”, per Weber, ossia
l'identificazione dello sviluppo dei popoli con quello degli organismi, che implica il
ricorso a metafore biologiche, e che confluisce nell'individuazione di “parallelismi”
nella vita dei popoli, i quali parallelismi sono destinati a diventare “leggi di natura”
valide per la “specie popolo”. È facile rintracciare nelle argomentazioni di Roscher una
incoerenza, dovuta al fatto di non aver distinto opportunamente il procedimento di
astrazione, che determina la formulazione del concetto “generale”, dall'inserimento dei
processi particolari in una ‹‹connessione universale di avvenimenti››.
L'indagine scientifica può intraprendere due strade: considerare il processo globale
come la “risultante” dei processi particolari, oppure, assumere un punto di vista
emanatistico, che interpreta la realtà come il ‹‹prodotto di idee››, dalle quali emanano i
processi particolari. Weber, però, in modo perentorio, afferma che Roscher non segue
nessuna delle due direzioni, poiché, nel primo caso, il processo totale è ‹‹fondamento››
di quelli parziali e non “risultante”; nel secondo caso, poi, l'‹‹idea›› da cui scaturisce la
realtà è, per Roscher, di natura divina.
È proprio quest'ultimo tratto dell'emanatismo roscheriano ad indicare la rottura col
modello hegeliano: infatti, mentre per Hegel quel fondo dell'accadere storico che
rappresenta la “connessione del tutto” viene colto dal pensiero, per Roscher esso è
inaccessibile alle capacità conoscitive dell'uomo.
La seconda parte del saggio, caratterizzata da un'ampiezza maggiore rispetto alla
prima, è relativa a Knies e al problema dell'‹‹irrazionalità››, sebbene il confronto con
Knies, come anche quello con Roscher, rappresenta, come Weber dichiara, solo un
‹‹pretesto›› 22
per la trattazione di un complesso di questioni, concernenti non solo
l'ambito dell'economia politica, ma, in senso più lato, l'ambito delle scienze storiche
della cultura. Per questo motivo, il confronto riguarda un ampio ventaglio di autori: da
Wundt a Münsterberg, da Simmel a Gottl, da Croce a Lipps.
Il punto di partenza è costituito, per Weber, dalla classificazione delle scienze,
presente in Die politische Oekonomie vom Standpuncte der geschichtlichen Methode 23
22
Ibid., p. 46, nota 7.
23
K. Knies, Die politische Oekonomie vom Standpuncte der geschichtlichen Methode , 1 ª ed. 1853; 2 ª
7
di Knies, in base alla quale, oltre alle “scienze della natura” e alle “scienze dello
spirito”, viene individuata una terza categoria, quella delle “scienze storiche”; a
quest'ultimo gruppo appartiene anche l'economia politica. Il punto sul quale Weber si
sofferma è il carattere ambivalente di tale disciplina: essa si occupa dell'agire umano,
condizionato sia dalla “libertà del volere”, che dalla “necessità dell'accadere naturale”.
Il problema che, in tal senso, riaffiora, è quale rapporto possa avere la “libertà del
volere” con il principio di “causalità”, tenendo conto che anche per Knies, come per
Roscher, ‹‹ la causalità equivale alla legalità ›› 24
, cioè l'influenza esercitata dalle
connessioni naturali è ‹‹ conforme a legge ›› 25
. Ma, poiché per Knies nell'economia non
solo operano le leggi di natura, ma vi è anche un'altra componente che non si attiene a
nessuna conformità a leggi, ossia la libertà del volere umano, ne consegue che il
comportamento dell'uomo si presenta come “irrazionale”. Da ciò scaturisce la doppia
identificazione: ‹‹ determinazione e legalità ›› e ‹‹ agire libero e agire individuale ›› , cioè
‹‹ non conforme al genere ›› 26
.
A questo “errore logico” Weber si oppone con fermezza, in quanto esso rappresenta
una espressione ‹‹degenerata›› del concetto kantiano della ‹‹causalità mediante la
libertà›› 27
.
In questa sezione del saggio, i bersagli della critica weberiana sono due: lo
“psicologismo” e l'“oggettivismo”. Nel primo caso si ha a che fare con una filosofia che
traduce il problema della “conoscenza” nell'analisi del procedimento psicologico
attraverso il quale l'uomo conosce; nell'altro caso, invece, si tratta di un atteggiamento
finalizzato a stabilire il fondamento e la dimensione della conoscenza, e, quindi, la
distinzione tra le diverse modalità conoscitive, in base all'“oggetto” e non al “metodo”.
La separazione tra “natura” e “spirito”, quindi tra “mondo fisico” e “mondo
psichico”, non rende possibile alcuna diversificazione tra le varie forme del conoscere;
infatti, come egli sostiene nella seconda parte del saggio su Roscher e Knies, non è certo
la differenza tra ciò che è “psichico” e ciò che è “fisico” a sancire la ‹‹specificità
ed. 1881-83.
24
M. Weber, Roscher e Knies ..., a cura di P. Rossi, cit., pp. 47-78.
25
Ibid.
26
Ibid.
27
Ibid., pp. 62-63.
8
logica›› della “conoscenza storica” rispetto a quella delle “scienze naturali” 28
.
L'intento che Weber persegue mediante il confronto polemico con i diversi autori
menzionati nel saggio, è dimostrare che l'oggetto della conoscenza storica non sono i
processi “psichici” distinti da quelli “fisici”, poiché la storia procede attenendosi non
solo al cosiddetto “lato interno”, ma anche al “mondo esterno”. In altre parole, l'“agire
umano” viene considerato dalla conoscenza storica, in relazione a situazioni,
condizionate anche “naturalmente”. Né la peculiarità logica delle scienze storiche è
individuabile facendo ricorso unicamente all'“esperienza vissuta nella sua
immediatezza”, contrapposta all'“esperienza sensibile”, oppure al “comprendere”
contrapposto allo “spiegare”: infatti, vi è un'implicazione “psicologica” tra
“comprensione” ed “esperienza”, ma ve n'è anche una di carattere “logico”, poiché la
validità della prima può essere dimostrata solo in riferimento alla seconda.
Il criterio distintivo tra “conoscenza naturale” e “conoscenza storica” è indicato dal
diverso “fine” che esse si prefiggono: mentre le scienze naturali tendono alla
formazione di concetti “generali”, il cui contenuto, cioè, è rappresentato da ‹‹ ciò che è
comune a molti oggetti ›› 29
, la storia, si preoccupa di ‹‹ rappresentare il particolare che si
dà nei diversi luoghi dello spazio e nei diversi istanti del tempo, e vuole rappresentarlo
proprio nella sua individualità ›› 30
. Condividendo del tutto queste osservazioni di
Rickert, Weber rifiuta la tesi della riducibilità della conoscenza a psicologia, in chiara
polemica con la fondazione delle “scienze dello spirito” su base psicologica compiuta
da Dilthey, anche se Weber non attacca direttamente quest'ultimo, ma, invece,
polemizza contro pensatori che assumono posizioni analoghe. La risposta weberiana è
esplicita: la conoscenza storica va concepita in termini di “scienze della cultura” e non
di “scienze dello spirito”.
L'altro aspetto della critica di Weber allo “psicologismo” e all'“oggettivismo” è
rappresentato dall'interpretazione della “libertà umana” come “irrazionalità”: Weber
traspone tale questione sul piano del rapporto tra “libertà” e “necessità”. Questo è il
nucleo della polemica con Knies, soprattutto, il quale intende la “personalità” come
28
P. Rossi, Introduzione a Roscher e Knies e i problemi logici dell'economia di indirizzo storico , in
Saggi sul metodo delle scienze storico-sociali , Torino, Ed. di Comunità, 2001, p. XIV.
29
H. Rickert, I quattro modi del “generale” nella storia , a cura di E. Massimilla, in ‹‹ Archivio di storia
della cultura ›› , XX (2007), p. 578.
30
Ibid., p. 579.
9
‹‹ unità metafisica ›› 31
la cui ‹‹ emanazione ›› è costituita dall'agire. Di contro, secondo
Weber, la personalità è un “individuo storico” che può essere considerato un'“unità”
solo in quanto prodotta in virtù di una ‹‹ relazione di valore ›› . La nozione di
“personalità” come ‹‹ unità metafisica ›› risulta parallela a quelle roscheriane di ‹‹ spirito
del popolo ›› e di ‹‹sviluppo dell'umanità››.
L'unica possibile ‹‹comprensione›› della “personalità” e dell'“agire” umani, è, nella
prospettiva weberiana, l'interpretazione ‹‹razionale››, un procedimento che si estrinseca
attraverso il ricorso al “mezzo” da utilizzare in conformità allo “scopo” perseguito,
mediante “regole empiriche”. Il nesso tra “comprensione” e “sapere nomologico” 32
è
atto a dimostrare, quindi, l'intelligibilità dei comportamenti umani.
31
M. Weber, Roscher e Knies ..., a cura di P. Rossi, cit., p. 130.
32
M. Weber, Studi critici intorno alla logica delle scienze della cultura , in Il metodo delle scienze
storico-sociali , Torino, Einaudi, 2003, p. 164.
10